Al mio paziente ignoto
Tatuaggi, nelle persone immunodepresse possibili gravi complicanze
Bere 4 tazze di caffè al giorno fa bene al cuore
Circonferenze addominali eccessive e deficit di vitamina D
(da :M.D.Digital) Nei soggetti obesi gli elevati livelli di adiposità a livello addominale si associano a livelli più bassi di vitamina D, secondo i dati presentati a Barcellona alla riunione annuale dell'European Society of Endocrinology, ECE 2018. E questo suggerisce l'opportunità che in questi soggetti si provveda a monitorare i livelli di vitamina D in modo da evitare che si manifestino gli effetti negativi di uno stato carenziale. Le stime indicano che a livello globale l'obesità provoca 2.8 milioni di morti all'anno mentre il deficit di vitamina D è in genere associato a una compromissione della salute ossea, a rischi più elevati di infezioni acute del tratto respiratorio, malattie autoimmuni e malattie cardiovascolari. Il legame tra bassi livelli di vitamina D e obesità era già stato segnalato, ma ancora non si disponeva di informazioni relative a quale tipo di deposito adiposo e a quale localizzazione fosse dovuta la correlazione. In questo studio i ricercatori del VU University Medical Center e del Centro medico universitario di Leiden nei Paesi Bassi hanno esaminato come la quantità di grasso corporeo totale e quella grasso addominale - misurata nei partecipanti allo studio sull'epidemiologia dell'Obesità dei Paesi Bassi - si correlava ai loro livelli di vitamina D. Dopo aggiustamento dei dati per una serie di possibili fattori confondenti, tra cui malattie croniche, assunzione di alcol e livelli di attività fisica, hanno scoperto che le quantità di grasso sia totale che addominale erano associate a livelli più bassi di vitamina D nelle donne, ma che era la localizzazione a livello addominale ad avere un impatto maggiore: in tutti i casi maggiore è la quantità di grasso in questa sede, minori sono i livelli di vitamina D rilevata. Le future direzioni della ricerca saranno indirizzate allo studio dei meccanismi in grado di spiegare questa forte associazione, per verificare se sia la carenza di vitamina D a favorire l'accumulo di grasso addominale o se sia vero il contrario. (Rafiq R, et al. Associations of different body fat deposits with serum 25-hydroxyvitamin D concentrations. Endocrine Abstracts 2018; 56 OC6.5; DOI: 10.1530/endoabs.56.OC6.5)
Una dieta sana riduce significativamente la gengivite
(da Odontoiatria33) Secondo uno studio che verrà presentato a "EuroPerio9", il principale congresso mondiale in parodontologia e implantologia, una dieta sana di solo quattro settimane può ridurre significativamente la gengivite (1). La gengivite è l'infiammazione delle gengive. Gengive sanguinanti, gonfie e difficoltà a masticare sono i principali sintomi della gengivite. Se non trattata, può sfociare in parodontite. La gengivite ha molte cause, tra le quali la principale è l'accumulo di batteri negli spazi tra le gengive e i denti. "Ricerche precedenti (2) hanno mostrato come interventi sulla dieta abbiano un effetto pronunciato sull'infiammazione gengivale. Questi studi infatti non hanno mostrato alcuna correlazione tra la placca e l’infiammazione gengivale, e questo è piuttosto rivoluzionario. Tuttavia, i meccanismi biologici alla base del processo sono ampiamente sconosciuti. Poiché sappiamo che esiste un'associazione tra i parametri infiammatori sistemici come CRP, IL-6 e TNF-a, abbiamo voluto scoprire come una dieta ottimizzata per la salute orale possa influenzare sia l'infiammazione parodontale sia quella sistemica ", ha spiegato l'autore principale, il dott. Johan Wölber, del Dipartimento di Odontoiatria Operativa e Parodontologia, Centro di Medicina Dentale, Centro Medico Universitario di Friburgo, Germania. "Per fare ciò, abbiamo condotto uno studio clinico randomizzato utilizzando il disegno del nostro precedente studio (2) su un gruppo di pazienti a cui abbiamo chiesto di seguire una dieta speciale a basso contenuto di carboidrati e proteine animali, ma ricca di acidi grassi Omega 3, vitamine C e D, antiossidanti, nitrati e fibre vegetali", ha affermato il dott. Wölber. "Le persone del gruppo controllo non hanno invece cambiato le loro abitudini alimentari, seguendo una dieta occidentale comune, ricca di carboidrati raffinati, acidi grassi saturi e di micronutrienti a basso contenuto di alcol. Abbiamo chiesto ad entrambi i gruppi di non usare alcun dispositivo per la pulizia interdentale durante lo studio. Abbiamo poi valutato i parametri clinici parodontali e i parametri infiammatori sistemici all’inizio e dopo quattro settimane." Commentando i risultati, il dott. Wölber ha dichiarato: "Siamo rimasti stupiti nello scoprire che -dopo solo quattro settimane - una dieta sana riduceva sostanzialmente l'infiammazione delle gengive. Nel complesso, abbiamo riscontrato, che senza pulizia interdentale, si otteneva nel gruppo test una significativa riduzione della gengivite di circa il 40%, che era, come nel precedente studio, significativamente diversa dal gruppo controllo. Per quanto riguarda i parametri sierologici, non abbiamo riscontrato differenze tra il gruppo di controllo e quello sperimentale, ad eccezione di un aumento significativo della vitamina D nel gruppo che mangiava in modo sano. In altre parole, una dieta ottimale sembra influenzare la gengivite precoce, prima che si instauri l'infiammazione sistemica”. Alla domanda sui prossimi passi, il dott. Wölber ha dichiarato che spera di convalidare queste scoperte in studi più ampi, per un periodo più lungo. "Effettueremo anche analisi sul microbioma, per vedere cosa succede alla placca sopra e sotto-gengivale“. Riguardo al messaggio "da portare a casa" per pazienti e professionisti, il dott. Wölber ha dichiarato: "Per i pazienti, sembra chiaro che la dieta occidentale promuova l'infiammazione. Questo studio dimostra che un cambiamento nella dieta è un bene per i pazienti con gengivite, ma può anche rivelarsi favorevole per i pazienti con parodontite. La dieta ottimale consiste nell'evitare i carboidrati raffinati (come zucchero o farina bianca) e gli acidi grassi saturi ed aumentare i micronutrienti da piante, vitamina D, acidi grassi Omega-3, fibre e nitrati vegetali. A causa del basso contenuto di carboidrati raffinati, questa dieta aiuta anche a prevenire la carie e favorisce la perdita di peso." Il dott. Wölber ha concluso: "I professionisti della salute orale dovrebbero sentirsi sicuri nel raccomandare una dieta sana ai loro pazienti, nello stesso modo in cui promuovono l'igiene orale, perché andrà a beneficio sia della salute orale che generale".
(1) EuroPerio9 abstract PD019: The effect of an oral health optimised diet on periodontal and serological parameters. A randomized controlled trial. Johan Wölber. Session on Adjunctive Periodontal Therapies, 20 June 2018, at 15:45 CEST.
2) Woelber, J. et al. (2016). An oral health optimized diet can reduce gingival and periodontal inflammation in humans - a randomized controlled pilot study. BMC Oral Health. 17. 28. 10.1186/ s12903-016-0257-1.)
La Ausl Romagna si attiva per garantire più sicurezza nelle sedi di Continuità Assistenziale
Facendo seguito alla formale richiesta fatta dal nostro Presidente nel corso di una riunione con i Presidenti OMCeO Romagna, seguita da una ulteriore comunicazione di solllecito, la Azienda Ausl Romagna, nella persona del D.G. Marcello Tonini, risponde con la comunicazione in allegato alle preoccupazioni sollevate dagli Ordini sulla sicurezza degli operatori sanitari nelle strutture aziendali ed in particolare nelle sedi di Continuità Assistenziale.
Gran Bretagna, robot al posto di dottori per risparmiare 13 mld sterline l’anno……
(da AdnKronos Salute) "Una completa automazione dei servizi sanitari e sociali" potrebbe aiutare "ad aumentare il tempo che i medici e infermieri dedicano alle cure ma che oggi spendono dietro processi ripetitivi" e far risparmiare al Nhs (National Health Service) inglese, l'omologo del nostro Servizio sanitario italiano, "quasi 13 miliardi di sterline all'anno. Circa un decimo del suo budget. E' la proposta che emerge dal rapporto elaborato dal chirurgo e ex ministro della Salute britannico Lord Ara Darzi. Secondo la ricerca quasi un terzo dei compiti ora svolti dagli infermieri, e circa il 25% di quelli dei medici, potrebbero essere portati a termine da robot o sistemi di intelligenza artificiale. Il rapporto evidenzia che gran parte della spesa per il Nhs dovrebbe essere investita in nuove tecnologie, sopratutto nell'automazione: "Il Nhs compie 70 anni quest'anno e dobbiamo orientarlo sempre di più al futuro, non dovremmo accettare un National Health Service analogico in un mondo digitale", ha spiegato Darzi al 'Telegraph'.
La dipendenza da videogame ora è ufficialmente malattia. Oms la inserisce nell’elenco delle malattie mentali
(da Fimmg.org e Ansa.it) Le preoccupazioni dei genitori che vedono i figli sempre attaccati alla console trovano ora una conferma scientifica: l'Oms ha inserito il 'game disorder' nella parte riguardante le malattie mentali dell'ultima revisione della 'International Classification of Diseases (ICD)', l'elenco che contiene tutte le malattie riconosciute, oltre 55mila, che viene usato per le diagnosi dai medici di tutto il mondo. Sono tre le caratteristiche principali del disordine, hanno spiegato gli esperti dell'Oms durante una conferenza stampa. La prima è «una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti che prendono il sopravvento sugli altri interessi della vita». Tra le altre caratteristiche della patologia, ha spiegato Vladimir Poznyak, del dipartimento per la salute mentale dell'Oms durante una conferenza stampa, c'è «il fatto che anche quando si manifestano le conseguenze negative dei comportamenti non si riesce a controllarli» e «il fatto che portano a problemi nella vita personale, familiare e sociale, con impatti anche fisici, dai disturbi del sonno ai problemi alimentari». L'inserimento nell'elenco, hanno spiegato gli esperti dell'Oms, dovrebbe aiutare i medici a formulare più facilmente una diagnosi. «Abbiamo deciso di inserire questa nuova patologia - ha affermato Poznyak - sulla base degli ultimi sviluppi delle conoscenze sul tema». Per essere riconosciuto come problema mentale il disordine deve continuare per almeno 12 mesi, precisa il manuale, anche se ci possono essere eccezioni per casi particolarmente gravi. Dei molti milioni di giocatori nel mondo, ha ricordato Poznyak, sono una minima parte soffre del problema. Tra le altre novità dell'Icd-11, questo il nome dell'aggiornamento, che per la prima volta è stato pubblicato in formato elettronico per raggiungere la platea più vasta possibile, c'è lo spostamento della 'incongruenza di generè, in cui il sesso biologico è diverso dal genere percepito, dalle malattie mentali a quelle sessuali. La nuova versione verrà presentata alla prossima Assemblea Generale dell'Oms, e verrà adottata a partire dal 2022. «Questo documento - ha affermato Thedros Ghebreseyus, direttore generale dell?Oms - ci permette di capire meglio cosa fa ammalare e morire le persone, e di prendere le iniziative necessarie per prevenire le sofferenze e salvare quante più vite possibile?.
Alcolismo, arrivano le linee guida italiane per il trattamento
(da Doctor33) Sviluppare linee guida per il trattamento dell'alcolismo basate su prove di efficacia e modificabili e aggiornabili in una continua collaborazione internazionale: questo è l'obiettivo che si sono proposti numerosi ricercatori e società scientifiche italiane e che è stato presentato sulle pagine della Rivista di Psichiatria. «L'Europa è la regione con il più forte consumo di alcol al mondo, con la più elevata percentuale di malattie totali e morti premature alcol-correlate. In Italia, questo fenomeno coinvolge circa il 13% della popolazione oltre i 18 anni e oltre il 25% dei pazienti ricoverati in ospedale. Sfortunatamente, solo il 5% di questi pazienti vengono riconosciuti come persone affette da disturbo da uso di alcol (DUA)» spiegano Mauro Ceccanti e Angela Iannitelli, dell'Università La Sapienza, e Marco Fiore, dell'IBNC-CNR di Roma, in un editoriale che presenta il progetto. Data la situazione, appare chiaro che le politiche di protezione della salute nel campo dell'alcol non siano ancora adeguate per gestire il problema. È pur vero che la questione è regolata da fattori di diverso tipo, biologici, psicologici e sociali, che rendono difficile per il singolo professionista poter intervenire a tutto campo, dati anche la mancanza di conoscenza del problema, il piccolo numero di centri che lo gestiscono e le poche risorse investite nel territorio. Questa ridotta capacità di identificazione, unita alla mancanza di attenzione ai problemi correlati all'alcol dal punto di vista medico, è un'occasione mancata per iniziare il trattamento di tali problemi e aumenta la probabilità che i soggetti con DUA nella fase iniziale vadano incontro a gravi complicazioni cliniche, difficili e costose da gestire. I ricercatori, sostenuti dal Centro di Riferimento Alcologico della Regione Lazio (CRARL), dalla Società Italiana Tossicodipendenze (SITD), dala Società italiana per il Trattamento dell'Alcolismo e le sue Complicanze (SITAC), dalla Società Italiana Psichiatria delle Dipendenze (SIPDip), dalla Società Italiana Patologie da Dipendenza (SIPaD) e dall'Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia (IBCN-CNR), hanno pensato alla realizzazione di linee guida per offrire agli operatori una serie di raccomandazioni volte ad aumentare la conoscenza e l'uso appropriato dei farmaci per le persone affette da DUA. L'obiettivo principale di queste indicazioni sarà garantire l'omogeneità dei trattamenti e un incremento qualitativo nell'assistenza dei pazienti, creare una conoscenza condivisa sui problemi legati all'alcol, porre le basi per lo sviluppo di programmi di formazione e identificare le aree cliniche che devono essere studiate e meglio comprese così da ridurre le conseguenze psicosociali e pubbliche di questa importante malattia psichiatrica. Data la complessità dell'argomento, gli autori hanno scelto di trattare principalmente nelle linee guida l'astinenza e la dipendenza da alcol, e di introdurre gradualmente altri argomenti. I ricercatori hanno fatto riferimento al sistema GRADE (Grading of Recommendations Assessment Development and Evaluation) identificando tre diversi livelli di qualità per le prove, ovvero qualità alta, qualità moderata, e qualità bassa o molto bassa. Inoltre, sono stati definiti due livelli di raccomandazioni, ossia forti e deboli.
Riv Psichiatr 2018; 53(3):105-106 http://www.rivistadipsichiatria.it/articoli.php?archivio=yes&vol_id=2925&id=29410
Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità Politecnico di Milano: oltre il 60% dei MMG usa WhatsApp
Indicazioni organizzative per l’offerta ai 65enni della vaccinazione anti Herpes Zoster
Il consumo di yogurt da parte di soggetti giovani riduce l’insulinoresistenza
Rapporto Passi (Iss): dieta o stop al fumo è Mmg che convince
Gli esercizi di resistenza riducono sintomi depressione
Verifiche sui crediti ECM raccolti da medici ed odontoiatri
Abuso droghe, Rapporto europeo: Italia al terzo posto per la cannabis
Tumori, l’Italia è tutto un Sin?
Questo articolo piuttosto inquietante è stato scritto dalla nostra collega Patrizia Gentilini, membro della Commissione Ambiente e Salute del nostro Ordine. Il pezzo di Patrizia è stato pubblicato su "Il Fatto Quotidiano" la scorsa settimana. N.B. Sin è l'acronimo di 'Sito contaminato di interesse nazionale'...
(da Il Fatto Quotidiano, 15/06/2018) L’aggiornamento al 2013 di recente diffuso dall’Istituto superiore di Sanità sullo studio Sentieri, ovvero l’indagine sullo stato di salute delle popolazioni residenti in territori fortemente inquinati, conferma quanto già in precedenza emerso: vivere in prossimità di industrie inquinanti, petrolchimici, inceneritori, discariche etc. è un importante fattore di rischio per la salute.
I farmaci antiepilettici aumentano il rischio di Alzheimer e demenza?
(da Fimmg.org) L'uso di farmaci antiepilettici sembra associato a un aumentato rischio di malattia di Alzheimer e demenza, secondo un nuovo studio dell'University of Eastern Finland e del German Center for Neurodegenerative Diseases (DZNE). L'uso di farmaci antiepilettici per un periodo superiore a un anno è stato associato a un aumento del rischio del 15% di malattia di Alzheimer nel set di dati finlandese e a un aumento del 30% del rischio di demenza nel set di dati tedesco. Alcuni farmaci antiepilettici sono noti per compromettere la funzione cognitiva, che si riferisce a tutti i diversi aspetti dell'elaborazione delle informazioni. Quando i ricercatori hanno confrontato diversi farmaci antiepilettici, hanno scoperto che il rischio di malattia di Alzheimer e demenza era specificamente associato a farmaci che compromettono la funzione cognitiva. Questi farmaci erano associati a un aumento del 20% del rischio di malattia di Alzheimer e del 60% del rischio di demenza. I ricercatori hanno anche scoperto che maggiore è la dose di un farmaco che altera la funzione cognitiva, maggiore è il rischio di demenza. Tuttavia, altri farmaci antiepilettici, cioè quelli che non pregiudicano l'elaborazione cognitiva, non erano associati a questo rischio. Il set di dati ha compreso 20.325 persone con diagnosi di demenza dal 2004 al 2011 e 81.300 controlli.
(Heidi Taipale et al. Journal of the American Geriatrics Society, 2018.)
Intramoenia, quando si profila il rischio di peculato per libera professione abusiva. La sentenza
(da Doctor33) È reo di peculato il medico ospedaliero che dice di visitare in libera professione -intramuraria- ma lo fa all'oscuro dell'ente e tiene per sé tutto il compenso senza indirizzare il paziente al corretto pagamento della prestazione. Il reato - all'articolo 314 del codice penale - punisce con la reclusione i pubblici ufficiali che, disponendo di denaro altrui per via del loro servizio, se ne approprino. La Cassazione Penale con sentenza 25976/2018 punisce un cardiologo che, condannato in appello a due anni con la condizionale, aveva ricorso in sede straordinaria dopo che un'altra sentenza di Cassazione (la 35219/17) aveva confermato la condanna tranne l'interdizione dai pubblici uffici. Il ricorso straordinario (ex articolo 625 bis del codice di procedura penale) si fa in cassazione per sentenze della stessa Corte che presenterebbero errori; il medico lamentava "errori percettivi" che avrebbero esercitato "influenza decisiva sul processo decisorio". Il merito della condanna era peraltro caratterizzato: in sei occasioni il medico si era appropriato del corrispettivo pagato dai pazienti per prestazioni da lui effettuate in ospedale. Ciò era stato fatto con i vertici del nosocomio all'oscuro: le prestazioni non erano state pagate correttamente alla cassa dell'ente, erano prive della trattenuta del 52% per l'azienda e di fattura. In Cassazione la prima volta, la difesa aveva sostenuto che il peculato non vi fosse. Il professionista esercitava abusivamente: non essendo stato autorizzato dall'ospedale a effettuare le prestazioni che gli erano state pagate, avrebbe ricevuto dai pazienti i soldi a titolo di onorario per una prestazione espletata illegittimamente. In parole povere, sarebbe stato "neutro" rispetto a un ipotetico danneggiamento alla struttura che non sapeva del suo agire. La Cassazione aveva replicato che per configurarsi peculato non è necessaria la presenza o assenza di autorizzazione al medico ad esercitare nelle sue mura. È sufficiente che il medico sia trovato là con in mano un corrispettivo pagato da un paziente in modo improprio. Infatti, il paziente, per il solo fatto di trovarsi in un ospedale, con quello ha instaurato un rapporto contrattuale di cura e non con il medico. Il medico ha cercato di dimostrare che il suo esercizio non era continuativo e che aveva avvisato più volte l'ospedale del suo operare, dunque la struttura non era all'oscuro. I giudici di cassazione sottolineano la correttezza della sentenza precedente. "Non si è in presenza di un errore di fatto (motivo per il ricorso straordinario ndr) quando non risulti dovuto a una vera e propria svista materiale o a una disattenzione di ordine meramente percettivo che abbia causato l'erronea decisione". In realtà, oltre al fatto che l'ospedale ignorava che il ricorrente svolgesse attività intramoenia in epoca precedente al 21 febbraio 2008, nel percorso argomentativo avallato dalla sentenza di Cassazione in questione si tiene conto di tutta una serie di elementi probatori: intercettazioni ambientali nello studio del medico, pedinamenti dei pazienti, dichiarazioni di questi ultimi e controlli alle casse. La Cassazione spiega infine che, a dispetto della tesi da lui sostenuta, il medico "visitando presso le strutture ospedaliere numerosi pazienti e percependone i compensi che poi ha indebitamente trattenuto senza versare all'ospedale le quote di spettanza" ha esercitato libera professione "meramente interna e allargata", palesemente in rotta con i dispositivi di legge. Il ricorso del camice è dunque manifestamente infondato, inammissibile, e il medico dovrà pagare 2 mila euro di spese legali.