Continuare a esercitare dopo la pensione è possibile. Ecco i vincoli
(da Doctor33) I tanti “ingaggi” di medici pensionati in corsia e negli hub per vaccinare in tempo di Covid ce lo hanno ricordato: continuare ad esercitare dopo essere andati in pensione è possibile, i vincoli ci sono e vanno conosciuti, ma sono contenuti sia per chi è stato dipendente e si è pensionato in Inps sia soprattutto per chi è stato convenzionato o libero professionista, contribuendo solo ad Enpam.
In ambito Inps dal 2008 il decreto legge 112 concede il cumulo senza limiti di pensione e reddito professionale se ci si è pensionati con il sistema di calcolo retributivo (antecedente alla riforma del ’95) o misto, oppure con 40 anni di contributi e 65 anni d’età gli uomini e 60 le donne se si è maturato il montante con il sistema contributivo. Siccome l’età pensionabile con le successive riforme è aumentata rispetto a quei limiti, la possibilità di cumulo totale, lasciata intatta, c’è per tutti. Non c’è invece se si è andati in pensione con quota 100 (da 62 anni d’età e 38 di contributi) o con la quota 102 che c’è da quest’anno: in questo caso di “anticipo” è possibile sommare all’assegno un reddito -ma di solo lavoro occasionale- fino a 5000 euro annui fino ai 67 anni, cioè fino a quando decorre l’età per la pensione di vecchiaia: allora scatta la chance di cumulare totalmente reddito e pensione. Non c’è un analogo sistema dissuasivo invece per un’altra pensione anticipata, quella di “opzione donna”, che consente di andare via a 58 anni ma con il ricalcolo dell’assegno interamente con il sistema contributivo: un assegno già “frenato” che non dà luogo ad ulteriori vincoli. Quanto alla pensione di reversibilità, l’assegno Inps viene decurtato del 25% nelle pensioni superiori a 3 volte il minimo Inps (che è di euro 524 al mese), del 40% nelle pensioni superiori a 4 volte e del 50% nelle pensioni superiori a 5 volte ma la riduzione non si applica se nello stesso nucleo familiare ci sono minori di 18 anni, studenti, inabili maggiorenni.
In ambito Enpam? «Non ci sono divieti o limiti di cumulo per chi percepisce un assegno di quota A e B o dai fondi speciali», spiega Claudio Testuzza, esperto di previdenza e medico di estrazione ospedaliera. «C’è un principio giuridico che consente al professionista di esercitare mantenendo l’iscrizione all’Albo, sulla cui base è consentito continuare a svolgere la professione senza vincoli dopo essersi pensionati. L’iscrizione automatica all’Enpam insieme a quella all’ordine, che a qualche giovane collega può sembrare solo un onere, in realtà offre vantaggi all’iscritto, e non scontati: per altri professionisti diversi dai medici odontoiatri i vincoli al cumulo, pur discussi, ci sono». Per pensionarsi in Enpam i limiti sono: i 68 anni dai quali decorre il diritto alla pensione di vecchiaia e i 62 a partire dai quali ci si può pensionare in anticipo se si hanno 35 anni di contributi e 30 di anzianità di laurea. Pur avendo diritto a pensionarsi molti medici continuano a lavorare, ad esempio la convenzione con il Servizio sanitario si può tenere fino a 70 anni, e si continua intanto a contribuire. Altri medici si pensionano e continuano in libera professione. Convenzioni come quella degli specialisti ambulatoriali hanno consentito a medici pensionati da altre convenzioni o dalla stessa di rilevare ore in alcuni territori. «Anche dipendenti pensionati dai 65 anni in su possono aspirare ad una convenzione. Ci sono pediatri passati dall’ospedale al territorio, in questi casi aspettare la pensione prima di convenzionarsi consente poi di cumulare due redditi, pensione Inps e convenzione. Del resto, la convenzione è comunque un rapporto del libero professionista. Altro esempio di cumulo (ma non in tutte le regioni è stato consentito ndr): medici in pensione sono stati richiamati da strutture Ssn durante la pandemia con contratti a termine». Infine, «non viene in alcun modo tagliato l’assegno Enpam ai superstiti. Sul taglio dell’assegno Inps -aggiunge Testuzza – e in generale sulle tagliole poste dall’Inps alla pensione di reversibilità quando il coniuge superstite a sua volta percepisce un reddito, ci sarebbe tanto da dire. Sono stato promotore di disegni di legge per abolire una penalizzazione che colpisce un vedovo o una vedova in età in cui più ha bisogno di supporti. Credo che i tagli del 30-40% dell’assegno alla perdita del coniuge titolare per l’ente pensionistico si risolvano alla fine in un risparmio, di poche centinaia di milioni, irrisorio, a danno di una spesa che sarebbe ed è di importante valore sociale».