Coronavirus, arriva dall’Emilia-Romagna la svolta per le prognosi dei pazienti Covid

(da Univadis)  Lo studio di un team di medici dell’Ospedale di Piacenza pubblicato su ‘Radiology’: valutazione immediata del rischio reale, se e come la malattia evolverà, ricovero necessario oppure no. L’assessore Donini: “Motivo di grande orgoglio per l’intera comunità regionale”    La ricerca, accettata per la pubblicazione da una delle più autorevoli riviste della comunità scientifica internazionale, fornisce indicazioni concrete per individuare le persone più a rischio e, dunque, il percorso terapeutico più idoneo. Ecco il lavoro dell’équipe di Radiologia diretta da Emanuele Michieletti  È possibile capire se un paziente positivo al Covid-19, in fase iniziale della malattia, debba restare in ospedale perché rischia di peggiorare velocemente, o se invece sia possibile e sicuro curarlo a casa? Un interrogativo che si sono posti clinici di tutto il mondo, cercando elementi utili per arrivare a una possibile risposta.   Un primo, determinante contributo a livello internazionale arriva dall’Emilia-Romagna, in particolare dall’Ospedale di Piacenza: la rivista americana ‘Radiology’, riferimento globale del settore, ha pubblicato infatti, proprio in questi giorni, lo studio realizzato da un team di specialisti della struttura.  Nello specifico, l’équipe di Radiologia diretta dal dottor Emanuele Michieletti ha lavorato su una casistica significativa di pazienti (finora la più ampia in Italia pubblicata in letteratura scientifica) riuscendo a fornire alcune indicazioni concrete per individuare le persone più a rischio. Lo studio piacentino ha riscosso immediatamente un grandissimo interesse, soprattutto nei Paesi che stanno affrontando oggi le fasi più critiche dell’emergenza Coronavirus.

Lo studio: rischio reale del paziente e percorso più idoneo  Quando in ospedale arriva un paziente affetto da Covid-19, è difficile stabilire a priori come potrà evolvere il suo stato. Potrebbe avere una sintomatologia lieve, simile a un’influenza, o arrivare invece a sviluppare una polmonite grave con insufficienza respiratoria. In questo secondo caso, la permanenza in ospedale è fondamentale, perché la persona potrebbe aver bisogno di essere intubata e ricoverata in terapia intensiva. Ma come distinguere una possibile prognosi dall’altra? “In tutto il mondo- spiega il primario di Radiologia, dottor Michieletti- e soprattutto, oggi, nel continente americano, il numero delle persone che accedono all’ospedale è troppo alto rispetto alle opportunità di ricovero. È quindi fondamentale scegliere: ci siamo chiesti quali indicazioni fossero utili per selezionare coloro che possono essere curati in sicurezza al domicilio dai pazienti che, invece, è meglio tenere in ospedale. Abbiamo cercato di mettere subito a disposizione la nostra difficilissima esperienza in prima linea delle scorse settimane perché potesse essere utile a quanti stanno affrontando le stesse criticità solo in questa fase”.

L’analisi rigorosa dei casi locali  “Abbiamo passato in rassegna il quadro radiologico e clinico di 236 nostri pazienti- racconta il radiologo Davide Colombi-. Piacenza, così duramente colpita della diffusione della malattia da SARS-CoV-2, purtroppo ha potuto fornire una casistica scientificamente rilevante. Abbiamo lavorato con il maggior rigore possibile, per far emergere elementi utili al confronto”. L’équipe del dottor Michieletti ha preso in esame, per ogni caso, la porzione di polmone sana, risparmiata dalla polmonite, e ha “incrociato” la valutazione fatta con la Tac con altre caratteristiche del paziente: età, presenza di altre patologie e valori riscontrati con gli esami del sangue. Questo ha consentito di mettere a fuoco indicazioni cliniche pratiche per prevedere la prognosi più probabile della persona positiva.

Le conclusioni dello studio  L’integrazione tra queste informazioni permette di migliorare la gestione e la presa in cura del malato: può infatti contribuire a individuare quei pazienti che, nonostante abbiano una discreta percentuale di volume polmonare sano, dovrebbero essere monitorati perché sono da considerare a rischio proprio in considerazione degli elementi raccolti. “Queste indicazioni- conclude Michieletti- consentiranno di evitare di dimettere persone con sintomi lievi che invece, con tutta probabilità, andranno incontro a un peggioramento grave e rapido delle proprie condizioni”.

(https://pubs.rsna.org/doi/10.1148/radiol.2020201433)