Il caffè non provica tachiaritmia, anzi..

(da Univadis)    Uno studio di coorte prospettico basato sulla popolazione condotto negli Stati Uniti ha incluso 380.000 persone (età media di 56 anni) e, dopo un follow-up medio di 4,5 anni, ha stabilito che in caso di consumo moderato abituale, ciascuna tazza aggiuntiva di caffè è stata associata a una riduzione statisticamente significativa del 3% del rischio relativo (corretto per caratteristiche demografiche, condizioni di comorbilità e abitudini di stile di vita) delle tachiaritmie incidentali in generale, e in particolare della fibrillazione/flutter atriale o tachicardia sopraventricolare. L’associazione era indipendente dai profili genetici dei soggetti interessati.

(Coffee Consumption and Incident Tachyarrhythmias. Reported Behavior, Mendelian Randomization, and Their Interactions.  https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/fullarticle/2782015)