Ldl elevate e aumento della mortalità: vero o falso?

(da M.D. Digital) Secondo una recente review la risposta corretta è falso. Almeno nei soggetti anziani la frazione di colesterolo Ldl non è un fattore di rischio cardiovascolare. Sono stati analizzati 19 studi di coorte, che hanno complessivamente incluso oltre 68mila pazienti anziani, nei quali sono state valutate tutte le cause di morte e le cause di morte cardiovascolare.    Per poter essere inclusi nella revisione gli studi dovevano essere trial di coorte condotti con pazienti di 60 anni o più, randomizzati dalla popolazione generale o studi nei quali gli autori non avessero registrato differenze significative nelle caratteristiche demografiche dei partecipanti rispetto a quelle della popolazione. Gli studi dovevano includere la misurazione della frazione Ldl al basale, doveva essere specificata la durata dello studio e al termine del follow-up dovevano essere fornite le indicazioni circa tutte le cause di morte e di quelle per cause cardiovascolari. Infine, gli studi dovevano contenere informazioni circa l’associazione tra colesterolo Ldl e mortalità per tutte le cause e per cause CV.   Una correlazione inversa tra colesterolo Ldl e mortalità è stata osservata in 16 coorti di pazienti, pari nel 92% dei casi. In due coorti di pazienti la mortalità cardiovascolare è risultata più elevata nei soggetti del quartile più basso di colesterolo Ldl, e statisticamente significativa. La correlazione tra colesterolo e mortalità, oggetto di valutazione e studio da molte decine di anni, ha dimostrato di essere, nel paziente anziano, di debole intensità e in taluni casi era già stata ipotizzata una associazione inversa. Il processo aterosclerotico esordisce generalmente nei soggetti di mezza età, tende a farsi sempre più pronunciato con l’avanzare degli anni e l’ipotesi del colesterolo come fattore di rischio rappresenta un elemento predittivo di quello che sarà l’impatto cumulativo della malattia, che dovrebbe essere espresso come incremento della mortalità CV e totale. Tutto ciò, come si è visto, con l’eccezione dei soggetti anziani.  Il dato pone nuovi quesiti e apre nuove prospettive: innanzi tutto come mai il colesterolo è fattore di rischio nei soggetti giovani e di mezza età ma non nell’anziano? E perché soggetti anziani con elevati valori di C-Ldl risultano più longevi dei loro coetanei che hanno invece bassi valori di C-Ldl?
Un’ipotesi avanzata dagli autori di questo studio è che il basso livello di questa frazione di colesterolo aumenti la suscettibilità generale alle patologie fatali, ipotesi suffragata da diversi dati ricavati da modelli sperimentali animali e di laboratorio che indicano come il C-Ldl è in grado di legarsi e inattivare un ampio numero di microrganismi e di sostanze tossiche da essi prodotte. Le patologie prodotte e/o aggravate da microrganismi si registrano più frequentemente nei soggetti anziani con bassi livelli di C-Ldl. Un’altra ipotesi vede negli elevati livelli di C-Ldl un fattore protettivo nei confronti dei tumori, che in molti casi sono conseguenza di un’infezione virale. In accordo con questo dato è da segnalare che nei soggetti con ipercolesterolemia familiare si registrano tassi di mortalità per tumore sensibilmente inferiori.
In conclusione, sarà auspicabile poter disporre di ulteriori studi in questo campo e probabilmente sarà anche necessario rivedere i paradigmi di prevenzione. Infatti, stando così le cose, e se il C-Ldl rappresenta in realtà un fattore potenzialmente benefico, che senso ha prescrivere a questi soggetti un trattamento ipocolesterolemizzante con l’obiettivo di ridurre la mortalità?
(Ravnskov U, et al. Lack of an association or an inverse association between low-density-lipoprotein cholesterol and mortality in the elderly: a systematic review. BMJ Open 2016; 6: e010401. doi: 10.1136/bmjopen-2015-010401.)