Non ci si ammala di cancro per sfortuna: le cause sono nell’ambiente

(da DottNet)  Era il 2015 e le conclusioni di un team della Johns Hopkins School of Medicine in uno studio pubblicato su 'Science' fecero scalpore: chi è colpito da un tumore in molti casi è stato solamente "colpito da sfortuna", era in poche parole l' esito della ricerca che con modelli matematici mostrava come il collegamento con stili di vita o difetti genetici fosse di ben minore impatto rispetto alla casualità, contrariamente a quanto la scienza da più parti aveva sostenuto fino ad allora. Si aprì un' accesa polemica. E oggi è uno studio italiano a segnare una nuova svolta nel dibattito. Pubblicato su 'Nature Genetics', il lavoro targato Istituto europeo di oncologia e università Statale di Milano suggerisce che "non ci si ammala di cancro per caso o per sfortuna".

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Fuga dei medici all’estero. Al via la campagna Fnomceo “Offre l’Italia”

Lanciata in occasione dell’apertura degli Stati Generali della Professione medica punta a sensibilizzare gli italiani sul problema della carenza di Mmg e specialisti e sulle possibili soluzioni. Manifesti 6x3 saranno affissi nelle città italiane a cura degli Ordini provinciali. Immagini e spot saranno lanciati sulla stampa e sui social  Leggi l'articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=74033&fr=n

Gorini (FIMMG Treviso): ‘Pazienti scortesi? Vanno cacciati dall’ambulatorio’

(da Il Gazzettino e Fimmg.org)   I pazienti maleducati e arroganti devono essere cacciati dagli ambulatori. È questo, in sintesi, l'appello lanciato ai medici di famiglia da Brunello Gorini, segretario della Fimmg di Trevisoo. «Qualche tempo una signora ha fatto irruzione nel mio ambulatorio spalancando la porta mentre stavo visitando un'altra paziente e si è rivolta a quest'ultima chiedendole quanto le mancasse, perché stava attendendo ormai da venti minuti». È stato a quel punto che è intervenuto a Gorini: «L'ho presa per un braccio e l'ho accompagnata fuori, dicendole che visto che aveva tanta fretta, avrebbe dovuto cercarsi un altro medico. E così è stato». Secondo il 68enne, «tutti i medici di famiglia dovrebbero mettere alla porta i pazienti che non si comportano bene: nel momento in cui una persona viene scaricata più volte, si chiederà cosa c'è che non va. Il rapporto di fiducia è fondamentale. Ma non riguarda solamente il paziente verso il medico. Anche il contrario. Ci mancherebbe. Vent'anni fa cose del genere non sarebbero mai successe. È venuto meno il rispetto per la professione medica».

Papa a operatori, ‘rischiate di essere bruciati da turni duri e stress’

(da AdnKronos Salute) - "In un ambiente dove il malato diventa un numero, anche voi rischiate di diventarlo e di essere 'bruciati' da turni di lavoro troppo duri, dallo stress delle urgenze o dall’impatto emotivo". Lo ha denunciato il Papa ricevendo in udienza l'Associazione cattolica degli operatori sanitari. "E' importante - ha ammonito Bergoglio - che gli operatori sanitari abbiano tutele adeguate nel loro lavoro, ricevano il giusto riconoscimento per i compiti che svolgono e possano fruire degli strumenti adatti per essere sempre motivati e formati".  

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ECM: cosa prevede la norma e quali sono le possibilità per raccogliere i crediti formativi e quali gli ‘’abbuoni’’

 Odontoiatria33)   Le sanzioni ai medici che non si aggiornano sembrano diventare una realtà già nel gennaio 2020, almeno stando a quanto il presidente FNOMCeO Filippo Anelli ha dichiarato a Striscia la Notizia. Peraltro alcuni segnali, importanti, avevano già fatto intuire che la fine del periodo di “prova” stesse arrivando. Già lo scorso anno con una nota inviata dal presidente Anelli ai presidenti di Ordine e Commissione Albo odontoiatri veniva ribadito che "l'aggiornamento è requisito indispensabile per svolgere attività professionale da dipendente o libero professionista e il medico, per tutta la sua vita professionale, deve perseguire aggiornamento costante e formazione continua assolvendo agli obblighi formativi".   Restano, quindi, circa poco più di sette mesi per completare gli obblighi formativi (150 crediti) del triennio 2017-2019, che terminerà al 31 dicembre. Ovviamente non si tratterà di sanzioni automatiche, ogni situazione verrà vagliata dall’Ordine in cui si è iscritti.  Cerchiamo di riassumere cosa prevede la norma e le “opportunità” per raccogliere i crediti formativi necessari a soddisfare il proprio fabbisogno formativo.

Cosa prevede la norma? 

Secondo quanto indicato nel Manuale sulla formazione continua pubblicato dalla FNOMCeO (http://www.odontoiatria33.it/approfondimenti/17801/dalla-fnomceo-il-manuale-sulla-formazione-continua-del-professionista-sanitario.html),per il triennio 2017-2019 il professionista sanitario deve assolvere come discente di eventi erogati da provider almeno il 40% del proprio fabbisogno formativo triennale, eventualmente ridotto sulla base di esoneri, esenzioni e altre riduzioni. La fomrazione erogata da provider può essere residenziale (corsi, congressi) o FAD. Il discente può scegliere anche di utilizzare un solo strumento formativo, ad esempio la FAD.  La residua parte del 60% dei crediti può essere maturata con:

  • attività di docenza in eventi ECM
  • attività di “Formazione individuale”

Per formazione individuale, si legge sul “manuale” si intendono tutte le attività formative non erogate da provider. Tali attività possono consistere in:

  • Attività di ricerca scientifica: ovvero la pubblicazione di lavori su riviste scientifiche o attività di sperimentazione clinica.
  • Tutoraggio individuale: ovvero aver maturano il diritto al riconoscimento di 1 credito formativo ogni 15 ore di attività per i professionisti sanitari che svolgono attività di tutoraggio individuale in ambito universitario.
  • Attività di autoformazione: nella lettura di riviste scientifiche, di capitoli di libri e di monografie non preparati e distribuiti da provider accreditati ECM. L’attività di autoformazione dà diritto a 1 credito per ogni ora di impegno formativo autocertificato. Per il triennio 2017/2019 il numero complessivo di crediti riconoscibili per attività di autoformazione non può superare il 20% dell’obbligo formativo triennale, valutando sulla base dell’impegno orario autocertificato dal professionista il numero dei crediti da attribuire.  Per ogni di queste attività si dovrà dichiarare l’attività formativa svolta attraverso un apposito modulo, disponibili al fondo del Manuale, da consegnare al proprio Ordine.

Come fare a sapere il numero di crediti raccolti fina ad ora? 

Il professionista sanitario può conoscere in qualsiasi momento il numero di crediti formativi maturati e l’assolvimento o meno dell’obbligo formativo alla propria area persona del sito www.cogeaps.it . E’ anche possibile richiedere al proprio ordine di appartenenza l’attestazione del numero di crediti formativi registrati nel sistema del COGEAPS e al termine del triennio formativo di riferimento l’eventuale certificazione del pieno soddisfacimento dell’obbligo formativo.

Rapporto Osservasalute 2018: Italiani lenti a cambiare stili di vita scorretti. Boom cronici e non autosufficienti.

Spesa destinata ad impennarsi. Cambiare approccio o sarà emergenza" Il grande problema per il presente e per il futuro sono le cronicità che assorbono l’80% della spesa sanitaria. Destinata a impennarsi nel prossimo decennio la domanda per visite specialistiche, di giornate di degenza e di assistenza domiciliare. Siamo tra i Paesi più longevi ma anche con più anni da vivere con malattie croniche e disabilità: la speranza di vita in buona salute è peggiore che altri Paesi europei. Arrivano a 49 mila i decessi causati dalle infezioni sepsi correlate.   Leggi l'articolo completo al LINK

Tumori in adolescenti e giovani adulti: il coinvolgimento nelle decisioni terapeutiche ha le sue regole

(da Univadis)   Messaggi chiave    Gli adolescenti e i giovani adulti (AYA) con diagnosi di tumore sono in genere soddisfatti del proprio ruolo nella condivisione delle decisioni terapeutiche.   Un quarto di loro mostra rimpianti sulle decisioni prese inizialmente.   Una relazione di mutua fiducia e comprensione con il medico è la base migliore per un coinvolgimento più efficace degli AYA nelle decisioni terapeutiche.  Comprendere i valori e le priorità del paziente è essenziale per formulare un piano di trattamento ottimale.

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“Usa le scale”. Avvisi sugli ascensori come sui pacchetti di sigarette, la proposta del presidente del Veneto Luca Zaia

“L’ascensore è un grande segno di civiltà, perché aiuta chi ha difficoltà motorie, però ci sono molti cittadini che hanno la possibilità di fare le scale e per questo vogliamo incentivare, come Regione, l’utilizzo delle scale e non degli ascensori. Aiuta la salute e aiuta tutti noi ad essere più in forma”, ha spiegato il governatore.  Leggi l'articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?articolo_id=73346&fr=n

L’ictus raddoppia il rischio di demenza

(da Fimmg.org)   Le persone colpite da ictus hanno circa il doppio delle probabilità di sviluppare demenza, secondo il più grande studio mai condotto nel suo genere. L’University of Exeter Medical School (UK) ha condotto uno studio che ha analizzato i dati sul rischio d’ictus e demenza su 3,2 milioni di persone in tutto il mondo. Il legame tra ictus e demenza si è mantenuto anche dopo aver preso in considerazione altri fattori di rischio di demenza come ipertensione arteriosa, diabete e malattie cardiovascolari. Lo studio rileva che essere colpiti da ictus aumenta significativamente il rischio di demenza, basandosi su ricerche precedenti che avevano stabilito il legame tra ictus e demenza, sebbene non avessero quantificato la gravità dopo la quale l'ictus aumentava il rischio di demenza.

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Pronto soccorso. Rivoluzione in Emilia Romagna: “Non permetteremo attese oltre le 6 ore”

Più personale (circa 130, tra medici, infermieri e oss), diversa organizzazione dell’attività (cinque codici e tre livelli di intensità”, spazi ridisegnati e più comfort per pazienti e operatori. Questo il piano della Regione da 7 milioni di euro. Sei ore sarà il tempo massimo previsto di permanenza, “ma già va così in circa l’85% dei casi”. Le novità illustrate dal presidente della Giunta e dall'assessore alle Politiche per la salute.  Leggi l'articolo completo al LINK

La parodontite potrebbe favorire l’emicrania

(da DottNet)   La parodontite potrebbe favorire anche la cefalea, in particolare l'emicrania: infatti uno studio condotto da uno scienziato italiano ha evidenziato che chi soffre di parodontite ha un rischio del 50% maggiore di soffrire anche di emicrania. Lo studio è stato condotto da Francesco D'Aiuto, direttore dell'Unità di Parodontologia della University College di Londra - Eastman Dental Institute e pubblicato sulla rivista 'Odontology'. Lo studio ha coinvolto 651 individui che soffrivano di emicrania, dei quali 393 presentavano di emicrania cronica. È emerso che il 50,2% degli individui con emicrania ha riferito di avere anche la parodontite.   "I dati sono ancora preliminari - ha spiegato D'Aiuto che è anche membro della Società Italiana di Parodontoloiga e Implantologia - ma le evidenze riscontrate dimostrano che i pazienti con parodontite hanno almeno il 50% di probabilità in più di soffrire di emicranie rispetto agli individui di controllo. La peculiarità di questa associazione - ha aggiunto - è che la diagnosi di parodontite può essere associata alla cronicità dell'emicrania stessa. Le ricerche del nostro gruppo seguite da Yago Leira in collaborazione con l'Università di Santiago di Compostela in Spagna confermano queste associazioni indipendentemente dai fattori di rischio tipici dell'emicrania".    "Le ipotesi patogenetiche dell'associazione tra emicrania e parodontite - ha concluso l'esperto - si fondano sulla capacità della malattia gengivale di favorire l'infiammazione 'sistemica' (relativa a tutto l'organismo, quindi non solo locale) e la disfunzione endoteliale (delle pareti dei vasi sanguigni). Questi due processi (infiammazione e danno endoteliale) sono entrambi implicati nell'insorgenza e soprattutto nell'esacerbazione dell'emicrania".

Sanità senza personale: dal 2012 al 2017 persi 26.500 operatori. I vuoti più vistosi tra infermieri, amministrativi, tecnici e medici

Tra il 2012 e il 2017 quelli in assoluto ad essere scesi di più sono gli infermieri (-7.055), seguiti dagli amministrativi (-6.102), dai tecnici (-4.727) e dai medici (-3.448). In totale il Ssn può contare su 648 mila unità. Questa la fotografia che emerge dall’elaborazione effettuata da Quotidiano Sanità sugli ultimi dati del Conto annuale pubblicati dall’Aran. Per quanto riguarda il totale della PA solo il personale delle Regioni ha perso più unità del Ssn (-55 mila). Al contrario la Scuola ha visto crescere i suoi lavoratori (+111 mila).  Leggi l'articolo completo al LINK

Rischio cardiovascolare maggiore in chi salta la colazione

(da Doctor33)   Secondo uno studio pubblicato su JAAC, saltare abitualmente la colazione aumenta il rischio di morire a causa di malattie cardiovascolari. «Il nostro studio sostiene i benefici del fare colazione nel supportare la salute cardiovascolare» scrive il primo autore Shuang Rong della Wuhan University of Science and Technology, in Cina. Lo studio ha coinvolto 6.550 persone, con un'età compresa tra i 40 e i 70 anni e che avevano partecipato al National Health and Nutrition Examination Survey III del 1988-1994, intervistate sulle abitudini relative alla colazione. I ricercatori hanno riportato che più della metà dei partecipanti (59%) consumava il pasto del mattino ogni giorno, mentre il 5,1% non faceva mai colazione, il 10,9% raramente e il 25% solo qualche volta. Durante i 19 anni di follow-up, il 9,5% dei partecipanti è deceduto a causa di malattie cardiovascolari. Le analisi sono state aggiustate per diversi fattori confondenti, come età, sesso, razza/etnia, stato socioeconomico, dieta, stile di vita, indice di massa corporea e rischi cardiovascolari. È stato stimato un hazard ratio per la mortalità cardiovascolare di 1,87% per il gruppo di persone che non facevano mai colazione rispetto a quello che la consumava abitualmente. Inoltre, l'associazione tra il saltare la colazione e la mortalità per cause cardiovascolari si è stata dimostrata più forte in caso di decesso per ictus. «Non è chiaro se l'associazione trovata sia di tipo causale» spiegano in un editoriale correlato Borja Ibáñez e Juan Fernández-Alvira, del Centro Nacional de Investigaciones Cardiovasculares in Spagna, ma saltare la colazione identifica una popolazione a rischio per le malattie cardiovascolari.

(JAAC 2019. Doi: 10.1016/j.jacc.2019.01.065  http://www.onlinejacc.org/content/73/16/2025) (JAAC 2019. Doi: 10.1016/j.jacc.2019.02.033  http://www.onlinejacc.org/content/73/16/2033)

GB, crisi sanità pubblica, crolla il numero dei medici di famiglia

(da Ansa.it)   Continua il declino della sanità pubblica britannica (Nhs) innescato da anni di tagli e dalle politiche di austerity. Lo confermano i dati di una ricerca condotta dal think tank Nuffield Trust per conto della Bbc, stando ai quali il numero dei cosiddetti Gp, i medici di famiglia del Regno, è sceso da una media di 65 per 100.000 abitanti registrata nel 2014 a non più di 60 l'anno scorso: un calo mai visto a questa velocità da mezzo secolo. A provocare il fuggi fuggi, fra dimissioni e nuovi ingressi mancati, sono le condizioni di superlavoro e gli stipendi insufficienti, sostengono le organizzazioni mediche. «Non si può permettere che la rete dei Gp collassi in questo modo, è un pilastro assolutamente cruciale del sistema sanitario nazionale», ha commentato raccogliendo l'allarme Helen Stokes-Lampard, presidente del Royal College dei medici di base. La crisi si traduce in tempi d'attesa per una visita standard che in alcune zone dell'isola hanno toccato le 7 settimane e nell'impossibilità di un terzo dei pazienti di ricevere assistenza in giornata dall'Nhs anche in caso di urgenze. Il governo Tory di Theresa May si difende evidenziando di aver avviato negli ultimi anni un primo rilancio di risorse pubbliche per la sanità. Briciole, replica l'opposizione laburista di Jeremy Corbyn.

E’ boom di antidepressivi tra medici e operatori sanitari

(da DottNet)   'Prevenzione e gestione degli atti di violenza nei confronti degli operatori sanitari' è il titolo della prima edizione del corso di formazione organizzato dalla Asl Roma 2 all' ospedale Sant' Eugenio, patrocinato dall' Ordine dei Medici e dall' Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma. Quello dell' aggressione ai medici e agli operatori sanitari è tema ancora al centro delle cronache e lascia strascichi psicologici e psichiatrici notevoli come stress, disturbo post-traumatico da stress, disturbi d' ansia e forme depressive medio-gravi.   Ma l'elemento nuovo emerso da uno studio condotto dalla dottoressa Cannavò sulla totalità degli operatori ha messo in evidenza che addirittura il 93% dei dipendenti ha riferito stress legato a frequenti episodi di violenza . Ma il dato ancora più allarmante è che se lo stress si cronicizza i medici e gli operatori sanitari, in mancanza di centri dedicati alla prevenzione e alla gestione delle conseguenze della violenza sugli operatori sanitari, si tutelano come possono, addirittura autosomministrandosi benzodiazepine e antidepressivi senza controllo specialistico psichiatrico, con tutte le ricadute personali e lavorative del caso non solo sul singolo lavoratore stressato, ma sulla qualità delle cure rivolte ai cittadini, sull' immagine dell' azienda e del Ssn. Come dichiarato dall' Oms nel 2020 la depressione sarà la vera emergenza mondiale e tra le fila dei nuovi pazienti ci saranno proprio i medici e gli operatori sanitari.   Poiché la violenza è ormai considerata il più importante fattore di rischio specifico di stress lavoro, bisognerebbe intervenire sui primi segnali di stress dell'operatore sanitario e non intervenire soltanto quando le vittime hanno subito episodi di violenza, proprio per prevenire ed evitare gravi conseguenze psichiatriche. Per violenza nei luoghi di lavoro non si intende solo la grave lesione fisica, ma soprattutto i maltrattamenti verbali, che sono, sempre secondo quanto emerso, la forma più frequente di violenza psicologica e che si consumano quotidianamente ormai in tutte le strutture sanitarie.     Bisognerebbe per questo agire su più fronti, compreso quello della comunicazione, per capire cosa porta al gap che si crea tra i medici e operatori sanitari e i pazienti e i familiari che sentono negati i propri diritti, disattese le loro aspettative e che agiscono in modo 'violento' con il malcapitato di turno. Al riguardo, bisognerebbe fare anche delle indagini, chiedendo direttamente ai cittadini quali siano le loro aspettative.   Il problema della violenza ai danni degli esercenti le professioni sanitarie è così sentito che, su proposta del ministro della Salute, Giulia Grillo, è all'esame del Senato un DDL antiviolenza per proteggere le professioni sanitarie. Il provvedimento prevede un' integrazione dell' articolo 61 del codice penale ('Circostanze aggravanti comuni') che disciplina le circostanze aggravanti nei confronti di chi commette reati con violenza o minacce in danno degli operatori sanitari nell' esercizio delle loro funzioni. Tuttavia, quel che è certo è che la violenza non può essere solamente considerata come un problema di sicurezza nei luoghi di lavoro o come un reato da perseguire penalmente. L'obiettivo primario dovrebbe essere proprio la tutela del benessere degli operatori sanitari, intesa sia come miglioramento della soddisfazione lavorativa sia della loro salute. Per questo si deve agire sulla prevenzione dello stress, per evitare conseguenze mediche importanti, come l' ipertensione e le malattie cardiache, e le patologie psichiatriche gravi come il disturbo posttraumatico da stress, i disturbi d' ansia e i disturbi depressivi.

‘Nascere in sicurezza’: il nuovo corso di formazione a distanza della Fnomceo

1,32 figli per donna, mentre l’età media della madre al primo parto avanza a 31,1 anni: i dati Eurostat resi pubblici lo scorso marzo, e relativi al 2017, confermano L'Italia tra gli Stati europei dove la fertilità e la natalità sono più basse, l'età delle madri più alta e il primo figlio arriva più tardi. Quali le cause reali, quale il ruolo dei curanti, quali le azioni possibili? Se lo è chiesto la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo) che ha dedicato al ‘Nascere in sicurezza’ il nuovo corso di formazione a distanza aperto a medici e odontoiatri, da pochi giorni on line sulla piattaforma Fadinmed, gratuito e accreditato nel programma di Educazione Continua in Medicina per 14 crediti.

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Una buona igiene orale per prevenire la disfunzione erettile

(da M.D.Digital)   Gli uomini che soffrono di parodontite sono a maggior rischio di soffrire di disfunzione erettile. La buona notizia è che un efficace spazzolamento dei denti, associato a una buona igiene orale, può aiutare a prevenire la disfunzione sessuale maschile.    Questo è il messaggio di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Chirurgia e Specialità Chirurgiche (Urologia) e del Dipartimento di Stomatologia dell'Università spagnola di Granada.  I batteri parodontali o le citochine infiammatorie prodotte a livello gengivale danneggiano le cellule endoteliali vascolari e se questa disfunzione endoteliale coinvolge i vasi sanguigni del pene, l’alterazione dei flussi sanguigni può tradursi in disfunzione erettile.  Questo studio è stato condotto su un campione di 80 uomini, utilizzando 78 controlli: i partecipanti hanno fornito i loro dati sociodemografici, sono stati sottoposti a un esame parodontale e sono stati testati per livelli di testosterone, profilo lipidico, proteina C-reattiva, livelli di glucosio nel sangue e emoglobina glicata.  I ricercatori hanno scoperto che il 74% dei pazienti con disfunzione erettile mostrava segni di parodontite. Quelli con la forma più grave di disfunzione erettile presentavano il peggior quadro di danno parodontale, mentre i pazienti con parodontite presentavano una probabilità di presentare una disfunzione erettile superiore di 2.28 volte rispetto ai pazienti con gengive sane. Le variabili biochimiche associate alla disfunzione erettile erano trigliceridi, proteina C-reattiva e emoglobina glicata. (Martín A, et al. Chronic periodontitis is associated with erectile dysfunction. A case-control study in european population. J Clin Periodontol 2018; 45: 791-798) 

 

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