Covid-19, anche i pazienti lievi hanno sintomi neurologici a distanza

(da Doctor33)   Molti pazienti, anche lievi, con Covid-19 hanno sintomi neurologici, anche nuovi, fino a più di un anno dall’infezione dal Sars-CoV-2.  La maggior parte dei casi di Long-Covid continua ad avere nebbia cerebrale, affaticamento e qualità della vita compromessa più di un anno dopo l’infezione iniziale, sono questi i risultati di un più ampio follow-up pubblicati sulla rivista Annals of Clinical and Translational Neurology. Sorprendentemente, in alcuni casi, compaiono nuovi sintomi che non esistevano prima, inclusa la variazione della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna e sintomi gastrointestinali, indicando che potrebbe esserci un’apparizione tardiva della disfunzione del sistema nervoso autonomo in quei pazienti.     I ricercatori hanno valutato l’evoluzione dei sintomi neurologici in 52 adulti che avevano sintomi lievi da Covid-19 e non sono stati ricoverati in ospedale. La loro età media era di 43 anni, il 73% erano donne e il 77% aveva ricevuto almeno una dose di vaccino. Questi pazienti sono stati seguiti per un periodo compreso tra 11 e 18 mesi dalla loro infezione iniziale. La maggior parte dei pazienti ha continuato a manifestare sintomi neurologici debilitanti a una media di 14,8 mesi dall’esordio dei sintomi, in alcuni casi manifestandone di nuovi nel tempo.
Complessivamente, tra la prima valutazione e quella di follow-up, non vi è stato alcun cambiamento significativo nella frequenza della maggior parte dei sintomi neurologici, tra cui nebbia cerebrale (81% contro 71%), intorpidimento/formicolio (69% contro 65%), cefalea (67% contro 54%), vertigini (50% contro 54%), visione offuscata (34% contro 44%), acufene (33% contro 42%) e affaticamento (87% contro 81%).
Gli unici sintomi neurologici che sono diminuiti in modo significativo nel tempo sono stati la perdita del gusto (63% contro 27%) e dell’olfatto (58% contro 21%).
Al contrario, la frequenza cardiaca e la variazione della pressione sanguigna (35% contro 56%) e i sintomi gastrointestinali (27% contro 48%) sono aumentati alle valutazioni finali rispetto al momento do conclusione della malattia. Tutti i pazienti, anche quelli che hanno riportato miglioramenti soggettivi nel recupero delle funzioni cognitive e dell’affaticamento, hanno avuto gli indici che misurano la qualità della vita che sono rimasti inferiori rispetto alla popolazione media degli Stati Uniti.    Riguardo alla vaccinazione, i ricercatori non hanno visto differenze sui sintomi del Long-Covid tra i pazienti vaccinati e non, tuttavia -visti comunque i vantaggi sulla possibilità di infettarsi e sviluppare la malattia grave- i ricercatori continuano ad incoraggiare i pazienti a farsi vaccinare secondo le raccomandazioni delle autorità sanitarie.