Obbligo di POS e multa di 30 euro per i medici che non accetteranno il pagamento

(da DottNet e Fimmg.org)    Alla fine la sanzione è stata confermata: i medici, e i professionisti in genere nonché negozianti e altre figure, che non accetteranno il bancomat o la carta di credito per i pagamenti, anche se si tratta di un caffè, avranno una multa di 30 euro. L'obbligo del POS, pur essendo stato introdotto già da parecchio tempo, non aveva prodotto grandi risultati poiché finora era mancato un sistema sanzionatorio finalizzato ad incentivare l'uso della moneta elettronica.

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Età pensionabile, Anaao: medici fanno lavoro usurante. Deroghe anche per loro

(da Doctor33)  Quelle degli infermieri sono attività usuranti, quelle dei medici no. A questa conclusione si arriva se si scorre l'elenco delle categorie di lavori usuranti per le quali il Governo ha prospettato deroghe all'innalzamento dell'età pensionabile. Lo sottolinea una nota di Anaao Assomed che osserva come non siano chiari «i criteri oggettivi di analisi dell'usura lavorativa, al di là della tradizionale distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale».  «Tra le attività usuranti» sottolinea la nota «sono, giustamente, comprese quelle degli infermieri impegnati nei turni o nelle sale operatorie ma, con un salto illogico, ne sono esclusi i Medici, impegnati negli stessi turni e frequentatori abituali delle stesse sale operatorie. Eppure il loro lavoro è obbligato ad essere performante, perché con la salute delle persone, che non è una merce, non si può scherzare, e la responsabilità di decisioni vitali da assumere in frazioni di secondo costa "fatica", malgrado il progresso della tecnica e delle conoscenze, o forse anche a causa sua». «I medici» continua la nota Anaao «non sono secondi a nessuno per l'impegno in turni, guardie, reperibilità, lavoro notturno e festivo, esposizioni a rischi, stress psicofisico. E, a differenza degli infermieri, il cui orario di lavoro settimanale è pari a 36 ore, hanno un debito orario di 38 ore settimanali, in molti ospedali superato per quasi un mese all'anno con ferie non godute che si misurano cumulativamente in anni. Non a caso la comunità europea ha richiamato l'Italia al rispetto dell'orario massimo di lavoro per i medici italiani. Non può essere accettata una ennesima e immotivata discriminazione, che non tiene conto nemmeno della sicurezza delle cure rese ai cittadini, per pregiudizio ideologico e sistematica avversione ai Medici italiani che già hanno la più alta età media al mondo e che, unici in tutto il pubblico impiego, sono costretti al lavoro notturno fino quasi a 70 anni. Ad onta di evidenze scientifiche che hanno più volte segnalato il disagio lavorativo dei medici, sempre silenziato quando si parla di benefici previdenziali, e del fatto che l'età anagrafica dei curanti non è una variabile estranea o "indipendente alla efficacia ed alla sicurezza delle cure. La verità» conclude la nota «è che i Medici pubblici sono davvero stanchi, non solo sul piano fisico ma soprattutto su quello della tenuta dell'assetto psichico ed emotivo, necessari a prendersi cura degli altri. E stanchi di essere considerati dalla Politica l'ultima ruota del carro rispetto non solo al rinnovo del Ccnl, avviato per tutti ma non per loro, ma anche ad una età di quiescenza che disconosce la gravosità e la rischiosità del loro lavoro. Il Governo rifletta bene. Non riconoscere il lavoro usurante dei Medici porta all'usura l'intero Ssn».

Troppi farmaci a over 65, inutile 1 su 4: arriva un algoritmo

(da DottNet)    Cinque milioni di anziani ogni anno vengono ricoverati per diverse patologie, e ogni volta che lasciano l'ospedale si ritrovano con due nuove prescrizioni di farmaci che si aggiungono a quelli che già assumono. Con il risultato che si passa da una media di cinque a ben sette medicinali da prendere ogni giorno. Così nel giro di tre mesi, a un over 65 su cinque serve un nuovo ricovero per 'eccesso di pillole', da cui esce con altri farmaci: un serpente che si mangia la coda e provoca oltre un milione e mezzo di ricoverati ogni 12 mesi. Non solo, in due milioni sperimentano ogni anno una reazione avversa da farmaci, con conseguente aumento di visite mediche e specialistiche. L'allarme arriva dagli esperti riuniti per il Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Interna, Simi, a Roma dal 27 al 29 ottobre e che da quella sede lanciano un innovativo progetto per tagliare i farmaci inutili in collaborazione con l'Istituto Mario Negri, Policlinico di Milano e il Policlinico di Bari. Proprio dai dati di uno studio dell'Istituto Mario Negri viene fuori che grazie all'uso del software INTERcheck, la probabilità di essere esposti a farmaci potenzialmente inappropriati passa dal 42 al 12%, mentre il rischio di interazioni scende dal 59 al 33%.   Un ausilio, questo, importante per medici e pazienti poichè inserendo nel sistema i medicinali assunti e portati con sè dai pazienti, indica immediatamente se vi sia la possibilità di interazioni e segnala le possibili prescrizioni inutili, oltre ad abbattere i costi che oggi sfiorano i 16 miliardi. Insomma, il 25% dei farmaci sarebbe evitabile, così come il 55% dei ricoveri - dicono dalla Simi - migliorando l'appropriatezza nelle prescrizioni. Ecco perchè nasce il Progetto De-prescribing che ha l'obiettivo di ridurre e sospendere le 'pillole inutili' e che coinvolgerà oltre 300 tra medici di medicina generale, internisti e geriatri ospedalieri.  "Il ricovero è un momento cardine ma oggi, anziché essere l'occasione per una revisione critica delle terapie è purtroppo una circostanza in cui il carico di farmaci aumenta", osserva Franco Perticone, presidente Simi. Alessandro Nobili dell'Istituto Negri rincara la dose: "Stiamo cercando di individuare i metodi più efficaci per interrompere la 'cascata prescrittiva' di cui sono vittime gli anziani, anche perché al crescere del numero di farmaci diminuisce fino al 70% l'aderenza alle cure con conseguenze molto negative per la salute dei pazienti".

Farmaci e guida, è bassa la consapevolezza dei possibili rischi

(da M.D.Digital)   Una consistente proporzione di soggetti che fa uso farmaci potenzialmente in grado di compromettere la sicurezza alla guida non è sufficientemente conscia dei possibili rischi. Uno studio pubblicato su Journal of Studies on Alcohol and Drugs ha stabilito che circa il 20% dei soggetti con recente prescrizione di queste classi di farmaci non presta attenzione al rischio e questo nonostante abbiano ricevuto informazioni in merito dal proprio medico o dal farmacista, e che la necessità di cautela sia riportata nel foglietto illustrativo. Le percentuali di coloro che hanno dichiarato di aver ricevuto un avvertimento da una di queste fonti variano per tipo di medicinali: 86% per i sedativi, 85% per gli analgesici narcotici, 58% per gli stimolanti e 63% per gli antidepressivi.  Il dato proviene da una survey condotta nel 2013-2014 che ha voluto valutare l'uso di droghe e di farmaci in relazione alla guida di veicoli. Poichè non è stato chiarito se i partecipanti alla survey avevano ricevuto avvertimenti o se li avevano ricevuti ma poi avevano ignorato le informazioni gli autori sottolineano la necessità di approfondire ulteriormente l'argomento.  Nello studio in oggetto è stato anche approfondito se il tipo di farmaco si correlava alle percezioni dei conducenti circa il livello di rischio ed è emerso che i farmaci ipnoinducenti erano considerati più pericolosi e maggiormente influenzare una guida sicura, con maggiori probabilità di procurare incidenti ed esswre gravati da oneri penali, seguiti da morfina/codeina, amfetamine e rilassanti muscolari. I farmaci per la terapia del disturbo di iperattività e deficit di attenzione (ADHD) sono stati considerati come i meno probabili a rappresentare un rischio per la sicurezza alla guida. Tuttavia, commentano ancora gli autori, il solo fornire informazioni sui rischi associati potrebbe non essere sufficiente a ridurre il fenomeno e ipotizzano che un aiuto in tal senso potrebbe derivare dall'instaurare misure deterrenti analogamente a quanto stabilito per chi guida in stato di ebbrezza. (Pollini RA, et al, Receipt of Warnings Regarding Potentially Impairing Prescription Medications and Associated Risk Perceptions in a National Sample of U.S. Drivers. Journal of Studies on Alcohol and Drugs 2017; DOI: 10.15288/jsad.2017.78.805)   

Arriva il decalogo dei diritti e doveri del cittadino paziente

(da DottNet)  Non c’è niente che possa sostituire il contatto medico-paziente. Un rapporto che incide fortemente sull’aderenza alle terapie, ma che nel tempo si sta sempre più corrodendo. In questo contesto si inserisce la campagna ‘cura di coppia’, lanciata da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato presso la Fnomceo, con la realizzazione di un decalogo con 10 consigli per il medico e altrettanti per il paziente (http://www.dottnet.it/file/93196/decalogo-medico-paziente/)    
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Convegno Enpam: “Previdenza e Welfare guardando al futuro” Sabato 11 novembre p.v. dalle ore 8.30 alle ore 12.30

Caro Collega, siamo giunti all’annuale incontro di aggiornamento sul sistema previdenziale sanitario organizzato in collaborazione con la Fondazione Enpam. Si svolgerà SABATO 11 NOVEMBRE p.v. dalle ore 8.30 alle ore 12.30 presso la Sala Conferenze dell’Ordine in V.le Italia 153 scala C a Forlì ed avrà per titolo "Previdenza e Welfare guardando al futuro" L’evento è rivolto a tutti i Medici e gli Odontoiatri che svolgono attività professionale sotto forma di lavoro autonomo, convenzionato e dipendente e ha lo scopo di illustrare il sistema di previdenza e welfare dell’ENPAM, con un linguaggio semplice che consenta la migliore comprensione delle problematiche. Saranno illustrate le possibilità per incrementare facoltativamente la propria rendita pensionistica (riscatto di laurea, specializzazione, servizio militare, riscatto di allineamento, aliquota modulare, ricongiunzione). Si cercherà di dare risposte alle  numerose richieste di chiarimenti in ordine al cumulo dei periodi assicurativi anche a seguito dell'emanazione, da parte dell'lNPS, delle Circolari applicative n. 60 del 16/03/2017 e n. 140 deI12/10/2017. Un approfondimento sarà dedicato alla previdenza complementare, funzionale all’esigenza di garantire un’integrazione a fronte della progressiva riduzione della copertura pensionistica da parte della previdenza obbligatoria. E' un Convegno importante per il Vostro futuro, per il quale sono stati richiesti anche i crediti ECM. Vi attendo numerosi e Vi saluto cordialmente. Il Presidente Dott. Michele Gaudio Programma

Test pre-vaccinali, da Fnomceo indicazioni tecniche per supportare Mmg e pediatri

(da https://portale.fnomceo.it)    Faccio seguito una serie di comunicazioni relative a richieste di esami diagnostici che vengono presentate ai pediatri e ai medici di medicina generale da parte di genitori contrari alle vaccinazioni.   Al fine di supportare i colleghi che si trovano a fronteggiare tali episodi, peraltro sempre più ricorrenti, ritengo opportuno fornire le seguenti indicazioni tecniche, formulate a seguito di un diretto confronto con la competente Direzione generale della prevenzione del Ministero della salute. In via preliminare, e per fugare ogni non giustificata resistenza alle pratiche vaccinali, ricordo che allo stato attuale delle conoscenze, la richiesta di esami di laboratorio ovvero di altri accertamenti diagnostici da eseguire di routine prima della vaccinazione non ha alcuna giustificazione tecnico-scientifica. Perché siano individuate situazioni di rischio reali, è sufficiente che il pediatra/medico curante svolga le proprie valutazioni sulla base della documentazione medica del minore e che i servizi vaccinali effettuino l’anamnesi pre-vaccinale, anche sulla scorta delle informazioni fornite dai genitori/tutori/affidatari, oltreché attenendosi alla Guida alle controindicazioni, menzionata nella circolare del Ministero della Salute del 16 agosto 2017 Allo scopo, ricordo che nella locuzione “test pre-vaccinali” rientrano: a) test che hanno lo scopo di constatare se un soggetto presenti una situazione patologica tale da rappresentare una controindicazione alla vaccinazione; b) test che avrebbero lo scopo di identificare nel candidato alla vaccinazione, che è in condizione di buona salute, una ipotetica predisposizione ad una reazione avversa alla vaccinazione; c)  test atti a verificare se il soggetto abbia acquisito una immunità naturale permanente da pregressa malattia, in ragione della quale la vaccinazione risulta superflua. Riguardo ai test di cui alla lettera a), non si può non richiamare la già citata Guida alle controindicazioni, adottata e periodicamente aggiornata dal Ministero della salute e dall’Istituto superiore di sanità, che fornisce agli operatori impegnati nella offerta attiva e nella effettuazione delle vaccinazioni tutti gli strumenti utili a valutare le situazioni che si discostano dalla normale pratica quotidiana. Si tratta, in ogni caso, di condizioni cliniche definite estremamente rare, molte delle quali già diagnosticate, e quindi note al medico curante, già prima della vaccinazione. Con riferimento ai test di cui alla lettera b), si rappresenta che alcuni anti-vaccinisti sostengono la necessità di effettuare su tutti i bambini, prima delle vaccinazioni, uno screening genetico, che consentirebbe di riconoscere preventivamente e, di conseguenza, di tutelare quelli a rischio di reazioni avverse. In particolare, tale raccomandazione deriverebbe dal rischio di “slatentizzare” patologie autoimmuni o allergiche per le quali si avrebbe un rischio aumentato, in presenza di un aplotipo HLA ritenuto, appunto, “a rischio” per le stesse. Si sottolinea, al riguardo, che né l’Organizzazione Mondiale della Sanità né altre Istituzioni di rilievo scientifico a livello internazionale raccomandano l’effettuazione di test pre-vaccinali di tale tipo. Inoltre, nessuna delle più importanti società scientifiche europee o americane suggerisce attualmente di sottoporsi a test genetici prima di effettuare le vaccinazioni. In particolare, questa prassi non viene neppure presa in considerazione nell’ultima edizione del Red Book (Rapporto del Committee on Infectious Diseases) che è il principale testo di riferimento per chi lavora in ambito vaccinale. Riguardo al test di cui al punto c), nel ribadire che non tutte le malattie per le quali è stato introdotto l’obbligo vaccinale conferiscono immunità permanente (cfr. circolare del Ministero della salute del 16 agosto 2017), si evidenzia che la vaccinazione di un soggetto che aveva già contratto la malattia naturale non rappresenta assolutamente un rischio aggiuntivo per la sua salute, atteso che la pregressa malattia non costituisce una controindicazione per nessuna vaccinazione. La vaccinazione, infatti, rappresenta solo uno stimolo immunitario che potenzia ulteriormente la capacità di risposta a una potenziale esposizione all’agente patogeno. Il Presidente Roberta Chersevani  

Studio medico: requisiti autorizzativi e di accessibilità

(da Univadis - a cura di Mauro Marin - Direttore di Distretto - Pordenone - aas5 Friuli Occidentale)

Il Consiglio di Stato sezione III° con sentenza n.1382/2017 ha affermato che sulla base della legislazione statale e regionale lo studio medico non attrezzato per l’attività chirurgica non richiede autorizzazione per la sua apertura.  Allo studio del medico di medicina generale non si applica la normativa in merito all’autorizzazione del Sindaco per l’idoneità igienico-sanitaria, né appare essenziale l’eliminazione delle barriere architettoniche in quanto non indispensabile al corretto esercizio dell’attività assistenziale poiché ai sensi dell’art.47 dell’ACN e già dell’art. 33, comma 1, DPR 270/2000 il medico di medicina generale è tenuto a prestare le proprie cure al domicilio dell’assistito su chiamata qualora esso sia non trasportabile o non deambulabile (allegato G e H al DPR n.270/2000).

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Prescrizione inopportuna di antibiotici, interventi di riduzione da considerare nel lungo periodo

(da Doctor33)   Ott 2017   Secondo una ricerca pubblicata su Jama, gli interventi comportamentali volti a limitare la prescrizione inappropriata di antibiotici per le infezioni respiratorie acute negli ambulatori hanno successo, ma gli effetti positivi rischiano di scomparire già nei 12 mesi successivi alla loro interruzione. «La prescrizione antibiotica inadeguata contribuisce allo sviluppo di resistenza e porta a eventi avversi. Il nostro studio randomizzato ha valutato tre interventi comportamentali destinati a ridurre tale abitudine, e ha poi esaminato la persistenza degli effetti 12 mesi dopo aver interrotto gli interventi» spiega Jason Doctor, della University of Southern California di Los Angeles, co-autore della research letter. I ricercatori hanno coinvolto 47 ambulatori di assistenza primaria a Boston e a Los Angeles (per un totale di 248 medici) che sono stati randomizzati per ricevere 1, 2 o 3 interventi nell'arco di 18 mesi. Un quarto gruppo non sottoposto a interventi è servito da controllo. Tutti i medici hanno ricevuto informazioni sulle linee guida per la prescrizione di antibiotici. Due degli interventi comportamentali, entrambi applicati attraverso la cartella clinica elettronica, si attivavano quando il medico prescriveva antibiotici per una infezione respiratoria acuta: uno consisteva in un messaggio automatico che offriva suggerimenti su trattamenti non antibiotici, il secondo richiedeva ai medici di immettere una giustificazione a testo libero per la prescrizione. Il terzo intervento è consistito nell'invio di messaggi mensili che mostravano al medico la propria collocazione nella "classifica" basata sul tasso di prescrizione inappropriata di antibiotici, invitandolo a confrontarsi con i colleghi. L'intervento con richiesta di giustificazione e quello con confronto tra pari hanno avuto un risultato significativo di riduzione delle prescrizioni.  Nei 12 mesi successivi alla fine dell'esperimento, però, il tasso medio di prescrizioni inappropriate è salito dal 6,1% al 10,2% nel gruppo cui era stato chiesto di spiegare la propria prescrizione, e dal 4,8% al 6,3% nel gruppo invitato al confronto tra pari. Quest'ultimo rimaneva nel complesso su un tasso medio inferiore a quello registrato dal gruppo di controllo, mentre il primo gruppo faceva peggio. «Queste conclusioni suggeriscono che le istituzioni che valutano gli interventi comportamentali per influenzare la decisione clinica dovrebbero prendere in considerazione la loro applicazione a lungo termine» concludono gli autori.   (Jama. 2017. doi:10.1001/jama.2017.11152 https://jamanetwork.com/journals/jama/article-abstract/2656800)

Il consumo di caffè è stato associato ad un rischio ridotto di morte per varie cause

(da Cardiolink)  Queste sono le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori di 10 paesi europei coordinati da Marc J. Gunter e Neil Murphy. Non essendo chiara la relazione tra consumo di caffè e la mortalità in varie popolazioni europee con metodi di preparazione variabile del caffè, i ricercatori hanno voluto esaminare se il consumo di caffè è associato a mortalità per tutte le cause o a una mortalità per una causa specifica. È stato eseguito uno studio di coorte prospettico in 10 paesi europei. Sono stati arruolati 521.330 persone nell’EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition). L’Hazard Ratio (HRs) e l’IC 95% sono stimati utilizzando modelli multicondizionati di rischio proporzionale di Cox.
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Fibrillazione atriale, l’uomo colpito dieci anni prima della donna

(da M.D.Digital)  Il sesso maschile, se destinato a sviluppare la fibrillazione atriale, viene colpito dalla patologia molto in anticipo rispetto alla donna, esattamente una decade prima; e l'essere obeso costituisce il principale fattore di rischio. Se non trattata la fibrillazione atriale aumenta il rischio di morte per cause cardiache e di cinque volte quello di ictus. È dunque fondamentale capire meglio quali sono i fattori predisponenti per questa condizione patologica poiché, se correttamente indirizzate, le strategie preventive consentirebbero di ridurre notevolmente l'impatto dei casi fibrillazione atriale di nuova insorgenza e i rischi ad essa connessi.
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Cumulo pensione per i professionisti: i passaggi da seguire

(da DottNet e Ilsole24Ore)  La circolare 140/2017 dell’Inps c'è ed è stata pubblicata lo scorso 12 ottobre, ma non si può ancora accedere alla pensione cumulando i contributi versati in una delle Casse di previdenza dei professionisti con quelli accantonati in altre gestioni. I passaggi mancanti L’Inps, infatti, ha chiarito principalmente, riporta il Sole24ore, alcuni aspetti relativi alle sue modalità di calcolo e di liquidazione della pensione, in particolare quella di vecchiaia ma, sottolinea Alberto Oliveti, presidente Adepp (l’associazione che riunisce la maggior parte delle Casse) e dell'Enpam, la cassa dei medici, «manca tutta la parte operativa. L’ente che istruisce la pratica deve acquisire dagli altri enti coinvolti i periodi contributivi validi ai fini del cumulo e poi deve verificare che il lavoratore abbia effettivamente raggiunto i requisiti. Noi finora abbiamo istruito le domande sulla base dei dati in nostro possesso e abbiamo trasmesso la documentazione all’Inps via pec, però non abbiamo avuto ancora alcun riscontro. Del resto non è pensabile scambiarsi i dati in questo modo e fare i calcoli a mano: serve una procedura informatica che permetta a tutti gli enti di previdenza di condividere le informazioni sui periodi contributivi e che permetta di gestire la pratica in maniera automatizzata, in analogia con quanto già fatto per la totalizzazione. 
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FNOMCeO, no a salute governata da algoritmi

(da AdnKronos Salute)  Un Servizio sanitario nazionale "depauperato di medici, una professione svuotata di competenze e autonomia decisionale, una sanità amministrata dalla politica e governata da algoritmi". A questo quadro dice no il Comitato centrale, l’organo di governo della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), riunito a Salerno.  La Fnomceo ribadisce "il ritiro dei rappresentanti dei medici da tutti i tavoli istituzionali", dopo aver avuto "notizia dell’iter parlamentare del Ddl Lorenzin sulla riforma degli Ordini e del mancato recepimento dell’allarme emerso dal Consiglio nazionale per gli emendamenti gravemente lesivi dell’autonomia degli Ordini e, di conseguenza, della professione, proposti dalla Camera rispetto al testo approvato dal Senato". Per il Comitato centrale, "tali proposte ordinamentali sembrano coerenti con altre prese di posizione del mondo politico, tendenti a contrastare il ruolo svolto dai medici nel Ssn".  "Nonostante le ripetute segnalazioni della Fnomceo, infatti, nessun intervento è stato posto in essere riguardo al progressivo spopolamento della professione, che sta portando al ridimensionamento o alla chiusura di reparti ospedalieri, mentre il rapporto tra medici di famiglia e assistiti nel giro di qualche anno arriverà a un medico ogni 3.000 pazienti. Nel frattempo giungono segnali di nuove proposte per la gestione della cronicità, tendenti a privilegiare Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (Pdta) predefiniti rispetto a piani di assistenza individuali formulati e personalizzati dal medico, in una logica di medicina amministrata costruita al di fuori della professione, sottolinea infine il Comitato centrale ritenendo "doveroso allertare i cittadini sui rischi di un futuro prossimo dell’assistenza sanitaria costruito strutturalmente senza medici e governato da algoritmi".

Il Drammatico costo della inattività fisica in Europa

(da Sporteconomy.it - Andrea Ranaldo)  Si è appena conclusa l’European Week of Sport, un’iniziativa della Commissione europea volta a promuovere lo sport e l’attività fisica in tutto il Vecchio continente, che ha visto la partecipazione di oltre 10 milioni di persone in circa 35 mila eventi ufficiali, caratterizzati dall’hashtag #BeActive.  “Sii attivo”, dunque: e non si tratta affatto di un messaggio banale! L’inattività fisica rischia infatti di essere una delle grandi sfide del futuro, e per sottolinearne l’importanza l’intergruppo Sport del Parlamento europeo ha organizzato, a Bruxelles, un workshop inter istituzionale dal titolo “Sport, Salute e Alimentazione: Benefici e Rischi”. A catalizzare l’attenzione dei presenti sono stati, fin da subito, soprattutto quest’ultimi. Marisa Fernandez Esteban, vicecapo dell’unità “Sport” della Commissione europea, ha sottolineato come nell’UE circa il 6% delle morti annue siano ascrivibili all’inattività fisica.
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Dieci azioni per dare più valore alla vaccinazione antinfluenzale

(da M.D.Digital)    Promuovere e implementare l’accesso alla vaccinazione antinfluenzale e l’appropriatezza nell’utilizzo delle terapie disponibili; perfezionare un modello organizzativo efficiente ed integrato; rafforzare le attività di comunicazione e informazione verso i cittadini e gli operatori sanitari: sono questi in sintesi gli step principali delle 10 linee di azioni  concrete per attuare una prevenzione vaccinale efficace contro l’influenza. È quanto si evidenzia nel documento “Il Valore della vaccinazione antinfluenzale: priorità e azioni concrete per aumentare le coperture e migliorare la salute dei cittadini” presentato a Roma nell’ambito di una conferenza stampa organizzata da The European House-Ambrosetti, con il supporto incondizionato di Sanofi Pasteur, all’Università Cattolica durante la seconda giornata del Congresso Nazionale della SiHTA. In Italia ogni anno l’influenza colpisce circa 4 milioni di persone, per arrivare a 8 milioni negli anni di picco, generando un impatto molto rilevante per il nostro sistema sanitario. “Ogni anno 1 anziano su 2 non è coperto dalla profilassi vaccinale antinfluenzale ed ha un rischio molto elevato di avere complicazioni che portano alla ospedalizzazione e, nei casi più gravi al decesso. Molti studi dimostrano il valore della profilassi vaccinale in generale ed in particolare nel caso dell'influenza non solo per gli anziani, con età superiore a 65 anni ma anche nei pazienti cosiddetti fragili, cioè i cronici (adulti e bambini), gli immunodepressi, le donne in gravidanza e nelle cosiddette categorie a rischio, a partire dagli operatori sanitari. Eppure i dati ci dicono che non vacciniamo soprattutto le categorie dei più fragili. La corretta informazione e il dialogo tra specialisti e medicina del territorio sicuramente è uno dei fattori prioritari su cui agire” - ha affermato  Francesco Vitale, Professore Ordinario di Igiene e Presidente Scuola di Medicina dell’Università degli Studi di Palermo.
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Convegno Regionale AURO.it Emilia Romagna. Milano Marittima (RA) 27,28 ottobre 2017

Per il suo convegno regionale 2017, la Associazione Urologi Italiani - AURO ha scelto degli argomenti estremamente stimolanti e di vasto interesse, anche per i Medici di Medicina Generale, quali le Urgenze urologiche e tutte le embricazioni tra patologia urologiche e sindromi dismetaboliche e vascolari, come si può vedere dal programma allegato.  La partecipazione, gratuita, sarà garantita sino ad esaurimento dei posti disponibili (verrà data precedenza ai soci AURO.it che ne faranno richiesta entro il 5 Ottobre 2017). L’iscrizione online dovrà essere effettuata sul sito www.auro.it/riunioni-regionali (cliccare sulla regione d’interesse e compilare apposita scheda online) oppure contattare la Segreteria Organizzativa sinthesis@uinet.it entro il 23 Ottobre Leggi programma

Certificati sportivi, attenzione: non tutti i medici possono rilasciare quelli non agonistici

(da Doctor33)     Storia di fantasia, ma potrebbe accadere. La scuola di ballo da sala chiede un certificato per lo sport non agonistico al signor Tizio. Che è giovane, non ha fattori di rischio e obietta che la scuola non è gestita da associazione affiliata Coni, quel certificato dal suo medico di famiglia non dovrebbe farlo. L'istruttore gli suggerisce di andare dal medico "qui sotto" che gli rilascerà il certificato a prezzo molto conveniente. La visita si fa, il certificato costa pochi euro, non è richiesto elettrocardiogramma. Ma un giorno il signor Tizio durante una seduta faticosa accusa un problema cardiaco, sta male e non c'è nulla da fare. La scuola tira fuori il certificato medico, ma i carabinieri intervenuti sul posto dicono che non è regolare perché chi lo ha redatto non è né medico di famiglia né pediatra né medico specialista in Medicina dello Sport né iscritto alla Federazione medici sportivi. E tanto meglio per lui se ha rilasciato un certificato "banale" su carta bianca, se avesse redatto il vero certificato per lo sport non agonistico su modello ministeriale sarebbe incorso in rischi anche penali. Così può nascere una grana da una situazione in origine non complessa - la palestra non affiliata CONI non è tenuta a chiedere certificato sportivo salvo che l'assicurazione per tutelarla non gliela chieda.  «Il "decreto del fare" del 2013 esentava dal certificato medico i soggetti praticanti attività ludico motoria non tesserati alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline e agli Enti riconosciuti dal Coni. Ma ciò non vuol dire che le scuole e le palestre non possano continuare a chiedere il certificato non agonistico», dice Guido Marinoni medico di famiglia e segretario Fimmg Bergamo nonché esperto della tematica. «Il medico convenzionato, di fronte alla richiesta del suo assistito, certificherà in modo obiettivo, ovviamente in libera professione». E' possibile che la palestra dirotti l'utente da un medico più "a portata di mano". «Si possono porre due possibilità», dice Marinoni. «La prima, più "coerente", è che la palestra chieda il certificato sportivo non agonistico redatto su modello ministeriale, che possono compilare solo medici di famiglia, pediatri, medici Fmsi e medici sportivi, e che riguarda tutti gli sport praticati in società affiliate CONI tranne quelli inseriti in un elenco (chiarimenti CONI 10 giugno 2016) e non necessitanti sforzi particolari. Qui è consigliabile che il paziente vada dal suo medico o dal medico sportivo. Può invece accadere che la palestra si contenti di un certificato redatto su carta bianca, meramente lecito, ma senza lo stesso valore del certificato non agonistico ove lo si volesse utilizzare con le finalità di quel certificato, e questo può essere redatto da qualsiasi medico in libera professione».
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Pensioni, approvato schema su cumulo gratuito. Start a domande imminente

(da Doctor33)   Settemila nel 2017, poi una crescita fino ad arrivare a svariate decine di migliaia dal 2019; tante saranno le richieste di cumulo gratuito alle quali il Ministero del Lavoro da questo mese apre definitivamente la porta. C'era già la possibilità di cumulare spezzoni lavorativi gratuitamente solo in ambito Inps, ma ora arriva la chance prevista dalla Finanziaria 2017 di cumulare i periodi lavorati da iscritti presso tutte le casse previdenziali, incluse le privatizzate come l'Enpam.
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