Giovani medici, più tempo davanti a un computer che davanti ai pazienti

(da Doctor33)  Negli Stati Uniti gli specializzandi in medicina interna, durante il loro primo anno, impegnano solo una minima quantità di tempo nella cura diretta dei pazienti. Questo almeno è quanto hanno concluso Krisda Chaiyachati, della University of Pennsylvania, e il suo gruppo di lavoro, in uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine. «La nostra panoramica obiettiva su come gli specializzandi passano il loro tempo durante la giornata di lavoro rivela un quadro di come i giovani medici sono formati e la realtà della pratica medica odierna» afferma Chaiyachati. «Tutto questo può aiutare i direttori dei programmi di specializzazione a fare il punto su ciò che i loro tirocinanti stanno facendo e a valutare se il tempo e i processi sono giusti per lo sviluppo dei medici di domani» aggiunge. I ricercatori hanno raccolto dal 10 marzo al 31 maggio 2016 dati relativi ai turni diurni e notturni di un totale di 80 specializzandi provenienti da sei programmi di insegnamento. Per fare questo hanno assegnando a ogni specializzando un osservatore che lo seguisse per l’intera durata del turno, dopo averlo formato per non interferire con il flusso di lavoro. Analizzando i dati, gli esperti hanno osservato che 15,9 ore su ogni periodo di 24 ore (66%) sono state dedicate alla cura indiretta del paziente. La maggior parte di quel tempo è stata utilizzata per la gestione delle cartelle cliniche elettroniche (10,3 ore), per comunicare con i membri del proprio gruppo di lavoro (5,9 ore) e per comunicare con altro personale (3,3 ore). La cura diretta del paziente ha impegnato gli specializzandi per sole tre ore, mentre le attività educative per 1,8 ore. I ricercatori sottolineano che lo studio presenta diverse limitazioni, tra cui l’essere focalizzato solo su sei programmi di medicina interna, e che può solo fornire un’osservazione, dato che non ci sono standard per identificare quale distribuzione delle attività sia migliore per l’esperienza educativa o per la qualità delle cure ricevute dai pazienti. «Non è chiaro se questi studi riflettono semplicemente un cambiamento nel campo della medicina verso una maggiore dipendenza dal lavoro di squadra e dalla tecnologia informatica o se mostrano invece un peggioramento del lato umano della professione» scrivono Christopher Moriates e Frank Parker Hudson, della University of Texas di Austin, autori di un editoriale correlato.

(JAMA Int Med 2019. Doi: 10.1001/jamainternmed.2019.0095
https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/fullarticle/2730353)
(JAMA Int Med 2019.
 Doi: 10.1001/jamainternmed.2019.0092
https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/article-abstract/2730350)