Le prescrizioni di statine non rispettano la parità di genere

(da M.D.Digital)   Meno della metà delle donne che hanno avuto un attacco cardiaco ricevono la prescrizione di una statina ad alta intensità, a testimoniare che il sesso femminile ha molte meno probabilità di ricevere un’adeguata prevenzione secondaria con farmaci che, a piena ragione, possono definirsi dei veri e propri salvavita. Il divario persistente nel trattamento delle malattie cardiache tra donne e uomini continua nonostante la dimostrata efficacia di questo tipo di prevenzione e i recenti sforzi per ridurre le differenze di trattamento fra i sessi.  Già nell’edizione del 2013 le linee guida dell’American College of Cardiology/American Heart Association sull’ipercolesterolemia negli adulti, raccomandavano le statine ad alta intensità in soggetti di entrambi i sessi di età inferiore a 75 anni per la prevenzione cardiovascolare secondaria.  A dispetto di ciò diversi studi avevano rilevato che le donne hanno meno probabilità rispetto agli uomini di ricevere una terapia con statine e questo nuovo studio pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology altro non fa che riconfermare questa tendenza. Si dimostra che anche quando le donne ricevono una statina, questa ha una intensità d’azione inferiore a quanto raccomandato.
Utilizzando i database MarketScan e Medicare, i ricercatori hanno analizzato i dati di 88.256 soggetti adulti che entro entro 30 giorni dalla dimissione ospedaliera per un attacco di cuore hanno ricevuto una statina.
Sono state prese in considerazione tutte le prescrizioni di statine, di qualunque dosaggio, concentrandosi in particolare su quelle alta intensità (atorvastatina 40 mg e 80 mg e rosuvastatina 20 mg o 40 mg). I principi attivi ad alta intensità sono state la prima prescrizione post-dimissione nel 47% delle donne e nel 56% degli uomini. Dopo aggiustamento per comorbidità, caratteristiche demografiche e uso di assistenza sanitaria, e rischi relativi per le donne rispetto agli uomini erano:
0.91 per la popolazione totale che utilizza statine;
0.91 in coloro che non avevano utilizzato statine in precedenza;
0.87 in coloro con precedente uso di statine di bassa o moderata intensità;
0.98 in coloro che in precedenza hanno assunto statine ad alta intensità.
I medici dovrebbero discutere con le loro pazienti i benefici di questo tipo di terapia in termini di riduzione del rischio di recidiva di infarto miocardico, esaminando con serenità le possibili preoccupazioni relative agli effetti collaterali. Inoltre, aggiungono gli autori, i medici stessi dovrebbero anche essere consapevoli del rischio di recidiva di infarto miocardico e della persistente disparità fra generi nell’uso di statine ad alta intensità. Sebbene le linee guida evidence-based di prevenzione cardiovascolare al femminile possono aver contribuito al calo dei tassi di malattia nelle donne, i risultati di questo nuovo studio suggeriscono che la realtà dei fatti è ben lontana dall’eliminazione delle differenze di genere nell’uso di statine ad alta intensità dopo infarto miocardico. Saranno quindi necessari ulteriori sforzi per eliminare tali disparità e per migliorare l’uso della terapia con statine ad alta intensità nel post-dimissione in tutti i pazienti.
(Peters SAE, et al. Sex Differences in High-Intensity Statin Use Following Myocardial Infarction in the United States. J Am Coll Cardiol 2018; 71: DOI: 10.1016/j.jacc.2018.02.032.
Volgman AS, et al. Should Sex Matter When it Comes to High-Intensity Statins?
 J Am Coll Cardiol 2018; 71: DOI: 10.1016/j.jacc.2018.02.044)