Regionalismo differenziato: per Gimbe “è una minaccia per la salute”

(da DottNet)   Il regionalismo differenziato "minaccia i nostri diritti costituzionali, soprattutto la tutela della salute". Questo il parere della Fondazione Gimbe (che promuove la formazione in ambito sanitario) sul percorso di acquisizione di maggiori autonomie portato avanti da alcune regioni. "Considerato che sono in gioco i diritti civili - sottolinea il presidente, Nino Cartabellotta -, è inaccettabile per un Paese democratico l'assenza di un dibattito politico e civile sul tema".  Il prossimo 15 febbraio i rappresentanti di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, ricorda Gimbe, incontreranno il premier Conte per riprendere la discussione sul regionalismo differenziato, mentre nel frattempo altre 7 Regioni (Campania, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria) hanno conferito ai Presidenti il mandato di avviare il negoziato.  Un percorso, per Cartabellotta, non senza rischi. La cartina al tornasole è rappresentata dalla sanità, dove già oggi "il diritto costituzionale alla tutela della salute è condizionato da 21 sistemi sanitari che generano diseguaglianze sia nell'offerta di servizi sia negli esiti di salute".  In questo contesto, prosegue, le autonomie differenziate non potranno che "amplificare le diseguaglianze di un servizio sanitario oggi universalistico ed equo solo sulla carta". In altre parole, "senza un potenziamento delle capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, il regionalismo differenziato finirà per legittimare normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio di uguaglianza dei cittadini".   Davanti a questo "potenziale attentato allo Stato sociale, un'insolita congiunzione astrale ha allineato tutte le forze politiche, senza alimentare alcun dibattito sui rischi". Per questo la Fondazione Gimbe invita tutti a partecipare, attraverso il proprio sito web, alla consultazione pubblica per far luce sulle potenziali conseguenze del percorso.

Fnomceo, ‘No all’abolizione del numero chiuso a Medicina’

(da AdnKronos Salute)    "No all'all’abolizione 'tout court' del numero chiuso, che non farebbe che ingrossare all’inverosimile l'imbuto formativo che già oggi imprigiona 10 mila giovani medici, a cui è negata la prosecuzione della formazione post-laurea". E' quanto affermato dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo) nell'audizione oggi alla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, su alcune proposte di legge che si propongono di regolare l’accesso ai corsi universitari. Per la Fnomceo è necessario invece "mettere in atto una corretta programmazione" e "modificare i test di accesso, rendendoli più mirati alle materie di studio, e calibrandoli su argomenti ai quali gli studenti si siano già approcciati durante gli ultimi anni delle superiori".  

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Il costo medio di una visita ambulatoriale negli Stati Uniti si avvicina ai 500 dollari!

(da Fimmg.org)   Secondo i risultati di un recente studio dell'Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell'Università di Washington, una visita ambulatoriale negli Stati Uniti costa in media quasi 500 dollari, mentre una degenza ha avuto un costo medio nel 2016 di oltre 22.000 dollari. Entrambi questi importi rilevano che gli Stati Uniti superano ogni altra nazione nei costi totali dell'assistenza sanitaria. Lo studio dell’IHME è parte di un plan più ampio sui finanziamenti riguardanti la copertura sanitaria universale (UHC- universal health coverage) in ogni paese del mondo. “Per raggiungere l'UHC, gli esperti in sanità dei settori governativo, privato e non profit hanno bisogno di espandere i servizi per far fronte alla crescita e all'invecchiamento della popolazione e di estendere la copertura assicurativa", dice Marcia R. Weaver, docente dell’IHME. "Non sorprendentemente, abbiamo riscontrato negli USA, la sovrautilizzazione e la sottoutilizzazione dei servizi nelle strutture ospedaliere e ambulatoriali e soprattutto abbiamo identificato paesi come Olanda, Portogallo e Tailandia che possiedono un giusto equilibrio nell’utilizzo di ospedale e ambulatori territoriali". Tra il 1990 e il 2016, i ricoveri ospedalieri nel mondo sono aumentati di oltre due terzi, mentre le visite ambulatoriali di oltre la metà. In paesi come Cina, Indonesia, Tailandia e Turchia, le politiche che hanno esteso la copertura sanitaria sono state associate a maggiori visite e ricoveri dei pazienti, mentre in alcuni paesi dell'Africa subsahariana, la maggior parte dell'aumento è derivata dalla crescita della popolazione. Lo studio stima che l'UHC, uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (United Nations' Sustainable Development Goals) per il 2030, costerebbe 576 miliardi di dollari e richiederebbe un aumento del 49% dei ricoveri, del 27% delle visite ambulatoriali, ma si consideri che l’estensione della copertura sanitaria potrebbe essere, per molti paesi, fonte di nuovi posti di lavoro.

(Marcia R. Weaver et al. The Lancet Public Health, December 12, 2018)

Fine vita. Cristiani, Ebrei, Musulmani, Induisti e Buddisti firmano il “Manifesto Interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita”

È stato siglato oggi al Complesso Monumentale del Santo Spirito a Roma il primo documento bioetico che getta le fondamenta comuni per il dialogo interreligioso in ambito sanitario. Il gruppo promotore è costituito dall'Asl Roma 1, dal Gmc Università Cattolica del Sacro Cuore e dal Tavolo interreligioso di Roma. Nove i diritti sottoscritti, da quelli religiosi a quelli più intimi per la dignità della persona   Leggi l'articolo completo al LINK      http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=70669&fr=n

Assistenza primaria nelle comorbidità croniche: l’appuntamento che allunga la vita

(da Cardiolink)  Tipicamente, le patologie croniche rendono necessario il ricorso alla polifarmacoterapia, che, a sua volta, implica la necessità di un follow-up periodico del paziente. Alcuni fattori - età, stato socio-economico - sembrano incidere sulla facilità a mancare gli appuntamenti previsti per tale monitoraggio, ma quanto questa discontinuità incide sulla salute del paziente? Gli autori di una recente pubblicazione su 'BMC Medicine' hanno risposto alla domanda utilizzando una vasta coorte retrospettiva scozzese (n = 824.374, pari a circa il 15% della popolazione). I dati esaminati provenivano dall’attività clinica dei medici generici relativa al triennio da settembre 2013 a settembre 2016, combinata al registro nazionale di mortalità entro un periodo di follow-up di 16 mesi. Per ciascun paziente è stata esaminata la compliance alle visite di follow-up, unitamente al numero di patologie croniche concomitanti e ai farmaci prescritti, sulla cui base è stato calcolato il rischio di mortalità connesso agli appuntamenti mancati. I pazienti con un maggior numero di comorbidità croniche mostravano un rischio aumentato di mancata presentazione alle visite mediche, anche controllando per il numero di appuntamenti effettuati. Questi pazienti esibivano un rischio significativamente maggiore di mortalità per tutte le cause in maniera dose-dipendente rispetto al numero di appuntamenti mancati (HR variabile da 1.55, 95% CI 1.47–1.63 di coloro con nessun appuntamento mancato in un anno, a 3.11, 95% CI 2.94–3.30 di coloro che ne avevano mancati almeno 2). I pazienti con problemi mentali cronici ed evidenza di non-compliance alle visite di controllo per più di due occasioni all'anno presentavano un aumento di oltre 8 volte del rischio di mortalità per tutte le cause rispetto a coloro che avevano rispettato gli appuntamenti. Tale studio ha evidenziato come la non-compliance alle visite di follow-up nei pazienti con patologie croniche rappresentano un significativo indicatore di rischio di mortalità per tutte le cause. Ciò rivela la necessità di rafforzare gli strumenti di assistenza primaria, che in ogni Paese rappresenta primo approccio del cittadino al sistema sanitario.

(McQuennie R et al, BMC Medicine 2019 17:2 https://doi.org/10.1186/s12916-018-1234-0)  

Danni da mancata informazione, è onere del paziente formulare correttamente la domanda

(da Doctor33)    Sussiste un danno risarcibile connesso alle conseguenze inaspettate dell'intervento chirurgico, tali proprio perché la condotta dei sanitari non è stata preceduta da una informazione adeguata nei termini evidenziati in premessa. Il paziente, infatti, vanta la legittima pretesa di conoscere con la necessaria e ragionevole precisione le conseguenze dell'intervento medico, onde prepararsi ad affrontarle con maggiore e migliore consapevolezza, atteso che la nostra Costituzione sancisce il rispetto della persona umana in qualsiasi momento della sua vita e nell'integralità della sua essenza psicofisica, in considerazione del fascio di convinzioni morali, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue determinazioni volitive. Il paziente si è limitato a chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale da invalidità temporanea assoluta, relativa e permanente, il danno morale e quello alla capacità lavorativa specifica, oltre al danno esistenziale ed alla vita di relazione. (Avv. Ennio Grassini - www.dirittosanitario.net)

Metà degli italiani in sovrappeso, aumenta l’obesità

(da DottNet)   "Ben il 50% della popolazione adulta è in sovrappeso, addirittura, obesa: il tasso di obesità è dell' 11%, pari in valore assoluto a 5,3 milioni di persone, ed è cresciuto di oltre il 20% in 10 anni: un dato davvero allarmante soprattutto perché l' aumento maggiore riguarda i più i giovani". E' quanto sottolinea il Rapporto ristorazione della Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi, presentato oggi a Roma. Quest' anno il report ha voluto indagare approfonditamente 'I nuovi stili alimentari degli italiani'. "I dati dicono che i cittadini consumano meno pane e meno pasta quindi evidentemente questo sovrappeso deriva dal consumo di carboidrati semplici e non complessi - ha affermato nel suo intervento il ministro della Salute Giulia Grillo intervenuta alla presentazione - Dai dati che abbiamo c' è anche un alto consumo di bevande zuccherate e di zuccheri semplici, ovvero dolciumi. Questi sotto il profilo nutrizionale sono i più dannosi perché c' è un aumento dell' indice glicemico e poi del rischio di diabete di tipo 2. Anche su questo - sostiene Grillo - credo che possa essere importante il ruolo degli esercizi commerciali: riscoprire dessert con vecchie ricette, dolci con poco zucchero o essere innovativi con ingredienti a base di zuccheri a minor velocità di assorbimento glicemico".   

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Sistema tessera sanitaria, il fisco a Fnomceo: i medici non inviano dati. Il punto su numeri e possibili sanzioni

(da Doctor33)   Il 18 gennaio l'Igespes, Ispettorato generale per la spesa sociale della ragioneria dello Stato, ha avvertito la Fnomceo: solo il 15% dei medici e dei dentisti iscritti agli albi ha spedito all'Agenzia delle Entrate i dati dei pazienti attraverso il sistema tessera sanitaria. A tredici giorni dalla scadenza la percentuale doveva suonare irrisoria, e la Federazione ha scritto gli ordini perché sollecitassero gli iscritti. Al sistema Ts vanno inviati online i dati delle fatture per l'attività libero professionale, con gli estremi dei destinatari affinché questi ultimi si ritrovino la detrazione delle spese fatte già nel modello 730 precompilato dal Fisco. Quest'anno tra l'altro per la prima volta in un triennio la scadenza non è slittata alla prima settimana di febbraio. Peraltro, il dato del 15% appare allarmante: su circa 400 mila iscritti Fnomceo un 15% sono odontoiatri, per gran parte liberi professionisti, e gli altri? In realtà, fanno sapere dalla Fnomceo, dopo la comunicazione della Federazione agli Ordini agli Omceo, nel giro di una settimana la percentuale di medici che aveva spedito i dati era risalita al 30%. «Io non so quali dati avesse l'Igespes», premette Guido Marinoni membro del comitato centrale Fnomceo, medico di famiglia ed esperto di temi fiscali.

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Salute: donne più a rischio per il troppo “lavoro invisibile”

(da AGI)    Si dice che il lavoro di una mamma non finisce mai. Ma l'enorme pressione che si cela nel doversi prendere cura della casa, dei figli, del partner e di loro stesse, può richiedere un enorme tributo alla loro salute. Come dimostra uno studio americano pubblicato sulla rivista Sex Roles. I risultati hanno dimostrato che la maggior parte delle responsabilità che riguardano la famiglia ricade proprio sulle madri, anche se lavorano e condividono il peso con i loro partner. Ma quel "lavoro invisibile", secondo i ricercatori, lascia le donne meno soddisfatte della loro vita e delle loro relazioni. E questo le rende più inclini alle malattie legate allo stress. "Anche se le donne possono fare fisicamente meno carichi di biancheria, continuano a mantenere la responsabilità di assicurarsi che il detersivo non finisca, che tutti gli indumenti sporchi finiscano nel bucato e che ci siano sempre asciugamani puliti disponibili", spiega il primo autore dello studio, Lucia Ciciolla. "Le donne stanno cominciando a riconoscere di mantenere ancora il peso mentale della famiglia anche se gli altri condividono il lavoro fisico e che questo carico mentale può avere un prezzo", aggiunge. "Fino a poco tempo fa nessuno si fermava a pensare a sua madre", dice Suniya Luthar della Arizona State University, nonché autore senior dello studio. "Dobbiamo occuparci del benessere delle mamme se vogliamo che i bambini facciano bene, e (lo dobbiamo, fare ndr) anche per il loro bene", aggiunge. E' ampiamente riconosciuto che, mentre le dinamiche di genere si sono spostate, rimane uno status quo profondamente radicato. Anche se gli uomini partecipano alle faccende domestiche e si occupano dei bambini, oggi più che in passato, i ricercatori hanno trovato che le donne gestiscono ancora la casa, indipendentemente dal fatto che lavorino più o meno del loro marito. Per indagare su come questo influisca sulla salute delle donne, i ricercatori hanno deciso di intervistare 393 donne con famiglia.

GB, troppa coda dal medico? SSN arruola prescrittori di sport e arte

(da AdnKronos Salute)   Tutti in coda dal medico di famiglia. Anche quando per curare il proprio malessere non c'è bisogno di farmaci, ma basterebbe una 'terapia sociale', come entrare in un gruppo dedito all'attività fisica per perdere un pò di peso o iscriversi in una classe di arte per liberare la mente e tenerla attiva. Proprio pensando a come alleggerire la pressione sugli studi medici sovraffollati, in Gran Bretagna il Servizio sanitario nazionale inglese (Nhs England) ha escogitato una strategia che prevede l'arruolamento di una figura altrove inedita: quella dei 'prescrittori socialì', personale addestrato a rispondere alle esigenze di salute di pazienti che non presentano situazioni per le quali è richiesto l'intervento di un camice bianco. Secondo i piani del National Health Service, il numero di questi operatori di collegamento - 'link worker' - a supporto dei medici di famiglia è destinato a crescere. L'idea è di arruolarne più di mille entro il 2020-21, riporta la Bbc online, per ridurre il carico di lavoro dei 'general pratictioner', i medici di medicina generale. A loro la missione di aiutare i pazienti a trovare attività comunitarie adeguate per migliorare la loro salute e il loro benessere. A lungo termine si punta a far sì che gestiscano circa 900 mila appuntamenti all'anno. Si ritiene infatti che un numero significativo di persone che si presentano negli ambulatori dei camici di famiglia non abbia necessità mediche, spiegano dal Nhs.

Il nostro Ordine aggiorna il documento “Tariffe Indicate”

Nel corso della seduta consiliare del 22 Gennaio u.s., facendo seguito alle richieste di diversi iscritti, il nostro Consiglio ha deliberato un aggiornamento del documento "Tariffe indicate" per quanto riguarda le certificazioni da rendere in libera professione, che risaliva al 2011. L'aggiornamento è consistito in un adeguamento delle definizioni delle prestazioni e in una puntualizzazione su quali sono da fatturare con IVA o meno. Sono anche state leggermente riviste alcune delle tariffe indicate per ogni prestazione, anche se ricordiamo a tutti gli iscritti che le medesime tariffe sono da considerarsi indicative e che ogni iscritto può liberamente discostarsi dalle indicazioni, sempre nei canoni della dignità professionale In allegato la copia della delibera ed il nuovo documento "Tariffe Indicate 2019" Delibera Tariffario TARIFFE INDICATE NON AUMENTATE 2019

Psoriasi e salute orale: il rischio è la parodontite

(da Odontoiatria33)    La psoriasi è una malattia cronica autoimmune della cute che si manifesta con prurito, arrossamento della pelle, presenza di macchie squamose generalmente ai gomiti e al cuoio capelluto ma possono interessare varie parti del corpo.

Tipologia di ricerca e modalità di analisi     Da uno studio prospettico condotto da Sirka Woeste, ricercatrice presso la Kiel University Clinic of Conservative Dentistry and Periodontology (Germania) e recentemente pubblicato sul Journal of Investigative Dermatology, emerge che i soggetti affetti da psoriasi hanno un elevato rischio di ammalarsi di malattia parodontale.   La ricerca ha coinvolto due coorti di pazienti. La prima composta da 100 soggetti affetti da psoriasi e la seconda da 101 pazienti senza psoriasi. La salute orale dei volontari è stata valutata con il CPICommunity Periodontal Index(sanguinamento, tartaro, sondaggio) e il DMF (decay, missing, filled teeth).  I pazienti hanno, inoltre, compilato un questionario per rilevare età, lo stato di fumatore, il livello di istruzione e le abitudini di igiene. Gli autori hanno così rilevato il quadro completo dello stato orale dei due gruppi; in letteratura non esistevano, infatti, dati coerenti ed esaustivi sulla salute orale dei soggetti affetti da psoriasi.

Due le analisi statistiche eseguite:   l’abbinamento dei pazienti con età, abitudini all’igiene, indici di massa corporea e livelli di istruzione simili appartenenti a coorti diverse che ha individuato 53 coppie di pazienti; l’analisi della regressione logistica che partendo da un’unica coorte di 201 pazienti può identificare se la psoriasi può essere un fattore di rischio indipendentemente dalla malattia parodontale.

Risultati     Secondo le analisi dell’abbinamento, i pazienti con psoriasi hanno una situazione parodontale significativamente deteriorata rispetto a quelli senza psoriasi. Gli indici di sanguinamento e il CPI presentano valori peggiori. L’analisi della regressione logistica ha confermato che la psoriasi è un fattore di rischio per la malattia parodontale. Sanguinamento, profondità di sondaggio parodontale e gli altri punteggi CPI risultano più elevati.

Conclusioni    La gestione della psoriasi, concludono gli autori, deve includere regolari controlli sullo stato dentale e parodontale e il rispettivo trattamento dove richiesto. Le due patologie hanno infatti in comune fattori di rischio, patogenesi infiammatoria e fattori genetici che dovranno essere indagati con ulteriori studi.

(Woeste S, Graetz C, Gerdes S, Mrowietz U. Oral health in patients with psoriasis - a prospective study. Journal of Investigative Dermatology. In Press.)

Burnout medici: il fenomeno è in crescita. Ecco le specialità più colpite

L'esaurimento, ormai universalmente indicato con il nome di burnout, nella categoria medica è sempre più frequente, e le risposte a una nuova indagine organizzata da Medscape indicano che ben il 44% dei professionisti della salute rientra tra i criteri per la definizione di questa patologia, con un aumento del 2% rispetto all'anno precedente. Ma non solo, infatti l'11% dei medici si definisce depresso e il 4% soffre di depressione clinica. Le risposte di 15.069 medici in 29 specialità all'indagine analizzate nel Medscape National Physician Burnout, Depression & Suicide Report 2019 mostrano che il 14% dei medici ha pensato al suicidio ma non l'ha tentato, e il 6% ha dichiarato di non voler rispondere, mentre l'1% ha rivelato di aver cercato di mettere in pratica idee di questo genere.  La maggior parte di chi ha avuto pensieri di suicidio (58%) lo confessa a qualcuno, spesso a un terapeuta (34%) o a un membro della famiglia (33%). Analizzando la tendenza per specialità, gli urologi hanno riportato la più alta percentuale di burnout (54%), seguiti a ruota dai neurologi (53%), mentre i professionisti meno toccati dal problema sono stati gli specialisti in sanità pubblica e medicina preventiva (28%). Per quanto riguarda il genere, sono le donne a soffrire di questo problema in maniera maggiore (50% rispetto a 39% negli uomini), forse a causa di maggiori pressioni e impegni provenienti anche dall'ambito familiare, oppure perché più disposte a confessare la cosa. Ma cosa porta al burnout i medici? Ebbene, il 59% ha affermato dover adempiere a troppe attività amministrative, il 34% di passare troppo tempo al lavoro e il 32% di subire troppo l'aumento di informatizzazione delle pratiche, come ad esempio l'uso di cartelle cliniche elettroniche. La frequenza del burnout è risultata simile in tutti gli ambienti di pratica, dagli ospedali, agli ambulatori, alle cliniche universitarie. I professionisti hanno affermato di utilizzare come primo metodo per affrontare il burnout l'esercizio fisico (48%), seguito dal parlare con famiglia e amici (43%) e isolarsi (41%). Metà dei medici che ha riferito depressione ha affermato che questo fatto influisce in maniera negativa sulla cura dei pazienti, ma solo il 16% di questi professionisti ha dichiarato di chiedere aiuto o di pensare di farlo, mentre il 64% ha dichiarato di non voler cercare aiuto né di averlo mai fatto. (Burnout Rises Above 50% in Some Specialties, New Survey Shows - Medscape - Jan 17, 2019https://www.medscape.com/slideshow/2019-lifestyle-burnout-depression-6011056)

Alzheimer: esame del sangue potrebbe rivelare la malattia 16 anni prima della comparsa dei sintomi. La ricerca su ‘Nature Medicine’

E’ uno studio che potrebbe avere implicazioni importantissime non solo in clinica, dove potrebbe consentire di diagnosticare l’Alzheimer anche 16 anni prima della comparsa dei disturbi cognitivi, ma anche nel campo della ricerca di terapie innovative per questa forma di demenza, che avrà un impatto epidemiologico sempre maggiore negli anni a venire. Il test per il dosaggio delle catene leggere del neurofilamento (NfL) è già disponibile, ma deve essere validato da ulteriori ricerche.   Leggi l'articolo completo al LINK

Quali sono gli alimenti più nocivi per i nostri denti? I dati di uno studio americano sull’usura dentale

(da Odontoiatria33)   Il ruolo di una dieta ricca di sostanze acide nello sviluppo dell'usura dentale è sempre di più oggetto di studio. Due recenti revisioni sistematiche hanno confermato che il consumo di bevande gassate è associato all'usura dei denti, mentre per quanto riguarda altri alimenti e bevande acide i dati di letteratura sono ancora controversi (Li, 2012; Salas, 2014). Inoltre, finora non molta attenzione si è prestata ad altre importanti caratteristiche della dieta, come i tempi e la durata dell'esposizione dei denti alle sostanze o alle bevande acide.  È altresì importante considerare che:

- la dieta dei pasti principali generalmente è mista (contenente alimenti acidi ma anche basici che fungono da agenti tampone);

- la quantità e la qualità del flusso salivare stimolato durante il pasto gioca un ruolo importante nel tamponamento degli acidi.

Un recente studio caso-controllo, per esempio, ha rilevato che il consumo di frutta acida tra i pasti è associato all'erosione dei denti, mentre il consumo di frutta durante il pasto non lo è, e che l'assunzione di bevande acide è associata all'usura dei denti indipendentemente dal tempo di consumo (O’Toole, 2017).

Alcuni studi trasversali hanno, infine, riportato che l'assunzione di bevande acide prima di coricarsi è maggiormente associata all'erosione dentale.

Tipologia di ricerca e modalità di analisi    In uno studio pubblicato sul Journal of Public Health Dentistry di giugno 2018 viene indagata la correlazione tra i diversi tipi e i tempi di assunzione di alimenti acidi e l'usura dentale in una popolazione adulta.  Gli autori hanno ricavato i dati da 3586 adulti, dai 18 anni di età in su, che hanno partecipato al National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) tra il 2003 e il 2004. Sono stati raccolti e analizzati i dati su quattro tipi di alimenti e bevande acide (frutta, succhi di frutta, bevande alcoliche e bevande analcoliche gassate) e sui tempi di consumo (pasti vs spuntini, definiti in base alla percentuale dell'apporto energetico totale assunto e all’ora del giorno). La gravità dell’usura (moderata o severa) è stata valutata in base al numero di superfici dentali compromesse.

Risultati     L’assunzione durante i pasti di bevande analcoliche gassate è associata all'usura dei denti, mentre l’assunzione di frutta, succhi di frutta e bevande alcoliche non lo è.  Il consumo di bevande analcoliche gassate durante i pasti, dai dati di questo studio, sembra essere l'unico fattore costantemente associato all'usura dei denti, indipendentemente che si parli di pasti veri e propri o di spuntini.

Conclusioni   Dai risultati di questo studio si è visto che il consumo regolare di bevande analcoliche gassate durante pasti è correlato all’usura dentale che va da moderata a severa nella popolazione adulta americana. La durata dei pasti invece (pasti vs spuntini, maggior vs minor tempo di contatto acidi/denti) non influisce sulla comparsa di usure dentali.

Implicazioni cliniche    I dati di questo studio devono trovare conferma con risultati di altri studi analoghi.

Per approfondire

Li H, Zou Y, Ding G. Dietary factors associated with dental erosion: A meta-analysis. PLoS One 2012;7:e42626.

Salas MM, Nascimento GG, Vargas-Ferreira F, Tarquinio SB, Huysmans MC, Demarco FF. Diet influenced tooth erosion prevalence in children and adolescents: results of a meta-analysis and meta-regression. J Dent 2015;43(8):865-75.

O’Toole S, Bernabe E, Moazzez R, Bartlett D. Timing of dietary acid intake and erosive tooth wear: A case-control study. J Dent 2017;6:99-104.

Al-Zwaylif LH, O'Toole S, Bernabé E. Type and timing of dietary acid intake and tooth wear among American adults. J Public Health Dent 2018 Jun;78(3):214-220.

 

Nuovi benefit assistenziali per medici, dentisti e familiari

(da Enpam.it)  Il 2019 inizia con una buona notizia per gli iscritti Enpam. Con l’approvazione del ministero del Lavoro, che è arrivata a fine dicembre, sono finalmente operative le nuove norme per le prestazioni assistenziali di Quota A.  “Come avevamo promesso, abbiamo esteso la platea dei potenziali beneficiari degli aiuti economici, prevedendo allo stesso tempo alcune restrizioni proprio a tutela di chi ha pieno diritto ai sussidi della Fondazione”, ha scritto il presidente della Fondazione Enpam in una nota informativa indirizzata agli Ordini provinciali dei medici e degli odontoiatri. Le modifiche sostanziali riguardano i requisiti di accesso alle prestazioni assistenziali. D’ora in poi la tutela continuativa per la non autosufficienza verrà garantita in due modi:- 1) con l’assegno di Long term care erogato dall’assicurazione offerta gratuitamente dall’Enpam a tutti i contribuenti attivi e buona parte dei pensionati      oppure, per chi è non è coperto dall’assicurazione  -  2) con sussidi erogati direttamente dall’Enpam per la casa di riposo o l’assistenza domiciliare     In quest’ultimo caso il tetto di reddito per poter far domanda è stato aumentato rispetto a prima, ampliando così la platea dei beneficiari.  In generale sono state fatte modifiche per andare incontro alle famiglie con invalidi, innalzando i limiti di reddito in modo che il peso dell’invalidità conti il doppio rispetto a prima.  Per i familiari che hanno diritto all’assistenza  domiciliare non è più previsto il divieto di cumulo con forme analoghe di assistenza.  Tra i beneficiari dei sussidi previsti in caso di disagio sono stati formalmente aggiunti gli studenti che hanno scelto di iscriversi alla Fondazione.  Per evitare abusi che vanno a scapito di tutti, d’ora in poi i pensionati potranno chiedere un sostegno solo se hanno un’anzianità di iscrizione all’Albo precedente al pensionamento di almeno dieci anni  “Proseguiamo dunque il nostro impegno nell’assicurare agli iscritti tutele eque e un sostegno concreto nel momento del bisogno”, ha concluso Oliveti.

Fnomceo: per i medici sui social occorrono linee guida

(da DottNet )   Linee guida e codici di comportamento per i medici che utilizzano i social. Una 'necessità' secondo la Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo) di cui si parlerà al Convegno Triveneto dedicato all' Ict (Information and communication technology), organizzato dalla stessa Fnomceo e dagli Ordini dei medici di Belluno, Rovigo e Trieste, giunto alla terza edizione. L' incontro si svolgerà a Cortina D'Ampezzo dal 31 gennaio al 2 febbraio e sarà intitolato alla memoria di Claudio Pandullo, il presidente dell' Ordine di Trieste recentemente scomparso. Un appuntamento che affronterà le diverse sfaccettatura del tema. I medici si confronteranno, per esempio, sulla 'Sindrome di Hikikomori', che, in giapponese, significa 'stare in disparte' e colpisce soprattutto gli adolescenti, che rifiutano di uscire e di intrattenere rapporti sociali, rimanendo nella propria stanza a scrivere, ascoltare musica, navigare su internet. Se ne è parlato a proposito del recente fatto di cronaca che avrebbe visto, in provincia di Bari, un' intera famiglia vivere reclusa per più di due anni. Ma se la sindrome di Hikikomori - si legge in una nota della Fnomceo - è un fenomeno già conosciuto nella società dei paesi orientali anche prima dell' avvento del web, la dipendenza crescente, nelle società occidentali, dalle nuove tecnologie, e in particolare da internet e dai social network, ha fatto sì che il ritiro sociale sia diventato un problema globale. Al centro dei lavori del Convegno Triveneto ci saranno, quest' anno, 'Privacy e tutela dei dati in sanità, innovazioni in medicina, intelligenza artificiale, robotica'. Tra gli argomenti trattati, anche il cyberbullismo.

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