Certificati di malattia, la situazione si complica

(da M.D.Digital) Se il cielo sembrava schiarirsi con la richiesta da parte degli Ordini dei Medici dell’autocertificazione per i primi tre giorni di malattia, le nubi tornano più nere che mai sulle teste dei camici bianchi. Sì, perché se è vero che il disegno di legge comunicato alla presidenza del Consiglio l’ormai lontano 10 settembre 2015 per riformare il decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 in materia di false attestazioni o certificazioni e controlli sulle assenze è ancora sommerso tra le carte del Parlamento, sono veri anche gli ultimi fatti di cronaca sul tema, che mettono nuovamente nel mirino la certificazione del Mmg, privato del suo valore di atto pubblico assistito da fede privilegiata (ossia valido fino a querela di falso).
“Gli ultimi fatti di cronaca – commenta Augusto Pagani, Presidente OMCeO Piacenza, Ordine molto attivo sul fronte delle certificazioni di malattia – mettono in luce come le patologie associate a pochi giorni di malattia (come vertigini, cefalee o disturbi mestruali, ndr) non siano accertabili dal medico in modo oggettivo. Il fatto che i datori di lavoro paghino agenti investigativi per confermare sospetti sui loro dipendenti conferma la nostra linea sull’autocertificazione dei primi tre giorni: il certificato medico non è l’argine all’assenteismo”.  Ripercorriamo quanto successo e perché riteniamo importante riaccendere i fari su una questione in sospeso da troppo tempo. Dietro i numeri si nascondo rischi e opportunità. La sentenza n. 18507/2016 della Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi in merito alla compatibilità delle condizioni di salute di un lavoratore (assente per dichiarata lombosciatalgia) e trovato a eseguire lavori sul tetto di casa, afferma di fatto il disconoscimento del certificato medico attestante la malattia del lavoratore. C’è di più: rispetto a una sentenza precedente (la n. 1711/2016, che afferma la possibilità del datore di lavoro di eseguire accertamenti sanitari privatamente in caso di gravi sospetti – elemento determinante per la legittimità dei controlli), questo verdetto della Corte porta tutto alle estreme conseguenze: è sufficiente la “mera ipotesi” che il lavoratore stia compiendo atti illeciti.
Dal punto di vista del cittadino disonesto questa è certamente una brutta notizia; ma anche per il medico qualcosa cambia: i risultati delle investigazioni (qualora legittimamente acquisite) privano il certificato medico dei suoi effetti. Una conseguenza non di poco conto. “Non credo ci sia un tentativo di gettare discredito verso la professione medica e, in particolare verso la MG; è solo il riconoscimento del fatto che il certificato non è un atto in sé sufficiente per attestare una certezza. Ci sono situazioni in cui se il paziente dichiara un sintomo non oggettivabile, il medico non può fare miracoli e deve solo prenderne atto; questo non vuol dire che il medico stia attestando il falso”.  “Si è arrivati addirittura – conclude Pagani – a due certificazioni rilasciate alla stessa persona, nello stesso giorno, con due prognosi diverse. Una situazione che mi è giunta etichettata come ‘sospetta’: il medico è stato etichettato come ‘sospetto’. Ma dobbiamo essere onesti: se un paziente va al Pronto soccorso e riceve una prognosi di un giorno per malattia e in seguito si reca da un altro medico – senza riferire di essere stato al Pronto soccorso – e riceve una prognosi maggiore perché il medico constata una situazione più grave, su quale base si può sospettare del secondo medico e accusarlo di falso?”.