Certificati malattia per chi prenota esame e non si presenta. Una nuova tipologia inquieta i MMG

(da Doctor33)  «La novità nella mia regione è che se un paziente non può recarsi per esame o visita prenotati, io medico devo fare un certificato e dichiarare la patologia per cui il paziente ha dovuto rinunciare. E’ un certificato gratuito? Dal punto di vista legale vale come il certificato di malattia?» Un medico emiliano si sfoga su Facebook dopo che la Regione ha imposto una multa a tutti i cittadini che non si presentano negli ambulatori pubblici dove sono stati prenotati. La dimenticanza è punita con una sanzione pari all’importo del ticket (stavolta dovuto anche dagli esenti): fino ad euro 36.15 per ricetta che salgono a 46,15 per la chirurgia ambulatoriale, a meno di non disdire l’esame entro la data indicata nel promemoria rilasciato dallo sportello Cup o sull’email ricevuta dal call center.  Il provvedimento è stato reso vigente in Emilia Romagna ad aprile 2016. Un po’ tutte le regioni hanno imposto sanzioni sulle mancate disdette (il Piemonte dal 2003, la Toscana nel 2004, il Veneto nel 2007, la Puglia nel 2010), ma l’assessorato emiliano ha fatto una campagna importante sul provvedimento, spiegando che serve a mantenere i tempi di attesa negli standard previsti dalla legge nazionale, e ha introdotto le cause giustificative di un’eventuale mancata disdetta, a garanzia del cittadino. Quest’ultimo evita la sanzione se giustifica la mancata disdetta con motivi imprevedibili, oggettivi e documentabili, come il ricovero in una struttura sanitaria o altro motivo di salute (suo, di un familiare sino al 2° grado, di un convivente); la nascita di un figlio (entro i 2 giorni ante-prenotazione); un lutto familiare fino al 2° grado o convivente, entro i 3 giorni ante-prenotazione. Si può disdire persino nelle 6 ore precedenti l’appuntamento in caso di incidente stradale o per cause di forza maggiore (sciopero o ritardo treni, o calamità naturali). Negli altri casi c’è un iter per chiedere l’annullamento della sanzione entro 30 giorni. E se si ritiene di attestare motivi di salute, si fa ricorso al medico di famiglia. Ma un conto è se il paziente era veramente malato, un altro se si tratta di patologie non direttamente constatate.

Il vicepresidente Snami Emilia Romagna Antonio Slawitz capisce «i colleghi che protestano affermando di non essere i genitori del paziente. Se il paziente si è scordato di disdire, fargli pagare un piccolo ticket non è sbagliato. Intanto, per noi medici di famiglia è già un dispendio di tempo inoltrare la prima richiesta del paziente; se poi quest’ultimo non dà rilievo alla prescrizione, la conseguenza è l’allungamento delle attese, che anche a Parma, dove in genere i tempi si rispettano, per alcune specialità (penso a neurologia o neurochirurgia) sono lunghi».
A livello regionale la media degli abbandoni nel 2015 era intorno al 10%, a Parma dov’era metà 82 mila prestazioni si erano inceppate per mancate disdette. «Se tutti ricordassimo di disdire si creerebbero disponibilità importanti per altri pazienti e diminuirebbero le attese», conviene Euro Grassi segretario Fimmg Reggio Emilia. «Bene fa la Regione a inculcare una cultura della disdetta. Quanto al paziente “che si è scordato”, non posso certificare una malattia in modo retroattivo. Oltre ad essere un illecito deontologico, potrebbe configurare falso ideologico e falso in atto pubblico. E’ anche vero che un medico non può rifiutare una certificazione, ma possiamo certificare solo quanto verificato direttamente. E possiamo chiedere un corrispettivo libero professionale». Nicolino D’Autilia presidente Omceo Modena introduce un’ulteriore riflessione: «Se per la mancata disdetta c’è una motivazione di natura medica e sanitaria e il curante ne è a conoscenza, la certificazione la possiamo senz’altro fare. Altresì, il medico di famiglia può certificare i deficit amnesici che giustificano la dimenticanza di qualche giorno prima di un anziano paziente, che magari vive solo. L’atto è di natura libero professionale e va pagato (salvo, per quanto mi riguarda, di fronte a singole situazioni di indigenza) ma avendo anche valenza diagnostico-terapeutica non ritengo possa essere caricato d’Iva».