Linee guide nella pratica clinica: perché sono inattendibili

(da DottNet)   Quando medici e pazienti devono prendere decisioni riguardo la salute, dovrebbero tenere conto dei potenziali benefici e danni delle procedure diagnostiche e degli interventi, così come dei valori e delle preferenze dei pazienti stessi.1 Ma nei tempi attuali, in piena infodemia, come è possibile facilitare questo processo decisionale per pazienti e medici? Le linee guida per la pratica clinica (clinical practice guidelines, CPG) – documenti che includono raccomandazioni il cui obiettivo è quello di ottimizzare la cura del paziente mediante review sistematica delle evidenze e valutazione dei benefici e dei rischi delle opzioni alternative di cura – possono essere la soluzione ma non sono prive di limitazioni.

Il buono delle CPG. È innegabile che i medici debbano tenere il passo su un numero sempre crescente di evidenze in più campi della clinica, ma le CPG possono essere molto utili perché riassumono un ampio range di prove su di uno specifico topic ed agevolano così il medico nel prendere decisioni evidence-based per aiutare i propri pazienti in un modo efficiente e veloce.2 Parlare delle CPG come semplice sommario di prove è però riduttivo: queste si costruiscono su sommari di prove e incorporano la clinical expertise ed i valori dei pazienti, divenendo il pinnacolo della evidence-based medicine (medicina basata sull’evidenza).2     Le CPG, quindi, possono migliorare la coerenza delle cure, responsabilizzare i pazienti, influenzare la public policy, guidare lo sviluppo di misure e valutazioni delle prestazioni della malattia, e dirigere la pianificazione degli interventi di alto valore.2 

Il cattivo delle CPG. Nonostante i tentativi messi in atto per produrre delle linee guida affidabili, sono stati recentemente sollevati diversi dubbi sulla loro attendibilità, sia essa metodologica o di contenuto.2   Se da un lato, viene infatti spesso trascurata la personalizzazione delle terapie, dall’altro non si tiene altrettanto conto della possibile multimorbilità dei pazienti, con la maggior parte delle linee guida che basano le raccomandazioni su determinati gruppi di pazienti e su singole condizioni.2 Questo aspetto può portare alla necessità di applicare raccomandazioni da differenti linee guida in parallelo e risultati recenti hanno mostrato che questa applicazione simultanea potrebbe essere associata a gravi reazioni avverse da interazioni farmaco-farmaco o farmaco-malattia.2     Inoltre, raccomandazioni provenienti da differenti CPG che valutano le stesse evidenze sulla stessa condizione ma che differiscono tra loro nei risultati, possono generare confusione e un potenziale pericolo per i pazienti.2 Sono quindi necessarie iniziative di collaborazione in modo da evitare raccomandazioni contrastanti da differenti società professionali.2 Ma la collaborazione non si deve fermare ai soli professionisti: il coinvolgimento dei valori e delle preferenze dei pazienti è altrettanto importante e può essere fatto incorporando rappresentanti dei pazienti nel gruppo di esperti e rivedendo studi qualitativi, tra gli altri.2

Il brutto delle CPG. Il più grande e “brutto” problema delle CPG è che sono sviluppate da differenti gruppi (specialisti, agenzie governative, organizzazioni private, ecc.), ognuno dei quali ha la sua prospettiva, obiettivi e usi previsti.2 Troppe linee guida attuali appaiono più come marketing industriale e articoli basati su un’opinione personale, che forniscono direttive industriali piuttosto che dichiarazioni di assistenza medica.2 Da qui, l’intervento dell’Institute of Medicine del 2009 nel quale si affermava che “i conflitti di interesse possono minare l’integrità di una ricerca scientifica, l’oggettività dell’educazione medica, la qualità delle cure offerte ai pazienti e la fiducia pubblica nella medicina”.2 I conflitti di interesse influiscono quindi sulle raccomandazioni degli esperti che dovrebbero divulgarli nelle CPG e che dovrebbero limitarsi a votare sulle raccomandazioni.2

In conclusione, le linee guida per la pratica clinica non sono dei libri di ricette e possono avere dei limiti nella disponibilità e nell’applicabilità in contesti locali: è quindi di grande importanza che le agenzie sanitarie promuovano lo sviluppo e l’adattamento di linee guida cliniche adeguate alla pratica del professionista sanitario e alla realtà locale dei pazienti in termini di valori, preferenze e presenza di multimorbilità.2   Possiamo aspettarci che il futuro porterà CPG di migliore qualità e che questo si tradurrà in un processo decisionale condiviso, in scelte basate sull’evidenza più semplici da parte dei medici ed in migliori outcome per i pazienti.2  

(1. Ferreira JC, et al. Clinical practice guidelines: how do they help clinicians and patients make important decisions about health? Jornal Brasileiro de Pneumologia [online]. 2019, v. 45, n. 05. Disponibile al link: https://doi.org/10.1590/1806-3713/e20190321

2. Guerra-Farfan E, et al. Clinical practice guidelines: The good, the bad, and the ugly. Injury. 2022 Feb 1:S0020-1383(22)00077-8.

3. Cartabellotta A. Standard internazionali per la produzione delle linee guida. Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia. 2016;42:376-383. Disponibile al link: https://www.giot.it/wp-content/uploads/2016/12/04_Art_FOCUS_-Cartabellotta-1.pdf)