Radiazioni in ambito medico raddoppiate in 30 anni: cresce il rischio per i professionisti sanitari

(da Doctor33)     Negli ultimi tre decenni, l’esposizione alle radiazioni di origine medica è più che raddoppiata, arrivando a rappresentare circa il 50% del totale delle radiazioni a cui è sottoposta la popolazione, rispetto al 15% registrato negli anni Ottanta. A evidenziarlo l’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Milano (OmceoMi), che richiama l’attenzione sul crescente utilizzo di procedure diagnostiche e terapeutiche con radiazioni ionizzanti, come TAC e radiografie, e sull’aumento del rischio per i professionisti sanitari più esposti.

Secondo i dati diffusi, la tomografia computerizzata è oggi la principale fonte di radiazioni mediche, contribuendo per il 77% alla dose collettiva totale. Se da un lato questa tecnologia consente diagnosi più accurate, dall’altro comporta un’esposizione significativa: una singola TAC equivale, in media, a circa 250 radiografie del torace. Un problema che non riguarda solo i pazienti, ma soprattutto i medici e gli operatori sanitari impegnati in ambienti di diagnostica per immagini e medicina nucleare, per i quali l’esposizione è quotidiana e cumulativa nel tempo.

“La radioattività esiste da sempre, ma le procedure diagnostiche e terapeutiche che ne fanno uso devono essere impiegate con la massima attenzione e precisione”, spiega Roberto Carlo Rossi, presidente di OmceoMi. Il rischio maggiore è proprio per gli specialisti che lavorano a stretto contatto con queste tecnologie, motivo per cui è fondamentale adottare misure di radioprotezione adeguate, che permetterebbero di ridurre fino al 70% dell’esposizione.