I dolori articolari colpiscono più le donne, forte impatto su corpo e mente

(da Sanitainformazione.it - riproduzione parziale)    Le donne hanno maggiori probabilità di soffrire di problemi articolari rispetto agli uomini. A scoprirlo è una ricerca condotta da 'Nutfield Health' (https://www.nuffieldhealth.com/) il più grande ente di beneficenza sanitario del Regno Unito, su oltre 8mila persone di età superiore ai 16 anni. Dai risultati è emerso che ben 8 donne su 10 sperimentano dolori articolari a un certo punto della loro vita. Non solo. La ricerca ha evidenziato che quasi la metà (47%) delle donne con dolori articolari soffre così tanto da perdere il sonno e il 40% ha riferito di un peggioramento della propria salute mentale.

I dati mostrano la portata scioccante dell’impatto del dolore articolare.  Il 44% delle donne ha anche affermato che il dolore articolare influisce sul proprio benessere emotivo, rispetto solo al 34% degli uomini. Secondo gli esperti, a determinare questa differenza di impatto potrebbero essere sia fattori fisiologici che l’aumento di peso durante la menopausa. Nella ricerca la metà di tutte le persone con dolori articolari, uomini e donne, ha affermato che la salute fisica è peggiorata nell’ultimo anno. Mentre il 40% ha segnalato un peggioramento della salute mentale. Il sonno è peggiorato nell’ultimo anno rispetto al 37% delle persone che affermano di non aver mai sofferto di dolori articolari. «Il dolore articolare è stato ignorato per troppo tempo e i nostri dati mostrano la portata scioccante del suo impatto sulla nazione», commenta Marc Holl, responsabile delle cure primarie presso Nuffield Health. «Colpisce tutto: lavorare, dormire, camminare, fare esercizio e persino riposare. Se guardiamo al numero preoccupante di persone, e in particolare di donne, queste cose – aggiunge – non possono che peggiorare».

Più di 1 italiano su 2 soffre di dolori articolari - Si stima che i dolori articolari colpiscono circa il 60% degli italiani, di età pari o superiore a 65 anni. Ciononostante, sono sempre di più i giovani che iniziano a manifestare questo fastidioso problema, che potrebbe essere alla base di una patologia reumatica. I soggetti maggiormente esposti sono in particolare gli sportivi, che mettono le articolazioni sotto sforzo, senza dedicare la giusta attenzione a eventuali dolori. Quando si tratta di articolazioni, infatti, la cosa peggiore che si possa fare è ignorare il problema e aspettare che passi, senza chiedersi a cosa sia legato e se sia il caso di approfondire. Tra le malattie reumatiche più comuni ci sono borsite, tendinite, fibromialgia, artrite e artrosi. Alcune di queste hanno carattere infiammatorio, come l’artrite, mentre altre hanno carattere degenerativo, come l’artrosi.

A puntare sui riflettori sul 'Gender Pain Gap' , il fenomeno per cui il dolore, quando riferito e percepito dalle donne, viene sottovalutato e sotto-trattato, è stato anche il Comitato Fibromialgici Uniti – Italia. «Un report inglese pubblicato nel 2022 ha evidenziato che il 28% delle donne che sperimenta dolore si rivolge al medico solo quando diventa grave, mentre il 62% si auto somministra farmaci da banco», racconta a Sanità Informazione Barbara Suzzi, presidente di CFU Italia. «Le donne sono convinte che il loro dolore non meriti attenzione – continua – ma questo ha un impatto su altri ambiti dell’esistenza: il 41% infatti ha riferito disturbi del sonno e il 24% depressione a causa della sofferenza, rispetto al 18% degli uomini».

Covid-19, nuove raccomandazioni Ecdc per mitigare l’impatto del virus.

(da Doctor33)     Per mitigare l'impatto di Covid, influenza e virus respiratorio sinciziale (Rsv), ma anche di altri agenti patogeni come il Mycoplasma pneumoniae, l’Ecdc, Centro europeo per il controllo delle malattie, ha rivolto agli Stati membri di Unione europea e Spazio economico europeo (Ue/See) delle raccomandazioni sulla base di un aggiornamento epidemiologico pubblicato oggi.

Ecco, nel dettaglio, i consigli dell'Ecdc contro i virus respiratori invernali, tra i quali spicca la raccomandazione all'”uso della mascherina negli spazi pubblici affollati alle persone ad alto rischio di patologie gravi". Oltre al capitolo mascherina, l'agenzia europea sollecita a "vaccinare i più vulnerabili contro Sars-CoV-2 e influenza, nonché contro l'Rsv nei Paesi che stanno introducendo questo vaccino, al fine di prevenire la progressione dell'infezione verso una malattia grave; aumentare la capacità dei pronto soccorso e delle unità di terapia intensiva (secondo le necessità, in termini di personale e posti letto) sia negli ospedali per adulti sia in quelli pediatrici; garantire che il personale sanitario sia formato per implementare adeguate misure di prevenzione e controllo delle infezioni, così da contribuire a ridurre il carico nelle strutture sanitarie ed evitare epidemie all'interno delle stesse, comprese quelle di assistenza a lungo termine; sensibilizzare gli operatori sanitari per garantire una diagnosi tempestiva dei casi e migliorare la preparazione degli ospedali nel gestire l'aumento di pazienti nelle unità di emergenza e di terapia intensiva, sia negli ospedali pediatrici sia in quelli per adulti".

Ancora, l'Ecdc invita all'"esecuzione di test rapidi per facilitare la diagnosi precoce e le decisioni organizzative, il trattamento appropriato e l'attuazione di misure di sanità pubblica quando necessario". Si raccomanda poi di "ricordare ai medici che, quando indicato, l'uso precoce di trattamenti antivirali per Covid-19 e influenza può prevenire la progressione verso la malattia grave nei gruppi vulnerabili e che può essere presa in considerazione la profilassi Rsv per i neonati, in conformità con le linee guida nazionali. L'uso di antibiotici per le infezioni respiratorie batteriche dovrebbe seguire una valutazione medica - precisano gli esperti - poiché gli antibiotici non trattano le infezioni virali".

L'Ecdc esorta i Paesi a "implementare attività di comunicazione del rischio per il pubblico, incluso il rafforzamento della promozione della vaccinazione contro influenza stagionale, Covid-19 e Rsv secondo le raccomandazioni nazionali. La messaggistica dovrebbe anche promuovere una buona igiene delle mani e delle vie respiratorie, incoraggiare le persone a rimanere a casa quando sono malate e garantire un'adeguata ventilazione degli spazi interni". Infine, “considerare l'uso del 'modello diagnostico 5C per la vaccinazione' dell’Ecdc, per una promozione più efficace dei vaccini raccomandati". Le 5C stanno per Confidence, Complacency, Constraints, Collective Responsibility and Calculation: fiducia, soddisfazione, condizioni limitanti, responsabilità collettiva e calcolo attraverso le attività di comunicazione del rischio.

Ridurre il sale ha lo stesso effetto di un farmaco contro l’ipertensione

(da DottNet)    Eliminare un cucchiaino di sale al giorno dalla alimentazione funziona contro l' ipertensione quanto i farmaci ed anche sulle persone che sono gia' sotto terapia medicinale per la pressione alta. Lo afferma un nuovo studio americano pubblicato su JAMA, che ha analizzato un gruppo di circa 250 persone tra i 50 ed i 75 anni.  Gli scienziati hanno scelto un gruppo composito proprio per verificare l' effetto di una semplice riduzione di sodio nella dieta: tra i volontari figuravano persone ipertese che non prendevano medicine, altre sotto terapia farmacologica che funzionava nel mantenere la pressione nei limiti, altri partecipanti ancora non avevano problemi di pressione, mentre per alcuni la pressione rimaneva fuori norma anche coi farmaci. I volontari hanno seguito a settimane alterne una dieta ad alto contenuto di sodio ed una a basso contenuto di sodio, con l'obiettivo di non consumare piu' di 500 mg di sale al di'.

Un solo cucchiaino di sale ne contiene 2.300 mg. "Cio' che abbiamo osservato e' una riduzione della pressione in tutti gli ipertesi che sono riusciti ad eliminare un cucchiaino di sale al di' sia che prendessero medicine o no - ha dichiarato l'autrice principale dello studio, Norrina Allen, della Northwestern university - e questa e' la prima indagine a dimostrare che anche i pazienti gia' trattati possono ottenere una ulteriore diminuzione dei valori della pressione agendo sulla quantita' di sale assunta". "Nei giorni della dieta iposodica - ha precisato Allen - la pressione e' diminuita in media di 6 mm di mercurio, un dato comparabile a quello ottenuti dalle medicine".

Le fluttuazioni pressorie, una red flag per demenza e malattie cardiache

(da M.D.Digital) Un nuovo studio condotto da ricercatori australiani ha dimostrato che le fluttuazioni della pressione arteriosa possono aumentare il rischio di demenza e di problemi vascolari nelle persone anziane. Le fluttuazioni della PA breve entro 24 ore e per diversi giorni o settimane sono collegate a una funzione cognitiva compromessa, affermano i ricercatori dell'Università dell'Australia Meridionale (UniSA) che hanno condotto lo studio. Variazioni più elevate della pressione sistolica sono anche collegate all'irrigidimento delle arterie, elemento che a sua volta è associato a malattie cardiache. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista 'Cerebral Circulation—Cognition and Behaviour'.

L'autrice principale Daria Gutteridge, dottoranda presso il Cognitive Aging and Impairment Neuroscience Laboratory (CAIN) dell'UniSA, afferma che è ben noto che l'ipertensione è un fattore di rischio per la demenza, ma viene prestata poca attenzione alle fluttuazioni della pressione arteriosa. "I trattamenti clinici si concentrano sull'ipertensione, ignorando la variabilità della pressione arteriosa", afferma Gutteridge. E aggiunge che "la pressione arteriosa può fluttuare in diversi periodi di tempo, brevi e lunghi, e questo sembra aumentare il rischio di demenza e la salute dei vasi sanguigni".

Per aiutare a esplorare i meccanismi che collegano le fluttuazioni della pressione arteriosa con la demenza, i ricercatori dell'UniSA hanno reclutato 70 anziani sani di età compresa tra 60 e 80 anni, senza segni di demenza o deterioramento cognitivo.

La loro pressione arteriosa è stata monitorata, hanno completato un test cognitivo e la loro rigidità arteriosa nel cervello e nelle arterie è stata misurata utilizzando l'ecografia doppler transcranica e l'analisi delle onde del polso.

"Abbiamo scoperto che una maggiore variabilità della pressione arteriosa all'interno di un giorno, così come tra i giorni, era collegata a una riduzione delle prestazioni cognitive. Abbiamo anche scoperto che variazioni di pressione arteriosa più elevate relative alla PAS erano collegate a una maggiore rigidità arteriosa.

"Questi risultati indicano che i diversi tipi di variabilità della PA probabilmente riflettono diversi meccanismi biologici sottostanti e che le variazione di PAS e PAD sono entrambe importanti per il funzionamento cognitivo negli anziani".

I collegamenti erano presenti negli anziani senza alcun deterioramento cognitivo clinicamente rilevante, il che significa che la variabilità della pressione arteriosa potrebbe potenzialmente servire come marcatore clinico precoce o bersaglio di trattamento per il deterioramento cognitivo, concludono i ricercatori.

(Gutteridge DS, et al. Cross-sectional associations between short and mid-term blood pressure variability, cognition, and vascular stiffness in older adults. Cereb Circ Cogn Behav 2023; 5: 100181. doi:10.1016/j.cccb.2023.100181)

Da 73% italiani sì a sanità digitale ma 92% non vorrebbe Ai al posto del dottore

(da Adnkronos Salute)  Digitale in sanità benvenuto per il 73% degli italiani, che apprezzano e utilizzano ricette elettroniche e ritiro online dei referti. Ma con giudizio: l'intelligenza artificiale in corsia per esempio va bene, ma solo come alleato e supporto al medico. E' l'atteggiamento fotografato dall'indagine condotta sull'opinione pubblica e sul personale medico dall'Istituto Piepoli per la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. I risultati sono stati presentati oggi a Roma, nell'ambito di un convegno dedicato al Servizio sanitario nazionale.

Cosa dicono gli italiani del 'dottor Ai'? Che è ben accetto, ma solo come 'assistente' del medico in carne e ossa. L'indagine - che si basa su interviste telefoniche e via web effettuate su un campione di 1.000 persone rappresentativo degli italiani di età tra i 15 e i 75 anni e un campione di 300 medici e odontoiatri - rileva che a pensarla in questo modo è il 92% degli intervistati, che escludono di farsi curare, anziché dal medico, da una piattaforma di intelligenza artificiale. Il rapporto diretto e fiduciario con il proprio medico, infatti, è talmente importante che il 75% degli italiani intervistati si dice non disponibile a rinunciare al diritto di scegliere il proprio medico di famiglia.

Palù (Aifa): «L’antibiotico-resistenza è pandemia silente, farà più morti del cancro»

(da fimmg.org)    «L'antibiotico-resistenza supererà in decessi quelli del cancro, è una pandemia silente». A lanciare l'allarme è Giorgio Palù, presidente dell'Agenzia italiana del farmaco Aifa, nel suo intervento in collegamento con il ministero della Salute per la presentazione della Giornata europea e settimana mondiale per l'uso prudente degli antibiotici. Evento per lanciare la campagna di comunicazione Aifa-ministero della Salute.

Le parole chiave secondo Palù nella lotta ai 'super bug' sono «l'accessibilità, la prevenzione, la diagnosi e la terapia", ma è dagli anni '90 che "non abbiamo nuovi antibiotici e l'industria è concentrata sulla pillola 'blockbuster' più che su terapie per 3-5 giorni». Nel futuro «si può pensare a creare vaccini e anticorpi monoclonali». Uno strumento importante sarà «l'intelligenza artificiale, le società scientifiche stanno lavorando per una piattaforma che possa fare predittiva».

Resistenza batteri. Allarme Oms: un terzo della popolazione in 14 Paesi della regione europea consuma antibiotici senza prescrizione medica

La realtà allarmante è che, senza un intervento immediato, la resistenza antimicrobica potrebbe causare fino a 10 milioni di morti all’anno entro il 2050. Inoltre, questo onere ricade in modo sproporzionato sui paesi a basso e medio reddito, esacerbando le disuguaglianze sanitarie globali.   Leggi L'articolo completo al LINK

https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=118555&fr=n

Dai vaccini alle diete, la Croce Rossa sfata le fake news

(da fimmg.org)    Non c''è alcuna correlazione scientifica tra la somministrazione del vaccino contro il Covid-19 e l''infarto. Questa è una delle fake news evidenziate dall''Osservatorio "Vera salute" realizzato dalla Croce Rossa Italiana e dalla digital intelligence company The Fool, che nel mese di ottobre si è focalizzato sulla disinformazione su temi legati al cuore e alla RCP (rianimazione cardiopolmonare).  È opinione diffusa nel web e sui social che soltanto il personale medico sanitario sia in grado di eseguire la rianimazione cardiopolmonare ma non è così. Infatti, chiunque sia adeguatamente formato ed abbia conseguito la certificazione BLSD attraverso dei corsi rilasciati da enti autorizzati ed accreditati può effettuare una RCP.

Inoltre, non è vero neanche che dopo un attacco di cuore si debba evitare ogni genere di esercizio fisico. Infatti, l'esercizio fisico controllato e moderato può in realtà essere benefico. Ovviamente, dovrebbe essere intrapreso sotto la supervisione di un professionista sanitario.  Anche la convinzione che tossire durante un infarto possa salvare la vita è falsa.

Un altro mito da sfatare è che saltare almeno un pasto al giorno faccia bene al cuore. Una dieta equilibrata e regolare è fondamentale per la salute del cuore. Saltare i pasti può portare a squilibri nutrizionali.  Una corretta informazione sui temi sanitari aiuta i cittadini ad assumere i comportamenti responsabili, soprattutto nell''ambito della prevenzione.

L'Osservatorio "Vera salute" ha finora contrastato 29 fake news in vari ambiti (donazione sangue, falsi miti dell''estate, diete e detox, cuore e RCP) che riguardano la salute e il web ma non solo. La salute è un bene da tutelare e un diritto di tutti, le notizie false e le fake news minano alla radice quel senso di affidabilità e di fiducia che è necessario preservare tra le persone e gli operatori sanitari. Questo è uno degli obiettivi di questa iniziativa, sottolinea la CRI, che mette online anche contributi video per spiegare attraverso l'apporto di specialisti quali siano le informazioni false e a cosa dobbiamo fare attenzione quando ci informiamo in rete.

Carenza personale sanitario, che fare? Le proposte Fiaso

(da M.D.Digital)  Eliminare il tetto di spesa per il personale, assumere 30 mila medici e infermieri, assegnare una maggiorazione nelle retribuzioni ai professionisti che contribuiscono ad abbattere le liste d’attesa e introdurre una flat tax al 15% per le prestazioni extra e i turni aggiuntivi del personale sanitario. Sono le proposte lanciate al Governo dal presidente della Fiaso Giovanni Migliore durante l’apertura della Convention “Cambiamo rotta per il futuro della sanità pubblica” a Roma.
L’inserimento di un tetto di spesa ai costi del personale, impossibile da sforare, risale al 2004, due decenni in cui le aziende sanitarie si sono confrontate con l’impossibilità di assumere nuovi professionisti.  Il numero di dipendenti si è, al contrario, ridotto. Solo nel 2021 in 5mila operatori sanitari hanno lasciato il Servizio Sanitario Nazionale e in sette anni, dal 2018 al 2025, Fiaso ha calcolato che saranno andati in pensione oltre 54mila medici. Uscite che per la Federazione diventa impossibile compensare, non solo per la mancanza sul mercato del lavoro di personale sanitario di diversi profili e specializzazioni ma anche per lo scarso appeal del sistema pubblico relativo alla valorizzazione degli operatori sanitari: in particolare il trattamento economico e le possibilità di progressione di carriera. Non a caso, al termine della pandemia, si è registrata una fuga di medici e infermieri verso il privato
Ai numeri di personale ridotti all’osso si aggiunge poi il dato sull’età media dei dipendenti in servizio: nel 2020 il 56% del personale medico italiano aveva più di 55 anni di età, valore questo più alto tra tutti i paesi dell’Unione europea. Un dato, quello dell'età media, che diventa ancora più problematico in rapporto alle limitazioni che, secondo una recente ricerca Fiaso presentata nel corso della convention, rappresentano l’11% del totale degli operatori sanitari.
In uno scenario che, al contrario, ha visto crescere i bisogni sanitari con l’invecchiamento progressivo della popolazione. Gli over 65 sono più di 14 milioni e rappresentano il 24% dell’intera popolazione. Praticamente uno su quattro. Esattamente 20 anni fa, invece, i cittadini con età superiore a 65 anni erano 10 milioni, pari al 18% del totale. Una crescita esponenziale di 4 milioni, che corrispondono 6 punti percentuali. Esattamente 20 anni fa, infatti, i cittadini con età superiore a 65 anni erano 10 milioni, pari al 18% del totale.
“Le carenze negli organici e le lunghe liste di attesa aumentano il rischio di non garantire un servizio sanitario all’altezza e richiedono soluzioni immediate. Occorre procedere a 30 mila assunzioni tra medici e infermieri per garantire il futuro ed abolire il tetto di spesa per l’assunzione del personale lasciando alle aziende la possibilità di investire nelle risorse umane nei settori più critici e di contrattare con i singoli professionisti una quota di retribuzione variabile che aumenti in modo significativo la retribuzione. L’idea potrebbe essere quella di rendere possibile un’attività libero professionale di medici e infermieri fuori dall’orario di servizio con prestazioni acquistate dal Ssn nell’interesse dei cittadini per consentirci di sfruttare appieno le strutture e le macchine delle nostre aziende. Perché acquistare all’esterno delle aziende prestazioni che possono essere rese dai nostri professionisti, ridando a ciascuno la possibilità di investire sulla propria professione?” ha dichiarato Giovanni Migliore, Presidente Fiaso.
“Serve inoltre un piano straordinario di recupero delle liste di attesa che possa allo stesso tempo valorizzare i professionisti all’interno del sistema sanitario nazionale. Ecco perché, in un patto di solidarietà tra professionisti e aziende, si potrebbero smaltire visite ed esami fuori dall’orario di servizio e con una retribuzione extra. Una incentivazione fuori busta paga per incarichi extra. Su tutti i turni aggiuntivi e le prestazioni extra destinate a ridurre le liste d'attesa dovrebbe essere ridotta la tassazione attraverso l'introduzione di una flat tax al 15%” ha concluso Migliore.

Case di comunità, Dabbene (Fimmg): «È stato creato prima il contenitore del contenuto, devono avere una funzione di integrazione»

(da fimmg.org)   "Un maggiore coinvolgimento dei medici di medicina generale non passa solo dalla presenza nelle Case di Comunità: in primis perché non è mai stata formalmente decisa né normata all''interno delle strutture. Abbiamo solo una indicazione di massima nel DM77 e nel PNRR ma è facilmente intuibile che la risposta alla prossimità non possa essere quella di compattare tutti gli ambulatori dei medici di base in poche strutture, centralizzando un servizio che deve essere invece sparso capillarmente su tutto il territorio". Lo ha detto Alessandro Dabbene, vicepresidente nazionale Fimmg, intervistato dal sito web https://trendsanita.it sul tema delle Case di Comunità.

"È stato creato prima il contenitore del contenuto - ha aggiunto Dabbene -. Tranne nei pochi casi in cui c''è stata la volontà individuale di alcuni medici di famiglia di trasferire totalmente il proprio studio all''interno delle Case di Comunità, non è pensabile chiedere a tutti i medici di famiglia di lasciare i propri ambulatori, licenziare il personale di segreteria che ci lavora, e trasferirsi lontano dai propri assistiti".

Da sempre la Fimmg sostiene che "la Casa di Comunità debba avere una funzione di integrazione, per fare da filtro fra i propri studi e gli ospedali. La mancanza di fondi in più ha fatto sì che la presenza dei medici di famiglia sia ancora minoritaria e resti il frutto di una scelta individuale. Entro il 2026 bisognerà arrivare ad una soluzione collettiva più definita".

"Secondo noi la soluzione è da cercare più nelle nuove tecnologie e nella telemedicina che non nella presenza fisica", ha aggiunto il vicepresidente della Fimmg, da anni impegnato personalmente in un progetto di "gestione integrata del diabete" che prevede visite a tre con medico di famiglia e specialista nello studio del medico di base, senza che sia il paziente a doversi spostare.

"In Spagna sono in corso sperimentazioni che prevedono che sia lo specialista ad andare nello studio del medico di base a visitare il paziente - ha proseguito Dabbene -. Insomma, le soluzioni possono essere molte e non passano necessariamente da un raccordo organizzativo ma soprattutto da uno funzionale".

"Il problema dell''aggregazione territoriale fra gli studi dei medici di base è già stato risolto con la legge del 2012 siglata dal Ministro Renato Balduzzi nell''allora governo di Mario Monti - ha spiegato Dabbene -: poi tutto si è fermato fino alla firma dell''accordo fra i sindacati dei medici di medicina generale con le Regioni nel 2022 in cui è stata definita l''Aggregazione Funzionale Territoriale, atta a garantire l''assistenza dei medici di basi sia di giorno che di notte, 7 giorni su 7, con una organizzazione che raggruppa gli studi medici che lavorano ogni 30 mila abitanti".

Menzionando l''accordo fra medici di famiglia e Regioni, il vice nazionale di Fimmg ha sottolineato come questo sia la prova del fatto che non saranno le Case di Comunità a risolvere il problema di una maggior copertura sanitaria della medicina di base, che risultano essere quindi un di più che, da questo punto di vista, deve ancora trovare una sua diretta collocazione.

"Attualmente non vi è alcuna norma che obblighi o incoraggi i medici di famiglia a spostarsi dai propri studi professionali agli ambulatori delle Case di Comunità - ha concluso Dabbene -. I medici di base vogliono restare quello che sono, liberi professionisti convenzionati che in quanto tali possono decidere di lavorare con autonomia e senza essere inquadrati in una struttura al pari di altro personale subordinato".

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