I microbi intestinali controllano il nostro stato d’animo?

(da fimmg.org)    Il nostro organismo contiene dieci volte più batteri rispetto al numero totale di cellule e il nostro intestino ospita circa un kg di batteri che aiutano a digerire e metabolizzare il cibo, produrre vitamine e proteggerci dalle infezioni. Recenti studi stanno scoprendo ruoli nuovi insospettati per i batteri intestinali: ci sono prove, infatti, che i batteri intestinali possano proteggere o, al contrario, predisporre a patologie infiammatorie, diabete, obesità e sembra possano anche modificare il nostro stato d’animo e il comportamento. Nell’agenda scientifica mondiale i microbi sono oggetto di molti studi. Nel maggio 2016, il governo USA ha lanciato “Microbiome”, un’iniziativa nazionale con un bilancio complessivo di mezzo miliardo di dollari, mentre l’UE sta finanziando oltre 300 progetti legati al microbioma. Yolanda Sanz, ricercatrice presso l’Istituto di Agrochimica e Tecnologie Alimentari (IATA) del Consiglio Nazionale delle Ricerche spagnolo a Valencia, in Spagna, coordina MyNewGut, il più grande consorzio UE con 30 partner in 15 paesi, spiega che il nostro intestino ospita un complesso ecosistema di batteri, la flora batterica intestinale, che comprende almeno 1000 differenti specie. La ricercatrice sottolinea alcuni punti riguardanti il microbiota ovvero l’insieme dei microorganismi simbiontici che si trovano nel tubo digerente umano. 1) La maggior parte dei nostri microbi intestinali cresce subito dopo la nascita: non abbiamo prove sulla loro colonizzazione durante la vita prenatale. Nei primi 2-3 anni di vita, la flora batterica è molto instabile nella sua composizione e questa condizione si sovrappone a un periodo in cui il sistema immunitario è ancora immaturo. In questa fase, il microbiota è fortemente influenzato dalla dieta, per esempio se si è allattati al seno o meno. Con la dieta nell’adulto, la composizione della flora intestinale diventa più stabile ed emerge un profilo microbiotico, che di solito prevale fino alla vecchiaia, quando la dieta torna ad essere meno diversificata, come quella dei neonati. In qualche modo, l’evoluzione del microbiota riflette la nostra crescita e la senescenza. 2) Esiste un’identità microbica, un’impronta digitale batterica unica per ogni individuo? Sembra di sì: ogni persona ha una percentuale diversa di specie batteriche; circa un quarto del microbiota è unico per ogni individuo, ma è difficile fornire una stima precisa. Inoltre, sappiamo che il nostro genoma influenza la flora intestinale. Non si sa esattamente come, ma alcune caratteristiche del nostro microbiota sono associate al nostro DNA. 3) Che cosa accade quando le persone modificano radicalmente la loro dieta? Se un soggetto diventa vegano, per esempio, come cambia l’identità microbica? Gli studi dimostrano che se si modifica la dieta in modo integrale, per esempio modificando la percentuale di fibre, proteine o grassi, si vedranno cambiamenti relativamente rapidi nel microbiota: circa il 30-40% dei ceppi batterici varierà in numero. In qualche modo, si otterrà una nuova identità microbica fino alla successiva modifica della dieta. I farmaci possono anche alterare la flora batterica. Studi recenti indicano antibiotici, naturalmente, ma anche inibitori della pompa protonica, farmaci anti-infiammatori e altre classi di farmaci. 4) Qual è il collegamento tra microbiota, cervello e umore? Vi è una crescente evidenza di un asse microbico intestino-cervello in cui i batteri possono influenzare il cervello e viceversa. Ricercatori canadesi hanno scoperto che topi distinti per carattere passivo e timido sono diventati più attivi e curiosi dopo aver ricevuto un trapianto microbico intestinale da topi meno inibiti. Sappiamo che alcuni ceppi di batteri intestinali producono composti che hanno un effetto sul sistema nervoso producendo neurotrasmettitori o metaboliti che alterano la barriera emato-encefalica. Noi non conosciamo ancora i meccanismi precisi, ma è abbastanza chiaro che i microbi intestinali possano influenzare umore e schemi comportamentali. 5) Queste considerazioni valgono per gli esseri umani? La maggior parte delle informazioni proviene da studi su animali, ma alcuni dati sugli esseri umani sono abbastanza conclusivi. Le persone con depressione primaria, ad esempio, mostrano alterazioni della flora batterica. Inoltre, il trapianto del microbiota di pazienti depressi nei topi può replicare la patologia negli animali. Il problema della sperimentazione umana è che possiamo analizzare solo le feci dei pazienti, rappresentative dei batteri dal basso intestino. Per ottenere informazioni sulle altre parti del tubo digerente, occorrerebbero l’esecuzione di biopsie e altri test invasivi su persone sane, il che sarebbe non etico. 6) Possiamo immaginare una terapia probiotica per disturbi cerebrali negli esseri umani, almeno per alleviare alcuni sintomi? Esistono alcune prove ove ai pazienti con depressione sono stati somministrati trattamenti probiotici. I risultati sono incoraggianti, ma gli studi non sono estesi e occorre ancora molto tempo prima di poter dire se questi interventi siano realmente utili. In conclusione, a oggi abbiamo trovato molte correlazioni tra flora intestinale e patologie: per giungere a un’eventuale terapia è necessaria una relazione causale e guardare da vicino i meccanismi con i quali i batteri interagiscono con il sistema nervoso.   (“Do microbes control our mood?.” ScienceDaily, October 20th, 2016.)