Per la medicina del territorio non servono cattedrali nel deserto
(da M.D.Digital) Sulle Case di Comunità il commento del segretario nazionale della Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti (affiliata Cisl Medici), Francesco Esposito è molto critico: “È difficile comprendere come le ipotesi di riforma contenute nel punto 6 del Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza si possano poi concretizzare davvero, a partire dalle annunciate 1.288 Case di Comunità. Cosa sono e chi dovrebbe operare in queste strutture? Come si interfacciano con le leggi vigenti, a partire dalla Balduzzi, ma soprattutto con la capillare offerta di cure primarie, che si dice di voler potenziare, cioè con gli ambulatori di medicina generale e con le già esistenti (e funzionanti con successo) medicine di gruppo, come le Unità di cure Primarie? Non si capisce. Nel frattempo girano indiscrezioni sul cambio di stato contrattuale di oltre 60mila medici di famiglia (tutti dipendenti ?!? Ora sono convenzionati para-subordinati), che sembrano però, al momento, solo fake news. Insomma, la confusione regna sovrana: e con l’incertezza le preoccupazioni aumentano e la categoria lavora in prima linea, in una emergenza sanitaria, con uno stato d’animo pessimo”. “In questi anni – continua – abbiamo assistito a un ‘festival’ di formule e slogan sul potenziamento delle cure primarie, sul territorio, ma abbiamo visto ben poco. Le ‘case della salute’, quasi sempre, o sono rimaste gusci vuoti o addirittura non sono neppure state avviate. Le Unità di cure primarie in molte realtà funzionano e meriterebbero più risorse e più personale, ma ora non sappiamo che fine faranno. Poco si dice del rapporto fiduciario medico-paziente e della capillarità degli ambulatori ora esistenti in tutto il Paese e che meritano di essere potenziati e (devono essere) modernizzati, mantenendo quella prossimità per i cittadini che non sappiamo come dovrebbe essere garantita dalle future Case di Comunità”.
“La nostra proposta sul Recovery, – sottolinea Esposito – già presentata anche in audizione in Commissione parlamentare, è semplice: ospedali di eccellenza (si va in ospedale solo per casi gravi) e più territorio, più strutture intermedie con diagnostica e socio-assistenziale (per fragili e cronici), più medici e più personale, zero precariato, fascicolo elettronico e telemedicina, continuità assistenziale h24, medicina capillare, domiciliare e di prossimità, piano straordinario di edilizia sanitaria, riorganizzazione del 118 per una rete nazionale dell’emergenza-urgenza. E sul piano normativo: contratto unico, ruolo e accesso unico per i medici; ma anche riforma della formazione specifica e della specializzazione. Con queste direttrici e premesse si può ripartire. Altrimenti le case della Comunità saranno delle cattedrali nel deserto e si andrà ad un ennesimo fallimento a un’ulteriore occasione persa per modernizzare il territorio”. “Ora basta – conclude – serve chiarezza, lo chiediamo al ministro Speranza, riunisca i sindacati del settore, decliniamo e riempiamo di contenuti il Recovery plan, diamo gambe e futuro agli stanziamenti previsti, per una nuova sanità pubblica dei cittadini e dei medici”.