Visite fiscali, chiarimenti da ministero del Lavoro su certificati e codici da apporre

(da Doctor33)  Da fine gennaio può accadere che al medico di famiglia il paziente visitato a casa o in studio, in genere per qualcosa di più di un’influenza, chieda di apporre il codice E sul certificato medico di malattia da spedire all’Inps. Quel codice, che va apposto dopo aver esaminato con attenzione la documentazione sanitaria prodotta da specialisti e/o struttura ospedaliera, dice che il paziente deve seguire terapie salvavita. Che però devono essere ancora definite. E pertanto non è assoggettato alle regole sulle visite fiscali degli altri lavoratori assenti per malattia. Il Ministero del Lavoro ha emanato l’11 gennaio il decreto attuativo del Jobs Act che consente, dopo i dipendenti pubblici, anche a quelli di aziende private di non essere penalizzati se il medico fiscale non li trova a casa in quanto o affetti da stati invalidanti pari od oltre il 67% o costretti a seguire terapie salvavita, come nel caso dei malati oncologici e cardiologici. La vera novità della normativa è che ora riguarda una platea di 12 milioni di lavoratori privati, non solo dipendenti assunti ma anche subordinati come i collaboratori coordinati e continuativi. E “parifica” il lavoratore privato al pubblico, come auspicato dagli stessi medici fiscali in vista della creazione di un polo unico che eroghi le visite a tutti i dipendenti pubblici e privati. Finora erano esenti dall’obbligo di reperibilità le lavoratrici con gravidanza a rischio, gli infortunati sul lavoro, gli affetti da patologia per causa di servizio, e c’erano anche gli affetti da patologie per le quali è a rischio la vita del lavoratore, ma le situazioni di esenzione per invalidità e patologie a rischio erano meglio specificate da circolari che intervenivano per i lavoratori del settore pubblico. In pratica, i lavoratori privati con patologie gravi o con manifestazioni connesse a patologie gravi o in corso di terapia salvavita, se non rispondevano al campanello al medico fiscale nelle loro fasce (cioè tra le 10 e le 12 e tra le 17 e le 19 di ogni giorno, anche festivo, fin dal primo di assenza) rischiavano di vedersi negata la retribuzione dei primi 10 giorni di patologia, e di riceverne metà per il resto della malattia anche se -ad esempio – immobilizzati non per volontà loro o costretti a una prestazione specialistica o di cura improvvisa fuori casa. Dal 22 gennaio scorso, data di entrata in vigore della nuova normativa, non dovrebbe essere più così. In realtà, è la riflessione in alcuni settori della categoria dei medici fiscali, il decreto del Ministero del Lavoro va implementato da un ulteriore intervento dell’Inps sia sui modelli di certificato affinché il sistema informativo sia in grado di leggere in automatico il codice E apposto dal medico di famiglia sulla ricetta, sia da criteri per individuare le terapie salvavita la cui erogazione fa rientrare il malato nelle fasce di esenzione.