Effetti metabolici della quarantena correlata al COVID: come reagire dopo la tempesta

(da Cardiolink)   Come tutti quanti abbiamo vissuto sulla nostra pelle, come cittadini ed operatori sanitari, la pandemia COVID-19-relata ha stravolto le nostre abitudini ed il nostro livello di attenzione alla salute ma … a tutti gli aspetti della salute? Forse no! Infatti, abbiamo amplificato la nostra percezione circa i rischi correlati ad una eventuale infezione, non dedicando in genere altrettanta attenzione alle modificazioni del stato di salute nostro, ma soprattutto dei nostri vicini e pazienti in relazione alle restrizioni imposte dal lockdown. Analizziamo rapidamente quali conseguenze sulla salute ci ha imposto il lockdown. Da un lato vi è stato sicuramente un aggravamento dello grado di sedentarietà della popolazione generale. Il fenomeno non è stato particolarmente evidente per chi ha, comunque, mantenuto una certa attività lavorativa e per chi era già molto sedentario pre-lockdown, ma decisamente più evidente per chi aveva un’attività moderato-intensa. La sindrome da quarantena ha comunque interessato tutti, anche se con impatto variabile (maggiormente chi non lavorava, e gli anziani). Gli organi ed apparati interessati dalla sedentarietà forzata sono praticamente tutti   Il Lockdown ha avuto effetti neurologici, psichiatrici, artromuscolari, respiratori, metabiolici, immunologici, gastrointestinali e genito-urinari

In questo articolo ci limiteremo a tratteggiare i principali effetti sulla salute cardiometabolica. Ovviamente il mancato allenamento, anche in relazione alla normale attività fisica quotidiana, ha determinato un rallentamento del metabolismo ed una disabituazione allo sforzo. In questo contesto è, quindi, particolarmente importante reiniziare lo sforzo con gradualità e gli sportivi semi-professionisti e professionisti dovrebbero risottoporsi ad un test ergometrico (specie se hanno il dubbio o la certezza di essere stati infettati dal COVID). La gradualità della riattivazione, peraltro, ha importanti finalità anche per preservare l’apparato osteoarticolare e muscolare da traumatismi che potrebbero ingenerare ulteriore sedentarietà, magari associata all’assunzione di farmaci antinfiammatori steroidei e non, non certo apprezzati dal nostro apparato cardiovascolare. Sicuramente, il secondo aspetto maggiormente influenzato dal lockdown e dall’isolamento domiciliare è l’assunzione di cibo. La limitazione delle occasioni di acquisizione di alimenti ha, infatti, avuto risvolti decisamente più importanti. Da un punto di vista quantitativo, si è assistito ad un forte aumento di consumo di carboidrati (specie pasta) e di alimenti conservati (cibi preparati, inscatolati, surgelati), a scapito di alimenti freschi (specie frutta e verdura). Le motivazioni sono le più diverse. Da un lato, le limitazioni imposte (uscire meno possibile, recarsi solo al punto vendita più vicino – che non necessariamente ha la maggior varietà o qualità di alimenti) e, dall’altro, il problema dei costi (molte persone hanno avuto gravi riduzioni di income negli ultimi tre mesi, che ne hanno condizionato le scelte di acquisto) hanno fortemente spinto ad acquistare il cibo che trovavano e, magari, al minor costo possibile. Da qua deriva il tipico pattern di consumo dei paesi emergenti, ove l’obesità sta diventando pandemica nonostante il basso income, perché vi è la corsa all’acquisizione di cibi ricchi in calorie “vuote” (Junk foods). Ma bisogna considerare anche il lato edonistico: l’isolamento a domicilio ha consentito a molte persone di avere tempo per cucinare piatti più complessi, che usualmente non cucinerebbe per mancanza di tempo. Inoltre, il cibo ha di per sé una forte componente edonistica, per cui l’assunzione di alcuni alimenti (specie quelli meno salutisitici) ha avuto un effetto di tamponamento di ansia e depressione correlati all’isolamento. Le conseguenze finali sono l’aumento di peso corporeo, insulino-resistenza, dislipidemia, peggioramento del controllo pressorio, con un impatto variabile in funzione della presenza o meno di fattori di rischio o malattie cardiovascolari al basale. Il tutto è stato aggravato dal fatto che, sia per la minor possibilità di spostamento, che per i succitati motivi economici, alcuni integratori efficaci per la gestione delle dislipidemie sono stati interrotti per il periodo del lockdown. Ora, dobbiamo assolutamente riprendere in mano le redini della situazione per far giungere i nostri pazienti al prossimo autunno, nuova stagione favorevole alle infezioni virali, in condizioni pre-COVID o anche migliori, magari sfruttando proprio la pressione psicologica derivata dalla nota associazione fra malattie cardiovascolari ed esiti dell’infezione stessa. Quindi, senza dimenticare di stressare la necessità di cessare l’abitudine tabagica ai fumatori, come sopra detto sarà da reincentivare l’attività fisica, da reiniziare in modo graduale e progressivo, sia nei grandi anziani che nei bambini, come nel resto della popolazione. Poi, nuova attenzione all’alimentazione: obiettivo primo, il ripristino di un peso corporeo ideale, almeno quello pre-lockdown! Il primo step sarà la semplice correzione delle abitudini dietetico-alimentari, riportando il carico energetico a quanto realmente necessario a compensare il consumo calorico (ovvero, se il consumo è minimo, l’apporto calorico dovrà essere proporzionale). Oltre alla modulazione quantitativa, la priorità dovrà essere data ad una dieta a base di cereali integrali, verdura di ogni tipo, pesce, piccole quantità di carni magre non processate e latticini, olio extra-vergine d’oliva e tante spezie: la tipica e stra-nota (ma non altrettanto applicata) piramide alimentare di tipo Mediterraneo. Infine, un aiuto può derivare anche dall’impiego razionale di alcuni integratori alimentari. Le fibre solubili (es.: psillio micronizzato), assunte prima dei pasti principali, possono aiutare a dare senso di sazietà e a rallentare l’assorbimento di carboidrati e lipidi. Il magnesio e la frazione flavonoica del biancospino possono aiutare sia a ridurre la percezione di stress correlato al periodo che ad una blanda modulazione della pressione arteriosa. Sicuramente il fattore di rischio cardiovascolare più facilmente ed efficacemente modulabile con nutraceutici è la colesterolemia LDL.

Infatti, dall’associazione di miglioramento dello stile di vita e nutraceutici (specie contenenti riso rosso fermentato) può derivare una riduzione della colesterolemia LDL anche del 20%. In tempi recenti si è anche osservata una correlazione fra disbiosi intestinale e rischio cardiovascolare. Esistono, peraltro, ceppi batterici probiotici specifici (es.: Lactobacillus plantarum LPLDL®) in grado di ridurre la colesterolemia legando selettivamente il colesterolo presente nel lume intestinale alla propria superficie, e contribuendo -quindi- sia alla riduzione della colesterolemia che al miglioramento della composizione della flora batterica intestinale, sicuramente alterata dalla monotonia delle abitudini alimentari, dal peggioramento delle stesse e dalla sedentarietà legata al lockdown. Da qua il concetto di “Nutrabiotico”, ovvero l’idea di associare un nutraceutico ipocolesterolemizzante come il riso rosso fermentato, a priobiotici selettivamente inibenti l’assorbimento intestinale del colesterolo. Ovviamente, ove questo non fosse sufficiente, l’intervento farmacologico specifico dovrà essere mirato all’ottimizzazione di tutti i parametri di rischio modificabili. Il nostro impegno etico per la stagione estiva è, quindi, quella di restituire all’autunno una popolazione più sana e resistente ad eventuali urti microbiologici che ci potrebbe riservare l’inverno.
(Arrigo F.G. Cicero   Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche – Alma Mater Studiorum Università di Bologna)