Gli ipocondriaci rischiano di morire 5 anni prima

(da AGI)   Coloro che sono perennemente preoccupati di sviluppare una malattia mortale hanno maggiori probabilità di morire prima degli altri. È questo quanto emerge da uno studio pubblicato su 'JAMA Psychiatry'. Ricercatori in Svezia hanno studiato gli esiti sulla salute del disturbo d'ansia chiamato ipocondria caratterizzato appunto da eccessiva paura delle malattie. Da non confondersi con il semplice timore delle malattie, chi soffre di ipocondria vede la propria vita quotidiana sconvolta dall'ansia e interpreta quasi ogni normale sensazione corporea come un segno di patologia.

Gli scienziati del Karolinska Institutet hanno monitorato 42.000 persone nell'arco di vent'anni, di cui 1.000 affette da questa patologia, e hanno scoperto che coloro che erano afflitti da ipocondria vivevano tendenzialmente cinque anni in meno. I risultati hanno mostrato che i pazienti che hanno sperimentato il fenomeno hanno vissuto in media fino a 70 anni, mentre quelli che hanno condotto una vita normale hanno vissuto fino a 75 anni.

I pazienti con ipocondria avevano anche una probabilità quasi quattro volte maggiore di morire per suicidio e avevano un rischio più elevato di morte per malattie respiratorie come influenza e Covid, così come problemi circolatori o neurologici. I ricercatori hanno affermato che il collegamento non può essere spiegato con la "paura della scoperta" - quella situazione in cui le persone sono così preoccupate di ammalarsi che evitano di andare dal medico, rischiando diagnosi ritardate.

Invece, hanno affermato che il perpetuo stato di preoccupazione - che può essere innescato da sensazioni normali come sudorazione o gonfiore - porta ad uno stato di stress cronico, una causa nota di problemi di salute fisica. Lo stress e l'ansia possono innescare il rilascio di sostanze chimiche che provocano un aumento dei livelli di infiammazione in tutto il corpo. Diversi studi hanno collegato l'infiammazione a lungo termine a una serie di problemi, tra cui un sistema immunitario indebolito, che rende il corpo meno capace di combattere infezioni e malattie.

È anche possibile che l'accresciuta consapevolezza della malattia sia radicata in problemi di salute sottostanti, che potrebbero esporre i malati a un rischio di morte più elevato. I ricercatori hanno anche notato che era importante affermare che questi pazienti non erano a rischio più elevato di decessi correlati al cancro. Per lo studio, i ricercatori hanno estratto i dati dal registro nazionale dei pazienti svedese, che contiene statistiche sulle malattie di tutti i pazienti in Svezia.

Una ricerca del set di dati dal 1997 al 2020 ha rivelato che a 1.000 pazienti era stata precedentemente diagnosticata l'ipocondria. Questi sono stati abbinati a 41.000 pazienti che erano simili per età, sesso e vivevano nello stesso paese. Gli scienziati hanno poi esaminato i dati di entrambi i gruppi per due decenni per determinare il rischio di morte o malattie. La maggior parte dei pazienti affetti da ipocondria (57 per cento) erano donne e quasi tutti presentavano un altro disturbo d'ansia (78 per cento).

Il “Dry January” prende piede in Francia, dopo UK e Scandinavia

(da DottNet)  Torna il "Dry January", il mese di detox dall'alcol nel mese che segue il Capodanno. In Francia si ripete per il quinto annno consecutivo ed a invitare a non bere alcol per un mese sono una sessantina di organizzazioni che tuttavia lamentano la persistente assenza di sostegno da parte dello stato francese, in questa iniziativa che si ispira a precedenti esperienze nel mondo anglosassone e in Scandinavia.   

La pausa dal bere alcolici arriva a gennaio, periodo appropriato dopo gli eccessi delle ricorrenze di fine anno. "Questo tipo di campagna - secondo i promotori - sta dimostrando sempre più il suo valore in termini di salute pubblica. Invece di enfatizzare i rischi rappresentati da una sostanza - in questo caso l'alcol - enfatizziamo i vantaggi di rallentarne il consumo.

I partecipanti sono stimolati anche da una sfida che riunisce più persone contemporaneamente". Ma l'obiettivo, sottolineano gli organizzatori, non è soltanto mettere a riposo il proprio corpo, ma anche di toccare con mano l'esperienza di una vita quotidiana senza assunzione di alcolici. Lo stesso principio della campagna "Un mese senza fumo", proposta a novembre. La differenza è che il Dry January non è ufficialmente sostenuto dalle autorità sanitaria d'oltralpe, lamentano ricordando che l'abuso di alcol è la prima causa di ricovero ospedaliero e la seconda causa (dopo il tabacco) di mortalità evitabile in Francia, con circa 45mila decessi l'anno.

Intelligenza Artificiale evidenzia segnali nascosti di fibrillazione atriale

(da MSD Salute)  I ricercatori dello Smidt Heart Institute del Cedars-Sinai Medical Centre (USA) hanno messo a punto un algoritmo basato sull’intelligenza artificiale che è in grado di rilevare anomalie del ritmo cardiaco nelle persone asintomatiche, identificando segnali che sfuggono agli esami diagnostici e permettendo così di prevenire meglio ictus e altre complicanze cardiovascolari nei pazienti con fibrillazione atriale, il disturbo cardiaco più comune. Inoltre, l’algoritmo funziona in contesti e popolazioni di pazienti differenti. 

Secondo gli esperti, circa una persona su tre con fibrillazione atriale non sa di soffrire della patologia. Nella fibrillazione i segnali elettrici del cuore che regolano il pompaggio del sangue non sono regolari e questo può causare ristagno di sangue e formazione di coaguli all’interno delle camere cardiache; coaguli che possono arrivare al cervello e provocare un ictus ischemico.

Per mettere a punto l’algoritmo i ricercatori hanno programmato uno strumento basato sull’intelligenza artificiale che è stato ‘addestrato’ su quasi un milione di ECG, ricavati da due reti ospedaliere dei Veterans Affairs.  L’algoritmo ha previsto con precisione i casi di fibrillazione atriale che si sono verificati entro 31 giorni dall’osservazione. Applicando il metodo in modo retrospettivo sulle cartelle cliniche, il metodo ha mostrato lo stesso livello di performance.

“Questa ricerca consente una migliore identificazione di una malattia nascosta e fornisce indicazioni sul modo migliore per sviluppare algoritmi generalizzabili a tutti i pazienti”, conclude David Ouyang, autore senior della ricerca.

(https://jamanetwork.com/journals/jamacardiology/article-abstract/2810388)

L’obesità fa male al cuore, il peso ‘ruba’ 6 anni di vita

(da AGI - riproduzione parziale)  Si stima che entro il 2035 metà della popolazione mondiale sarà in sovrappeso o obesa raggiungendo i 3,36 miliardi. L''obesità è una malattia che provoca importanti patologie cardiovascolari. Sono almeno 400.000 gli italiani con obesità e scompenso cardiaco, due patologie legate a doppio filo ed entrambe in continua crescita nel nostro Paese, dove gli obesi sono circa 6 milioni e i pazienti con insufficienza cardiaca oltre 1 milione. I chili di troppo sono spesso il primo passo sulla strada che porta allo scompenso e si stima che fino all''80% dei pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione preservata, pari alla metà dei casi, sia anche obeso. La combinazione è molto pericolosa, perché può aumentare fino all''85% il rischio di eventi cardiovascolari fatali, "rubando" almeno 6 anni di aspettativa di vita. Lo ricordano gli esperti in occasione dell''84esimo congresso nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC), a Roma fino al 17 dicembre, sottolineando che l''aspettativa di vita e quella di salute dei pazienti obesi sono più basse rispetto a chi è normopeso.

Il paradosso è nato perché l''indice di massa corporea non è l''indicatore più adeguato della reale obesità che si misura meglio con un metro: il girovita deve essere meno di 88 cm nelle donne e 102 cm negli uomini, ma soprattutto deve misurare meno di metà dell''altezza, per la salute del cuore e non solo. Il 2023 è stato però l''anno della svolta per le terapie: è ora possibile trattare i pazienti con scompenso cardiaco con un farmaco specifico anti-obesità, semaglutide, ottenendo un miglioramento dei sintomi e della funzionalità oltre che una riduzione significativa del peso corporeo. "Scompenso cardiaco e obesità sono due epidemie in rapidissima crescita: l''insufficienza cardiaca oggi colpisce oltre un milione di italiani e si stima un incremento del 30% dei casi entro il 2030?, osserva Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC e direttore della scuola di specializzazione in malattie dell''apparato cardiovascolare dell''Università Federico II di Napoli. "L''aumento dei casi è trainato in parte dall''incremento dell''aspettativa di vita, perché la prevalenza della patologia raddoppia a ogni decade di età e dopo gli 80 anni lo scompenso colpisce il 20% della popolazione. Tuttavia l''insufficienza cardiaca - continua - ha anche l''obesità fra le sue cause principali perché i chili in eccesso comportano, fra le altre cose, un incremento dell''infiammazione generale, un maggiore stress su metabolismo e sistema cardiovascolare e un aumento del grasso viscerale anche a livello cardiaco".

Stress e ansia rafforzano i tumori e indeboliscono le cure

(da DottNet)   Il cancro si nutre di emozioni negative e le "sfrutta" per proteggersi dagli attacchi del sistema immunitario che tentano di fermarlo. E' per questo che lo stress, l'ansia e la depressione possono compromettere l'esito dei trattamenti immunoterapici, rendendoli meno efficaci e la cura dello stato emotivo diventa centrale come l'uso delle altre terapie. A dimostrarlo è uno studio condotto dal Netherlands Cancer Institute di Amsterdam e recentemente pubblicato sulla rivista 'Nature Medicine'. I risultati sono stati discussi in occasione della nona edizione dell'Immunotherapy e Melanoma Bridge che si è conclusa il 6 Dicembre, alla presenza dell'autore del lavoro, Christian U. Blank. Questi studi non riguardano il melanoma ma indicazioni in tal senso arrivano anche da ricerche sul tumore al polmone non a piccole cellule e sul tumore del colon. Paolo Ascierto, presidente del convegno e direttore del dipartimento di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell'Istituto Nazionale dei Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, spiega che "lo stress può favorire la crescita e la resilienza del tumore, sia attraverso la produzione di una serie di ormoni (come il cortisolo) che lo 'nutrono', sia promuovendo la creazione di un microambiente vantaggioso per la proliferazione di metastasi e sia 'indebolendo' e 'corrompendo' le cellule del sistema immunitario.   Il supporto psicologico dall'inizio del percorso di cura può dunque avere una triplice funzione: da un lato può migliorare la qualità della vita del paziente, dall'altro può ridurre il 'nutrimento' del tumore e dall'altro ancora sostenere e tutelare la risposta ai trattamenti immunoterapici".   "E' quindi indispensabile che lo stato emotivo e psicologico del paziente non venga trascurato, ma bisogna considerarlo a tutti gli effetti parte integrante del percorso di cura", evidenzia Ascierto

I pericoli delle feste natalizie: più morti per cause cardiache e aumento delle malattie cardiocircolatorie

(da Univadis - riproduzione parziale)  La stagione di Natale, è sempre attesa con ansia ma è anche una delle più pericolose per la nostra salute. Molti studi sottolineano come questa stagione, caratterizzata dal consumo di cibi con un'alta percentuale di grassi, calorie, sale in eccesso e alcol, aumentati rischi cardiovascolari.   Secondo l'America Heart Association gli ultimi giorni dell'anno sono quelli con il maggior numero di decessi dovuti a infarto del miocardio. Questo fenomeno è supportato da ricerche condotte nell'ultimo decennio. Come conclude uno  studio americano del 2004, il 25 dicembre è il giorno dell'anno con il maggior numero di decessi per infarto.  

Questi risultati sono molto simili a quelli riportati in un altro articolo del 'British Medical Journal' (https://www.bmj.com/content/363/bmj.k4811 che ha esaminato i dati registrati nella popolazione svedese nel corso di 16 anni. Secondo i loro risultati, durante le festività natalizie si è registrato un aumento complessivo del 15% degli infarti del miocardio, che è salito al 37% il 24 dicembre, con un'incidenza maggiore nelle persone di età superiore ai 75 anni, con diabete o malattie cardiovascolari preesistenti.  Per evitare questi esiti fatali, in linea con l'American Heart Association, anche la Fondazione spagnola per il cuore (FEC) ha lanciato le sue raccomandazioni per prendersi cura del cuore nei prossimi giorni ed evitare che l'assunzione sproporzionata di sale, alcol, zuccheri e grassi produca scompensi nell'organismo, generando gravi problemi nei pazienti con fattori di rischio cardiovascolare. 

Tra i gruppi più vulnerabili a soffrire di questo tipo di disturbi ci sono, tra gli altri, i pazienti con pressione alta, insufficienza cardiaca, cardiopatia ischemica, angina pectoris e i diabetici, che sono suscettibili di squilibri nei livelli di glucosio nel sangue. Per ridurre al minimo questi rischi, gli esperti raccomandano di ricordare ai pazienti di controllare e adattare la dose di insulina e il contenuto di carboidrati di ogni pasto.  Oltre ai profili più vulnerabili, anche le persone sane che non presentano rischi cardiovascolari dovrebbero controllare la propria dieta.

Durante il periodo natalizio, le persone tendono a consumare molte più calorie del solito, determinando un aumento di peso che di solito incrementa il grasso viscerale, aumentando il rischio di malattie del cuore e dei vasi cerebrali. Secondo la stessa FEC, durante le festività il colesterolo è uno degli indicatori di rischio che aumenta di più, raggiungendo un incremento fino al 10%. 

Comunicazione agli iscritti: le novità fiscali del 2024

Con l’approssimarsi del nuovo anno lo Studio Bertoni&Partners ci comunica che può essere utile ricordare agli iscritti le novità fiscali che interessano anche il nostro settore.

Dal 1/1/2024 l’obbligo di fatturazione elettronica viene estesa a tutti i contribuenti (salvo unicamente le sole fatture sanitarie verso pazienti persone fisiche private), inclusi:

– contribuenti in regime dei minimi

– contribuenti in regime forfettario

– associazioni che hanno optato per il regime forfettario di cui alla legge 398/1991 

Si potranno utilizzare i servizi gratuiti messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate nel sito “fatture e corrispettivi” accedendo alla propria area riservata, oppure ci si potrà dotare di uno dei numerosi software presenti sul mercato.

Per chi necessitasse ricordiamo che sul nostro sito:

Consulenza fiscale

si possono trovare le proposte di convenzione pervenute a vantaggio di tutti gli iscritti per la consulenza contabile, fiscale e societaria. 

Addio alla ricetta cartacea. Che cosa cambia con il decreto semplificazioni

(da Doctor33)  Addio per sempre alla ricetta di carta e prolungata la validità ad un anno delle ricette per i malati cronici. Queste alcune delle principali novità previste per la farmaceutica dal decreto legislativo su “Razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari”, approvato dal Consiglio dei ministri il 19 Dicembre. ''Ad iter concluso e ratifica delle norme, ci avvieremo verso la prima vera semplificazione per la medicina generale iniziando ad erodere la montagna di burocrazia, poco consona al nostro ruolo, che ci assilla ogni giorno. La semplificazione sulle ricette nel prescrivere una terapia cronica una sola volta all'anno, darà più tempo al medico di svolgere il suo lavoro e semplificherà la vita al cittadino che non sarà costretto ad andare ogni due mesi dal proprio medico curante''. Commenta così il decreto Angelo Testa, presidente nazionale del Sindacato nazionale autonomo dei medici italiani (Snami).

Le prescrizioni saranno in formato elettronico, e non più cartaceo, sia per i farmaci a carico del Ssn sia per quelli a pagamento. Inoltre, "nella prescrizione di medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale per la cura di patologie croniche - si legge nella bozza del provvedimento - il medico prescrittore può indicare nella ricetta dematerializzata ripetibile, sulla base del protocollo terapeutico individuale, la posologia e il numero di confezioni dispensabili nell'arco temporale massimo di dodici mesi". Una novità che semplifica non poco la vita di chi fa i conti con una malattia cronica. "Il medico prescrittore, qualora lo richiedano ragioni di appropriatezza prescrittiva - si precisa - può sospendere, in ogni momento, la ripetibilità della prescrizione ovvero modificare la terapia". Le prescrizioni - si legge in una nota - saranno quindi ripetibili in modo illimitato, garantendo una maggiore flessibilità per i pazienti mentre tutte le ricette elettroniche, introdotte durante la pandemia e prorogate fino al 31 dicembre 2024, diventeranno strutturali. È il farmacista a informare "l'assistito sulle corrette modalità di assunzione dei medicinali prescritti" consegnando "un numero di confezioni sufficiente a coprire trenta giorni di terapia, in relazione alla posologia indicata". Sempre il farmacista, "nel monitoraggio dell'aderenza alla terapia farmacologica, qualora rilevi difficoltà da parte dell'assistito nella corretta assunzione dei medicinali prescritti, segnala le criticità al medico prescrittore per le valutazioni di competenza". Il ministro della salute, di concerto con il ministro dell'Economia, dovrà adottare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto per definire “le ulteriori modalità applicative e le procedure informatiche necessarie".

''La norma va nella direzione chiesta più volte alla politica dal nostro sindacato - puntualizza Gianfranco Breccia, segretario nazionale Snami- ma non basta, ora bisogna approvare l’abolizione della certificazione per i primi 3 giorni di malattia. Ogni cittadino dovrà auto dichiarare malattia se la patologia rientra nelle prime 72 ore di assenza''. A tale proposito, ''Ricordiamo - aggiunge Gennaro Caiffa, vicesegretario nazionale Snami - che la stragrande maggioranza dei certificati emessi sono inferiori ai 3 giorni, un obbligo per il medico di medicina generale che aumenta la burocrazia, che toglie tempo alla clinica ed abbassa notevolmente la qualità di cure fornite ai pazienti''. ''Chiediamo alla politica - conclude Testa - di licenziare l'iter di tutto ciò nel più breve tempo possibile perché il tutto sia solo l’inizio verso una vera semplificazione burocratica, soprattutto quella a 'costo zero', cavallo di battaglia dello Snami''. Nel decreto semplificazioni sono previste misure anche contro la carenza dei farmaci: in caso di interruzione, temporanea o definitiva, della commercializzazione di una confezione di medicinale, il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (Aic) deve comunicarlo all'Aifa entro i 2 prima dell'interruzione della commercializzazione del prodotto, e non più 4 mesi come avveniva precedentemente. La comunicazione "è rinnovata in caso di prolungamento del periodo di interruzione".

I dolori articolari colpiscono più le donne, forte impatto su corpo e mente

(da Sanitainformazione.it - riproduzione parziale)    Le donne hanno maggiori probabilità di soffrire di problemi articolari rispetto agli uomini. A scoprirlo è una ricerca condotta da 'Nutfield Health' (https://www.nuffieldhealth.com/) il più grande ente di beneficenza sanitario del Regno Unito, su oltre 8mila persone di età superiore ai 16 anni. Dai risultati è emerso che ben 8 donne su 10 sperimentano dolori articolari a un certo punto della loro vita. Non solo. La ricerca ha evidenziato che quasi la metà (47%) delle donne con dolori articolari soffre così tanto da perdere il sonno e il 40% ha riferito di un peggioramento della propria salute mentale.

I dati mostrano la portata scioccante dell’impatto del dolore articolare.  Il 44% delle donne ha anche affermato che il dolore articolare influisce sul proprio benessere emotivo, rispetto solo al 34% degli uomini. Secondo gli esperti, a determinare questa differenza di impatto potrebbero essere sia fattori fisiologici che l’aumento di peso durante la menopausa. Nella ricerca la metà di tutte le persone con dolori articolari, uomini e donne, ha affermato che la salute fisica è peggiorata nell’ultimo anno. Mentre il 40% ha segnalato un peggioramento della salute mentale. Il sonno è peggiorato nell’ultimo anno rispetto al 37% delle persone che affermano di non aver mai sofferto di dolori articolari. «Il dolore articolare è stato ignorato per troppo tempo e i nostri dati mostrano la portata scioccante del suo impatto sulla nazione», commenta Marc Holl, responsabile delle cure primarie presso Nuffield Health. «Colpisce tutto: lavorare, dormire, camminare, fare esercizio e persino riposare. Se guardiamo al numero preoccupante di persone, e in particolare di donne, queste cose – aggiunge – non possono che peggiorare».

Più di 1 italiano su 2 soffre di dolori articolari - Si stima che i dolori articolari colpiscono circa il 60% degli italiani, di età pari o superiore a 65 anni. Ciononostante, sono sempre di più i giovani che iniziano a manifestare questo fastidioso problema, che potrebbe essere alla base di una patologia reumatica. I soggetti maggiormente esposti sono in particolare gli sportivi, che mettono le articolazioni sotto sforzo, senza dedicare la giusta attenzione a eventuali dolori. Quando si tratta di articolazioni, infatti, la cosa peggiore che si possa fare è ignorare il problema e aspettare che passi, senza chiedersi a cosa sia legato e se sia il caso di approfondire. Tra le malattie reumatiche più comuni ci sono borsite, tendinite, fibromialgia, artrite e artrosi. Alcune di queste hanno carattere infiammatorio, come l’artrite, mentre altre hanno carattere degenerativo, come l’artrosi.

A puntare sui riflettori sul 'Gender Pain Gap' , il fenomeno per cui il dolore, quando riferito e percepito dalle donne, viene sottovalutato e sotto-trattato, è stato anche il Comitato Fibromialgici Uniti – Italia. «Un report inglese pubblicato nel 2022 ha evidenziato che il 28% delle donne che sperimenta dolore si rivolge al medico solo quando diventa grave, mentre il 62% si auto somministra farmaci da banco», racconta a Sanità Informazione Barbara Suzzi, presidente di CFU Italia. «Le donne sono convinte che il loro dolore non meriti attenzione – continua – ma questo ha un impatto su altri ambiti dell’esistenza: il 41% infatti ha riferito disturbi del sonno e il 24% depressione a causa della sofferenza, rispetto al 18% degli uomini».

Covid-19, nuove raccomandazioni Ecdc per mitigare l’impatto del virus.

(da Doctor33)     Per mitigare l'impatto di Covid, influenza e virus respiratorio sinciziale (Rsv), ma anche di altri agenti patogeni come il Mycoplasma pneumoniae, l’Ecdc, Centro europeo per il controllo delle malattie, ha rivolto agli Stati membri di Unione europea e Spazio economico europeo (Ue/See) delle raccomandazioni sulla base di un aggiornamento epidemiologico pubblicato oggi.

Ecco, nel dettaglio, i consigli dell'Ecdc contro i virus respiratori invernali, tra i quali spicca la raccomandazione all'”uso della mascherina negli spazi pubblici affollati alle persone ad alto rischio di patologie gravi". Oltre al capitolo mascherina, l'agenzia europea sollecita a "vaccinare i più vulnerabili contro Sars-CoV-2 e influenza, nonché contro l'Rsv nei Paesi che stanno introducendo questo vaccino, al fine di prevenire la progressione dell'infezione verso una malattia grave; aumentare la capacità dei pronto soccorso e delle unità di terapia intensiva (secondo le necessità, in termini di personale e posti letto) sia negli ospedali per adulti sia in quelli pediatrici; garantire che il personale sanitario sia formato per implementare adeguate misure di prevenzione e controllo delle infezioni, così da contribuire a ridurre il carico nelle strutture sanitarie ed evitare epidemie all'interno delle stesse, comprese quelle di assistenza a lungo termine; sensibilizzare gli operatori sanitari per garantire una diagnosi tempestiva dei casi e migliorare la preparazione degli ospedali nel gestire l'aumento di pazienti nelle unità di emergenza e di terapia intensiva, sia negli ospedali pediatrici sia in quelli per adulti".

Ancora, l'Ecdc invita all'"esecuzione di test rapidi per facilitare la diagnosi precoce e le decisioni organizzative, il trattamento appropriato e l'attuazione di misure di sanità pubblica quando necessario". Si raccomanda poi di "ricordare ai medici che, quando indicato, l'uso precoce di trattamenti antivirali per Covid-19 e influenza può prevenire la progressione verso la malattia grave nei gruppi vulnerabili e che può essere presa in considerazione la profilassi Rsv per i neonati, in conformità con le linee guida nazionali. L'uso di antibiotici per le infezioni respiratorie batteriche dovrebbe seguire una valutazione medica - precisano gli esperti - poiché gli antibiotici non trattano le infezioni virali".

L'Ecdc esorta i Paesi a "implementare attività di comunicazione del rischio per il pubblico, incluso il rafforzamento della promozione della vaccinazione contro influenza stagionale, Covid-19 e Rsv secondo le raccomandazioni nazionali. La messaggistica dovrebbe anche promuovere una buona igiene delle mani e delle vie respiratorie, incoraggiare le persone a rimanere a casa quando sono malate e garantire un'adeguata ventilazione degli spazi interni". Infine, “considerare l'uso del 'modello diagnostico 5C per la vaccinazione' dell’Ecdc, per una promozione più efficace dei vaccini raccomandati". Le 5C stanno per Confidence, Complacency, Constraints, Collective Responsibility and Calculation: fiducia, soddisfazione, condizioni limitanti, responsabilità collettiva e calcolo attraverso le attività di comunicazione del rischio.

Ridurre il sale ha lo stesso effetto di un farmaco contro l’ipertensione

(da DottNet)    Eliminare un cucchiaino di sale al giorno dalla alimentazione funziona contro l' ipertensione quanto i farmaci ed anche sulle persone che sono gia' sotto terapia medicinale per la pressione alta. Lo afferma un nuovo studio americano pubblicato su JAMA, che ha analizzato un gruppo di circa 250 persone tra i 50 ed i 75 anni.  Gli scienziati hanno scelto un gruppo composito proprio per verificare l' effetto di una semplice riduzione di sodio nella dieta: tra i volontari figuravano persone ipertese che non prendevano medicine, altre sotto terapia farmacologica che funzionava nel mantenere la pressione nei limiti, altri partecipanti ancora non avevano problemi di pressione, mentre per alcuni la pressione rimaneva fuori norma anche coi farmaci. I volontari hanno seguito a settimane alterne una dieta ad alto contenuto di sodio ed una a basso contenuto di sodio, con l'obiettivo di non consumare piu' di 500 mg di sale al di'.

Un solo cucchiaino di sale ne contiene 2.300 mg. "Cio' che abbiamo osservato e' una riduzione della pressione in tutti gli ipertesi che sono riusciti ad eliminare un cucchiaino di sale al di' sia che prendessero medicine o no - ha dichiarato l'autrice principale dello studio, Norrina Allen, della Northwestern university - e questa e' la prima indagine a dimostrare che anche i pazienti gia' trattati possono ottenere una ulteriore diminuzione dei valori della pressione agendo sulla quantita' di sale assunta". "Nei giorni della dieta iposodica - ha precisato Allen - la pressione e' diminuita in media di 6 mm di mercurio, un dato comparabile a quello ottenuti dalle medicine".

Le fluttuazioni pressorie, una red flag per demenza e malattie cardiache

(da M.D.Digital) Un nuovo studio condotto da ricercatori australiani ha dimostrato che le fluttuazioni della pressione arteriosa possono aumentare il rischio di demenza e di problemi vascolari nelle persone anziane. Le fluttuazioni della PA breve entro 24 ore e per diversi giorni o settimane sono collegate a una funzione cognitiva compromessa, affermano i ricercatori dell'Università dell'Australia Meridionale (UniSA) che hanno condotto lo studio. Variazioni più elevate della pressione sistolica sono anche collegate all'irrigidimento delle arterie, elemento che a sua volta è associato a malattie cardiache. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista 'Cerebral Circulation—Cognition and Behaviour'.

L'autrice principale Daria Gutteridge, dottoranda presso il Cognitive Aging and Impairment Neuroscience Laboratory (CAIN) dell'UniSA, afferma che è ben noto che l'ipertensione è un fattore di rischio per la demenza, ma viene prestata poca attenzione alle fluttuazioni della pressione arteriosa. "I trattamenti clinici si concentrano sull'ipertensione, ignorando la variabilità della pressione arteriosa", afferma Gutteridge. E aggiunge che "la pressione arteriosa può fluttuare in diversi periodi di tempo, brevi e lunghi, e questo sembra aumentare il rischio di demenza e la salute dei vasi sanguigni".

Per aiutare a esplorare i meccanismi che collegano le fluttuazioni della pressione arteriosa con la demenza, i ricercatori dell'UniSA hanno reclutato 70 anziani sani di età compresa tra 60 e 80 anni, senza segni di demenza o deterioramento cognitivo.

La loro pressione arteriosa è stata monitorata, hanno completato un test cognitivo e la loro rigidità arteriosa nel cervello e nelle arterie è stata misurata utilizzando l'ecografia doppler transcranica e l'analisi delle onde del polso.

"Abbiamo scoperto che una maggiore variabilità della pressione arteriosa all'interno di un giorno, così come tra i giorni, era collegata a una riduzione delle prestazioni cognitive. Abbiamo anche scoperto che variazioni di pressione arteriosa più elevate relative alla PAS erano collegate a una maggiore rigidità arteriosa.

"Questi risultati indicano che i diversi tipi di variabilità della PA probabilmente riflettono diversi meccanismi biologici sottostanti e che le variazione di PAS e PAD sono entrambe importanti per il funzionamento cognitivo negli anziani".

I collegamenti erano presenti negli anziani senza alcun deterioramento cognitivo clinicamente rilevante, il che significa che la variabilità della pressione arteriosa potrebbe potenzialmente servire come marcatore clinico precoce o bersaglio di trattamento per il deterioramento cognitivo, concludono i ricercatori.

(Gutteridge DS, et al. Cross-sectional associations between short and mid-term blood pressure variability, cognition, and vascular stiffness in older adults. Cereb Circ Cogn Behav 2023; 5: 100181. doi:10.1016/j.cccb.2023.100181)

Da 73% italiani sì a sanità digitale ma 92% non vorrebbe Ai al posto del dottore

(da Adnkronos Salute)  Digitale in sanità benvenuto per il 73% degli italiani, che apprezzano e utilizzano ricette elettroniche e ritiro online dei referti. Ma con giudizio: l'intelligenza artificiale in corsia per esempio va bene, ma solo come alleato e supporto al medico. E' l'atteggiamento fotografato dall'indagine condotta sull'opinione pubblica e sul personale medico dall'Istituto Piepoli per la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. I risultati sono stati presentati oggi a Roma, nell'ambito di un convegno dedicato al Servizio sanitario nazionale.

Cosa dicono gli italiani del 'dottor Ai'? Che è ben accetto, ma solo come 'assistente' del medico in carne e ossa. L'indagine - che si basa su interviste telefoniche e via web effettuate su un campione di 1.000 persone rappresentativo degli italiani di età tra i 15 e i 75 anni e un campione di 300 medici e odontoiatri - rileva che a pensarla in questo modo è il 92% degli intervistati, che escludono di farsi curare, anziché dal medico, da una piattaforma di intelligenza artificiale. Il rapporto diretto e fiduciario con il proprio medico, infatti, è talmente importante che il 75% degli italiani intervistati si dice non disponibile a rinunciare al diritto di scegliere il proprio medico di famiglia.

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