In Italia meno ricoveri che nel resto del mondo. Il Rapporto Ocse rivaluta il medico di famiglia

(da Doctor33)   Che l’Italia spendesse troppo poco per la salute dei suoi cittadini – con finanziamenti sotto il 6,5% del Prodotto interno lordo le sanità non sopravvivono – si sapeva. Ce l’aveva detto l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Oggi l’Ocse ci dice un’altra cosa: a dispetto dei pronti soccorso pieni e delle lunghe attese, i residenti del nostro paese “anziano” frequentano gli ospedali meno dei cittadini di altre nazioni. In altre parole, la medicina territoriale fa da argine a patologie altrove curate a suon di ricoveri.

La “notizia” è contenuta nel rapporto ‘Health at a glance’ che annualmente confronta sia indicatori di salute della popolazione sia indicatori di performance dei paesi membri Ocse oltre che dei paesi partner o candidati ad associarvisi. L’edizione 2023 offre gli ultimi dati raffrontabili, indagando anche diseguaglianze, accesso alle cure, fattori di rischio per la salute, qualità dell’assistenza, risorse dedicate alla sanità (si ricorderà che per l’Ocse non devono essere meno del 6,5% del Prodotto interno lordo). Sugli indicatori di esito (sesto capitolo), il Report è sorprendente.

L’Italia sul diabete registra i tassi più bassi di ricovero insieme a Giappone e paesi scandinavi. E anche per asma e broncopneumopatia ostruttiva offre negli ultimi 10 anni i tassi di ospedalizzazione più bassi al mondo, insieme a due paesi sudamericani (Messico e Cile), classificandosi terzo. Più o meno la stessa cosa vale per l’insufficienza cardiaca dove tra il 2019 e il 2021 oltre al trend in miglioramento analogo a quello del resto dei paesi della statistica, vantiamo tassi di ricoveri impropri sotto la media Ocse. Tutti dati che secondo il segretario nazionale Fimmg Silvestro Scotti «smontano una narrazione della sanità territoriale italiana fatta di inappropriatezza dei ricoveri e, indirettamente, certificano invece una capacità di problem-solving molto spiccata da parte dei medici che sul territorio rispondono alle richieste dei cittadini, evitando che siano costretti a ricorrere ad ospedalizzazioni improprie».

Per Scotti, il report certifica l’efficacia della medicina del territorio e rende «ancor più evidente come, rispetto al racconto che solitamente si propone ai cittadini, qualcosa non torni». Ad esempio, nella parte del Report relativa alla Health Workforce basta poco «per rendersi conto di un pesante squilibrio a carico dei medici del territorio, che sono solo il 14% del totale con gli specialisti all’80%» (i due dati della media dei paesi Ocse relativa al 2021 sono rispettivamente il 20 e il 64%). «La vera programmazione in questo paese parte dal rendere nuovamente attrattiva la medicina generale, potenziandola nel ruolo e valorizzandone i risultati professionali. Incredibile che la realtà debba emergere dai dati OCSE e che nel dibattito interno, come accaduto negli ultimi anni post-Covid, la medicina del territorio appaia invece come responsabile di un fallimento di gestione del territorio. Esiste, evidentemente, un’altra storia da raccontare e di certo esistono altri colpevoli». Il segretario generale Fimmg accenna poi al contratto in discussione: «Oggi grazie all’impegno di Sisac e delle Regioni ci aspettiamo di definire il contratto 2019-21 entro fine anno. Qualunque ostacolo troveremo a questo nostro intendimento lo considereremo pretestuoso e responsabile della scomparsa del nostro ruolo nel Servizio sanitario nazionale. Ma prima di scomparire, si stia certi che ci faremo sentire».

Sul tema della discrepanza tra risultati ottenuti e bassa spesa sanitaria DoctorNews raccoglie la voce di Luca Puccetti, presidente della società scientifica Promed Galileo: «La medicina generale sottorganico (e nel mirino mediatico), in questi anni sta evitando problemi di salute ai cittadini, economici al servizio sanitario, organizzativi all’ospedale. I progetti di riorganizzazione dell’assistenza territoriale in case di comunità in qualche caso tenderebbero a cancellare la medicina di famiglia di prossimità quale la conosciamo. Ma come si vede la nostra professione diffusa su tutto il territorio sta compiendo imprese per cui difficilmente risulterà sostituibile da altri modelli. Tutto questo in un paese che ha una spesa sanitaria pro-capite sotto la media Ocse (9% contro 9,2% rispetto al prodotto interno lordo se sommiamo spesa pubblica e privata) ed è fra i tre più anziani dell’Organizzazione con Giappone e Germania (come si legge nel 7° capitolo del Rapporto)».