La longevità dipende anche dal livello di attività fisica nel corso degli anni

(da Univadis)    Essere più attivi dal punto di vista fisico si traduce in un aumento della longevità in persone di mezza età o anziane.  I benefici sono visibili anche in presenza di una storia di malattie cardiovascolari o cancro e non dipendono dai livelli passati di attività fisica (AF) o da fattori di rischio noti.  A livello di popolazione, raggiungere e mantenere i livelli minimi di AF raccomandati (150 minuti/settimana di attività moderata-intensa) potrebbe prevenire il 46% dei decessi legati all’inattività fisica.  Servono strategie a livello globale per aumentare il livello di AF nella popolazione.

Descrizione dello studio    Lo studio di popolazione ha coinvolto 14.599 donne e uomini (età: 4-79) della coorte EPIC-Norfolk.  I partecipanti sono stati valutati dal basale (1993-1997) e fino al 2004 per stile di vita e altri fattori di rischio e in seguito sono stati valutati in termini di mortalità (follow-up mediano: 12,5 anni dall’ultima valutazione).  In particolare, il dispendio energetico legato all’AF (PAEE) è stato calcolato a partire da questionari opportunamente calibrati.  Le principali misure di esito erano mortalità per tutte le cause, per malattie cardiovascolari e per cancro.  I modelli di regressione a rischi proporzionali a variabili multiple sono stati aggiustati per età, sesso, caratteristiche sociodemografiche, cambiamenti nella storia medica, qualità della dieta, indice di massa corporea, pressione sanguigna, trigliceridi e livelli di colesterolo.

Risultati principali   Si sono verificati 3.148 decessi nel corso di un follow-up di 171.277 anni-persona.  Gli aumenti sul lungo periodo nel PAEE sono risultati associati in modo inverso alla mortalità, indipendentemente dal PAEE al basale.  In dettaglio, per ogni 1 kJ/kg/giorno in un anno di aumento del PAEE (equivalente a partire da inattività al basale per raggiungere i livelli raccomandati di AF in 5 anni), sono stati osservati hazard ratios (HR) di 0,76 per la mortalità per tutte le cause; 0,71 per quella cardiovascolare e 0,89 per quella oncologica, dopo aggiustamenti per PAEE basale e fattori di rischio noti.  Sono stati ottenuti risultati simili anche dopo la stratificazione per storia medica di malattia cardiovascolare o cancro.  Rispetto ai soggetti costantemente inattivi, quelli con aumenti nelle traiettorie di AF negli anni sono andati incontro a minori rischi di mortalità per tutte le cause (HR: 0,76, 0,62 e 0,58 per livelli di AF basale bassi, medi e alti, rispettivamente).

Limiti dello studio   Non è possibile escludere la presenza di fattori confondenti residui e di un effetto legato alle caratteristiche della popolazione inclusa nell’analisi.

Perché è importante   L’AF è associata a una diminuzione del rischio di mortalità, ma la maggior parte degli studi sull’argomento si basa su un’unica valutazione del livello di AF.  Tale approccio non tiene conto delle eventuali modifiche nelle traiettorie di AF nel corso degli anni.  Essendo le traiettorie di AF molto complesse, valutarle attentamente permetterebbe di caratterizzare meglio l’associazione tra AF e mortalità e di mettere in campo eventuali strategie di salute pubblica.

(Mok A, Khaw K-T, et al. Physical activity trajectories and mortality: population based cohort study. BMJ 2019. doi:10.1136/bmj.l2323 )