Protezione solare, ecco come utilizzare i prodotti per maggiore efficacia

(da Doctor33)    La quantità di protezione solare effettivamente ricevuta tramite i prodotti in commercio dipende dal modo di utilizzo nella quotidianità, secondo quanto riferisce uno studio pubblicato su 'Acta Dermato-Venereologica'. «Le persone non ricevono i massimi benefici di protezione solare dalle radiazioni ultraviolette, perché applicano i prodotti in modo più scarso rispetto a quanto raccomandato dai produttori, che utilizzano una quantità di 2 mg/cm2per ottenere il punteggio del fattore di protezione solare (SPF)» spiega Antony Young, del King's College di Londra, primo autore dello studio. I ricercatori hanno diviso una coorte di 16 volontari con pelle chiara in due gruppi di otto (tre donne e cinque uomini ciascuno).
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Avviso di selezione per il reperimento di n. 220 medici specialisti per le esigenze delle Commissioni mediche di verifica e della Commissione medica superiore del Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi della direttiva del Ministro dell’economia e delle finanze n. 027490 del 6 marzo 2015, nonché per l’istituzione di speciali elenchi

Per l’espletamento delle attività medico legali di competenza delle Commissioni mediche di verifica del Ministero dell’economia e delle finanze ubicate nei capoluoghi di regione e della Commissione medica superiore con sede in Roma è indetta una selezione pubblica per il reperimento di duecentoventi medici specialisti, prioritariamente in medicina legale e in altre branche di interesse istituzionale, ripartiti nelle sedi delle commissioni come da allegato 1 all’avviso di selezione. Il medico interessato dovrà produrre domanda di ammissione alla selezione esclusivamente in via telematica all’indirizzo www.concorsionline.mef.gov.it La procedura di compilazione ed invio on–line della domanda dovrà essere completata entro le ore 12,00 del 14 settembre 2018. La procedura sarà attiva dalle ore 12,00 del 31 luglio 2018. Per ulteriori informazioni si rinvia alla seguente pagina: https://www.concorsionline.mef.gov.it   Avviso_pdf Allegato_1

Donne ansiose? La colpa potrebbe essere del girovita

(da AGI)  La quantità di grasso addominale di una donna potrebbe aumentare le sue probabilità di soffrire d'ansia. Almeno questo è quanto emerso da uno studio pubblicato sulla rivista Menopause. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 5.580 donne latino-americane di mezza età. Ebbene, il legame tra grasso accumulato nel girovita e ansia è apparso chiaramente. "I cambiamenti ormonali possono essere coinvolti nello sviluppo dell'obesità e dell'obesità addominale, a causa del loro ruolo nel cervello e nella distribuzione del grasso. Questo studio fornisce preziose informazioni per gli operatori sanitari che trattano le donne di mezza età, perché implica che il rapporto altezza-vita potrebbe essere un buon indicatore per valutare i pazienti per l'ansia", ha detto Joann Pinkerton, direttore esecutivo della North American Menopause Society.

Potrebbe essere l’osso sub-condrale il vero bersaglio per rallentare la progressione dell’artrosi di ginocchio.

(da Univadis)  Negli ultimi anni molti lavori hanno evidenziato come un anomalo riassorbimento osseo a livello dell’osso subcondrale possa giocare un ruolo fondamentale nella patogenesi e nella progressione della malattia artrosica. Tuttavia gli studi in cui sono stati utilizzati farmaci anti-riassorbitivi hanno dato risultati contrastanti. A questi studi si aggiunge oggi quello di Neogi e collaboratori che ha valutato l’effetto dei bisfosfonati sul rischio di andare incontro ad un intervento di sostituzione protesica di ginocchio.
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Vitamina D, i medici endocrinologi fanno chiarezza in un documento di consenso

(da Doctor33)   Un riferimento per la comunità scientifica per quanto riguarda il trattamento delle carenze di vitamina D, per fare chiarezza sull'argomento nell'ottica della medicina basata sulle evidenze. Viene così presentato il documento di consenso preparato da un gruppo di esperti dell'Associazione Medici Endocrinologi (AME) e pubblicato su Nutrients. Gli esperti del gruppo di lavoro sottolineano che l'attuale limite di 30 ng/dl che definisce un'insufficienza di vitamina D non è adeguato. «A nostro avviso, tale limite andrebbe rivalutato in quanto troppo alto, soprattutto in assenza di forti evidenze scientifiche. L'adozione di tale livello costituisce uno dei motivi per cui si finisce per dichiarare "carenti di Vitamina D" tanti soggetti che poi probabilmente non lo sono. Nella consensus abbiamo ritenuto più opportuno definire ridotti i valori di vitamina D quando essi sono chiaramente al di sotto di 20 ng/dl» afferma Roberto Cesareo, dell'Ospedale S.M. Goretti di Latina, autore principale dello studio.  I ricercatori chiariscono poi che, pur essendo attualmente disponibili dati che associano la carenza di vitamina D a malattie diverse da quelle osteoporotiche, non si conoscono i dosaggi necessari di integrazione per ridurre l'incidenza di tali patologie, ed è quindi bene procedere con cautela per evitare prescrizioni di fatto inutili. Inoltre, il documento ricorda che anche se la prevenzione dell'ipovitaminosi deve passare attraverso l'adozione di un corretto stile di vita, la luce solare nel nostro paese non contiene una radiazione UVB sufficiente a far produrre vitamina D nella cute per molti mesi all'anno (autunno e inverno). L'analisi si sposta poi sulle molecole prescritte come integrazione. La forma inattiva della vitamina D, il colecalciferolo, è la più utilizzata, viene solitamente prescritta sotto forma di gocce o flaconcini e deve essere attivata prima nel fegato e poi nel rene. Altre molecole, come il calcefidolo, sono già parzialmente attive al momento dell'assunzione e generalmente non causano particolari effetti indesiderati. I metaboliti del tutto attivi sono invece utilizzati solo in pazienti con insufficienza renale o carenza di ormone paratiroideo, e possono causare un aumento del rischio di ipercalcemia. (Nutrients 2018. doi: 10.3390/nu10050546   http://www.mdpi.com/2072-6643/10/5/546)

FNOMCeO, no a tentativi di imporre ‘visite a cronometro’

(da AdnKronos Salute)  "Ribadiamo con fermezza il nostro no a ogni forma di tempario o minutaggio per le visite mediche ambulatoriali". Così il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, si è espresso oggi, a margine della riunione del Comitato centrale, in merito alla ricerca condotta da Cittadinanzattiva sulle 'visite a cronometro', imposte per decreto in diverse Regioni e poi bocciate, nel Lazio, dal Tar. "Questi provvedimenti, secondo un’indagine di Cittadinanzattiva, sarebbero presenti in almeno quattro Regioni, mentre in altre si tenterebbe di introdurli".  Ma "la diagnosi, la prescrizione, la terapia sono atti medici che hanno le loro basi nell’autodeterminazione del professionista. Lo scrive a chiare lettere il nostro Codice deontologico, lo ha ribadito recentemente il Tar del Lazio, che ha dichiarato illegittimi questi provvedimenti", afferma Anelli. Secondo i risultati del sondaggio, oltre allo stesso Lazio, anche Liguria, Marche e Molise avrebbero già introdotto i 'tempari', mentre i tentativi di Toscana e Sardegna sarebbero bloccati dalla sentenza del Tar.  "Il nostro Codice afferma anche un altro concetto, che ora, dopo la promulgazione della Legge219 del 2107 sul consenso informato e le dichiarazioni anticipate di trattamento, che lo ha ripreso e fatto suo, è obbligo di legge: quello secondo il quale il tempo dedicato alla comunicazione è parte integrante e irrinunciabile del tempo di cura - continua Anelli - La relazione di cura non può andare 'a ore'. La medicina non può essere una catena di montaggio, dove il medico è un mero esecutore, legato a obiettivi di produzione. Sosteniamo il segretario generale del Sumai, Antonio Magi, nel chiedere l’istituzione di un’anagrafe nazionale, per monitorare il fenomeno che sembrerebbe essere ulteriore fonte di disuguaglianza tra Regione e Regione, tra Asl e Asl".

Articolo 58 Codice Deontologico e sue applicazioni pratiche

Cari colleghi iscritti, è dovere di questo Consiglio Direttivo ricordare a tutti il testo dell'Articolo 58 del vigente Codice Deontologico, un tempo intestato "Rispetto Reciproco" ed ora intitolato "Rapporti tra colleghi". Il suo testo è questo sotto:

Il medico impronta il rapporto con i colleghi ai principi di solidarietà e collaborazione e al reciproco rispetto delle competenze tecniche, funzionali ed economiche, nonché delle correlate autonomie e responsabilità. 

Il medico affronta eventuali contrasti con i colleghi nel rispetto reciproco e salvaguarda il migliore interesse della persona assistita, ove coinvolta.

Il medico assiste i colleghi prevedendo solo il ristoro delle spese.

Il medico, in caso di errore professionale di un collega, evita comportamenti denigratori e

colpevolizzanti.

Ricordiamo che le norme deontologiche non riguardano soltanto la vita professionale del medico, ma incidono su tutta la sfera comportamentale del professionista, inclusi i rapporti con le autorità , con i cittadini e con i colleghi.

Troppo spesso siamo coinvolti in conversazioni di lavoro o amicali durante le quali un medico lamenta che un collega ha esternato un giudizio spiacevole sul suo operato durante una consulenza o una visita, mettendo a repentaglio la relazione di cura tra medico e paziente.

Altre volte dei nostri iscritti riferiscono che per loro necessità si sono dovuti sottoporre a visite o indagini da colleghi e per esse è stato richiesto il pagamento completo della prestazione.

Corre l'obbligo di ricordare a tutti quanto sia importante e qualificante, soprattutto ai tempi odierni, il reciproco rispetto e la salvaguardia dei rapporti professionali.

E uno dei modi da sempre più corretti per mantenere un buon rapporto con i colleghi, ai sensi dell'Art. 58, è quello di evitare commenti negativi sulla loro professionalità e anche di evitare di richiedere il pagamento di tariffe professionali a colleghi o a loro parenti stretti che si rivolgono a noi per le loro necessità di salute.

Sappiamo bene quanto sia difficile, e a volte impossibile, erogare una prestazione professionale in regime di completa gratuità, soprattutto per i colleghi dipendenti ospedalieri o per coloro che si avvalgono di strumentazioni costose o dell'opera di collaboratori esterni, ma ricordiamo che nel testo del citato Art. 58 è scritto espressamente che si può chiedere il completo ristoro delle spese, e questo, solo questo, speriamo sia richiesto da ora in poi a tutti i colleghi che richiedono la nostra opera per se stessi o per i loro familiari

                                                                                   Il Consiglio Direttivo OMCeO Forlì-Cesena

Sindrome della bocca che brucia. Qual è il trattamento più efficace?

(da Odontoiatria33)  La sindrome della bocca che brucia (BMS)è caratterizzata dalla presenza di dolore orofacciale cronico nonostante l'assenza di qualsiasi lesione visibile nella mucosa orale del paziente. La BMS si manifesta come un dolore o una sensazione di bruciore, di origine sconosciuta, che colpisce i tessuti molli orali, più comunemente la lingua, ma anche le labbra, il palato, le gengive e la mucosa buccale, e meno frequentemente il pavimento della bocca e l'orofaringe. Date le difficoltà incontrate dai professionisti nel comprendere l'eziologia di questa sindrome, un trattamento adeguato diventa difficile e in letteratura sono disponibili diverse opzioni terapeutiche.

Tipologia di ricerca e modalità di analisi  In una recentissima revisione pubblicata su Clinical Oral Investigations di giugno 2018 si cerca di dare risposta alla domanda: qual è il miglior trattamento per la BMS?  Gli autori della revisione hanno eseguito una ricerca bibliografica tramite i database PubMed, Embase e SciELO degli studi clinici randomizzati pubblicati tra il 1996 e il 2016 sull’argomento. Sono stati selezionati tutti gli studi clinici randomizzati che riportassero gli effetti dei diversi trattamenti per la BMS. I dati ottenuti dagli articoli selezionati sono stati inseriti in tabelle per le analisi successive, suddivisi in cinque sottocategorie in base al tipo di trattamento valutato.

Risultati  In seguito all'applicazione dei criteri di inclusione ed esclusione, 29 studi sono stati analizzati e suddivisi in cinque sottocategorie in base al tipo di trattamento descritto:

trattamento con farmaci antidepressivi;

trattamento con acido alfa-lipoico;

trattamento con agenti fitoterapici;

trattamento con agenti analgesici e antinfiammatori;

trattamento con terapie non farmacologiche.

In ciascuna categoria i risultati rilevati sono stati confrontati per quanto riguarda la metodologia utilizzata, la dimensione del campione, il metodo di valutazione, la presenza o l'assenza di effetti avversi e gli esiti del trattamento.

Conclusioni  L'analisi ha rivelato che il trattamento a base di antidepressivi e di acido alfa-lipoico ha mostrato risultati promettenti.

Implicazioni cliniche   Sono necessari ulteriori studi a conferma dei dati emersi da questa revisione prima di poter disporre di una strategia di trattamento di prima scelta per i pazienti colpiti da BMS.

(Isadora Follak de Souza, Belkiss Câmara Mármora, Pantelis Varvaki Rados, Fernanda Visioli. Treatment modalities for burning mouth syndrome: a systematic review. Clinical Oral Investigations 2018;22(5):1893-1905.)

Il sangue occulto nelle feci è marker di molte patologie

(da M.D. Digital)  La presenza di sangue occulto nelle feci è collegata a un aumentato rischio di morte per tutte le cause: lo rivela una ricerca pubblicata su Gut. Oltre che alla presenza di tumore intestinale, rivela una correlazione con una maggiore mortalità per malattie circolatorie, respiratorie, digestive, ematiche, ormonali e neuropsicologiche e altri tipi di tumore.  Era già emerso da precedenti studi che la presenza di sangue nelle feci potrebbe essere un fattore predittivo in relazione all'aspettativa di vita, indipendentemente dalla sua associazione con il tumore intestinale.
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I lavori stressanti sono associati a un rischio più elevato di fibrillazione atriale

(da Fimmg.org)   Un lavoro stressante è associato a un rischio più alto di fibrillazione atriale, secondo un recente studio pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology, periodico dell’European Society of Cardiology (ESC). I lavori stressanti (es. quelli svolti da addetti alla catena di montaggio, conducenti di autobus, segretari e infermieri) sono psicologicamente impegnativi e portano i dipendenti a un controllo limitato del loro lavoro. La ricerca, adattata per età, sesso e istruzione, ha rilevato che l’essere stressati durante il lavoro era associato a un rischio del 48% di fibrillazione atriale rispetto a non esserlo, per motivi di lavoro.

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Il burnout nei medici contribuisce pesantemente agli errori sul lavoro

(da Doctor33)    Gli errori commessi sul lavoro sono si associano al burnout dei medici tanto quanto le condizioni ambientali non sicure, se non di più. È quanto affermano i ricercatori della Stanford University School of Medicine in uno studio pubblicato su Mayo Clinic Proceedings.«Se stiamo cercando di massimizzare la sicurezza e la qualità delle cure mediche, dobbiamo affrontare il problema dei fattori nell'ambiente di lavoro che portano al burnout tra i nostri fornitori di assistenza sanitaria» spiega TaitShanafelt, dello Stanford WellMD Center, che ha guidato il gruppo di studio. I ricercatori hanno inviato un questionario ai medici in pratica attiva negli Stati Uniti, richiedendo informazioni riguardo alla loro salute e ai livelli di sicurezza degli ambienti dove lavoravano. Su 6.695 professionisti che hanno risposto, il 55% ha riferito sintomi di burnout e il 10% ha ammesso di essere incappato in almeno un grave errore medico durante i tre mesi precedenti.  I medici con burnout avevano più del doppio delle probabilità di auto-segnalazione di un errore medico, dopo aggiustamento per specialità, ore di lavoro, stanchezza e classificazione di sicurezza dell'unità di lavoro. D'altra parte, bassi giudizi della sicurezza nell'ambiente di lavoro erano legati a probabilità di errore medico aumentate da tre a quattro volte.«Questo indica che sia il livello di burnout sia le caratteristiche di sicurezza delle unità di lavoro sono indipendentemente correlati al rischio di errori» spiega Shanafelt. Lo studio però va oltre, e mostra anche che i tassi di errori medici possono essere addirittura triplicati nelle unità di lavoro classificate come estremamente sicure, se i medici che lavorano in quelle unità hanno alti livelli di burnout, indicando che il burnout potrebbe essere una causa ancora più importante di errore medico rispetto a una scarsa sicurezza. Oltre al loro effetto sui pazienti, sia gli errori che il burnout possono avere anche seri effetti personali per i medici.«Sappiamo, anche da nostri precedenti lavori, che sia il burnout che gli errori medici raddoppiano il rischio di pensieri suicidari tra i medici. Questo contribuisce al più alto rischio di morte per suicidio tra i medici rispetto ad altri professionisti»concludono gli autori.  (Mayo Clinic Proceedings 2018. Doi: 10.1016/j.mayocp.2018.05.014. https://www.mayoclinicproceedings.org/article/S0025-6196(18)30372-0/fulltext)  

Morbo di Parkinson e alterate funzionalità motorie della lingua

(da Odontioiatria33)   Nel morbo di Parkinson (PD) la disfagia appare con la progressione della malattia. La gravità della disfagia non è sempre però correlata con la gravità del morbo secondo la classificazione di Hoehn e Yahr (H&Y).  Una semplice e quantificabile valutazione della deglutizione per la diagnosi precoce della disfagia è utile per conoscere l'effetto terapeutico dei farmaci e della riabilitazione.  La pressione di contatto tra il palato e la lingua dà il massimo contributo al trasferimento del bolo nella fase orale della deglutizione. Sebbene la disfagia sia un problema potenzialmente letale nei pazienti con malattia di Parkinson, la fisiopatologia della disfagia orofaringea deve ancora essere compresa fino in fondo. Tipologia di ricerca e modalità di analisi  In uno studio eseguito presso l’Ospedale Universitario di Osaka e pubblicato sul Journal of Oral Rehabilitation di giugno 2018 viene indagata la funzione motoria della lingua durante la deglutizione in relazione alla disfagia e alla gravità del morbo di Parkinson (PD).  Trenta pazienti con PD (14 maschi e 16 femmine; età media 69,4 anni), stadio II-IV di PD in base alla classificazione di Hoehn e Yahr, sono stati inclusi nello studio. La pressione della lingua sul palato duro è stata misurata durante la deglutizione di 5 ml di acqua, utilizzando un foglio sensore con 5 punti di rilevamento.  Il valore massimo della pressione della lingua in ciascun punto di misurazione durante la deglutizione è stato confrontato tra pazienti con PD e i soggetti controllo sani. Una valutazione soggettiva della disfunzione orofaringea è, inoltre, stata condotta utilizzando il questionario Swallowing Disturbance Questionnaire.   Risultati   La massima pressione della lingua in ciascun punto di misurazione è risultata significativamente più bassa nei pazienti con morbo di Parkinson (PD) rispetto ai controlli sani. Inoltre, la pressione massima della lingua si è rivelata significativamente più bassa nei pazienti con PD disfagici rispetto ai soggetti con PD non disfagici.  La perdita di produzione di pressione della lingua presso la parte anteriore del palato duro è altresì risultata fortemente correlata alla disfagia nella fase faringea.  Conclusioni    I risultati di questo studio suggeriscono che nei pazienti con morbo di Parkinson disfagici si ha una tensione massima diminuita della pressione della lingua, un raggio di movimento ridotto e un’abilità motorie della lingua che si manifestano come schemi anormali portando a una deglutizione frammentaria.   Implicazioni cliniche  I risultati suggeriscono che la misurazione della pressione della lingua sul palato duro durante la deglutizione potrebbe essere utile per l’individuazione precoce e quantitativa della disabilità motoria della lingua durante la deglutizione nei pazienti affetti da morbo di Parkinson.

(Minagi Y, Ono T, Hori K, Fujiwara S, Tokuda Y, Murakami K, Maeda Y, Sakoda S, Yokoe M, Mihara M, Mochizuki H.Relationships between dysphagia and tongue pressure during swallowing in Parkinson's disease patients. J Oral Rehabil 2018 Jun;45(6):459-66 )

 

Vaccini, Rapporto Aifa fa il punto su reazioni avverse. Nessun problema di sicurezza

(da Doctor33)    Circa l'80% delle segnalazioni di sospette reazioni avverse da vaccini insorte nel 2017 sono state classificate come "non gravi" in linea con gli anni precedenti. È quanto emerge dal Rapporto Vaccini 2017 dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), che descrive gli episodi inseriti nel 2017 nella Rete nazionale di farmacovigilanza (Rnf), comprese le reazioni insorte negli anni precedenti. Le segnalazioni per vaccini (6.696) rappresentano il 16% delle segnalazioni totali per farmaci e vaccini inserite nel 2017 e provengono principalmente da personale sanitario non medico (57%). Seguono le segnalazioni dei medici (21,4%) e dei cittadini/pazienti (13,2%). 

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Da ENPAM contributo per i figli degli iscritti

L’ENPAM mette a disposizione dei figli dei suoi iscritti un contributo annuale di 5 mila euro per frequentare un collegio universitario di merito. La novità di quest’anno, che si aggiunge alle borse di studio già esistenti per gli orfani, riguarda –si legge in una nota- la possibilità di essere ospitati in una delle strutture residenziali riconosciute dal Miur, destinate a studenti delle università italiane statali e non statali. Per poter accedere è necessario superare una selezione e avere un curriculum di studi eccellente. Il bando riguarda 50 collegi universitari di merito distribuiti in 15 città universitarie italiane.  Oltre ad affiancare il percorso universitario del singolo studente con un tutorato altamente qualificato, ogni convitto sviluppa un programma extracurricolare specifico per favorire l’acquisizione di più competenze e valorizzare quindi particolari meriti e abilità. Le borse messe a bando dalla Fondazione ENPAM nel 2018 hanno uno stanziamento complessivo di 100mila euro e prevedranno un contributo fino a 5mila euro all’anno per studente per tutta la durata del corso universitario, se verranno soddisfatti i requisiti richiesti. Si darà priorità a chi si iscrive ai corsi di laurea in medicina e in odontoiatria, senza escludere eventuali altri corsi nel caso restino sussidi disponibili.  L’obiettivo della Fondazione è infatti quello di incentivare il ricambio generazionale e di favorire i giovani che decidono di intraprendere la professione del medico o del dentista.  “Studiare costa sacrifici in termini di impegno e di costi per la famiglia – ha commentato il presidente Alberto Oliveti– . Con quest’iniziativa vogliamo investire nel nostro futuro, favorendo il ricambio generazionale con particolare riguardo per i medici e i dentisti di domani. Tuttavia, in un’ottica di Adepp, pensiamo anche alle altre professioni”.   Potranno fare domanda gli iscritti attivi e pensionati, in regola con i versamenti contributivi, con un reddito non superiore a 8 volte il minimo Inps. Gli studenti non dovranno avere più di 26 anni.  L’apertura del bando dell’Enpam è concomitante all’avvio delle selezioni per i collegi. Si potrà infatti fare domanda a partire dalle ore 12 del 17 settembre fino alle ore 24 del 26 ottobre.  La domanda dovrà essere presentata insieme a tutti i documenti richiesti dal Bando direttamente dall’area riservata del sito dell’ENPAM. Ulteriori informazioni sono consultabili a https://www.enpam.it/comefareper/chiedere-un-aiuto-economico/borse-di-studio/collegidimerito

L’assunzione di alcolici aumenta la pressione sanguigna, ecco le categorie più a rischio

(da Doctor33)   Secondo due studi pubblicati sul Journal of American Heart Association, esistono effetti dannosi dell'assunzione di alcol sulla pressione sanguigna in proporzione alla quantità di alcol consumata, e questi effetti si vedono in particolare negli uomini. Nel primo studio, una metanalisi comprendente oltre 360.000 adulti e 90.000 nuovi casi di ipertensione, i ricercatori hanno osservato che gli uomini che assumevano una media di uno o due drink al giorno presentavano un aumento del rischio di ipertensione rispetto a quelli che non bevevano (rischio relativo [RR]: 1,2), e che l'aumento del rischio era maggiore man mano la quantità di alcol cresceva. «Sebbene sia ben noto che il consumo elevato di alcol aumenti il rischio di ipertensione, il rischio associato a bassi livelli di assunzione di alcol negli uomini e nelle donne non era ben chiaro» spiega il primo autore del lavoro Michael Roerecke, della University of Toronto in Canada.  Tra le donne, in realtà, il rischio di ipertensione iniziava ad aumentare con tre o più bevande al giorno. Il secondo studio riguardava 4.700 adulti di età compresa tra i 18 e i 45 anni che avevano risposto a un sondaggio sul binge drinking. «I tassi di prevalenza del binge drinking sono più alti nei giovani adulti; tuttavia, si sa poco sugli effetti di questa pratica sulla pressione sanguigna e su altri parametri di salute cardiovascolare» afferma Mariann R. Piano, della Vanderbilt University School of Nursing, Nashville, prima autrice dello studio. Circa il 25% degli uomini e il 12% delle donne hanno segnalato di aver vissuto episodi di binge drinking più di 12 volte nell'anno prima del sondaggio e il 29% degli uomini e il 25% delle donne ha riferito di averlo fatto da una a 12 volte. Dopo aggiustamento per più fattori confondenti, gli uomini che seguivano questa abitudine hanno mostrato una pressione sistolica più elevata rispetto ai non bevitori, e coloro che avevano bevuto in maniera esagerata per 12 volte in un anno hanno raggiunto una pressione sistolica più alta di quelli che lo avevano fatto meno frequentemente (122 rispetto a 119 mmHg). Questo tipo di associazione non è stata osservata tra le donne. «In definitiva, il nostro lavoro si deve concentrare sul responsabilizzare una persona in modo che prenda una decisione informata sul suo livello di assunzione di alcol e su come ciò possa influenzare la sua salute a breve e a lungo termine» scrive Steven Bell, della University of Cambridge, in un editoriale di accompagnamento. (J Am Heart Assoc 2018. Doi: 10.1161/JAHA.117.008202 http://jaha.ahajournals.org/content/7/13/e008202  J Am Heart Assoc 2018. Doi: 10.1161/JAHA.118.008733 http://jaha.ahajournals.org/content/7/13/e008733  J Am Heart Assoc 2018. Doi: 10.1161/JAHA.118.009698  http://jaha.ahajournals.org/content/7/13/e009698 )

Farsi visitare sempre dallo stesso medico allunga la vita

(da Quotidiano Sanità  e Reuters Health)   Avere lo stesso medico nel corso degli anni aiuterebbe le persone a vivere più a lungo. A suggerirlo è uno studio internazionale coordinato da Denis Pereira Gray, del St. Leonard’s Practice di Exeter, nel Regno Unito. I risultati della ricerca sono stati pubblicati da 'BMJ Open'. Lo studio. Gli autori hanno esaminato 22 studi relativi sia a medici di base, sia a specialisti. Diciotto delle ricerche hanno rilevato che un’associazione tra maggiore continuità assistenziale e minore mortalità. Tre studi, invece, non hanno trovato alcuna associazione, mentre uno studio basato su richieste di risarcimento dalle assicurazioni ha collegato, viceversa, una maggiore continuità delle cure a un aumento della mortalità. Le conclusioni. 
In realtà, date le ampie variazioni tra gli studi, non è stato possibile combinare i dati per quantificare l’effetto complessivo della continuità dell’assistenza sulla mortalità, ma, secondo Pereira Gray, ” i risultati dimostrano comunque che la continuità assistenziale è da perseguire e i sistemi sanitari nazionali dovrebbero favorirla”. Il motivo di questa associazione potrebbe essere duplice: “prima di tutto pensiamo che i pazienti parlino più liberamente con i medici che conoscono, anche di argomenti imbarazzanti. Quindi, il medico avrà una migliore comprensione e una migliore informazione e sarà in grado di adattare consigli e informazioni a ciascun paziente”.
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