COVID-19 – Vaccinazione in gravidanza, quando va fatta?

(da Univadis)   La vaccinazione anti-COVID-19 durante la gravidanza, indipendentemente dall’età gestazionale alla prima dose, comporta la presenza di anticorpi materni anti-Spike al momento del parto.  La vaccinazione con ciclo completo, una storia pregressa di infezione da SARS-CoV-2 e una dose booster nel terzo trimestre si associano con livelli più alti di anticorpi nel sangue materno e in quello cordonale. 

I risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Obstetrics & Gynecology rispondono a una domanda ancora di piena attualità: qual è il momento giusto in cui vaccinare contro il virus SARS-CoV-2 le donne in gravidanza? Da quanto si osserva nello studio di Yang e colleghi, i livelli di anticorpi anti-Spike presenti al momento del parto nelle donne vaccinate nel terzo trimestre sono più alti di quelli registrati nelle donne vaccinate in fasi più precoci della gravidanza, ma la differenza non è molta. Rimandare l’inoculazione non sembra perciò una strategia corretta: si lasciano madri e feti senza protezione contro il COVID-19 in prospettiva di un beneficio probabilmente irrisorio.

I ricercatori della Weill Cornell Medicine e del Presbyterian Medical Center di New York hanno esaminato l’associazione tra l’età gestazionale al momento della vaccinazione anti-COVID-19 e i livelli di IgG anti-Spike nel sangue materno e in quello da cordone ombelicale al momento del parto su un campione di 1.359 gravide che avevano partorito dopo la 34a settimana di gestazione. I vaccini utilizzati erano quelli approvati negli Stati Uniti: Pfizer-BioNTech, Moderna o Johnson & Johnson/Janssen. I ricercatori hanno valutato anche l’eventuale impatto sui livelli anticorpali di un’infezione pregressa da SARS-CoV-2 e della dose booster.

In tutti i campioni delle donne che avevano completato il ciclo vaccinale erano presenti concentrazioni misurabili di IgG anti-Spike, indipendentemente dalla tempistica di vaccinazione. La vaccinazione effettuata all’inizio del terzo trimestre di gravidanza si associava ai livelli più alti di anticorpi sia nel sangue materno che in quello cordonale. Se la donna prima della gravidanza era stata infettata dal coronavirus, i livelli di anticorpi elicitati dopo vaccinazione nel primo trimestre erano paragonabili a quelli misurati in donne vaccinate nel terzo trimestre che non avevano una storia di infezione da SARS-CoV-2. In base ai dati registrati nel limitato campione di donne che avevano ricevuto la dose booster, il richiamo si associava a livelli di IgG anti-spike materni più alti di quelli ottenuti con la vaccinazione nel terzo trimestre, indipendentemente da una storia di infezione di SARS-CoV-2.

“Anche se i livelli anticorpali materni, e conseguentemente quelli nel sangue cordonale, più alti si osservano con la vaccinazione all’inizio del terzo trimestre, i nostri dati non andrebbero interpretati come un suggerimento a ritardare la vaccinazione fino al terzo trimestre – ammoniscono gli autori dello studio – Piuttosto i nostri dati supportano l’importanza del completamento precoce del ciclo vaccinale”. È bene tenere presente che non è possibile prevedere un eventuale parto prematuro e che la protezione della madre nel corso della gravidanza è la cosa migliore per il feto, in quanto minimizza i rischi di malattia severa.