Medici, il 40% valuta di emigrare all’estero. I dati nell’indagine Fnomceo

(da Doctor33)    Amano il camice bianco, ma vedono non poche difficoltà nell'esercizio della loro professione oggi in Italia. E il 40% dei medici italiani ammette di essere tentato dalla fuga all'estero. È uno dei dati che emerge dall'indagine condotta per la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, dall'Istituto Piepoli che ha interrogato opinione pubblica e personale medico. I risultati sono stati presentati a Roma, nell'ambito di un convegno dedicato al Servizio sanitario nazionale.

L'indagine - che si basa su interviste telefoniche e via web effettuate su un campione di 1.000 persone rappresentativo degli italiani di età tra i 15 e i 75 anni e un campione di 300 medici e odontoiatri - analizza non solo come viene percepita la sanità dai pazienti, ma anche il fronte dei medici del Belpaese. Emerge che i camici bianchi risultano essere ben coscienti dell'importanza del loro stesso lavoro - il 96% lo reputa molto o abbastanza importante - ma pensano che le istituzioni ne abbiano percezione minore, tanto da ritenere che l'importanza del ruolo del medico in Italia oggi sia minore rispetto al periodo pandemico, in cui invece molti sottolineavano la condizione eroica della professione sanitaria.

I medici vorrebbero avere maggior peso decisionale nel mondo sanitario e lanciano un allarme: a causa della troppa burocrazia, più di uno su 3 dichiara di non avere a disposizione tutto il tempo di cui avrebbe bisogno per occuparsi dei pazienti. Questa condizione di difficoltà spinge molti camici bianchi italiani (il 40% del campione, appunto) a valutare l'opportunità di andare all'estero, fuori dall'Italia, a svolgere la professione. Ciononostante, l'83% dei medici si conferma ancora attaccato al proprio lavoro, tanto da dichiarare che quello che fa ogni giorno, il rapporto con i pazienti, aiutare le persone, salvare vite corrisponde all'idea che aveva quando ha scelto di svolgere la professione sanitaria. Una professione che sembra rimanere attrattiva anche tra i giovani: il 57% del campione tra i 15 e i 24 anni ha preso in considerazione la possibilità di formarsi per essere un professionista della salute.

Per tre italiani su quattro la sanità deve essere pubblica, e i medici sono coscienti dell’importanza del loro lavoro

(da M.D.Digital - riproduzione parziale)   Per oltre tre italiani su quattro la sanità deve essere pubblica. Di più: per il 90% dei cittadini deve essere una priorità del Governo nella Finanziaria. Per il 37%, merita addirittura il primo posto. Sono questi alcuni dei risultati dell’Indagine eseguita sull’opinione pubblica e sul personale medico dall’Istituto Piepoli per la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri  (FNOMCeO) e presentata a Roma nell’ambito del Convegno “Valore salute: Ssn volano di progresso del Paese. I 45 anni del Servizio Sanitario Nazionale, un’eccellenza italiana”.
Protagonista delle interviste telefoniche e via web - effettuate su un campione di 1.000 persone, rappresentativo degli italiani di età compresa tra 15 e 75 anni, con un oversampling di 200 interviste nella fascia d’età tra 15 e 19 anni, e un campione di 300 medici e odontoiatri – proprio il Servizio sanitario nazionale, come fattore determinante per unire il Paese e farlo crescere.
A quanto emerge dall’indagine, gli italiani tendono in maggioranza (54%) a promuovere il servizio sanitario regionale, ma con grandi distanze territoriali. Se, infatti, al nord si raggiungono picchi del 69% di soddisfazione, al sud e nelle isole ci si ferma a quota 41%.
Specularmente e di conseguenza, quando si chiede chi debba guidare la sanità tra Stato e Regioni, al nord prevale il modello concentrato sulle regioni mentre al sud si chiede un intervento statale, probabilmente proprio nella speranza che questo riequilibri la qualità percepita del servizio sanitario.
Quello che è chiaro, in ogni caso, è che la sanità per gli italiani deve essere prevalentemente pubblica. Così la pensano più di 3 italiani su 4, il 76%, in questo caso in modo trasversale nelle diverse aree del Paese.
Digitale in sanità benvenuto per il 73% degli italiani, che apprezzano e utilizzano ricette elettroniche e ritiro online dei referti, ma con giudizio: l’Intelligenza Artificiale va bene, ma solo come alleato e supporto al medico. A pensarla in questo modo, il 92% degli intervistati, che escludono di farsi curare, anziché dal medico, da una piattaforma di Intelligenza artificiale. Il rapporto diretto e fiduciario con il proprio medico, infatti, è talmente importante che il 75% degli italiani intervistati si dice non disponibile a rinunciare al diritto di scegliere il proprio medico di famiglia.
In media, ad oggi gli italiani risparmiano il 10% delle proprie entrate per le spese sanitarie, ma tanti (il 23%) purtroppo vorrebbero ma non riescono a farlo, tanto che ad oggi circa 3 milioni di italiani ammettono che, quando devono usufruire di prestazioni sanitarie a pagamento, rinunciano a curarsi.
Sempre più cittadini sono costretti a spostarsi in altre Regioni alla ricerca di centri di eccellenza: il 63% degli intervistati percepiscono questo problema con riferimento al loro territorio, con punte del 79% al Sud e nelle isole. La stragrande maggioranza degli italiani, il 93%, vorrebbe, per questa ragione, un aiuto dallo Stato: e oltre otto persone su dieci, trasversalmente su tutto il territorio nazionale, vorrebbero un’organizzazione sanitaria che porti l’eccellenza dove vive, senza per forza essere costretti a “viaggi della speranza”, costosi in termini di denaro, tempo ed energie.
Passando alla qualità dell’assistenza sanitaria, questa è largamente sufficiente per gli italiani (il 67% la reputa soddisfacente) che vedono in maggioranza la sanità come un settore in grado di generare ricchezza, dunque sul quale investire, e non come un semplice costo, mentre ritengono che, al contrario, la gestione dei servizi risponda più alle esigenze di bilancio che a quelle di salute.
Il 90% degli italiani è convinto in ogni caso che nella legge finanziaria la sanità debba essere al primo posto o tra le priorità principali del Governo. Tra gli interventi da mettere in atto per migliorare l’assistenza, il 55% di coloro che non ne sono soddisfatti propongono di agire sul personale, incrementandolo, il 42% vogliono aumentare i finanziamenti, il 38% migliorare le organizzazioni.
Passando ai medici italiani, loro sono ben coscienti dell’importanza del loro stesso lavoro – il 96% lo reputa molto o abbastanza importante - ma pensano che le istituzioni ne abbiano percezione minore, tanto da ritenere che l’importanza del ruolo del medico in Italia oggi sia minore rispetto al periodo pandemico, in cui invece molti sottolineavano la condizione eroica della professione sanitaria. I medici vorrebbero avere maggior peso decisionale nel mondo sanitario e lanciano un allarme: a causa della troppa burocrazia, più di un medico su tre dichiara di non avere a disposizione tutto il tempo di cui avrebbe bisogno per occuparsi dei pazienti.
Questa condizione di difficoltà spinge molti medici italiani (il 40% del nostro campione) a valutare l’opportunità di andare all’estero, fuori dall’Italia, a svolgere la professione medica.
Ciononostante, l’83% dei medici si conferma ancora attaccato alla propria professione, tanto da dichiarare che quello che fa ogni giorno, il rapporto con i pazienti, aiutare le persone, salvare vite corrisponde all’idea che aveva quando ha scelto di svolgere la professione sanitaria.
Una professione che resta fortemente attrattiva anche tra i giovani: il 57% del campione tra i 15 e i 24 anni ha preso in considerazione la possibilità di formarsi per essere un professionista della salute.


ENPAM: Obbligo Ecm, come salvarsi dalle sanzioni

Restano poco più di due mesi per mettersi in regola con la formazione obbligatoria. Le lancette corrono e il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha ribadito che non ci saranno ulteriori proroghe per chiudere in regola il triennio 2020-2022. Per evitare le sanzioni, che arrivano sino alla sospensione dall’Ordine professionale, i ritardatari devono quindi conseguire i crediti ecm necessari entro il prossimo 31 dicembre.

RITARDATARI NON PIÙ COPERTI DALL’ASSICURAZIONE

Sulla riforma del sistema ecm è al lavoro la Commissione per la formazione continua in medicina, che in collaborazione con gli Ordini ha in programma di rendere il sistema più attrattivo e in linea con le esigenze dei professionisti.

Il fine è quello di convincere i professionisti sanitari a seguire i corsi di formazione e a conseguire i crediti necessari, anche perché per gli inadempienti si preannunciano nuove sanzioni.

L’annunciata, imminente approvazione dei decreti attuativi della legge Gelli-Bianco darà infatti piena operatività alla norma che lega l’assolvimento dell’obbligo ecm all’efficacia della copertura assicurativa.

In buona sostanza, medici e dentisti che non conseguiranno il 70 per cento degli ecm per il triennio 2023-2025, dal gennaio 2026 potranno avere problemi a trovare una polizza che li tuteli in ambito professionale. Potranno quindi rimanere senza copertura assicurativa e trovarsi esposti in caso di rivalse a loro carico.

“Il mondo è cambiato” e “le nuove tecnologie rappresentano un importante elemento di sviluppo del comparto della formazione in campo medico”, ha detto il ministro Schillaci a QuotidianoSanità. “Temi quali la simulazione, l’intelligenza artificiale e il metaverso – ha continuato il ministro – diventeranno centrali in tema di aggiornamento professionale di tutti i professionisti del comparto sanitario”.

METTERSI IN REGOLA CON TECH2DOC

Un aiuto per mettersi in regola con i crediti formativi arriva dalla piattaforma Tech2Doc. Il portale voluto dall’Enpam per promuovere l’adattamento alle nuove tecnologie dei medici e dei dentisti offre infatti 35 crediti ecm gratuiti sulla salute digitale.

Sulla piattaforma, il cui partner scientifico è Healthware e il provider Metis, sono aperte le iscrizioni a tutti i moduli del corso ecm sulla salute digitale.

Il primo modulo, da 5 crediti, è sull’ecosistema della salute digitale e i suoi strumenti. Gli altri riguardano lo sviluppo della salute digitale e la validazione (9 crediti ecm), la regolamentazione e i modelli di accesso (12 crediti) e il focus su applicazioni specifiche (9 crediti).

I vari moduli possono essere seguiti anche indipendentemente l’uno dall’altro.

Dai pediatri Fimp una guida per il digitale, fino ai 9 anni no a internet e social network

(da Fimmg.org - riproduzione parziale)  Un utilizzo controllato, sicuro e consapevole degli strumenti digitali può aiutare i bambini a sviluppare la coordinazione visuo-motoria e a stimolare la creatività e la capacità di problem-solving. Ma non prima dei 9 anni, con moderazione ed evitando l’utilizzo dei social network: fino a quell’età, infatti, è fondamentale non privarli delle interazioni dirette con i genitori, i coetanei e il mondo che li circonda, indispensabili per un sano sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale. Sono le raccomandazioni della Guida “Bambini e adolescenti in un mondo digitale”, realizzata dalla Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e presentata in occasione del XVII Congresso Nazionale della FIMP “Ed io avrò cura di te. Il tuo Pediatra un approdo sicuro” in programma fino a domenica 15 ottobre a Giardini Naxos (ME).

Durante i lavori congressuali, grande rilievo é stato dato al corretto utilizzo delle tecnologie digitali. Al centro del programma scientifico, anche le sfide educative per la famiglia del terzo millennio e il delicato tema della prevenzione e del contrasto di maltrattamento e abuso sui minori. Sessioni specifiche riguarderanno, inoltre, le vaccinazioni in età pediatrica e, più in generale, il ruolo del Pediatra di Famiglia nelle attività di prevenzione, cura e assistenza globale nell’infanzia e nell’adolescenza. La Guida FIMP “Bambini e adolescenti in un mondo digitale” identifica specifiche tappe d’età rispetto alle quali si suggerisce ai genitori se, quando e come inserire l’utilizzo delle tecnologie digitali, con l’obiettivo di supportare una crescita sana e proteggere bambini e adolescenti dai rischi psico-sociali come il cyberbullismo. In questo contesto, infatti, il Pediatra di Famiglia, in virtù del rapporto fiduciario e continuativo instaurato con le famiglie, svolge l’importante compito di educare i genitori e di supportarli nella mediazione del rapporto dei propri figli con le tecnologie digitali.

Secondo la Guida, prima dei 3 anni il bambino ha l’esigenza di costruire i suoi riferimenti spazio-temporali, pertanto è opportuno evitare il più possibile l’utilizzo degli schermi; dai 3 ai 6 anni il bambino ha bisogno di scoprire tutte le sue possibilità sensoriali e manuali, dunque va incoraggiato il gioco con i coetanei, evitando smartphone o tablet personali; dai 6 ai 9 anni è l’età in cui si scoprono le regole del gioco sociale, pertanto è consigliabile disincentivare l’uso di internet; infine, dai 9 ai 12 anni, cioè l’età in cui il ragazzo inizia a rendersi autonomo dai riferimenti familiari, il web può rappresentare un valido strumento per esplorare nuovi contenuti adatti alla sua età, sotto l’occhio attento dei genitori, ma si suggerisce di evitare la partecipazione diretta ai social network. “La Guida messa a punto dalla FIMP vuole essere uno strumento di facile utilizzo per una corretta comunicazione con le famiglie, aiutandole a gestire in maniera consapevole il rapporto con gli strumenti digitali” commentano Osama Al Jamal e Giovanni Cerimoniale, promotori della guida FIMP all’uso del digitale. “Al contempo però, preme sottolineare che l’utilizzo di Internet e dei social network è diventato parte integrante del nostro modo di comunicare e di relazionarci con gli altri, ma non può sostituirsi alle interazioni dirette con coetanei e famiglie”.

Per questo motivo, i Pediatri suggeriscono ai genitori di porre domande ai propri figli per stimolare riflessioni su quello che hanno visto o letto online, il che contribuisce anche a instaurare un rapporto di maggiore confidenza e alleanza. I genitori, inoltre, hanno il compito di monitorare l’utilizzo dei dispositivi e verificare l’eventuale dipendenza dallo schermo, che è spesso il sintomo e non la causa di un malessere psicologico o sociale. Nella Guida, infine, vengono riportati gli indirizzi della Polizia Postale e i Centri per la gestione della dipendenza da Internet a cui potersi rivolgere. “Il Pediatra di Famiglia ha un ruolo importantissimo nell’educazione delle famiglie a un corretto utilizzo di Internet e degli strumenti digitali, che influiscono in maniera molto rilevante sullo sviluppo e sul benessere psico-fisico di bambini e adolescenti” aggiunge Giuseppe Di Mauro, segretario nazionale alle attività scientifiche ed etiche della FIMP. “È quindi essenziale stimolare la consapevolezza che l’online non è virtuale, e che è importante prendere sul serio la “vita digitale” e saper scindere verità e finzione”.

Nuove conferme che l’esercizio fisico riduce la mortalità da cancro

(da M.D.Digital)   Una recente analisi, pubblicata sul Journal of Clinical Oncology, ha dimostrato che il rispetto delle linee guida relative all’esercizio fisico si associa a una significativa riduzione della mortalità per tutte le cause nei sopravvissuti al cancro a lungo termine. In uno studio che ha coinvolto 11.480 sopravvissuti, l’esercizio conforme alle linee guida è stato associato a un rischio ridotto del 25% di mortalità per tutte le cause rispetto all’assenza di esercizio (HR 0.75) in un follow-up mediano di 16 anni dalla diagnosi.   Si è inoltre osservata una riduzione significativa della mortalità per cancro (HR 0.79) e di quella per altre cause (HR 0.72).

Questi risultati, commentano i ricercatori, mostrano che l'esercizio fisico è una strategia olistica che può integrare gli approcci gestionali contemporanei per ridurre ulteriormente la mortalità per cancro riducendo contemporaneamente il rischio di morte per altre cause concorrenti, che si combinano per migliorare la mortalità per tutte le cause.   Il rispetto delle linee guida è stato definito come impegno in esercizi di intensità moderata ≥4 giorni a settimana, con ciascuna sessione della durata media ≥30 minuti, e/o esercizi di intensità intensa ≥2 giorni a settimana, con ciascuna sessione della durata media ≥20 minuti.

Durante il periodo di studio, si sono verificati 1.459 decessi totali tra i 4.374 partecipanti classificati come praticanti di attività fisica (33%), mentre ci sono stati 3.206 decessi tra i 7.106 classificati come non praticanti di esercizio fisico (45%). La sopravvivenza globale mediana dalla diagnosi è stata di 19 anni per gli atleti e di 14 anni per i non atleti.

(Lavery JA, et al. Pan-cancer analysis of postdiagnosis exercise and mortality. J Clin Oncol 2023; DOI: 10.1200/JCO.23.00058. )

Plastica, il vademecum di medici e pediatri per evitarne l’assorbimento

(da Fimmg.org)    Come difenderci dalla plastica che assorbiamo? La "Campagna nazionale per la prevenzione dei rischi per la salute da esposizione alla plastica" punta a diffondere l''informazione tra medici e pazienti, mettendo a disposizione i documenti disponibili per ridurre l''esposizione alle sostanze tossiche rilasciate dalla plastica, e a conoscerne i relativi rischi, particolarmente alti nell''esposizione in utero e in età pediatrica, aiutando al contempo l''ambiente a liberarsi da rifiuti pericolosi per tutti gli ecosistemi.   La campagna e condotta dall''Associazione Medici per l''Ambiente ISDE Italia e dalla Rete Italiana Medici Sentinella, in collaborazione con la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG), l''Associazione Medici Endocrinologi (AME), l''Associazione Culturale Pediatri (ACP), la  Federazione Italiana medici pediatri (FIMP), la Società Italiana di Pediatria (SIP), Choosing Wisely Italy e la Facoltà di Scienze dell''Alimentazione Università di Pollenzo (CN).

Consigli pratici

- Scegli oggetti non in materiale plastico e abolisci completamente quelli usa e getta, verifica che i prodotti che acquisti (vestiti, tessuti, cosmetici etc.) non contengano plastica. Ricordati che le microplastiche si assorbono anche attraverso la pelle.

- Elimina da subito l'acqua in bottiglie di plastica e bevi quella del rubinetto. In 1 litro di acqua in bottiglia si trovano circa 5 milioni di microplastiche.

- Cerca negozi che vendono prodotti alimentari e per l'igiene sfusi (https://www.sfusitalia.it/) e scegli confezionamenti green e riutilizzabili (carta, cartone, alluminio.). Potrai acquistare frutta e verdura dai contadini locali, ai mercati e dai gruppi di acquisto solidali che ormai sono presenti in moltissimi Comuni.

- Varia il più possibile la dieta giornaliera.

- Per lo smaltimento utilizza gli appositi contenitori per la plastica in casa e fuori. Non buttare mai la plastica nell'ambiente.

Il contatto con le sostanze tossiche rilasciate dalla plastica può determinare un danno per la salute, più grave se trasportato dalle microplastiche, che penetrano nell''organismo, soprattutto con gli alimenti che consumiamo, oppure con l''acqua e le bevande in bottiglia di plastica, per contatto con tessuti sintetici, creme e cosmetici che le contengono, detergenti, ma anche semplicemente per contatto con giocattoli in plastica. Le numerose sostanze chimiche contenute nelle microplastiche possono causare:    Interferenza endocrina, con effetti negativi sulla fertilità maschile e femminile; Effetti sul neurosviluppo; Aumentato rischio di alcuni tipi di cancro; Criptorchidismo; Effetto "obesogeno" favorente la resistenza all''insulina e l''insorgenza di diabete di tipo 2; Effetti infiammatori con alterazione della microflora intestinale e possibile interferenza sull''assorbimento di nutrienti.

Ulteriori informazioni e materiali disponibili al LINK  https://www.isde.it/progetto-plastica/

Ecm, stop proroghe per formazione professionisti. Ecco come cambia sistema sanzionatorio

(da Doctor33)    Per medici e operatori sanitari non sarà più possibile prorogare il recupero dei crediti formativi Ecm per mettersi in regola con il triennio formativo 2020-2022. "La decisione l'ha annunciata il ministro della Salute" Orazio Schillaci "in questi giorni”, dichiara all'Adnkronos Salute Roberto Monaco, presidente del Consorzio gestione anagrafica delle professioni sanitarie (Cogeaps) e segretario della Fnomceo, Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Per sanare le posizioni relative alla formazione dei medici del triennio precedente, secondo la legge, dunque, c'è tempo fino al 31 dicembre 2023. "La volta scorsa era stata data una proroga. Questa volta il ministro dice che le proroghe sono finite e noi non possiamo fare altro che prendere atto di una legge che già c'era. Il ministro ha ribadito quanto scritto in questa legge", afferma Monaco. Più che un'altra proroga, "secondo me va cambiato il sistema sanzionatorio. Dovremmo immaginare, cioè, un sistema che incentivi o penalizzi, piuttosto che sanzionare e basta”, dichiara Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, in vista della prima riunione della Commissione nazionale Ecm, in programma il 13 ottobre.

"Far insediare la Commissione nazionale Ecm è la prima cosa, e abbiamo un po' di ritardo su questo. Una volta insediata, dovremmo portare a termine una riforma del modello di formazione continua per i medici e affrontare il tema importante delle inadempienze. C'è stato il periodo del Covid che è stato molto difficile e per questo il Parlamento ha previsto un bonus che abbiamo applicato nel precedente triennio. Ma i carichi di lavoro attuali costituiscono anch'essi un grosso problema di adempimento, perché i colleghi sono sempre più stremati dal lavoro e questo non favorisce la formazione", spiega Anelli. “Il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi pone oggi il professionista nella condizione di essere censurato dal giudice laddove dovesse avere un problema di carattere medico-legale. La ricaduta già c'è ed è pesante e i professionisti devono pensarci. Non è la sanzione che può oggi spaventarli quando il mancato adempimento all'attività formativa può essere un'aggravante della situazione nel momento in cui ci sono problemi di carattere giudiziario", sostiene il presidente Fnomceo. Nella precedente consiliatura della Commissione Ecm, ricorda Anelli, "c'era stata la legge che prevedeva che i professionisti che rimangono sotto il 70%" dei crediti formativi obbligatori richiesti per il prossimo triennio 2023-2025 "non avrebbero più goduto delle assicurazioni. Un altro passaggio importante per favorire l'adempimento da parte dei professionisti - aggiunge - noi pensiamo che sia anche quello di intervenire sul lavoro quotidiano che si fa ogni giorno all'interno degli ospedali, relativo alla ricerca, gli audit, e così via. Insomma, bisogna completare il processo di riforma e nel frattempo si possono incentivare i colleghi a fare corsi di formazione.

“I numeri di quanti camici bianchi rischiano sanzioni per non aver assolto agli obblighi formativi non sono ancora disponibili”, precisa l'esperto. "Ma la situazione - osserva - è che rispetto ai precedenti trienni si era già evidenziato un incremento dei crediti Ecm da parte dei professionisti e questo triennio in corso sta facendo rilevare la stessa tendenza. Ci sono sempre più colleghi che si stanno accreditando e certificando. Inoltre, è vero che abbiamo tempo fino al 31 dicembre, ma bisogna anche considerare che il 31 dicembre 2023 è anche il termine della scadenza dei corsi Fad", di formazione a distanza. "E ci saranno 60-90 giorni che servono per l'inserimento di questi corsi nelle piattaforme da parte dei provider per far sì che il Cogeaps ne abbia contezza. Quindi il risultato definitivo del triennio in corso lo avremo a marzo prossimo. Le sanzioni potrebbero partire quando si ha un dato definitivo sui crediti". La legge prevede anche che “in Commissione nazionale Ecm verranno decise le misure per chi non avrà effettuato i crediti. Molto probabilmente ci sarà la possibilità – continua - di avere i crediti compensativi che il medico professionista sanitario dovrà effettuare per poter assolvere al compito" formativo. "La Commissione nazionale Ecm si convoca domani, e quindi da domani in poi tutto questo diventerà oggetto di discussione. Dobbiamo decidere insieme quali sono gli step, il percorso da seguire per essere aderenti alla legge. Noi siamo sereni, perché da una parte ci sono gli incrementi dei crediti rispetto al precedente triennio, che già aveva fatto registrare un aumento. E anche durante la pandemia si poteva pensare che i medici non avrebbero fatto crediti, invece non è andata così. Li hanno fatti cambiando il tipo di formazione, hanno lavorato molto sui corsi Fad", chiarisce Monaco.

Nottambuli, è alto il rischio di diabete di tipo 2

(da Quotidiano Sanità)   Cattive notizie per i nottambuli: l’abitudine di andare tardi a letto e svegliarsi altrettanto tardi al mattino è associata a un aumento del rischio di diabete di tipo 2 del 19%. È quanto emerge da uno studio condotto da un team del Brigham and Women’s Hospital e pubblicato da 'Annals of Internal Medicine'.
Lo studio :  I ricercatori hanno preso in esame i dati relativi a 63.676 infermieri dello studio Nurses’ Health Study II, raccogliendo informazioni auto riferite dai partecipanti sul cronotipo, sulla dieta, su peso e indice di massa corporea, sull’abitudine del sonno, sulla dipendenza dal fumo e sul consumo di alcool e su attività fisica ed eventuale storia familiare di diabete.
Dall’analisi è emerso che circa l’11% dei partecipanti si definiva di cronotipo ‘nottambulo’ e circa il 35% di cronotipo ‘mattiniero’, mentre tutti gli altri rientravano nel cronotipo ‘intermedio’.   Agli appartenenti al cronotipo ‘nottambulo’ era associato a un aumento del rischio di diabete del 72%, prima di considerare i fattori legati allo stile di vita. Considerando anche questi aspetti, il rischio di avere il diabete era del 19% più alto rispetto a quello degli altri gruppi.  Tra i partecipanti con uno stile di vita sano, solo il 6% apparteneva al cronotipo ‘notturno’, mentre tra coloro che conducevano stili di vita meno salutari, il 25% rientrava in questo cronotipo, con una maggiore probabilità di consumare alcoolici, fumare, dormire meno, e fare poca attività fisica.

L’obesità non è una sola, ne esistono 4 tipi

(da DottNet)   Per l’Oms l'obesità è un’epidemia globale. La malattia cronica, recidivante, multifattoriale, eterogena, la cui prevalenza dal 1980 in tutto il mondo è più che raddoppiata, è al centro del VI congresso nazionale della Società italiana di nutrizione clinica e metabolismo (Sinuc) dove si affronta l’argomento alla luce delle più recenti evidenze. Tra queste, la scoperta e la catalogazione di 4 principali ‘tipi’ di obesità: 'cervello affamato' (principalmente controllato dall'asse cervello-intestino e necessità di maggiori calorie per raggiungere la pienezza e la sazietà); 'fame emotiva' (desiderio di mangiare per far fronte a emozioni positive o negative, comportamento ‘edonico’); 'intestino affamato' (durata anormale della pienezza con svuotamento gastrico più rapido); 'combustione lenta' (diminuzione del tasso metabolico).

“L'eterogeneità tra i pazienti con obesità è particolarmente evidente nella risposta di perdita di peso agli interventi sull'obesità, come diete, farmaci, dispositivi e interventi chirurgici. È ormai assodato che l’approccio di diminuire l’apporto calorico e aumentare il movimento è inefficace e superato - spiega Maurizio Muscaritoli, presidente Sinuc - e non possiamo più ignorare che proprio l’eccesso di peso sia responsabile di circa 70mila morti evitabili l’anno solo nel nostro Paese”. La novità è aver "catalogato l'obesità in quattro ‘fenotipi’ - sottolinea Muscaritoli - ossia il complesso delle caratteristiche di un organismo che risultano dall'interazione fra la sua costituzione genetica e l'ambiente: cervello affamato (sazietà anormale), fame emotiva (mangiare edonico), intestino affamato (sazietà anormale) e combustione lenta (rallentamento del tasso metabolico)”.

Capire come e perché alcune persone accumulano peso - riferisce una nota Sinuc - è stato un obiettivo degli scienziati allo scopo di scardinare il meccanismo patologico e trovare strategie per riportare al peso considerato normale. In uno studio apparso su 'Obesity' in una coorte di pazienti a cui erano stati prescritti farmaci antiobesità, l'approccio terapeutico guidato dal fenotipo è stato associato a una maggiore perdita di peso di 1,75 volte dopo 1 anno e la percentuale di pazienti che hanno perso più del 10% a 1 anno è stata del 79% rispetto al 34% con il trattamento generico. Identificare i fenotipi di obesità basati sulla fisiopatologia e sul comportamento può portare a interventi mirati e più efficaci e migliorare i risultati di perdita di peso.

“L’obesità è una forma di malnutrizione per eccesso - afferma Alessio Molfino, professore associato di Medicina interna alla Sapienza di Roma - ma ha una origine che riconosce fattori alimentari, genetici, emotivi, sociali, per questo risulta così difficile intervenire. Esiste una stretta relazione tra sistema digestivo e sistema nervoso centrale chiamato asse intestino-cervello: l'equilibrio di questa via di comunicazione può essere alterata da numerosi fattori. Su questa complessità si innestano i fenotipi il cui riconoscimento permette una medicina sempre più personalizzata. I diversi fenotipi mostrano comportamenti peculiari”.

Proclami al posto di soldi

(di Antonio Panti - da Quotidiano Sanità)  Gentile direttore,
nonostante le enormi difficoltà il servizio sanitario italiano è tuttora tra i migliori del mondo e lo dimostrano i risultati in termini di salute della popolazione. Come ciò accada è un mistero, cioè come riesca a funzionare la sanità pubblica con così pochi soldi e nella massima frammentazione del governo. Forse è soltanto la dedizione del personale che sostiene il servizio.

Ma la sanità non è un’isola felice, vive dentro la società ed è sottoposta alle decisioni politiche. Nel nostro paese un contesto oscuro e periglioso. Ma ormai, in questo inizio di autunno, il quadro si è ben delineato, come era previsto: non ci sono soldi e, per quel poco che il Governo è obbligato a fare, occorre aumentare il debito pubblico, uno dei più grandi del mondo, il più elevato d’Europa.

Da un lato gli esperti proseguono a discutere sul come possa sopravvivere un servizio sanitario pubblico fondato sull’universalità e sull’uguaglianza nella prevalenza dell’economia di mercato dominata dalla finanza, dall’altro sindacati e forze politiche propongono rimedi o auspicano soluzioni cercando di salvare il salvabile.

E’ positiva la conclusione dell’accordo dei dipendenti anche se è un tassello di un quadro più ampio: manca la convenzione dei medici generali e una politica del personale che risponda al disagio della professione. Però il povero Ministro seguita a slanciarsi in promesse mentre il resto del Governo è in tutt’altre faccende affaccendato.

In questo quadro deludente la premier ha espresso il suo pensiero sulla sanità alle Regioni riunite a Torino. “Priorità molte, risorse poche” ha riconosciuto Meloni affermando che “non basta aumentare le risorse, occorre un approccio più profondo” il che consiste nel “confrontarsi con coraggio e lealtà su come queste risorse sono spese”. Occorre più efficienza, sostiene la premier, mentre Fedriga afferma che le risorse si trovano nel ricorso al privato convenzionato.

Ma c’è un programma di Governo? E il PNRR, ci dite come volete usarlo? La Meloni ha indicato come principali problemi della sanità la questione del personale e le liste d’attesa. Non ha colto l’urgenza dei problemi del territorio e la necessità di riformare il sistema sanitario per affrontare le complesse e complicate sfide che ci attendono. Girano tante proposte; se il Governo non ne ha di proprie che almeno valuti queste.

L’opposizione accusa la Meloni di supplire alle carenze di governo additando nemici alla popolazione. In sanità invece la premier ricorre ai proclami. Basteranno, se la crisi del servizio pubblico si aggraverà come non può non accadere, se mancano i soldi anche per le bollette della luce?

Aspettare che la gente se ne accorga perché le prestazioni diminuiscono e si dovrà sempre più ricorrere al privato rappresenta un problema per tutti i professionisti della sanità: sempre meno soddisfazione professionale.

Il vero guaio è che non mancano soltanto i soldi che si potrebbero anche trovare. Manca la cultura di governo e manca un patrimonio ideale che guidi le azioni dei decisori politici. Nave senza nocchiero in gran tempesta.

Sempre di più resto convinto che occorra spiegare alla gente cosa sta per accadere. Ove mancano le idee contano i sondaggi e su questi si dovrebbe intervenire.

Antonio Panti

La camminata veloce rallenta la degenerazione e aiuta la cartilagine

(da DotNet)   Una passeggiata veloce per invecchiare in salute: non è solo una norma di buonsenso, ma ora è scientificamente certificato da una pubblicazione fatta dall'Uoc di Recupero e Rieducazione Funzionale in collaborazione con la Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport e dell'Esercizio Fisico dell'università di Verona. Lo studio, pubblicato su "International Journal of Molecular Sciences", identifica l'andamento della molecola mIR-146b e di come inibirla per ottenere un "invecchiamento sano". Sebbene miR-146b sia stata esplorata in molte condizioni fisiopatologiche, lo studio pilota veronese ne ha evidenziato per la prima volta gli effetti sull'invecchiamento e i suoi processi degenerativi. La ricerca, riconosciuta dalla rivista internazionale, dimostra che l'attività fisica personalizzata rallenta l'attività molecolare di invecchiamento, i processi degenerativi dell'età e aumenta l'autoproduzione di cartilagine. 

Al fine di identificare questo marcatore di invecchiamento negli esseri umani, è stata esplorata l'attività del miR-146b-5p circolante nel sangue. I risultati hanno mostrato che la circolazione di miR-146b è più elevata nel genere femminile rispetto a quello maschile. Nei maschi questo aumento è diventato evidente intorno ai 42 anni e successivamente ha mostrato un andamento relativamente costante. Ciò suggerisce che l'invecchiamento e il sesso possano influenzare la presenza di miR-146b nel flusso sanguigno, possibilmente originato da tessuti diversi. 

Lo stile di vita sedentario nella società moderna produce diverse alterazioni alla base delle malattie cronico-degenerative e l'attività fisica rappresenta un utile strumento per la resilienza umana, contrastando il rischio di malattie croniche. Attraverso metodiche molecolari è stata osservata una riduzione dei livelli di miR-146b-5p circolanti in seguito al completamento del programma di attività fisica. Questa riduzione si associa alla diminuzione di cellule adipogeniche ed aumento della componente cartilaginea.

Diminuiscono inoltre i livelli di marcatori associati alla degenerazione cartilaginea, sottolineando il ruolo dell'attività fisica nella prevenzione delle patologie osteoarticolari. Per raggiungere l'obiettivo di un invecchiamento in salute è quindi necessario conformarsi ad uno stile di vita sano, come quello testato dal programma Aoui. L'attività consiste in tre sessioni di camminata veloce a settimana per un totale di 4 settimane.

Ogni sessione è supervisionata da un fisioterapista e comprende 10 minuti di riscaldamento a bassa intensità, 30 minuti di camminata a 6-8,5 km/h e 5 minuti di defaticamento. Il prelievo ematico è stato effettuato prima e dopo il programma di 4 settimane. Per essere efficace, la camminata deve essere rullata (appoggiare prima il tallone e poi la punta), passo allungato e busto proteso in avanti, senza bastoncini ma con avambraccio piegato.

Mmg e stress, i fattori di rischio non sono cambiati dopo la pandemia

(da M.D.Digital)   Secondo la FNOMCeO sulla base dell'indagine realizzata dall'Istituto Piepoli lo scorso marzo, la quota dei Mmg che si dichiarava stressata, aveva raggiunto il 90%. E le sindromi legate allo stress diventavano sempre più palesi: disturbi del sonno, ansia, paura, ecc..  Ma le prospettive non sono rosee. "Alcuni fattori di rischio stress ereditati dalla pandemia non sono variati ha dichiarato all'Adnkronos Salute Paolo Misericordia, responsabile del Centro studi della Fimmg. "Durante la pandemia - ha spiegato -  abbiamo aperto una serie di canali che erano assolutamente necessari per affrontare l'emergenza e per assistere i nostri pazienti, dai WhatsApp ad altre piattaforme social o le mail. In quel momento è stato importante farlo. Ora però tornare indietro è impossibile. Ma per il medico significa gestire, insieme alle mille incombenze della professione, decine di messaggi al giorno che necessitano attenzione. I pazienti, di fronte a un problema di salute, si aspettano una risposta in qualsiasi momento, alle 5 del mattino come alle 22. Le interazioni continue assottigliano i tempi di vita del medico e fanno crescere lo stress. Ora dovremo trovare soluzioni, anche tecnologiche, come algoritmi in grado di discriminare e dare livelli di priorità ai messaggi. Questo renderebbe la vita del medico vivibile".    E che lo stress da WhatsApp sia una realtà ingombrante lo conferma anche la testimonianza di molti medici di famiglia, come quella rilasciata al quotidiano La Repubblica da Nicola Calabrese segretario Fimmg Bari. "A me è capitato di ricevere un messaggio anche alle 4 di notte - ha dichiarato - motivo per cui bisogna passare a strumenti di comunicazione più professionali con i pazienti che tutelino le loro esigenze, ma anche il diritto di molti di noi a staccare con serenità". A poi ricordato che ormai i Mmg rispondono per più di 12ore al giorno a un numero sempre maggiore di pazienti".   Non è difficile quindi comprendere la disaffezione e la non attrattività di questa professione che vede i bandi di concorso andare quasi deserti e le richieste di prepensionamento crescere, mentre aumentano gli italiani senza più Mmg a cui rivolgersi.

Va all’Italia il primato europeo delle fake news su Facebook

(da AGI)  È un record italiano nell'Ue: nei primi sei mesi dell'anno sono stati rimossi da Facebook oltre 45 mila contenuti perché "violavano le politiche di disinformazione dannosa per la salute o di interferenza con gli elettori nei Paesi degli stati membri dell'Ue". È quanto emerge dal rapporto della Commissione europea sull'attuazione del Codice di condotta da parte della piattaforme social.   Il secondo Paese per contenuti rimossi dal social di Meta è la Germania con però meno della metà rispetto all'Italia, 22 mila contenuti. Seguono la Spagna (16 mila); i Paesi Bassi (13 mila) e la Francia (12 mila).

Allarme per la sanità pubblica: crolla rapporto tra spesa e PIL

(di Pierpaolo Molinengo - Wall Street Italia) Con la presentazione delle 'Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza' – ossia il Nadef – del 2023 si comprende quali saranno gli stanziamenti per la sanità pubblica delprossimo triennio. Crolla il rapporto tra la spesa pubblica ed il PIL: dal 6,6% del 2023, si passa al 6,2% il prossimo anno, per arrivare al 6,1% nel 2025. Nell’arco del triennio 2024-2026 la spesa per la sanità pubblica cresce solo dell’1,1%.  Il Governo ha dichiarato che sono previsti, inoltre, due disegni di legge che dovrebbero prevedere:

- la riorganizzazione ed il potenziamento dell’assistenza territoriale pubblica ed ospedaliera;

- la riorganizzazione delle professioni sanitarie e degli enti vigilati dal Ministero della Salute.

Alla vigilia della discussione della Legge di Bilancio 2024 – spiega Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe – abbiamo effettuato un’analisi indipendente della Nadef 2023 relativamente alla spesa sanitaria, sia per verificare la coerenza tra dichiarazioni programmatiche e stime tendenziali, sia per informare confronto politico e dibattito pubblico in vista della discussione sulla Manovra.

Spesa per la sanità: cosa prevede il Nadef

Nella sua analisi la fondazione Gimbe mette in evidenza che nel 2023, rispetto al 2022, la spesa per la sanità aumenta del 2,8%. In termini assoluti stiamo parlando di una cifra pari a 3.361 milioni di euro. In termini di percentuale di PIL siamo davanti ad una riduzione dal 6,7% al 6,6%. Ovviamente queste sono delle previsioni di spesa.   Per il periodo compreso tra il 2024 ed il 2026, a fronte di una crescita prevista del PIL nominale del 3,5%, la spesa sanitaria crescerà dell’1,1%. Per quanto riguarda il rapporto tra i costi per la sanità e il PIL il rapporto precipita dal 6,6% del 2023 al 6,2% nel 2024 e nel 2025, e poi ancora al 6,1% nel 2026.   In termini assoluti nel 2024, rispetto al 2023, la spesa sanitaria scende a 132.946 milioni di euro, ossia dell’1,3%. Nel 2025, invece, passerà a 136.701 milioni di euro (+2,8%) e a 138.972 milioni di euro nel 2026 (+1,7%).

Secondo l’analisi della fondazione Gimbe:   le stime previsionali della Nadef 2023 sulla spesa sanitaria 2024-2026 non lasciano affatto intravedere investimenti da destinare al personale sanitario, ma certificano piuttosto evidenti segnali di definanziamento. In particolare il 2024, lungi dall’essere l’anno del rilancio, segna un preoccupante -1,3%.

La posizione della Meloni

Nel corso del Festival delle Regioni che si tiene a Torino, la premier Giorgia Meloni ribadisce e difende la posizione del Governo sulla sanità.  I margini di manovra sono limitati anche a causa dell’eredità di una politica che ha un orizzonte troppo breve. Non rinunceremo ad occuparci di salute, con le risorse per il personale sanitario e per abbattere le liste di attesa – spiega la Meloni-. Bisogna lavorare passo dopo passo, il vantaggio che abbiamo è l’orizzonte di una legislatura, non si può fare tutto e subito ma si possono cadenzare gli interventi. Un sistema sanitario efficace è l’obiettivo di tutti, ma è miope una discussione concentrata tutta sulle risorse, serve un approccio più profondo, con una riflessione anche su come le risorse vengono spese. Non basta necessariamente spendere di più se poi le risorse vengono spese in modo inefficiente.

La sanità nel resto dell’Europa

Come si muovono gli altri paesi europei? Quali investimenti stanno effettuando nella sanità. A scattare una fotografia è il Termometro della Salute, promosso dall’Osservatorio Salute, Legalità e Previdenza Eurispes-Enpam, che ha messo in evidenza come il Fondo Sanitario Nazionale, per almeno quindici anni, ha subìto una serie di decurtazioni, per assestare i conti pubblici. Questo ha provocato un progressivo depotenziamento delle capacità prestazionali e ha portato al declassamento dell’Italia nelle varie classifiche mondiali nel rapporto tra il PIL e gli investimenti nella sanità pubblica.   A costituire l’anno spartiacque in questo senso è stato il 2019, quando il sistema sanitario italiano non era ancora stato toccato dalla pandemia. La quota del PIL riservato alla sanità era scesa al 6,2%. I cittadini aggiungevano un 2,2% di spesa diretta. Cosa succedeva, nello stesso periodo, negli altri paesi europei le due percentuali (rapporto con il PIL e spesa individuale):

Germania: 9,9% e 1,7%;

Francia: 9,4% e 1,8%;

Svezia: 9,3% e 1,6%.

La media europea a 27 era rispettivamente il 6,4% e 2,2%. Questo significa, in altre parole, che l’investimento nella sanità effettuato da Germania e Francia è un terzo superiore rispetto a quello italiano.

Non molto incoraggianti le prospettive per il futuro.  Secondo il Termometro della Salute:   Dal 2022 al 2027 il Sistema Sanitario Pubblico perderà ogni anno una media di 5.866 medici dipendenti, e una media di 2.373 medici di medicina generale. Per l’intero quinquennio vanno calcolate le uscite di 29.331 medici dipendenti, e di 11.865 medici di base. Rispetto agli attuali organici, per entrambi i comparti si tratta di perdite di poco inferiori al 30%. Anche i 21.050 infermieri più anziani del servizio pubblico sono destinati a lasciare vuoto il loro posto di lavoro nel prossimo quinquennio per raggiunti limiti di età. Si consideri inoltre che in molti casi si tratta di un lavoro usurante e che non è da escludere che si producano molti prepensionamenti che aggreverebbero la perdita di quasi il 10% degli addetti. Inoltre, i dati sulla remunerazione di medici specialisti e infermieri ospedalieri in rapporto al Pil pro capite indicano che il medico italiano ha un reddito pari a 2,4 volte quello medio del Paese, mentre in Gran Bretagna il rapporto sale a 3,6, in Germania a 3,4, in Spagna a 3,0, in Belgio a 2,8.

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