Metformina, le dosi sicure in pazienti con DMT2 e insufficienza renale cronica in stadio 3 e 4
(da Doctor33) Sono stati appena pubblicati i risultati di uno studio in aperto, condotto presso un singolo centro, disegnato per testare la sicurezza della metformina nei pazienti con diabete mellito tipo 2 (DMT2) e insufficienza renale cronica (IRC). «Dopo oltre 60 anni, almeno in Europa, dall’ingresso nell’armamentario terapeutico del diabetologo, la metformina ancora oggi continua a essere a pieno titolo la terapia di prima scelta tra i farmaci per il trattamento del DMT2, quando ben tollerata e non controindicata» osserva Vincenzo Novizio della Commissione Farmaci AME(Associazione Medici Endocrinologi). «Malgrado anni di studio che non mostravano alcun aumento del rischio di acidosi lattica quando il farmaco veniva utilizzato in pazienti con IRC lieve-moderata, le linee guida ne vietavano l’uso una volta che la creatinina sierica raggiungeva 1.5 mg/dL negli uomini e 1.4 mg/dL nelle donne, in tal modo privando un notevole numero di pazienti di questo farmaco sicuro ed efficace». Dal 2016 la FDA è diventata più permissiva, prosegue Novizio, dando indicazioni sull’utilizzo del farmaco nei pazienti con DMT2 e IRC in relazione ai valori di velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR): 1) > 60 mL/min: utilizzo libero; 2) 30-59 mL/min: riduzione del dosaggio; 3) < 30 mL/min: divieto. Nello studio citato in apertura sono state condotte tre differenti analisi, ognuna con uno specifico obiettivo, spiega l’esperto. Primo: identificare la dose ottimale di metformina, dosandone le concentrazioni ematiche per una settimana dopo ciascun incremento di dose, nei pazienti con IRC di stadio 1-5. La dose ottimale di metformina per i pazienti con IRC è risultata: a) stadio 3A (eGFR 45-59): 1500 mg (500 mg la mattina e 1000 mg la sera); b) stadio 3B (eGFR 30-44): 1000 mg (500 mg la mattina e 500 mg la sera); c) stadio 4 (eGFR 15-29): 500 mg/die. Secondo: valutare se, monitorando mensilmente le concentrazioni ematiche di metformina, acido lattico e HbA1c, tali dosi di metformina permanessero ottimali a distanza di 4 mesi di terapia. Le concentrazioni di metformina sono rimaste stabili senza superare il limite di sicurezza di 5.0 mg/L e l’iperlattatemia (> 5 mmol/L) era assente (tranne che in un paziente con infarto del miocardio) e non ci sono state modificazioni dei livelli di HbA1c. Terzo: valutare i parametri farmacocinetici dopo la somministrazione di una singola dose di metformina in ciascuno dei tre stadi di IRC, 3A, 3B e 4. Gli autori dello studio non hanno osservato differenze significative nei parametri farmacocinetici tra i diversi stadi di malattia. «Inoltre» riprende Novizio «gli autori sottolineano che nei pazienti con IRC in stadio 3 bisogna valutare l’eGRF ogni 6 mesi e bisogna sospendere la metformina nei pazienti con danno renale acuto. Infine, poiché le elevate concentrazioni plasmatiche del farmaco possono associarsi a iperlattatemia, nei pazienti fragili bisogna valutare il lattato» ovvero – riporta il diabetologo – se le concentrazioni sono > 5 mmol/L, bisogna sospendere la somministrazione di metformina mentre nei pazienti con livelli > 2.5 mmol/L, la misurazione deve essere ripetuta dopo poco tempo e la somministrazione di metformina deve essere interrotta dopo due misurazioni consecutive > 2.5 mmol/L. «Nel complesso» conclude Novizio «tali risultati supportano quanto indicato nelle recenti linee guida sull’utilizzo della metformina nei pazienti con DMT2 e IRC».
(Diabetes Care, 2018; 41: 547-53. doi: 10.2337/dc17-2231.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29305402)