Potrebbe essere l’osso sub-condrale il vero bersaglio per rallentare la progressione dell’artrosi di ginocchio.

(da Univadis)  Negli ultimi anni molti lavori hanno evidenziato come un anomalo riassorbimento osseo a livello dell’osso subcondrale possa giocare un ruolo fondamentale nella patogenesi e nella progressione della malattia artrosica. Tuttavia gli studi in cui sono stati utilizzati farmaci anti-riassorbitivi hanno dato risultati contrastanti. A questi studi si aggiunge oggi quello di Neogi e collaboratori che ha valutato l’effetto dei bisfosfonati sul rischio di andare incontro ad un intervento di sostituzione protesica di ginocchio. Sono stati confrontati 2006 pazienti che hanno iniziato un bisfosfonato (84% alendronato, 13% risedronato) dopo aver avuto una diagnosi di artrosi sintomatica di ginocchio e 2006 pazienti sempre artrosici matchati per patologie e fattori di rischio che non l’hanno assunto da un vastissimo database di medici di medicina generale del Regno Unito. Chi ha avviato un trattamento con bisfosfonati (trattamento che veniva iniziato non per la problematica artrosica) ha avuto un rischio inferiore di protesizzazione di circa il 26% rispetto a chi non li ha assunti. In una patologia in cui ad oggi non sono ancora disponibili trattamenti farmacologici specifici e in cui l’esito finale è spesso quello della sostituzione protesica, i bisfosfonati che specificatamente agiscono sul rimodellamento osseo potrebbero ancora essere una terapia promettente. Questo studio presenta degli indubbi punti di forza ma anche dei limiti. Tra i punti di forza dello studio la numerosità del campione (4012 pazienti con artrosi estratti da un pool di oltre 27000 assistiti), la durata del follow-up (in media 3 anni), il confronto fatto a parità di fattori di rischio (sesso, BMI, fumo, età, alcool, disabilità, durata dell’artrosi, BMD sistemica, stato socio-economico), comorbilità (cardiovascolare, polmonare, renale, epatica, osteoporosi, patologie gastriche) ed uso di farmaci (in particolare paracetamolo, anti-infiammatori, oppioidi, glucocorticoidi).  I limiti sono prima di tutto il tipo di studio (studio di coorte) e la mancanza di una chiara stadiazione dell’artrosi (l’effetto dei bisfosfonati potrebbe essere differenti nelle fasi più precoci o tardive della malattia). In ogni caso viene riaperta la discussione sull’uso dei bisfosfonati nella più comune patologia articolare che è l’artrosi. Ulteriori studi saranno necessari per definirne l’efficacia come sintomatici o piuttosto come agenti in grado di rallentare la progressione della malattia.