Equo compenso, ok della Camera a Ddl. Le novità di interesse per i medici

(da Doctor33)   Per medici e odontoiatri potrebbero presto tornare le tariffe minime come riferimento per i contratti d’opera, anche se non fissate dagli ordini. L’Aula della Camera ha approvato con 251 sì, nessun contrario e 9 astenuti (di Liberi & Uguali) la proposta di legge a prima firma di Giorgia Meloni (FdI, AC 3179​) che introduce l’equo compenso per tutti i professionisti affiancando le professioni intellettuali agli avvocati. Questi ultimi fin qui erano i soli coperti da una disposizione di legge. Sono state contestualmente approvate le proposte abbinate a prima firma di Andrea Mandelli (FI, Federazione degli Ordini dei Farmacisti), Jacopo Morrone (Lega) Massimo Bitonci (Lega); Di Sarno (M5S).
Il provvedimento passa ora all’esame del Senato dove, nelle dichiarazioni di voto finale, sono stati auspicati approfondimenti e modifiche. Gli impianti delle bozze sono simili: in genere, nei primi due articoli si definisce l’equo compenso, e si specifica che per essere equo il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto ed al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale. Il trattamento economico deve quindi essere conforme ai parametri che regolano non solo i compensi previsti per gli avvocati ma anche quelli per gli altri professionisti iscritti a ordini o collegi nonché per gli esercenti professioni non organizzate in ordini o collegi. La proposta Meloni, prima in ordine di tempo, considera ad esempio nulle le pattuizioni che prevedano “un compenso manifestamente sproporzionato rispetto all’opera prestata o al servizio reso, cioè inferiore agli importi individuati con i valori stabiliti dai parametri o dalle tariffe fissati con decreto ministeriale per le professioni regolamentate” o per gli avvocati (legge 247/2012). Il professionista potrà impugnare convenzioni, contratti e gare al tribunale del luogo dove vive od opera: il giudice li rivedrà secondo i parametri o le tariffe ministeriali in vigore relativi alle attività svolte, e potrà chiedere il parere di congruità dell’ordine o del collegio professionale, “che costituisce piena prova sulle caratteristiche, sull’urgenza e sul pregio dell’attività prestata, sull’importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell’affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate”. Al contrario, “si prevede un espresso divieto di avvalersi della consulenza tecnica”. Sono nulli gli accordi che vietino al professionista di chiedere acconti o che gli impongano di anticipare spese.
Si considerano, inoltre, vessatorie le clausole che consentono al cliente: di modificare unilateralmente le condizioni del contratto; di negare contratti scritti (o al contrario di obbligare alla firma altrimenti si riserva di non pagare); di pretendere prestazioni extra gratis; di imporre la rinuncia al rimborso delle spese legate alla prestazione; di prevedere tempi di pagamento oltre 60 giorni dalla data di ricevimento della fattura; di riscrivere i contratti in modo peggiorativo. L’articolo 5 prevede che il parere di congruità emesso dall’ordine acquisti efficacia di titolo esecutivo, in alternativa all’ingiunzione di pagamento del giudice se il debitore non abbia proposto opposizione al giudice competente. L’articolo 7 consente le class action, l’articolo 8 istituisce un Osservatorio nazionale sull’equo compenso al Ministero della giustizia.
La nuova disposizione, si legge nel preambolo del Ddl 3179, mira a concretizzare lo spirito dell’articolo 2233 del codice civile secondo cui «la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione». Oggi “non essendo prevista alcuna sanzione di nullità, il professionista non può far valere l’inadeguatezza del compenso in presenza di un accordo che lo determini in misura irrisoria. La proposta contempla anche il diritto del cittadino consumatore di ottenere una prestazione di qualità, impossibile da garantire al di sotto dei livelli minimi di compenso previsti dai parametri ministeriali”.