Migranti, convegno Ame: nessuna minaccia alla salute collettiva

(da Doctor33)   Si è tenuto giovedì 21 marzo a Palermo il convegno “Migranti e salute: tra prevenzione, cura e fake news”. Al centro dell’incontro promosso dall’Associazione Medici Endocrinologi (Ame), il risvolto sanitario della questione migranti, affrontato tramite la presentazione di dati e rilevazioni scientifiche al fine di superare qualsiasi pregiudizio e fornire un quadro chiaro e completo sullo stato di salute, sui bisogni e sulla possibilità di accesso alle prestazioni sanitarie.   «Il numero dei migranti residenti a vario titolo sul territorio nazionale è pari a circa il 10% della popolazione generale – afferma Piernicola Garofalo, Unità operativa di Endocrinologia dell’Azienda Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo e responsabile scientifico del convegno – i livelli e le modalità di assistenza alla salute nelle sue varie declinazioni sono estremamente difformi e poco tracciate ma sappiamo che l’integrazione degli immigrati passa anche attraverso l’accesso al sistema sanitario».
Per Enzo Massimo Farinella, direttore della struttura complessa Malattie Infettive, Ospedale Cervello di Palermo, l’impatto dei flussi migratori sul nostro paese ha dimostrato «che non esiste alcuna emergenza sanitaria. Non esiste alcun pericolo di importazione di malattie infettive che possano rappresentare elemento di allarme sanitario. I dati epidemiologici dimostrano che i migranti non veicolano patologie che mettano a rischio i Paesi che li accolgono. Al contrario si evidenzia che la difficoltà di offrire modalità adeguate di accoglienza e integrazione costituisce un fattore di rischio per la salute dei migranti».
«Tutte le casistiche, con particolare riferimento agli immigrati arrivati negli ultimi anni, evidenziano la persistenza del cosiddetto “effetto migrante sano” – afferma Mario Affronti, Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (Simm) – cioè un’autoselezione in partenza per cui emigrano, scappano persone giovani in buone condizioni di salute, mentre sviluppano nel tempo, il cosiddetto “effetto migrante esausto”. Infatti, al momento delle prime visite all’arrivo in Italia si osservano problematiche relative al percorso di fuga come ferite, ustioni, disidratazione, ipotermia, colpi di calore/sole, esiti di sindromi da annegamento, lesioni muscolo-scheletriche. Per questi immigrati spesso si tratta di una migrazione forzata in quanto necessaria a sottrarsi a una situazione di violenza e di pericolo per la loro vita e in questo senso possono essere stati esposti a gravi eventi traumatici, tra cui violenze estreme e stupri, che avvengono sia in fase pre-migratoria, nel paese d’origine, sia durante il percorso migratorio».
«Un capitolo a parte per i bambini stranieri in Italia la cui quota si aggira intorno al 20%, con percentuali in alcuni paesi del nord anche al di sopra del 30%” – illustra Milena Lo Giudice, pediatra coordinatore nazionale area etico sociale della Federazione Italiana Medici Pediatri – Gli stranieri che fanno nascere in Italia i loro bambini ci portano un patrimonio in termini demografici fondamentale, la denatalità italiana ha raggiunto infatti livelli preoccupanti».
«Il Testo Unico sull’Immigrazione (Art. 35 del 25 luglio 1998, n. 286) – dichiara Anna Spada medico volontario dell’Associazione Naga Onlus, Milano – prevede che siano assicurate le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o essenziali, ancorché continuative anche a chi è irregolarmente presente sul territorio nazionale». Dalla banca dati dell’associazione Naga «emerge che il 10% dei pazienti che si sono rivolti all’associazione presenta alla prima visita condizioni cliniche che necessitano di un intervento di secondo livello in ambito ospedaliero». Inoltre «Analizzando le condizioni socioeconomiche, si osserva ad esempio come i pazienti senza fissa dimora, la cui percentuale è passata dal 23% del 2014 al 31% nel 2017, presentano una frequenza di patologie delle vie respiratorie e dermatologiche nettamente superiore ai pazienti che vivono in affitto o presso i datori di lavoro». Più rare invece «le malattie infettive, lo 0,016% di chi si è rivolto al Naga. Il nostro studio mostra, con ricchezza di dati e fuori da ogni pregiudizio, come i cittadini stranieri irregolari a Milano presentano i medesimi problemi di salute della popolazione italiana, ma le loro condizioni esistenziali influiscono sulla frequenza delle patologie».