PNRR. Dalla Commissione Ue ok a revisione del Piano italiano. Dalle Case di Comunità alla Telemedicina ecco cosa cambia per la sanità

(da Quotidiano Sanità)  a Commissione ha espresso oggi una valutazione positiva del piano per la ripresa e la resilienza modificato dell'Italia comprendente il capitolo dedicato a REPowerEU. Il piano ammonta ora a 194,4 miliardi di € (122,6 miliardi di € in sovvenzioni e 71,8 miliardi di € in prestiti) e comprende 66 riforme, sette in più rispetto al piano originario, e 150 investimenti.

Modifiche anche per la sanità. In primis sull’assistenza territoriale dove le Case di Comunità da realizzare con i fondi europei scendono da 1.450 a 1.038. Riduzioni anche per gli Ospedali di Comunità che passano da 400 a 307 e le Centrali Operative territoriali che da 600 scendono a 480. Il taglio come ha più volte spiegato il Ministero si ero reso necessario sia per l’aumento dei costi che per le molte difficoltà burocratiche per la realizzazione delle strutture. Il Ministero ha in ogni caso assicurato che anche le strutture fuori dal finanziamento e dal timing del Pnrr saranno costruite con altri fondi come ad esempio quelli sull’edilizia sanitaria.
“Alla luce delle modifiche proposte dall’Italia – scrive la Commissione europea -, la Missione 6 continua a rafforzare la prossimità servizi e digitalizzazione del sistema sanitario nazionale. L'obiettivo delle proposte di modifica deve tener conto delle circostanze oggettive previste quali l’inflazione e sviluppi nazionali imprevisti”.

Per quanto riguarda l’obiettivo al 2026 per i pazienti da assistere al domicilio: dovranno essere 842 mila gli over 65 che da assistere. Più ambizioso diventa il progetto per la telemedicina: saranno 300 mila le persone da assistere entro il 2025 invece delle 200 mila originariamente previste. Viene poi posticipato di due anni (da fine 2024 a fine 2026) l’operatività di 3.100 nuove apparecchiature diagnostiche.

Viene poi ridotto da 7.700 a 5.922 il numero di posti letto di terapia intensiva e sub intensiva da realizzare entro giugno 2026. Scendono poi da 109 a 84 gli interventi antisismici nelle strutture ospedaliere al fine di allinearle alle norme antisismiche.

Previsto poi che almeno il 90% di 250 mln di euro vengano erogati per progetti finalizzati a ristrutturare e ammodernare gli ospedali relativi agli Accordi di Programma ai sensi dell'articolo 20 L. 67/88, e condotto dal Ministero della Salute con la rispettiva Regione. Viene fissata all’85% la soglia dei medici di medicina generale che entro il 2025 siano in grado di alimentare il fascicolo sanitario elettronico

Medici Enpam in pensione dopo i 68 anni: in arrivo nuovi incentivi

(da DottNet)    Se l’età ordinaria di pensionamento per i medici convenzionati (medici e pediatri di famiglia, specialisti ambulatoriali, addetti alla continuità ed emergenza, ecc.) è fissata a 68 anni e se la maggior parte di questi professionisti, raggiunta questa fatidica età, decide di abbandonare l’attività e godersi la meritata pensione, è anche vero che, volendo, essi possono proseguire il rapporto sino a 70 anni ed anche, fino al 2026, in alcuni casi, fino al 72° anno di età.

L’Enpam, in passato, era particolarmente generoso con i pensionati 70enni, ai quali venivano applicate maggiorazioni di oltre il 43%, poi ridotte al 20%, sull’intero importo della pensione. Con la riforma Fornero, e il conseguente periodo di vacche magre, le maggiorazioni vennero prima limitate al 100% poi al 20% sui soli rendimenti dei mesi lavorati dopo i 68 anni. Arrivati ai giorni nostri, con la grande carenza di medici sul territorio, l’Enpam ha pensato di reintrodurre incentivi più consistenti per il trattenimento in servizio, largamente compensati dal risparmio determinato dalle due annualità pensionistiche in meno e dai due anni di versamenti contributivi in più.

In effetti, la riduzione della maggiorazione dal 100% al 20%, unitamente al progressivo aumento dell’età per il pensionamento ordinario di vecchiaia (portata progressivamente da 65 fino a 68 anni), ha notevolmente ridotto l’effetto incentivante dell’istituto. Il bilancio preventivo Enpam per il 2024 spiega che, nell’attuale contesto demografico, caratterizzato dalla notevole numerosità delle classi pensionande e dalla contemporanea carenza di medici in entrata, è emersa l’opportunità di prevedere un maggiore e diverso incentivo al procrastinamento del collocamento in pensione. 

Le ipotesi proposte dai Comitati Consultivi delle gestioni sono state oggetto di specifiche elaborazioni attuariali, a cura dello studio di fiducia dell’Enpam, volte a verificare l’impatto delle modifiche sul bilancio tecnico della Fondazione, cioè sull’equilibrio di medio e lungo periodo delle gestioni. Tenuto conto delle diverse opzioni proposte, il Consiglio di Amministrazione dell’Enpam ha deliberato una modifica al vigente criterio di maggiorazione delle aliquote di rendimento, introducendo un incremento di tali aliquote di due punti percentuali per ogni anno di permanenza in attività oltre l’età ordinaria di pensionamento, attualmente fissata a 68 anni. 

In particolare, alla luce della disposizione legislativa (art. 4, comma 9-octiesdecies del Decreto-Legge n. 198/2022 – cosiddetto decreto Milleproroghe, convertito nella legge 24 febbraio 2023, n. 14) che ha innalzato sino a 72 anni il limite di età per la permanenza in servizio del personale in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, per il Fondo della medicina convenzionata e accreditata è stata prevista l’applicazione di questo beneficio appunto fino a 72 anni.  Il provvedimento incentivante è stato esteso fino al 75° anno di età anche alla gestione "Quota B" del Fondo di previdenza generale, dove com’è noto non è richiesta la cessazione dell’attività per accedere al pensionamento; in questo caso la maggiorazione dei due punti percentuali sarà rapportata alle diverse aliquote di rendimento previste per i pensionati in base alle rispettive aliquote contributive (19,50%, 9,75% e 1%). 

In merito alla modifica, dalle elaborazioni attuariali emerge che il ritardo nell’accesso al trattamento di quiescenza comporta per la Fondazione un immediato risparmio in termini di mancata erogazione di prestazioni previdenziali. Pertanto, nonostante i successivi incrementi delle singole pensioni derivanti dal nuovo incentivo, si assicura, comunque, un miglioramento dei saldi della Fondazione e della copertura della riserva legale (5 anni della spesa pensionistica).

I Ministeri vigilanti, a cui sono stati sottoposti i provvedimenti per la prescritta approvazione, hanno formulato il 6 ottobre scorso alcune osservazioni, a cui l’Enpam ha già dato riscontro per riattivare l’iter di ratifica. 

Molto importante sottolineare che le nuove maggiorazioni entreranno in vigore soltanto dopo l’approvazione ministeriale, e questo significa, tanto per essere chiari, che se essa interverrà quando un ipotetico medico di famiglia in attività avrà compiuto 69 anni e 6 mesi, e se questo medico cesserà il rapporto a 70 anni, avrà le vecchie maggiorazioni (20% in più del rendimento annuo, cioè da 1,40% ad 1,68%) per un anno e mezzo, e le nuove (aumento di 2 punti dell’aliquota di rendimento, cioè da 1,40% a 3,40%) per soli sei mesi.

Che cosa consigliare agli interessati? Nel caso della Quota B, nonostante le maggiorazioni, portarsi a casa annualità aggiuntive di pensione batte in rendimento qualunque tipo di incentivo, sicché salvo casi limite, conviene sempre agganciare la pensione dei 68 anni (o addirittura l’anticipata) e continuare l’attività utilizzando la contribuzione ridotta e fruendo dei supplementi annuali di pensione. Riguardo ai convenzionati, l’esperienza insegna che la decisione di restare in servizio difficilmente dipende dall’entità della futura pensione, quanto piuttosto dalla realizzazione professionale e dall’importo del compenso percepito durante il rapporto confrontato con la pensione maturata. Certo, qualche soldino di pensione in più non dà certo fastidio: una celere approvazione ministeriale rimane quindi fortemente auspicabile.

Agenas: «Il 60% dei pazienti dice no alla prima disponibilità per le visite»

(da fimmg.org)   Il 60% dei cittadini non ha accettato data e struttura di prima disponibilità per le prestazioni strumentali e le visite specialistiche. Sono i dati resi noti oggi da Agenas in collaborazione con la Fondazione The Bridge sul monitoraggio delle prenotazioni di prestazioni di specialistica ambulatoriale in modalità ex ante. L'indagine ha fatto emergere anche le motivazioni alla base della scelta degli utenti: sul fronte delle prestazioni strumentali, il 70,63% degli utenti ha preferito andare in un ospedale o struttura diversi a quello della prima disponibilità; dato che sale al 76,33% per le visite specialistica.

Come si calcola la pensione dei medici ospedalieri

(da enpam.it)    I medici ospedalieri appartengono al sistema pensionistico pubblico che un tempo faceva riferimento alla Cassa pensioni sanitari (Cps), dal 1996 confluita nell''Inpdap e successivamente, dal 2012, nell''Inps. Il sistema di calcolo previdenziale applicato loro (retributivo o contributivo), dipende dall''anno di inizio dell''attività lavorativa.  Per coloro che hanno maturato entro il 31 dicembre 1995 almeno 18 anni di contributi, il sistema di calcolo retributivo si applica per gli anni maturati sino al 31 dicembre 2011. Per coloro che non hanno maturato tale anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, il calcolo con il sistema retributivo viene utilizzato per gli anni maturati fino 1995 e con il sistema contributivo per gli anni successivi.

Il governo propone ora una riforma che prevede che chi ha un''anzianità inferiore a 15 anni nel sistema retributivo, si veda applicate (per la quota di contributi maturati prima del 31/12/1995) non più le aliquote di rendimento previste dalle attuali tabelle, ma quelle nuove allegate alla Legge di Bilancio 2024.

COME FUNZIONA IL RETRIBUTIVO (QUOTA A INPS)     Il sistema di calcolo retributivo dei medici ospedalieri si basa riferendosi all''ultimo stipendio percepito per le anzianità di servizio maturate sino al 31 dicembre 1992 (Quota A della pensione Inps) e sulla media degli stipendi degli ultimi 10 anni, per le anzianità maturate dal 1° Gennaio 1993 (Quota B della pensione Inps).  All''inizio della carriera si ha un coefficiente elevato del 24% dell''ultimo stipendio per il primo anno di servizio con successiva riduzione nel tempo. Condizione che consentiva comunque di maturare il 100 per cento dell''importo dell''ultimo stipendio con il raggiungimento dei 40 anni di contribuzione.

Dall'' 1/1/95 l''aliquota di rendimento è del 2 per cento costante per ogni anno di Servizio, come già era in precedenza per i dipendenti privati. Ciò consente, di conseguenza, di maturare - con 40 anni di contribuzione - il massimo dell''80 per cento dell''ultima retribuzione.

COME FUNZIONA IL CONTRIBUTIVO (QUOTA B INPS)     Il Calcolo della pensione con il sistema contributivo, si basa sulla contribuzione accreditata nel corso di tutta la carriera lavorativa, rivalutata annualmente sulla base dell''importo del Pil quinquennale e sull''età dell''interessato.  Si applicano infatti dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo in assegno pensionistico, valori che, espressi in percentuale, aumentano con l''età del pensionamento.  Per calcolare quanto si prenderà di pensione lorda mensile, bisogna: calcolare il montante contributivo complessivo; moltiplicare il montante individuale per il coefficiente di trasformazione legato all''età anagrafica in cui si esce;

Dall''ultimo decreto del Ministero del Lavoro l''effetto dei coefficienti di trasformazione si riferisce esclusivamente sulle quote di pensione il cui calcolo è basato sul sistema contributivo.

NORMA PENALIZZANTE

Come detto, l''importo finale della pensione Inps spettante si ottiene dalla somma delle Quote A e B dell''Inps. Proprio il ricalcolo della parte retributiva (Quota A Inps) così come indicato dalla riforma in discussione, comporterebbe una riduzione sulla quota retributiva dell''assegno pensionistico, con una penalizzazione che - secondo le stime dei sindacati - potrebbe arrivare in alcuni casi anche oltre il 20 per cento.(per visualizzare anche le tabelle si può accedere a questo LINK https://www.enpam.it/2023/come-si-calcola-la-pensione-dei-medici-ospedalieri/

Sigarette elettroniche: dimostrati gli effetti nocivi per la salute

(da DottNet)    Fumare sigarette elettroniche non è meno rischioso delle sigarette tradizionali. È stato dimostrato, infatti, che l’uso di queste sigarette a lungo termine può avere un impatto negativo sulla salute del cuore e dei polmoni. Un ultimo rapporto pubblicato sulla rivista “Circulation” dell’American Heart Association descrive in dettaglio le tendenze di utilizzo più recenti e gli effetti sulla salute. Per il momento le ricerche stanno trovando riscontro su esperimenti molecolari fatti in vitro, essendo entrate in commercio solo 15 anni fa non si dispone ancora di effetti a lungo termine di questi sistemi di “vaping”. I prodotti di questo tipo hanno forti proprietà di dipendenza e possono contenere diverse sostanze chimiche (oltre ad aromi e dolcificanti) come tetraidrocannabinolo, metanfetamina e metadone. Gli studi, come spiega Jason J. Rose (presidente volontario del comitato di redazione della dichiarazione scientifica e professore associato la University of Maryland School of Medicine di Baltimora) indicano che «anche quando non è presente la nicotina, gli ingredienti delle sigarette elettroniche, in particolare gli aromi, comportano rischi associati a malattie cardiache e polmonari». I prodotti con nicotina, invece, sono associati a cambiamenti acuti in diverse misure emodinamiche, tra cui aumenti della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca. Il dato preoccupante è che l’uso delle sigarette elettroniche è cresciuto in modo esponenziale tra i giovani, attratti maggiormente da quelle aromatizzate.

Ausl Romagna vince ‘Oscar’ Lean Healthcare Award 2023

(da Adnkronos - riproduzione parziale)   E’ l’Ausl Romagna a vincere la sesta edizione del Lean Healthcare Award 2023, il premio delle eccellenze sanitarie pubbliche e private italiane, giunto quest’anno alla sesta edizione. Oltre 90 aziende sanitarie partecipanti da tutta Italia e 31 progetti finalisti su 222 in concorso, selezionati da una giuria altamente qualificata, composta da sessanta esperti fra direttori generali di aziende sanitarie, professori universitari e amministratori delegati del settore healthcare.

Con il progetto ‘Digital (he)ART Network’, l’Ausl Romagna si è aggiudicata l’‘Oscar della sanità’ 2023 per aver migliorato il percorso del paziente con scompenso cardiaco, monitorandolo con un device cardiaco gestito da remoto. Un esempio di innovazione digitale applicata alle cure sanitarie di alta complessità. Grazie a questo programma l’Asl Romagna è la realtà che quest’anno ha saputo meglio rappresentare lo spirito del Lean Healthcare Award il cui scopo è promuovere una sanità efficiente a misura di paziente e di personale sanitario, riducendo gli sprechi laddove esistano.

Con la sesta edizione del Lean Healthcare Award è arrivata una nuova spinta all’innovazione e alla creatività grazie alle aziende sanitarie pubbliche e private che hanno già dimostrato con i progetti in gara di aver contribuito a rafforzare il sistema sanitario e, più in generale, a rimodellare e innovare i processi nel mondo dell’Healthcare. Ampli e qualificati i progetti giunti in finale. Dalla realizzazione di una piattaforma per il monitoraggio delle infezioni correlate all’assistenza, fino a un progetto per ridurre l’attesa della chirurgia oncologica. E ancora l’efficientamento del percorso di presa in carico del paziente affetto da malattia rara, la trasformazione da casa della salute in casa della comunità e i nuovi modelli organizzativi dell’assistenza di prossimità per le aree interne. 

Ecm. Ecco tutte le novità deliberate dalla Commissione Nazionale

(da Quotidiano Sanità)   Dalle nuove tematiche didattiche d’interesse nazionale, alle misure riguardanti i massofiosioterapisti fino alle agevolazioni per il personale sanitario dei comuni colpiti dall’alluvione dello scorso maggio in Emilia Romagna, Marche e Toscana. Sono alcuni dei temi delle 4 delibere approvate dalla Commissione nazionale Ecm.

La prima riguarda l’inserimento di alcune tematiche d’interesse nazionale per il triennio 2023-2025. Si tratta del Dm 77 sugli standard territoriali, la sanità digitale, la formazione in infezioni ospedaliere e il Pan Flu 2021-2023.

Altra delibera stabilisce che sono sottoposti all’obbligo ECM anche i massofisioterapisti iscritti con riserva agli elenchi speciali ad esaurimento di cui all’art. 5 del D.M. 9 agosto 2019, in virtù di quanto previsto dall’art. 15 bis del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34 a far data dal 01.01.2023.

Per quanto riguarda i professionisti sanitari residenti nei comuni colpiti dall'alluvione dello scorso maggio in Emilia Romagna, Marche e Toscana il quantum di crediti da ottenere nel triennio formativo 2023-2025 è ridotto del 30% sull’obbligo formativo individuale triennale.

Infine viene ribadita la scadenza al 31 dicembre 2023 per recuperare i crediti del triennio 2020-2022.

le quattro delibere sono consultabili a questo LINK

In Italia meno ricoveri che nel resto del mondo. Il Rapporto Ocse rivaluta il medico di famiglia

(da Doctor33)   Che l’Italia spendesse troppo poco per la salute dei suoi cittadini – con finanziamenti sotto il 6,5% del Prodotto interno lordo le sanità non sopravvivono - si sapeva. Ce l’aveva detto l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Oggi l’Ocse ci dice un’altra cosa: a dispetto dei pronti soccorso pieni e delle lunghe attese, i residenti del nostro paese “anziano” frequentano gli ospedali meno dei cittadini di altre nazioni. In altre parole, la medicina territoriale fa da argine a patologie altrove curate a suon di ricoveri.

La “notizia” è contenuta nel rapporto 'Health at a glance' che annualmente confronta sia indicatori di salute della popolazione sia indicatori di performance dei paesi membri Ocse oltre che dei paesi partner o candidati ad associarvisi. L’edizione 2023 offre gli ultimi dati raffrontabili, indagando anche diseguaglianze, accesso alle cure, fattori di rischio per la salute, qualità dell’assistenza, risorse dedicate alla sanità (si ricorderà che per l’Ocse non devono essere meno del 6,5% del Prodotto interno lordo). Sugli indicatori di esito (sesto capitolo), il Report è sorprendente.

L’Italia sul diabete registra i tassi più bassi di ricovero insieme a Giappone e paesi scandinavi. E anche per asma e broncopneumopatia ostruttiva offre negli ultimi 10 anni i tassi di ospedalizzazione più bassi al mondo, insieme a due paesi sudamericani (Messico e Cile), classificandosi terzo. Più o meno la stessa cosa vale per l’insufficienza cardiaca dove tra il 2019 e il 2021 oltre al trend in miglioramento analogo a quello del resto dei paesi della statistica, vantiamo tassi di ricoveri impropri sotto la media Ocse. Tutti dati che secondo il segretario nazionale Fimmg Silvestro Scotti «smontano una narrazione della sanità territoriale italiana fatta di inappropriatezza dei ricoveri e, indirettamente, certificano invece una capacità di problem-solving molto spiccata da parte dei medici che sul territorio rispondono alle richieste dei cittadini, evitando che siano costretti a ricorrere ad ospedalizzazioni improprie».

Per Scotti, il report certifica l’efficacia della medicina del territorio e rende «ancor più evidente come, rispetto al racconto che solitamente si propone ai cittadini, qualcosa non torni». Ad esempio, nella parte del Report relativa alla Health Workforce basta poco «per rendersi conto di un pesante squilibrio a carico dei medici del territorio, che sono solo il 14% del totale con gli specialisti all’80%» (i due dati della media dei paesi Ocse relativa al 2021 sono rispettivamente il 20 e il 64%). «La vera programmazione in questo paese parte dal rendere nuovamente attrattiva la medicina generale, potenziandola nel ruolo e valorizzandone i risultati professionali. Incredibile che la realtà debba emergere dai dati OCSE e che nel dibattito interno, come accaduto negli ultimi anni post-Covid, la medicina del territorio appaia invece come responsabile di un fallimento di gestione del territorio. Esiste, evidentemente, un’altra storia da raccontare e di certo esistono altri colpevoli». Il segretario generale Fimmg accenna poi al contratto in discussione: «Oggi grazie all’impegno di Sisac e delle Regioni ci aspettiamo di definire il contratto 2019-21 entro fine anno. Qualunque ostacolo troveremo a questo nostro intendimento lo considereremo pretestuoso e responsabile della scomparsa del nostro ruolo nel Servizio sanitario nazionale. Ma prima di scomparire, si stia certi che ci faremo sentire».

Sul tema della discrepanza tra risultati ottenuti e bassa spesa sanitaria DoctorNews raccoglie la voce di Luca Puccetti, presidente della società scientifica Promed Galileo: «La medicina generale sottorganico (e nel mirino mediatico), in questi anni sta evitando problemi di salute ai cittadini, economici al servizio sanitario, organizzativi all’ospedale. I progetti di riorganizzazione dell’assistenza territoriale in case di comunità in qualche caso tenderebbero a cancellare la medicina di famiglia di prossimità quale la conosciamo. Ma come si vede la nostra professione diffusa su tutto il territorio sta compiendo imprese per cui difficilmente risulterà sostituibile da altri modelli. Tutto questo in un paese che ha una spesa sanitaria pro-capite sotto la media Ocse (9% contro 9,2% rispetto al prodotto interno lordo se sommiamo spesa pubblica e privata) ed è fra i tre più anziani dell’Organizzazione con Giappone e Germania (come si legge nel 7° capitolo del Rapporto)».

Enpam: Come scoprire se si hanno contributi nascosti

(da enpam.it)   Sono tanti i medici che hanno messo da parte contributi anche senza saperlo. È il caso di chi fa libera professione per strutture accreditate con il Ssn: probabilmente non sa che in aggiunta ai contributi personali di Quota B, per quest’attività gli vengono versati dal committente anche dei contributi nella Gestione degli specialisti esterni dell’Enpam.

SALVADANAIO TRIPLICATO    Le strutture accreditate e convenzionate, come cliniche private, poliambulatori e centri diagnostici, versano infatti all’Enpam il 2 per cento sul fatturato prodotto grazie al lavoro di professionisti non dipendenti. A questo si aggiunge l’ulteriore contributo del 4 per cento a carico dei medici, che dal 2023 le strutture devono trattenere e poi versare all’Enpam per loro conto.

DOVE TROVARE I CONTRIBUTI    Se hai lavorato come specialista esterno con contratto da non dipendente puoi scoprire se hai contributi di cui non sospettavi l’esistenza guardando nell'estratto conto contributivo Enpam (gestione Specialisti esterni) (https://www.enpam.it/comefareper/pagare-i-contributi/riepilogo-dei-contributi-versati/

Per vedere il riepilogo dei contributi devi entrare nell'area riservata del sito web dell’Enpam; cliccare su “Consultazioni contributive” nella colonna di sinistra e poi su “Contributi”. In questo modo si accede alla pagina “Riepilogo contributi versati utili ai fini pensionistici” e nella riga “Gestione medici specialisti esterni” bisogna cliccare sul pulsante “Vedi dettagli”, che trovi sulla destra.  Si accede così alla pagina “Dettagli contributi – Gestione medici specialisti esterni”, che riporta l’elenco dei contributi versati anno per anno. Nell’elenco, il secondo dato di ogni riga è la cifra dei contributi che sono stati accreditati in quel particolare anno.

QUANTO PAGHERÒ   È facile ipotizzare l’importo dei contributi che nel 2023 il medico specialista avrà a proprio carico. Per esempio se la mole di lavoro di quest’anno risuta in linea con quella dello scorso anno, basterà consultare l’estratto conto contributivo e moltiplicare per due il contributo accreditato dal proprio datore di lavoro per l’anno 2022.

Il versamento di contributi alla gestione degli specialisti esterni dà comunque diritto a pagare la quota B ridotta al 50 per cento.

Muscoli più efficienti con la restrizione calorica

(da DottNet)   Una riduzione dell'apporto calorico di soltanto il 12% può innescare cambiamenti benefici nell'organismo e indurre, tra le altre cose, un miglioramento nel funzionamento dei muscoli.  È il risultato di uno studio coordinato dal National Institute on Aging americano e pubblicato sulla rivista 'Aging Cell'. Da diversi anni la ricerca ha dimostrato negli animali che una riduzione importante dell'apporto calorico prolunga l'aspettativa di vita e produce un generale miglioramento dello stato di salute. Il nuovo studio si inserisce nel filone di ricerca che sta cercando di verificare se gli stessi effetti si osservano nell'uomo. Nella sperimentazione, 90 persone sono state sottoposte per due anni a una riduzione di circa il 12% dell'apporto calorico. Ciò ha prodotto una perdita di peso del 10,4%, un miglioramento del profilo cardiometabolico e della salute cardiovascolare. 

"Una riduzione del 12% è molto modesta", ha detto in una nota il coordinatore dello studio Luigi Ferrucci. "È fattibile e può fare una grande differenza nella salute". Significativi gli effetti sui muscoli: anche se si è verificata una leggera riduzione della massa muscolare, a questa non è corrisposto un calo della forza, a dimostrazione che i muscoli hanno cominciato a funzionare meglio. Test molecolari, eseguiti su campioni di muscoli dei partecipanti, hanno scoperto che erano stati attivati nell'uomo quegli stessi meccanismi genetici che negli animali si ritengono responsabili dei benefici della restrizione calorica, in particolare alcuni geni coinvolti nella produzione di energia e nel controllo dell'infiammazione.  "Poiché l'infiammazione e l'invecchiamento sono fortemente correlati, la restrizione calorica rappresenta un approccio potente per prevenire lo stato pro-infiammatorio sviluppato da molte persone anziane", ha aggiunto Ferrucci.

“Bed rotting”, la nuova tendenza tra i giovani è “marcire nel letto”: riposo o depressione?

(da fimmg.org)   Si chiama “Bed rotting”, ovvero “marcire nel letto” secondo una traduzione più o meno letterale, l’ultima tendenza in voga tra i giovani e già virale sui social come Tik Tok dove ci sono centinaia di video per un totale di due miliardi di visualizzazioni. In pratica il bed rotting consiste nel restare a letto per scelta, ben oltre il tempo necessario per dormire. Sdraiati di pancia o di schiena, i giovani restano tra le lenzuola per ore per parlare al telefono, sbirciare i social, guardare un film o una serie tv. Si finisce così con il trascorrere intere giornate sul materasso, senza alzarsi se non per andare in bagno o procurarsi qualcosa da mangiare.
La pratica da un lato viene vista come risposta in controtendenza allo stile di vita frenetico e performante e come necessità di allentare la tensione, dopo periodi di grande stress, ma da un altro allarma gli psicologi: la dipendenza dal letto, in gergo clinomania, è ritenuta un possibile sintomo della depressione. Il ripetersi del “bed rotting”, quindi, deve suonare come un campanello d’allarme.

L’antibiotico-resistenza viaggia sui rifiuti di plastica

(da DottNet)     L'inquinamento causato dalla plastica potrebbe diventare un importante veicolo di trasmissione di organismi patogeni dannosi per l'uomo e agire come un serbatoio di geni che conferiscono ai batteri la capacità di resistenza agli antibiotici. È quanto suggerisce uno studio coordinato da ricercatori della University of Warwick di Coventry (Gran Bretagna) pubblicato sulla rivista 'Microbiome'. "Si stima che i fiumi trasportino ogni anno tra 1,15 e 2,41 milioni di tonnellate di detriti di plastica negli oceani", scrivono i ricercatori. Una mole enorme che ormai può essere trattata come una vera e propria nicchia ecologica, per la quale è stato coniato il termine di 'plastisfera', osservano gli autori della ricerca. 

I ricercatori hanno cercato di ricostruire l'interazione tra oggetti di plastica presenti nei fiumi e i microrganismi patogeni, indagando inoltre in cosa la plastica si differenzi da altri materiali. In test condotti sul fiume Sowe, in Gran Bretagna, il team ha scoperto che la plastica immersa nel fiume veniva rapidamente colonizzata da organismi patogeni. Tuttavia, le tipologie di batteri che attecchivano sulla plastica tendevano a essere diverse rispetto a quelle più presenti nell'acqua, con la prevalenza di batteri come Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter. Differenze sono state riscontrate anche negli indicatori di resistenza agli antibiotici, che erano differenti e presenti in quantità maggiore sulla plastica, specie su quella più degradata.

Non è ancora chiaro a cosa sia dovuto il fenomeno. Un'ipotesi è il processo di degradazione della plastica rilasci composti che favoriscono la crescita dei batteri, ma per i ricercatori è urgente "studiare i rischi che l'inquinamento da plastica può comportare per la salute umana e la diffusione dei geni di resistenza antimicrobica nell'ambiente".

Quando il medico diventa paziente, un’indagine di Univadis Medscape

(da Univadis)  Siamo abituati a vedere i medici dalla parte di chi cura e non nelle vesti di pazienti e quando questi ruoli si invertono l’impatto può essere traumatico ma anche fonte di un rinnovato modo di interpretare la professione, più empatico e vicino all’esperienza di coloro che curano. A valutare l’impatto della malattia sui camici bianchi è un'indagine promossa da Univadis Medscape Italia e condotta su un campione di 1616 medici italiani, prevalentemente uomini (907 uomini vs 689 donne), che hanno deciso di condividere la propria esperienza anche mostrando delle vulnerabilità che comunemente non vengono associate alla figura del medico.   Dai risultati emerge, infatti, che per la maggior parte dei medici (57% del campione) le conoscenze e il background professionale aumentano, invece di ridurre, il timore delle malattie e come questo li porti anche ad approcciarsi alle cure in maniera diversa rispetto al paziente medio.  

Non sorprende il dato secondo il quale i medici ricevono più spesso trattamenti inusuali, intesi come cicli di cura più lunghi o trattamenti sperimentali, perché in grado di comprendere più facilmente le ragioni della proposta terapeutica e di capirne il valore. In generale, il 98% dei medici si ritiene più consapevole dei rischi associati all’uso di farmaci e tende per questo a fare più domande (62%), pur affidandosi in ultima istanza ai consigli dei colleghiNon emerge, invece, alcun tipo di percorso privilegiato verso sperimentazioni e trattamenti, a riprova di una deontologia medica che rimane salda; la maggior parte dei rispondenti conferma, infatti, che i farmaci e le terapie che vengono prescritte a un medico che si ammala sono le stesse proposte agli altri pazienti (74%) ed è raro che ci sia un accesso preferenziale alle sperimentazioni (11%). Anche l'uso di non far pagare le prestazioni mediche ai colleghi sembra essere caduto in disuso: il 39% dei rispondenti trova normale dover mettere mano al portafogli. Quello che si osserva è, semmai, è un accesso più rapido a visite e test (63%), grazie alla rete di conoscenze personali.

Come accade a molte persone, affrontare un’esperienza più o meno grave di malattia porta i medici a fare i conti non solo con un senso di paura e smarrimento iniziale per la nuova condizione, spesso improvvisa, ma anche e soprattutto a rivedere il loro modo di essere a partire dal modo di esercitare la professione. Il 68% del campione dichiara, infatti, di essere uscito cambiato dall’esperienza di malattia, e il 71% di essere diventato più empatico nei confronti dei pazienti e di riuscire a comprenderne meglio il loro stato d’animo. 

Un altro aspetto interessante riguarda il rapporto con i colleghi. Sebbene emerga una diffusa tendenza dei medici all’autocura - più della metà del campione (56%) dichiara di curarsi da solo per la maggior parte del tempo, provando a risolvere i problemi in autonomia – quando decide di rivolgersi a un collega il 78% riferisce di sentirsi al sicuro nelle sue mani. In particolare, i medici amano farsi curare da colleghi che conoscono, con cui lavorano o con i quali hanno studiato. Più di otto medici su dieci scelgono di affidarsi alle cure di colleghi che sono anche amici: segno di una comunità che resta coesa e che si aiuta reciprocamente. Allo stesso tempo, l’indagine evidenzia una diffusa diffidenza nei confronti degli ospedali (58%) da parte degli intervistati che, nella maggioranza dei casi (64%), fanno anche più domande della media dei pazienti quando si trovano ricoverati. 

(https://www.medscape.com/slideshow/it-2023-6016759?src=mkm_ret_221115_mscpmrk_it_globalcompensation&faf=1#7)

Bastano 20 minuti di attività fisica al giorno per allungare la vita

(da AGI)    Svolgere un'attività fisica quotidiana di 20 o 25 minuti può ridurre il rischio di morte dovuto a uno stile di vita altamente sedentario. È quanto emerge da una ricerca internazionale pubblicata online sul 'British Journal of Sports Medicine'. Inoltre, i risultati dimostrano che un maggior numero di attività giornaliere è legato a un rischio minore di morte, indipendentemente dalla quantità di tempo trascorso seduti ogni giorno.  Nei Paesi sviluppati, gli adulti trascorrono in media 9-10 ore al giorno seduti, soprattutto durante l'orario di lavoro. "Uno stile di vita sedentario è associato a un maggiore rischio di morte", hanno spiegato i ricercatori. Gran parte delle ricerche pubblicate in precedenza sui benefici dell'attività fisica per contrastare la prolungata permanenza in posizione seduta si sono basate su dati aggregati, il che inevitabilmente si traduce in un approccio generico.

Per cercare di superare questo problema, gli scienziati hanno messo insieme i dati dei singoli partecipanti di quattro gruppi di persone, dotate di sensori che monitoravano il grado di attività fisica, per scoprire se il movimento potesse modificare l'associazione tra tempo di sedentarietà e morte, e viceversa, e quale quantità di attività fisica potesse incidere sulla diminuzione del rischio. Poco meno di 12.000 persone di almeno 50 anni sono state incluse nell'analisi. Avevano un minimo di 4 giorni di 10 ore giornaliere di registrazione dei sensori di movimento, erano stati monitorati per almeno 2 anni e avevano fornito dettagli sui fattori potenzialmente influenti: sesso, livello di istruzione, peso, altezza, storia di fumo, assunzione di alcol e se avevano malattie cardiovascolari, cancro, diabete in corso. In totale, 5943 persone hanno trascorso meno di 10,5 ore sedute al giorno; 6042 hanno accumulato 10,5 o più ore di sedentarietà.

Il collegamento con i registri dei decessi ha mostrato che in un periodo medio di 5 anni sono morte 805 persone, circa il 7%, 357 delle quali, ovvero il 6%, trascorrevano meno di 10,5 ore sedute al giorno e 448 ne trascorrevano 10,5 o più. L'analisi dei dati dei sensori di attività ha mostrato che essere sedentari per più di 12 ore al giorno era associato a un rischio di morte maggiore del 38% rispetto a 8 ore, ma solo tra coloro che totalizzavano meno di 22 minuti giornalieri di attività fisica moderata o vigorosa.  Più di 22 minuti al giorno di attività fisica, sia sostenuta che più intensa, sono stati associati a un minor rischio di morte. Inoltre, una maggiore quantità di attività fisica è stata associata a un minor rischio di morte, indipendentemente dalla quantità di tempo sedentario. L'associazione tra tempo sedentario e morte è stata ampiamente influenzata dalla quantità di attività fisica.

Ad esempio, 10 minuti in più al giorno sono stati associati a un rischio di morte inferiore del 15% per coloro che trascorrevano meno di 10,5 ore di sedentarietà e del 35% per coloro che trascorrevano più di 10,5 ore di sedentarietà al giorno. L'attività fisica di leggera intensità è stata associata a un minor rischio di morte solo tra le persone altamente sedentarie, con più di 12 ore giornaliere di sedentarietà.  Si tratta di uno studio osservazionale e, come tale, non può stabilire causa ed effetto. Inoltre, i ricercatori riconoscono di non essere stati in grado di ripetere le misure dell'attività fisica e delle ore di sedentarietà, escludendo così qualsiasi variazione di queste ultime nel tempo. Non sono stati presi in considerazione nemmeno i fattori potenzialmente influenti, come la dieta, i problemi di mobilità e lo stato di salute generale.

Inoltre, i sensori di movimento potrebbero non classificare correttamente tutti i tipi di attività e l'intensità corrispondente: ciclismo, esercizi di resistenza, giardinaggio, per esempio. Tuttavia, i ricercatori hanno sottolineato che: "Piccole quantità di attività fisica di diversa intensità possono essere una strategia efficace per migliorare il rischio di mortalità derivante dall'elevata sedentarietà, laddove l'accumulo di più di 22 minuti di attività motoria elimina il rischio dell'elevata sedentarietà". "Gli sforzi per promuovere l'attività fisica possono avere benefici sostanziali per la salute degli individui", hanno concluso gli autori.

Parkinson, verso una diagnosi precoce con un esame del sangue

(da Doctor33)     In uno studio pubblicato su 'Science Translational Medicine' è stato descritto un esame del sangue in grado di rilevare precocemente la malattia di Parkinson.   «Attualmente, la malattia di Parkinson viene diagnosticata in gran parte sulla base di sintomi clinici, dopo che si è già verificato un danno neurologico significativo. Questo esame del sangue ci potrebbe consentire di diagnosticare la malattia e di iniziare le terapie molto prima» spiega Laurie Sanders, della Duke School of Medicine, negli Stati Uniti, autrice senior del lavoro.
I ricercatori si sono concentrati sul danno al DNA nei mitocondri come biomarcatore per il loro strumento diagnostico. Studi precedenti avevano associato il danno al DNA mitocondriale a un aumento del rischio di malattia di Parkinson, e gli esperti avevano precedentemente segnalato un accumulo di danno al DNA mitocondriale nel tessuto cerebrale di pazienti deceduti con Parkinson. Utilizzando la PCR (polymerase chain reaction), gli autori hanno sviluppato un test che ha quantificato con successo livelli più elevati di danno al DNA mitocondriale nelle cellule del sangue raccolte da pazienti con malattia di Parkinson rispetto a persone senza la malattia. Il nuovo esame ha identificato anche alti livelli di DNA danneggiato nei campioni di sangue di persone portatrici della mutazione genetica LRRK2, che è stata associata ad un aumentato rischio di malattia. Un'ulteriore analisi su cellule di pazienti affetti da morbo di Parkinson ha valutato se il test potesse determinare l'efficacia di una terapia mirata agli effetti associati alla mutazione LRRK2. In questi campioni, il test ha identificato un danno inferiore al DNA mitocondriale nelle cellule trattate con un inibitore di LRRK2 rispetto ai campioni di pazienti che non avevano ricevuto l'inibitore, e questo suggerisce che l'analisi potrebbe aiutare a individuare i pazienti potenzialmente in grado di trarre beneficio dai trattamenti con inibitori della chinasi LRRK2 anche se non hanno una mutazione LRRK2.   «La nostra speranza è che questo test possa non solo aiutare a diagnosticare la malattia di Parkinson, ma anche identificare farmaci che invertono o arrestano il danno al DNA mitocondriale e il processo patologico» concludono gli autori.
(Science Translational Medicine 2023. Doi: 10.1126/scitranslmed.abo1557  http://doi.org/10.1126/scitranslmed.abo1557

Stress cronico e depressione collegati a deterioramento cognitivo lieve e malattia di Alzheimer

(da Quotidiano Sanità)   Le persone di età compresa tra 18 e 65 anni che soffrono di stress cronico e/o di depressione hanno più probabilità, rispetto alla popolazione generale nella stessa fascia d’età, di ricevere una diagnosi di deterioramento cognitivo lieve o di Malattia di Alzheimer. È quanto emerge da una ricerca coordinata da un team del Karolinska Institutet di Stoccolma e pubblicata da 'Alzheimer’s Research & Therapy'.
Precedenti studi avevano già mostrato una possibile associazione tra stress cronico, depressione e demenza. Lo studio del Karolinska Institutet evidenzia, in particolare, che il rischio di malattia di Alzheimer è più del doppio nei pazienti con stress cronico e in quelli con depressione rispetto ai pazienti senza queste patologie psichiatriche; nei pazienti con entrambi i disturbi, il rischio è fino a quattro volte più alto.
Lo studio svedese è stato condotto utilizzando il database sanitario amministrativo della regione di Stoccolma. Il team ha preso in considerazione 44.447 persone tra 18 e 65 anni con una diagnosi di stress cronico e/o depressione e le hanno seguite per otto anni.

Rispetto agli individui di pari età, quasi 1,4 milioni, è emerso che un numero maggiore di persone con stress cronico o depressione aveva ricevuto anche una diagnosi di lieve deterioramento cognitivo o di malattia di Alzheimer. “Il rischio nella popolazione considerata è basso e la causalità è incerta, ma la scoperta è importante perché consente di migliorare gli sforzi preventivi e comprendere i collegamenti con gli altri fattori di rischio per la demenza”, conclude Axel Carlsson, autore senior della ricerca.

Fascicolo sanitario elettronico è in Gazzetta. Come cambiano le regole per Mmg e pediatri

(da Doctor33)    Il fascicolo sanitario e il patient summary sono pronti a partire a tappeto. È uscito il 24 ottobre in Gazzetta Ufficiale il decreto 7 settembre 2023 “Fascicolo sanitario elettronico 2.0”. Frutto collegiale di Ministeri di Salute ed Economia e Presidenza del Consiglio (sottosegretario Innovazione Tecnologica), il testo ribadisce ed implementa i contenuti della documentazione sanitaria di ogni cittadino già dettati nel 2012 (dlgs 179). A fini di diagnosi, cura, prevenzione, profilassi internazionale, ricerca scientifica e valutazione della spesa, il fascicolo è alimentato ed aggiornato da Asl, regioni, strutture pubbliche del Ssn e dal Servizio naviganti Sasn, nonché dai privati accreditati od autorizzati dal Ssn e dai professionisti sanitari. E contiene: gli estremi dell’assistito, le esenzioni per reddito e patologia, contatti e delegati, referti, verbali di pronto soccorso, lettere di dimissione, Patient summary (profilo sanitario sintetico), ricette specialistiche e farmaceutiche, cartelle cliniche, erogazione farmaci a carico SSN o meno (dossier farmaceutico), vaccinazioni, prestazioni specialistiche erogate, taccuino personale dell’assistito e lettere di invito per screening.

Patient Summary - Il profilo sanitario sintetico è redatto e aggiornato dal medico di famiglia o dal pediatra di libera scelta e riassume la storia clinica dell’assistito e la sua situazione corrente conosciuta per favorire la continuità di cura, fermo restando il rispetto del diritto di oscuramento esercitato dall’assistito su specifici dati a lui attinenti. Contiene gli estremi del paziente e del medico curante (inclusa casella Pec), patologie croniche o rilevanti, organi mancanti, trapianti effettuati, protesi ed ausili, allergie, malformazioni, terapie farmacologiche croniche ed in atto, anamnesi familiare, fattori di rischio, vaccinazioni fatte, eventuali gravidanze, altezza peso e body mass index, pressione arteriosa, dati su eventuale assistenza domiciliare, esenzioni per patologia, possibile inserimento in reti di cura, piani terapeutici e riabilitativi, ricoveri avvenuti. È la regione o la ASL la titolare del trattamento in quanto detentrice dell’infrastruttura dove viaggiano i dati del FSE e responsabile delle misure di sicurezza e della conservazione del profilo. In caso di cambio di medico di fiducia, il nuovo redige un nuovo profilo sanitario sintetico.

Taccuino personale – Qui l’assistito od un suo delegato può inserire, modificare ed eliminare dati, anche generati dai dispositivi medici indossabili, e documenti personali relativi ai propri percorsi di cura. In ogni caso si tratterà di informazioni non certificate da rendere distinguibili da quelle inserite da medici e sanitari. La regione di assistenza è titolare del trattamento dati ma non li può consultare.

Dossier farmaceutico – Nell’allegato A per i contenuti relativi all’erogazione dei farmaci a carico Ssn o meno si rimanda al decreto 4 agosto 2017 dei ministeri di Economia e Salute che a sua volta fa riferimento a “modalità da definire”.

Diritti del cittadino - L’assistito accede al FSE con carta identità elettronica o carta nazionale dei servizi o con lo SPID, utilizzando il portale FSE della regione dove vive o il Portale nazionale FSE o il servizio di notifica gestito iNI-FSE previsto all’articolo 22 per chi non è nell’anagrafica di nessuna regione. In base all’articolo 64 ter del Codice dell’Amministrazione Digitale, assistiti non avvezzi a consultazioni online possono delegare per 3 anni familiari o persone specifiche. I dati sensibili di persone sieropositive, donne che si sottopongono a interruzione volontaria di gravidanza, vittime di violenza sessuale o pedofilia, persone che fanno uso di sostanze stupefacenti, psicotrope ed alcool, donne che decidono di partorire in anonimato, e i documenti dei consultori familiari, sono resi visibili solo all’assistito, che decide se renderli visibili a terzi previo consenso.

Il consenso - Entro 3 mesi dall’entrata in vigore del decreto, Ministero della Salute e Regioni gireranno all’assistito modello di informativa che espliciti i trattamenti nel FSE e comunichi come integrare, oscurare, modificare, aggiornare i dati. La consultazione da parte di terzi può avvenire solo quando l’assistito ha visionato l’informativa e dato l’ok alla consultazione. Per i minori i consensi sono espressi da chi esercita la potestà genitoriale e per i soggetti con deficit totale o parziale dall’amministratore di sostegno. I dati sul FSE sono definitivamente cancellati dopo 30 anni dal decesso dell’assistito.

Diritti del medico – Possono accedere al Fse a fini di cura e prevenzione medici di famiglia, pediatri di libera scelta e relatvi sostituti, medici ospedalieri e specialisti per visite/esami o per il ricovero limitatamente al tempo del processo di cura, infermiere od ostetrica, e farmacista. Il personale amministrativo legge le sole informazioni necessarie alle funzioni cui è preposto. L’accesso è sempre escluso per i soggetti che non perseguono fini di cura: periti, compagnie assicurative, datori di lavoro, società scientifiche, medici legali o del lavoro che accertano idoneità o per il rilascio di certificazioni necessarie al conferimento di permessi o abilitazioni.

Interoperabilità - Regioni e province autonome sono titolari dei trattamenti di verifica formale e semantica per i pazienti Sasn e il ministero della Salute per i naviganti. Tutte le regioni devono contribuire ad alimentare i fascicoli usando le soluzioni tecniche rese disponibili da Agenas.

Profilassi internazionale -La DG Prevenzione del Ministero della salute previo ok dell’assistito segnala alle Asl dati e documenti rilevanti circa la circolazione di nuovi patogeni o l’emergere di sintomatologie sconosciute o di fattori di rischio ambientale e/o alimentare; nuovi fattori di rischio legati a co-infezioni; lo sviluppo di nuovi casi di farmacoresistenza verso specifici gruppi di patogeni; possibili nuove complicanze non conosciute di malattie infettive che possono portare al decesso. Sempre la DG Prevenzione del Ministero della salute può accedere a dati e documenti del FSE la cui consultazione risulti necessaria per le vaccinazioni per soggetti diretti all’estero. Per gli stessi fini può altresì, definiti criteri di identificazione di gravi minacce per la salute, accedere a dati di soggetti provenienti dall’estero, da sottoporre a misure di quarantena o isolamento o a contact tracing internazionale e disporre misure di profilassi per soggetti espostisi a gravi patogeni usando mezzi di trasporto collettivi o soggiornando in comunità chiuse.

1 9 10 11 12 13 143