Covid-19, niente risarcimenti per Mmg deceduti. Compagnie assicurative escludono infortunio
(da Doctor33) Le assicurazioni negano il risarcimento ai medici di famiglia vittime di coronavirus e ai loro superstiti. Anche se l’Inail invita a trattare l’infezione da Covid 19 come infortunio sul lavoro, per le compagnie tale non è. L’Inail però con la sua circolare numero 13 del 3 aprile scorso ha circoscritto il diritto a indennizzo Covid ai soli dipendenti tra i lavoratori a rischio, medici ed infermieri esclusi. Nulla c’è per indennizzare il medico convenzionato che è libero professionista. Ceto, si sta discutendo di farlo rientrare perché è parasubordinato e lo stipendio della convenzione è l’85-95% del suo reddito (né può rifiutare le cure a un assistito che lo ha scelto). Tuttavia oggi come oggi un risarcimento può arrivargli solo da una copertura contro le malattie ove presente nella polizza che il medico stipula annualmente. La voce però in polizza non figura e il pagamento non scatta. Il presidente dell’Ordine dei Medici di Milano Roberto Carlo Rossi ha chiesto giorni fa un indennizzo statale o regionale per tutti i medici caduti causa coronavirus, 100 mila euro, e un assegno a vita come quello di guerra a chi, sanitario, abbia riportato danni permanenti.
Per i medici di famiglia, si erano aperti spiragli con la sentenza di Cassazione 1663/2020 che apre alla copertura anti-infortunistica di tutte le categorie “parasubordinate” (tali sono i medici convenzionati). A seguito di quella sentenza si è formato un gruppo di lavoro che coinvolge non solo Inail e Fnomceo ma anche il sindacato Fimmg ed Enpam. Il processo è precedente alla pandemia da Covid-19 e segue al boom di violenze su medici ed infermieri registrate sempre più di frequente nei pronti soccorso e nelle postazioni di guardia. In assistenza primaria, al momento l’unica tutela è quella prevista da Enpam per la malattia fino a 30 giorni, coperta da una polizza che offre un’indennità minore rispetto alla diaria Inail, e per la malattia oltre i 30 giorni. Pina Onotri segretaria del Sindacato Medici Italiani chiama l’Inail ad ammettere che in questi mesi i medici di famiglia hanno subito veri e propri infortuni e chiede di velocizzare l’iter per l’indennizzo, ma non si ferma qui. «Il riconoscimento dell’infortunio per i mmg in caso di decesso da Covid-19 va previsto anche dalle assicurazioni priviate. Facciamo appello al Parlamento e al Ministro del Lavoro, dicastero competente, affinché intervengano». Il segretario nazionale Fismu Francesco Esposito, prendendo atto che l’Inail non può coprire liberi professionisti, chiede da tempo all’Enpam se esistano possibilità di un intervento della stessa categoria, che il Legislatore possa autorizzare, o in alternativa per un intervento statale. Da Milano Roberto Carlo Rossi, forte assertore dell’indennizzo di Stato, ribadisce che comunque il mondo assicurativo privato non può tirarsi indietro. «Peraltro, i problemi ci sono anche per i sanitari dipendenti in ambito Inail. Ad esempio, ho sentito che la probabilità di infettarsi per chi opera in reparti Covid con DPI in quantità adeguata verrebbe talora considerata inferiore a quella di aver contratto la malattia fuori dall’ambito lavorativo; e ci sarebbero strutture Inail che non indennizzano senza l’esito di un tampone preventivo (che specie all’inizio c’erano problemi ad ottenere). Quindi ho chiesto allo Stato di dare un segno tangibile di ringraziamento alla categoria. Intanto, sono usciti articoli – uno, bellissimo, del medico legale Riccardo Zoia – che aprono all’equiparazione del contagio da Covid all’infortunio. Aggiungerei che le assicurazioni rivestono, come le banche, un ruolo sociale importantissimo, cui non possono abdicare. Una volta che è assicurato il margine in grado di consentire loro di svilupparsi, non possono tirarsi indietro al momento di pagare. Come si fa ad affermare che una pandemia piombata su tutto il mondo come uno tsunami non è causa fortuita violenta e rapida di evento lesivo quando non figura tra gli eventi esclusi dalla copertura? E come si fa ad escludere un medico da un risarcimento perché ha una patologia pregressa o un fattore di rischio che ne facilitano la possibilità di essere danneggiato dal virus? Con il Covid-19 non abbiamo elementi per affermare che un simile ragionamento funzioni: del resto, se dieci persone diverse hanno dieci lesioni e dieci conseguenze diverse da uno stesso virus, con quale criterio si mette l’asticella che consente di pagare un assicurato e di dire no ad un altro? Lancio un messaggio all’ANIA, l’associazione degli assicuratori: nessun operatore si può tirare indietro da quello che è successo e dai sacrifici impliciti, se non abdicando al proprio ruolo sociale: se una società civile scoprisse all’improvviso che la compagnia al momento del bisogno tende a non pagare, quale futuro ci sarebbe per l’istituto assicurativo?».