Covid-19: I primi sintomi cambiano con l’età

(da Univadis)   Le manifestazioni precoci dell’infezione da Sars-Cov-2 differiscono per sottogruppi di popolazione.  Un modello bayesiano basato sui sintomi riportati nei primi 3 giorni prevede con buona accuratezza la probabilità che il paziente sia affetto da COVID-19.  Il riconoscimento precoce consente di reagire con tempestività e ottimizzare le risorse.   Se si va ad analizzare quali sono i primi sintomi riferiti da un paziente positivo per l’infezione da SarsCov2 si riscontrano alcune differenze a seconda delle sue caratteristiche, in particolare età e genere. A partire da questi dati e sfruttando l’intelligenza artificiale è possibile costruire un modello predittivo per aiutare i medici a identificare con buone probabilità il paziente che deve essere prontamente isolato e sottoposto al test. In questo modo si contrasta la diffusione del virus e si regola l’accesso ai centri di screening. È questo il significato di uno studio britannico su larga scala appena pubblicato sulla rivista Lancet Digital Health.   Lo studio si basa sui dati raccolti attraverso una applicazione (COVID-19 Symptom Study app) sviluppata da una start-up londinese in collaborazione con i ricercatori del King’s College di Londra e del Massachusetts General Hospital di Boston. Questa app permette di segnalare la comparsa e l’andamento dei sintomi e di comunicare il risultato della PCR. Gli autori dello studio hanno usato i dati relativi ai sintomi riferiti nei primi 3 giorni da oltre 182.000 soggetti per istruire un algoritmo e creare un modello Bayesiano allo scopo di identificare coloro che avevano maggiore probabilità di avere il COVID-19. Il modello è stato poi validato usando un set di dati relativo ad altri 15.000 utilizzatori dell’app.    Dei 18 presi in esame, i sintomi che si presentavano più spesso all’esordio erano perdita dell’olfatto, dolore al petto, tosse persistente, dolore addominale, vescicole sui piedi, fastidio agli occhi e dolore muscolare inusuale. Andando a raggruppare i partecipanti in diverse categorie per età, sesso, occupazione (personale sanitario e non) e indice di massa corporea sono emersi dati interessanti. La perdita dell’olfatto, per esempio, era più significativa sotto i 60 anni di età, mentre la diarrea era un indizio più rilevante tra le persone anziane. La febbre, inaspettatamente, non era una manifestazione precoce in nessuna delle fasce di età. Gli uomini segnalavano più spesso fiato corto, brividi e stanchezza, viceversa le donne lamentavano più frequentemente perdita dell’olfatto, dolore al petto e tosse persistente. Il modello bayesiano generato aveva un’attendibilità superiore a quello ricavabile con la regressione lineare ed era più performante di quello dell’NHS.    “I nostri risultati mostrano l’utilità dell’intelligenza artificiale per creare un modello dei sintomi del COVID-19 e per l’individuazione tempestiva delle infezioni da Sars-Cov-2 – spiegano gli autori – Questo modello consentirebbe l’immediato isolamento dei soggetti sospetti e la segnalazione per test urgente, permettendo una migliore allocazione delle risorse mediche durante una pandemia in evoluzione, specialmente nei periodi di caos”.

(Canas LS, Sudre CH, et al. Early detection of COVID-19 in the UK using self-reported symptoms: a large-scale, prospective, epidemiological surveillance study. Lancet Digit Health 2021 Jul 29. doi:10.1016/S2589-7500(21)00131-X)