Malpractice, struttura corresponsabile se non prova colpa esclusiva del medico. La sentenza

(da Doctor33)  Il medico collaboratore della struttura in caso di danno al paziente può essere chiamato in causa dalla struttura stessa ma se l’ente vuole che sia lui a risarcire interamente deve provare che la responsabilità è esclusivamente sua. Lo afferma la sentenza della Corte di Cassazione Civile Sezione VI 24167 dell’11 aprile 2019 depositata il 27 settembre 2019 (e riportata nel sito laleggepertutti.it), relativa a una struttura privata e importante sia in assoluto sia nei rapporti tra strutture private e medici liberi professionisti che con esse collaborano. Il caso è quello di un ospedale privato di Forlì convenuto in giudizio da una paziente operata per inserirle una protesi all’anca. A seguito della non corretta esecuzione dell’intervento, la donna chiede il risarcimento dei danni riportati. In primo grado il Tribunale di Forlì accoglieva la domanda, dichiara la responsabilità in solido della casa di cura e del medico e li condanna a risarcire alla paziente 122 mila euro. La clinica non ci sta, sostiene che il danno derivi solo dall’imperizia con la quale era stato eseguito l’intervento dal chirurgo, ne chiede la condanna a risarcire integralmente e di non essere coinvolta. La Corte d’Appello con sentenza 1135/2018 dà ragione alla clinica, e pone sul sanitario -chiamato a risarcire per intero – l’onere di provare in cosa consista eventualmente la responsabilità della clinica. Alla responsabilità esterna della struttura, ex art. 1228 c.c., prevista a miglior tutela dei terzi danneggiati, ben può associarsi, nei rapporti interni, l’ammissibilità del regresso anche per l’intera somma da risarcire specie in questa circostanza dov’è stato accertato un danno riconducibile unicamente alla condotta colposa di un altro obbligato, il medico.  Gli avvocati del chirurgo ricorrono in Cassazione, sostenendo che il quadro legislativo attuale non chiede al medico di provare che la struttura ha delle responsabilità, e dev’essere la struttura a provare la corresponsabilità del medico. E in effetti, spiega la Cassazione, ove la struttura sostenga che l’esclusiva responsabilità dell’accaduto non è imputabile a sue mancanze tecnico-organizzative ma solo all’imperizia del chirurgo, e chiede si accerti l’esclusiva responsabilità di quest’ultimo nel causare il danno, è su di essa -in quanto “agisce in regresso a fronte di una responsabilità solidale” – che grava l’onere di provare l’esclusiva responsabilità del camice. Al contrario, «non rientra nell’onere probatorio del chiamato l’onere di individuare precise cause di responsabilità della clinica in virtù delle quali l’azione di regresso non potesse essere, in tutto o in parte, accolta».
Per la Cassazione, la Corte d’Appello, alla quale tornerà la questione, deve riconsiderare la sentenza avversa al medico e svolgere “un nuovo esame che tenga adeguatamente conto dell’onere probatorio gravante sulla struttura sanitaria”. Uno dei possibili effetti della sentenza è porre dei limiti alla fluidità dei rapporti tra ospedali privati e medici che con essi collaborano con un contratto libero professionale. Se nelle strutture del servizio sanitario pubblico la responsabilità del medico dipendente è extracontrattuale (e quella dell’ente pubblico è contrattuale, più “pesante”), nelle strutture private ove non si configurino rapporti di dipendenza tra medico e struttura non è comunque caso ordinario che alla fine sia il medico “ingaggiato” il solo chiamato a rispondere.