I batteri che popolano l’intestino possono influenzare la salute mentale

(da Doctor33)   Secondo uno studio pubblicato su Nature Microbiology, esiste un legame tra i batteri che popolano l’intestino e la salute mentale. «L’idea che i metaboliti microbici possano interagire con il nostro cervello e, quindi, con il comportamento e le sensazioni, è intrigante, ma la comunicazione tra microbiota intestinale e cervello è stata per lo più esplorata in modelli animali» spiega Jeroen Raes, della University of Leuven e del VIB Center for Microbiology, in Belgio, autore senior dello studio. «Nel nostro studio però abbiamo identificato diversi gruppi di batteri che si differenziavano in base alla depressione e alla qualità della vita a livello di popolazione» prosegue.   I ricercatori hanno analizzato i dati di 1.054 individui arruolati nel Flemish Gut Flora Project (FGFP), e hanno rilevato che due gruppi di batteri, coprococcus e dialister, erano scarsi in persone con diagnosi di depressione, a prescindere dal trattamento antidepressivo. Hanno quindi convalidato i loro risultati esaminando una coorte indipendente di 1.063 individui dello studio Dutch LifeLines DEEP e in un gruppo di pazienti con disturbo depressivo maggiore resistente al trattamento. Gli esperti hanno notato anche che batteri delle famiglie faecalibacterium e coprococcus sono risultati costantemente associati a indicatori di una maggiore qualità della vita. Entrambi i batteri producono butirrato, un acido grasso a catena corta che rinforza la barriera epiteliale e riduce l’infiammazione intestinale, e di entrambi è stata notata una certa scarsità in concomitanza con malattie infiammatorie intestinali e depressione. I ricercatori hanno quindi creato il primo catalogo dei batteri intestinali umani che hanno potenziale neuroattivo. «Questo è un primo tentativo di collegare la composizione della flora batterica dell’intestino con la depressione in un ampio studio di popolazione. I dati mostrano che nelle persone depresse potrebbe esserci una riduzione di specifici batteri che producono determinate sostanze chimiche» conclude John Cryan, dello University College Cork, autore senior dello studio.
(Nat Microbiol. 2019. doi: 10.1038/s41564-018-0337-x  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30718848  )