La pandemia mette a dura prova la professione medica. Un sondaggio fa il punto

(da Doctor33)  Fin dai primi segnali dell’inizio dell’epidemia, i medici si sono trovati ad affrontare dubbi e paure nei loro pazienti. Dopo i primi momenti di confusione, iniziati a marzo del 2020, i medici, man mano che venivano adottate le varie misure di contenimento della pandemia, hanno iniziato a cambiare profondamente la loro organizzazione lavorativa e quotidiana, con non poche difficoltà. Nuove criticità, non solo dal punto di vista della qualità della vita, ma sul versante della loro salute psico fisica.
Da un ultimo sondaggio, lanciato dalla Federazione Cimo Fesmed su 4,258 medici, è risultata una immagine poco serena della professione. In sintesi, il 72% dei medici ospedalieri vorrebbe abbandonare il pubblico, con un medico su tre a dichiarare una qualità della loro vita nettamente insufficiente. In più, sono in tantissimi i medici ad affermare l’enorme accumulo di ferie inevase, con il 73% degli intervistati costretto agli straordinari. Anche per i giovani medici le cose non vanno tanto bene, visto il calo delle aspettative di carriera e retribuzione in generale. Dal sondaggio l’attaccamento alla professione rimane comunque molto forte (72%), ma solo il 28% del totale intervistato ha dichiarato di voler rimanere a lavorare nel pubblico. Inoltre, c’è ormai percezione diffusa tra i medici di scarso riconoscimento sociale e nelle istituzioni, con retribuzioni non adeguate, scarsa organizzazione aziendale e poche aspettative di miglioramento della carriera. Tutto questo non sta facendo che aumentare la voglia dei professionisti di riconvertire la propria attività, magari nel privato (14%), oppure di ritirarsi ad una vita da pensionati (19%), andare all’estero (26%) o dedicarsi alla libera professione (13%). Dai dati del Conto annuale del Tesoro, già nel 2019, il 2,9% dei camici bianchi ospedalieri aveva deciso di dare le dimissioni, praticamente 3.123 dottori che si sono licenziati per andare a lavorare nel privato. Inoltre, durante i due anni di pandemia il fenomeno si è accentuato, portando i fuoriusciti a 4.000 l’anno. Secondo l’Enpam, a questi numeri si sono aggiunti altri 4000 professionisti che dal 2019 al 2021 hanno colto l’opportunità del prepensionamento approfittando dell’opzione “quota 100”.

Oltre a tutto questo, l’arrivo della pandemia ha portato, oltre ad un carico di lavoro eccessivo e ad una smisurata quantità di tempo dedicata ad atti amministrativi, anche stress psico-fisico, con notevoli conseguenze su buona parte dei professionisti. Per il 55% degli intervistati, l’epidemia da Covid-19 ha messo a repentaglio la sicurezza delle loro famiglie, mentre il 64% ha reputato alto il rischio professionale corso negli ultimi due anni. Inoltre, quando agli intervistati si è chiesto chi li abbia realmente aiutati ad affrontare questo periodo, il 57% ha risposto “i colleghi”, il 24% “familiari e amici”, l’8% “nessuno” e solo il 5% “la società e le Istituzioni”.
Per la professione medica, però, non va benissimo neanche nel resto d’Europa. Prendendo, ad esempio, un Paese come il Belgio, regione in cui fanno sede le istituzioni della UE, un recente sondaggio su quasi 500 medici condotto da HealthOne, specialista belga in software medicale, rappresenta uno scenario non troppo diverso rispetto all’Italia. Soprattutto durante la quarta ondata, tra novembre e dicembre 2021, il 67,2% degli intervistati ritiene che l’arrivo di Omicron abbia comportato un enorme carico di lavoro, oltre ad un aumento esponenziale delle visite e dei teleconsulti. Per quasi un medico su due (45,7%) l’ondata della variante omicron ha rappresentato quasi il 60% della totalità del lavoro. Dalla survey si evince anche che un medico su due ha, purtroppo, deciso di non accettare nuovi pazienti per evidenti impossibilità di tempo da dedicare. E non si tratta dell’unica misura adottata in tempo pandemico tra i medici belgi: il 14% ha deciso di unire gli studi con altri colleghi per condividere il lavoro, mentre un medico su quattro (25%) ha assunto un collaboratore amministrativo o un nuovo membro dello staff per riuscire a soddisfare i bisogni dei pazienti. Inoltre, l’85% degli intervistati ha dichiarato di avere avuto un grande calo della qualità della vita, con conseguenze psico-fisiche anche di grande impatto. Un quarto di questi (24,5%) ha affermato l’insorgenza di disturbi anche gravi (stress, ansia, insonnia, burn-out). Per quasi nove medici su dieci (88%) il sovraccarico lavorativo ha avuto impatto sulla loro privacy. Sempre dal sondaggio, circa il 61% ha riconsiderato negativamente la propria professione e il 35% di questi sta pensando di riconvertire il proprio lavoro o di andare in pensione anticipata.