Covid: studio italiano smentisce no-vax, ivermectina inefficace

(da AGI)  Crolla un altro ‘pilastro’ delle terapie anti-Covid alternative promosse dai no-vax: l’ivermectina, farmaco antiparassitario ritenuto efficace come prevenzione e terapia precoce del Covid-19 da chi si oppone al vaccino, è inefficace contro il virus anche se viene somministrata a un dosaggio triplo rispetto a quello standard. E’ quanto emerge dallo studio COVER pubblicato su Preprints with The Lancet, coordinato dall’IRCCS “Sacro Cuore Don Calabria” di Negrar di Valpolicella (VR), in collaborazione con l’Istituto Mario Negri di Milano, a cui hanno partecipato l’Ospedale Sacco di Milano, l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna e l’Ospedale Covid di Rovereto. Anche in dosi molto alte ivermectina non ha dimostrato effetti significativi sulla replicazione del virus, come ipotizzato dalle teorie sposate dai no vax. Non sono stati tuttavia registrati eventi avversi gravi, un risultato importante visto che uno dei due obiettivi principali dello studio era proprio quello di verificare la sicurezza di questo farmaco a dosaggi superiori a quelli normalmente utilizzati per la terapia di infezioni parassitarie. A seguito di alcuni studi con risultati positivi nella cura di SARS-CoV-2, che poi però sono stati in parte ritirati o non valutati dalle autorità regolatorie perché di scarsissima qualità, ivermectina è diventata popolare fra i no-vax: negli scorsi mesi la FDA statunitense ha denunciato un incremento di 28 volte dell’uso, ma anche un parallelo aumento dei casi di intossicazione, in particolare nei pazienti che hanno assunto il preparato per uso veterinario. Per chiarire gli effetti del farmaco e la possibile azione antivirale di un impiego ad alto dosaggio del prodotto per uso umano è stato perciò realizzato lo studio clinico di fase II COVER (COVid iVERmectin), randomizzato, no profit e in doppio cieco. “Gli studi relativi a Covid 19 e ivermectina sono tantissimi nel mondo, ma tutti hanno impiegato dosaggi relativamente bassi – afferma Zeno Bisoffi, coordinatore dello studio e direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar – I dati positivi, che autorizzavano a pensare che il farmaco potesse essere efficace, derivavano invece da uno studio in vitro di ricercatori australiani che avevano utilizzato sulle cellule in coltura concentrazioni elevate di farmaco, dimostrando che poteva eliminare velocemente il virus dalle colture impedendone la replicazione. Abbiamo perciò voluto testare ivermectina ad alte dosi nell’uomo, forti della nostra esperienza con il suo utilizzo in medicina tropicale: impieghiamo infatti ivermectina con successo e da tempo in malattie parassitarie come la strongiloidosi o la oncocercosi”.