Obesità e cancro: se la verità offende, meglio cambiarla?
(da Focus.it) Una importante organizzazione non profit per la ricerca sul cancro, ‘Cancer Research UK‘, è stata sommersa da critiche sui social per una recente campagna pubblicitaria un pò controversa: una serie di cartelloni che mostrano pacchetti di sigarette con stampata la scritta “obesity is a cause of cancer too” (anche l’obesità è una causa del cancro) al posto delle tradizionali frasi antifumo. La questione di fondo è stata quel puntare il dito contro l’obesità, condizione peraltro sempre più diffusa, e non solamente nei paesi anglosassoni. L’organizzazione si difende dati alla mano: “in Gran Bretagna, gli obesi sono il doppio dei fumatori. La nostra campagna mette in relazione il fumo e l’obesità solamente per mostrare come un cambiamento potrebbe aiutare le persone ad avere abitudini più sane, non per paragonare il tabacco al cibo”, si legge nel comunicato di Cancer Research UK (https://www.cancerresearchuk.org/about-us/cancer-news/press-release/2019-07-03-obese-people-outnumber-smokers-two-to-one) che, sul tema dell’obesità, riporta numerosi collegamenti a statistiche e siti istituzionali. I dati sono inoppugnabili, ma non sono bastati a salvare l’organizzazione da pesanti accuse di fat shaming. Gli inglesi chiamano fat shaming, espressione che traduciamo liberamente in grassofobia il deridere una persona perché è grassa, una “branca” del ‘body shaming’ (deridere una persona per il suo aspetto fisico). In Francia è un fenomeno così diffuso (ne sono vittima quasi sei milioni di persone) che nel 2017 è stata istituita una giornata di “lotta alla grassofobia” che ha per paladina Gabrielle Deydier, 150 kg di peso per 1,53 di altezza, autrice di ‘One ne nait pas grosse’ (non si nasce grassi). Stando a quanto racconta Gabrielle, i nostri cugini d’Oltralpe sarebbero alquanto prevenuti verso gli obesi: la donna racconta le sue difficoltà per trovare un lavoro, gli insulti nei negozi, le prese in giro dei colleghi, i commenti di cattivo gusto di un ginecologo che le consiglia una visita dal veterinario. Comunque si vogliano chiamare in italiano, fat shaming e body shaming sono comportamenti inaccettabili, profondamente scorretti. È però altrettanto sbagliato fare finta che il problema dell’obesità non esista: se il sovrappeso può forse essere frutto di cattive abitudini che si possono correggere, l’obesità è decisamente una malattia, una patologia eterogenea e multifattoriale, al cui sviluppo concorrono fattori sia ambientali sia genetici. Secondo l’ ‘Obesity Monitor 2019, il rapporto presentato quest’anno in occasione del primo summit italiano sull’obesità, organizzato dall’ Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation (IBDO), le persone obese in Italia sono il 10,8% della popolazione (il 13% nel mondo), le persone in sovrappeso il 34,1% (il 39% nel mondo). Nell’introduzione al rapporto si legge: A livello mondiale, l’Organizzazione mondiale per la Sanità stima che circa il 58% del diabete mellito, il 21% della malattie coronariche e quote comprese tra l’8 e il 42% di certi tipi di cancro sono attribuibili all’obesità. (http://www.ibdo.it/pdf/OBESITY-REPORT-2019.pdf) Che cosa dobbiamo dunque rimproverare a Cancer Research UK? A posteriori, forse un po’ di sensibilità in più non avrebbe guastato (anche se il medico pietoso fa la piaga purulenta, recita il proverbio), ma certo non di avere nascosto la verità.