Certificati invalidità, non inclusi nei Lea e assenti dalla Convenzione. Ecco perché
(da Doctor33) Il medico che redige il certificato introduttivo per il riconoscimento della condizione d’invalidità o handicap non svolge alcuna funzione di accertamento delle patologie invalidanti. Pertanto, quel certificato è fuori dei livelli essenziali di assistenza e non si può contrattare in convenzione con le Regioni come fosse una prestazione del Servizio sanitario: resta prestazione libero-professionale. E’ il senso della nota inviata dal Segretario Nazionale Fimmg Silvestro Scotti al Direttore Generale del Ministero della Salute Andrea Urbani, dopo che la Regione Lombardia con l’assessore Giulio Gallera ha annunciato di voler contrattare con i medici di famiglia l’inserimento dei certificati di invalidità nell’accordo regionale con i medici di base. L’interpretazione della Regione nasce da una lettura del decreto presidenziale sui Lea di inizio 2017 che all’allegato 1 punto G inserisce tra le prestazioni di prevenzione tutti gli accertamenti medico legali per riconoscere invalidità, sordità, cecità civili o volte a far riconoscere la condizione di handicap per fruire dei benefici della legge 104. Già il presidente dell’Omceo Milano Roberto Carlo Rossi aveva fatto presente che all’allegato sono citati visite ed esami specialistici interni all’iter di riconoscimento, e non il certificato che dà il via. Ma restava un dubbio: se nella parola “accertamenti” fosse sottinteso tutto l’iter?
La lettera di Scotti, che raccoglie le considerazioni di Fimmg sulla natura giuridica del certificato, osserva che l’avvio della procedura di accertamento segue la presentazione della domanda di invalidità o pro benefici 104. A quest’ultima va allegato il certificato medico attestante la natura dell’infermità invalidante, redatto da Mmg o da professionista abilitato e inviato online all’Inps (che rilascia una ricevuta contenente un numero di codice e copia del documento stesso). Dei due documenti, è la domanda che può essere riconosciuta o rigettata, mentre il certificato a supporto -contenente anamnesi, obiettività, diagnosi, codice ICD, terapia seguita, funzione dell’attività certificatoria – è considerato dalle commissioni Inps o Asl (l’iter differisce su base provinciale) per le informazioni che riporta. Esso attesta di volta in volta: l’impossibilità del soggetto a deambulare senza accompagnatore; l’incapacità a compiere atti di vita quotidiana senza assistenza continua; un tumore o una patologia grave in atto; una patologia Anffas (da disabilità intellettiva o relazionale); una controindicazione a spostarsi da casa. Le informazioni nel certificato sono funzionali all’avvio della procedura e cristallizzano per 90 giorni -dunque con validità dimezzata rispetto agli altri certificati medici- la descrizione clinica del richiedente trattamento. Spetta alle commissioni l’accertamento della qualifica invalidante delle patologie indicate dal medico. «Nulla esclude, peraltro, che, nel lasso temporale tra l’invio online del certificato medico introduttivo e lo svolgimento effettivo dell’accertamento sanitario (…) l’interessato possa essere colpito da ulteriori eventi morbosi aventi portata invalidante; come pure, in tale ultima ipotesi, potrebbe verificarsi anche il caso per il quale gli organi preposti all’effettivo accertamento considerino le patologie indicate nel certificato medito introduttivo non rilevanti ai fini del riconoscimento della condizione invalidante e, all’opposto, accertino come invalidanti patologie intervenute dopo l’invio del certificato medico introduttivo di cui l’interessato sia in grado di fornire la prova». In ogni caso, da solo, il certificato è privo di effetti giuridici ai fini del riconoscimento dell’invalidità. Una riprova è il fatto che al suo rilascio possa non seguire l’invio della domanda all’Inps, ad esempio per scelta dell’interessato. Si potrebbe dire, utilizzando una metafora estranea alla lettera, che il medico certificatore rilascia al paziente la chiave di un motorino d’avviamento (elettrico), mentre la benzina per il motore che porterà l’auto -cioè la pratica – a fine viaggio la paga la sanità pubblica. Due momenti ben diversi tra loro.