Comunicazione EMA sull’uso di anti-infiammatori non steroidei per COVID-19
(da Univadis e www.aifa.go.it) L'EMA è venuta a conoscenza di segnalazioni, in particolare dai social media, che sollevano dubbi sul fatto che l’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), come l'ibuprofene, potrebbe peggiorare la malattia da coronavirus (COVID-19). Attualmente non vi sono prove scientifiche che stabiliscano una correlazione tra l’ibuprofene e il peggioramento del decorso della malattia da COVID-19. L'EMA sta monitorando attentamente la situazione e valuterà tutte le nuove informazioni che saranno disponibili su questo problema nel contesto della pandemia. A Maggio del 2019, il comitato per la sicurezza dell'EMA (PRAC) ha iniziato una revisione dei farmaci antinfiammatori non steroidei ibuprofene e ketoprofene, a seguito di un’indagine dell'Agenzia Nazionale Francese per la Sicurezza dei Medicinali e dei Prodotti Sanitari (ANSM) che ha suggerito che l'infezione dovuta alla varicella e alcune infezioni batteriche potrebbero essere aggravate da questi medicinali. Nelle informazioni sul prodotto di molti medicinali FANS sono presenti già delle avvertenze che gli effetti degli anti-infiammatori non steroidei possono mascherare i sintomi di un peggioramento dell'infezione. ll PRAC sta rivedendo tutti i dati disponibili per verificare se siano necessarie misure aggiuntive. All'inizio del trattamento della febbre o del dolore in corso di malattia da COVID-19 i pazienti e gli operatori sanitari devono considerare tutte le opzioni di trattamento disponibili, incluso il paracetamolo e i FANS. Ogni medicinale ha i suoi benefici e i suoi rischi come descritto nelle informazioni del prodotto e che devono essere prese in considerazione insieme alle linee guida Europee, molte delle quali raccomandano il paracetamolo come opzione di primo trattamento nella febbre e nel dolore. In accordo alle linee guida nazionali di trattamento, i pazienti e gli operatori sanitari possono continuare a utilizzare FANS (come l’ibuprofene) come riportato nelle informazioni del prodotto approvate. Le raccomandazioni attuali prevedono che questi medicinali vengano utilizzati alla dose minima efficace per il periodo più breve possibile. I pazienti che hanno qualsiasi dubbio devono rivolgersi al proprio medico o al farmacista. Attualmente non ci sono ragioni per interrompere il trattamento con ibuprofene, in base a quanto riportato sopra. Ciò è particolarmente importante per i pazienti che assumono ibuprofene o altri FANS per malattie croniche. A seguito della revisione dei dati di sicurezza dell’ibuprofene e del ketoprofene, l’EMA sottolinea la necessità di condurre tempestivamente studi epidemiologici, al fine di fornire adeguate evidenze sugli effetti dei FANS sulla prognosi della malattia da COVID-19. L'Agenzia sta contattando le sue controparti ed è pronta a supportare attivamente tali studi, che potrebbero essere utili per formulare eventuali raccomandazioni terapeutiche future. Una volta conclusa la revisione del PRAC, l'EMA fornirà ulteriori informazioni come opportuno.
Coronavirus, Fnomceo: mancano linee guida univoche per le cure a casa
Infezione da SARS-CoV-2 nei bambini: cosa insegnano le osservazioni cinesi
(da M.D. Digital) Una recente revisione di oltre 72mila casi di infezione da SarS-CoV-2, condotta dal Chinece Centre for Disease Control and Prevention, ha mostrato che meno dell’1% dei casi riguardava bambini di età inferiore a 10 anni. Al fine di determinare l’evoluzione della malattia nei bambini i ricercatori hanno valutato bambini infetti da SARS-CoV-2 e trattati presso l’ospedale pediatrico di Wuhan. Sono stati osservati e seguiti sia bambini sintomatici sia soggetti asintomatici che avevano avuti contatti noti con persone nelle quali era sospettata o confermata l’infezione da SARS-CoV-2. Sono stati effettuati tamponi nasofaringei e della gola per la ricerca dell’Rna virale. Dei 1391 bambini valutati e testati dal 28 gennaio al 28 febbraio 2020, sono risultati infetti 171 soggetti (12.3%). L’età media dei bambini infetti era 6.7 anni e la febbre era presente nel 41.5% dei casi. Altri segni e sintomi comuni comprendevano tosse ed edema faringeo. Un piccolo gruppo di bambini (n=27, pari a 15.8%) non presentava alcun sintomo di infezione né tanto meno segni radiologici di polmonite. Altri 12 bambini presentavano invece segni radiologici di polmonite ma in assenza di sintomi clinici di infezione. Durante il ricovero è stato necessario il ricorso a supporto di terapia intensiva e ventilazione meccanica in tre casi, nei quali erano presenti comorbilità (idronefrosi, leucemia, intussuscezione). Questo rapporto indica che, a differenza dei pazienti adulti, la maggior parte dei bambini infetti sembra avere un decorso clinico più lieve. Ma poiché le infezioni asintomatiche non sono rare, la determinazione del potenziale di trasmissione da questi pazienti asintomatici è di estrema importanza in un ottica di applicazione delle migliori misure per il controllo della pandemia in corso.
(Lu X, et al. NEJM 2020; doi:10.1056/NEJMc2005073)
Covid 19, Enpam paga la quarantena. Ecco le differenze nelle tutele tra dipendenti e convenzionati
Ricetta medica via mail o telefono: via libera all’ordinanza
8da DottNet) "Ho firmato un'ordinanza per la dematerializzazione delle ricette mediche, con l'attribuzione di un codice; i cittadini non dovranno più andare da un medico di base, ma avranno un codice in farmacia per ritirare i farmaci". Lo ha detto il commissario Angelo Borrelli in conferenza stampa alla Protezione civile.Ricetta medica via email o con messaggio sul telefono, dunque, senza più la necessità di ritirare fisicamente, e portare in farmacia, il promemoria cartaceo. "Dobbiamo fare di tutto per limitare gli spostamenti e ridurre la diffusione del virus Covid-19. Puntiamo con forza sulla ricetta medica via email o con messaggio sul telefono. Un passo avanti tecnologico che rende più efficiente tutto il Sistema sanitario nazionale", dice Speranza commentando la firma, in queste ore, da parte del Capo Dipartimento della Protezione Civile dell'ordinanza. Al momento della generazione della ricetta elettronica da parte del medico prescrittore - si legge nell'ordinanza - l'assistito può chiedere al medico il rilascio del promemoria dematerializzato ovvero l'acquisizione del Numero di Ricetta Elettronica tramite:
- a)trasmissione del promemoria in allegato a messaggio di posta elettronica, laddove l'assistito indichi al medico prescrittore la casella di posta elettronica certificata (PEC) o quella di posta elettronica ordinaria (PEO);
- b)comunicazione del Numero di Ricetta Elettronica con SMS o con applicazione per telefonia mobile che consente lo scambio di messaggi e immagini, laddove l'assistito indichi al medico prescrittore il numero di telefono mobile;
- c)comunicazione telefonica da parte del medico prescrittore del Numero di Ricetta Elettronica laddove l'assistito indichi al medesimo medico il numero telefonico".
Nella stessa ordinanza, disposta di concerto con il ministero dell'Economia e delle Finanze e con l'intesa del presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome, vengono disciplinate anche tutte le modalità operative per farmacie e Asl per i farmaci distribuiti in modalità diverse dal regime convenzionale e per i medicinali che richiedono un controllo ricorrente dei pazienti.
Coronavirus. Anaao a Bonaccini: “Tamponi subito ai medici e a tutto il personale sanitario in prima linea”
Il sindacato chiede al presidente della Regione di garantire da subito il controllo dei medici e del personale sanitario. “Abbiamo assistito in questi giorni a troppi indugi ed incertezze che non possono più essere tollerati”. Depositato un esposto all’Ispettorato del lavoro e di Procura della Repubblica affinché le autorità vigilino sulla tutela della salute degli operatori sanitari. Leggi la notizia completa al LINK
http://www.quotidianosanita.it/emilia_romagna/articolo.php?articolo_id=82649
Ancora su Certificazioni malattia INPS
Mascherine, sale la protesta. Con linee guida Iss la salute dei medici non è preservata
Anaao, 10mila medici in più con laurea abilitante? ‘Non esiste’
Coronavirus, in vigore il decreto Cura-Italia. Gli interventi economici lasciano indietro i medici
(da Doctor33) Il decreto Cura-Italia, fatto per salvare l'economia in tempi di coronavirus, rischia di andare di traverso a chi l'Italia la cura davvero e cioè ai medici. Sia agli autonomi sia ai dipendenti. Ai primi, se liberi professionisti iscritti Enpam, nega di appoggiarsi al Fondo di garanzia al quale attingono tutte le categorie iscritte Inps ma contribuiscono tutte le casse previdenziali, inclusa la Fondazione. Ai secondi, iscritti Inps, se pubblici dipendenti aumenta l'importo degli straordinari, che però di rado sono fruibili e se fruiti sono stangati fiscalmente. Liberi professionisti - In base al DL 9 del 2 marzo scorso, ai lavoratori autonomi iscritti Inps spetta un assegno di inattività già da marzo di 600 euro al mese per 3 mesi. Come ha scritto il presidente Enpam Alberto Oliveti al premier Conte, l'assegno doveva andare anche agli iscritti Enpam perché sia Inps sia Enpam contribuiscono al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione da cui sono tratte le risorse per l'assegno. Ci si aspettava una correzione. Invece, annuncia ora Oliveti, non c'è stata. I soldi arriveranno agli iscritti Inps, «per tutti gli altri iscritti a Ordini e collegi (compresi medici, odontoiatri e sanitari liberi professionisti e convenzionati), è stato istituito un "Fondo per il reddito di ultima istanza", con una dotazione pro-capite molto inferiore e con tempi, criteri e modalità di attribuzione lasciati all'incertezza». Commento di Oliveti, che è anche presidente dell'associazione delle casse dei professionisti (Adepp): «E' uno schiaffo a chi sta mettendo a rischio la propria vita per arginare la pandemia. Non solo ci vengono negati gli stessi diritti riconosciuti a tutti gli altri contribuenti, ma addirittura agli Enti previdenziali dei professionisti viene impedito di utilizzare risorse proprie per fronteggiare l'emergenza. Sembra che lo Stato consideri il patrimonio delle Casse intoccabile solo dai legittimi proprietari, mentre è toccabilissimo quando si tratta di sottoporlo a tassazione. Solo l'Enpam l'anno scorso ha pagato 180 milioni di euro di imposte sul proprio patrimonio. E ci vengono a dire che ai sanitari in prima linea non possiamo dare nemmeno una frazione di questi importi?». Dipendenti - Il decreto Cura-Italia all'articolo 1 per i dipendenti del Servizio sanitario incrementa i fondi contrattuali per le condizioni di lavoro della dirigenza medica e sanitaria e per il personale del comparto. Non dice quanto prenderà ogni medico o infermiere in più all'ora: si tratta di 750 milioni e li suddivide tra le regioni secondo criteri preesistenti: 124 milioni alla Lombardia, 72 al Lazio, 70 alla Campania e poi a scendere. Le richieste dei medici in corsia erano un po' diverse. Le ha riassunte in una lettera Giuseppina Fera della segreteria nazionale Cisl Medici: «Ricominciamo con una detassazione immediata delle retribuzioni e continuiamo, se e quando finirà l'epidemia, con un immediato rinnovo contrattuale adeguato, dando il giusto riconoscimento a chi lo merita». «La detassazione - dice Fera - dovrebbe avvenire su tutto il reddito, o almeno su quella parte di quota variabile rappresentata dagli incentivi, come l'indennità di risultato che ci viene versata annualmente e che però, nell'Irpef, cumulandosi con il reddito è tagliata di oltre il 50%. La risposta giunta dal Cura-Italia persiste nell'errore di premiare la produttività con incrementi su ore di lavoro straordinario. Ma per lo più gli straordinari non vengono pagati e se lo sono vengono supertassati a differenza che nel privato; giusto qualcosa si vede per gli straordinari in guardia, alimentati dal Fondo di disagio. A differenza degli infermieri, che se li vedono riconosciuti (a fronte di un lavoro spesso ancor più massacrante del nostro) noi medici in genere non ne fruiamo. Le ore, passato un po' di tempo, ci vengono azzerate. In alcune aziende abbiamo ottenuto di recuperarle al momento di pensionarci. Darci soldi che poi non vediamo non serve a niente». Meno critica Cosmed; la confederazione guidata da Giorgio Cavallero che raggruppa Anaao-Assomed, Aaroi-Emac, Fvm, Fedirets, Anmi Assomed-Sivemp Fpm, Aiic comunica: « È un primo limitato intervento ma non dobbiamo accontentarci: il Paese deve ripartire dai servizi pubblici. Tutti gli straordinari vanno retribuiti, inclusi quelli dei dirigenti; il 23 comma 2 del D.lgs. 75 (tetto al trattamento accessorio ndr) va abolito per tutte le categorie perché contiene penalizzazioni assurde su disagio, produttività e merito; sono necessari più medici specialisti e più dirigenti; vanno sospese le penalizzazioni dei dipendenti pubblici in caso di malattia. E va perseguita l'evasione».
Consegna di farmaci e dispositivi medici al domicilio per ridurre i rischi di contagio Covid 19 legati agli spostamenti
Ambito territoriale | Num. Telefono Distribuzione Diretta Farmaci |
Cesena | 0547 352687 |
Forlì | 0543/731100 |
Ravenna | 0544/287248 / 285200 |
Rimini | 0541/705628 / 705565 |
Offesi, delusi e stanchi
(da M.D.Digital) Con un comunicato congiunto che da voce a tutte le organizzazioni di categoria, i sindacati hanno espresso la loro ‘rabbia' e delusione per le affermazioni del dottor Fortunato Paolo D’Ancona, ricercatore dell’Iss secondo cui non si sa se il personale sanitario sia stato contagiato “professionalmente oppure al di fuori del luogo di lavoro”. “Siamo offesi, delusi e stanchi - scrivono i sindacati - dopo aver sentito, in conferenza stampa, le parole del dottor Fortunato Paolo D’Ancona, ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità, arrivare ad affermare che non si sa se il personale sanitario sia stato contagiato “professionalmente oppure al di fuori del luogo di lavoro”, parole non immediatamente smentite dal Capo della Protezione Civile, Borrelli, che sa benissimo quanti, di che tipo e a chi ha consegnato i DPI. Sono giorni in cui medici, infermieri e gli operatori sanitari sono in prima linea nella battaglia contro il Covid 19 e per giunta senza o con inadeguati dispositivi di protezione individuale, considerati necessari, per non rischiare la loro vita e quella dei loro pazienti, ed in alcuni casi purtroppo perdendola la vita, senza per questo tirarsi mai indietro nonostante le palesi negligenze e mancanze organizzativo-gestionali, visibili sia a livello nazionale, regionale e aziendale, che stanno dimostrando una filiera di comando piena di vulnerabilità e di iniquità scaricata solo sul Servizio Sanitario Nazionale. A questo punto non si può che invitare - da un lato - il dottor D’Ancona a dimettersi e ritornare a fare il medico vero, quello che gli ammalati li cura non li conta con il pallottoliere, e quindi invitarlo presso gli studi dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, presso i poliambulatori delle Asl e presso gli Ospedali pieni di pazienti Covid-19, o sospetti tali, ad aiutarci a visitare e curare i cittadini malati con i Dpi ‘invisibili’ forniti sinora e a mani nude. Noi medici, però, siamo contagiati oggi, almeno positivamente, dalla ‘gratitudine ‘dei cittadini che ringraziamo per il Flash Mob di sabato, che ci da la forza di continuare in questa battaglia non facile, così facendo ci hanno fatto capire che sono loro la ‘Repubblica’ di cui parla l’art. 32 della nostra Costituzione, non certo quelli come il dr. D’Ancona e quelli come lui, su cui non contiamo più, ne vogliamo più che contino per noi e per i nostri assistiti. Solo garantendo la salute agli operatori sanitari tutti, con i fatti e non con le parole, avremo la speranza di poter salvare la popolazione e ricordiamo infine che questa era la prima raccomandazione fatta dall’Oms ed è stata, ad oggi, proprio nelle azioni di questi soggetti completamente disattesa”.
Le scuse dell’Istituto superiore di Sanità - In una lettera, inviata alla FNOMCeO, l’epidemiologo dell’Iss Fortunato D’Ancona pone le sue scuse per l’accaduto e precisa: “Mi rendo conto che alcune mie parole sugli operatori sanitari contagiati dal coronavirus, sono state fraintese e hanno suscitato reazioni negative tra il personale sanitario e le associazioni di volontariato. Con mio dispiacere, infatti, ancora poco sappiamo di questi operatori che hanno contratto la malattia per la quasi totalità dei casi nell’ambito dell’attività lavorativa. Il tempo limitato, della conferenza stampa, non ci ha permesso di dare un quadro esaustivo, ma ha fatto prevalere nella comunicazione un dettaglio tecnico su alcune incertezze epidemiologiche rispetto alla sostanziale evidenza che la preminenza della fonte è di natura professionale”. In un’altra missiva, inviata alla FNOMCeO dal presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, l’Istituto Superiore di Sanità esprime un profondo rammarico per quanto accaduto. “A nome dell'Istituto Superiore di Sanità - scrive Brusaferro - e mio personale esprimo il profondo rammarico per alcune espressioni di un nostro ricercatore durante la conferenza stampa, presso la protezione civile, che, in modo del tutto involontario, hanno potuto dare l'impressione di una sottovalutazione del rischio di contrarre l'infezione in ambito lavorativo per i medici e per tutti i professionisti ed operatori sanitari, rischio che rimane in assoluto quello su cui focalizzare prevenzione e protezione particolarmente laddove la situazione epidemiologica ed assistenziale è più critica”.
LETTERA INVIATA ALL’ASSESSORE ALLE POLITICHE SOCIALI DAI PRESIDENTI DEGLI OMCEO DELL’EMILIA ROMAGNA
COVID-19 e ACE inibitori: la posizione della SIIA
(da Cardiolink) Con l'unico ed esclusivo scopo di evitare che i pazienti di tutti noi - in terapia con ACE-inibitori o sartani da anni - vengano ulteriormente spaventati (come certamente saprete e come risulta da loro ormai innumerevoli, angosciate telefonate) da chi diffonde notizie che - in atto - sono solo una suggestione ed una ipotesi, se non una falsa notizia; è uscito un comunicato stampa ufficiale della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA), presieduta dal Prof. Guido Grassi. In atto NON esiste alcuna evidenza che gli ACE-inibitori favoriscano l’infezione da SARS-CoV-2 e/o che i sartani facciano lo stesso oppure proteggano dall’infezione stessa. Due righe in sfavore di queste due classi di farmaci (queste le più note: "the safety and potential effects of antihypertension therapy with ACE inhibitors or angiotensin-receptor blockers in patients with COVID-should be carefully considered” su Nature Review Cardiology) oppure due righe in favore dei medesimi (queste le più note: "A tentative suggestion based on existing therapeutics, which would likely be resistant to new coronavirus mutations, is to use available angiotensin receptor blockers, such as losartan, as therapeutics for reducing the aggressiveness and mortality from SARS-CoV-2 virus infections” di David Gurwitz) possono e devono aprire il campo ad approfondimenti clinici, epidemiologici, fisiopatologici e molecolari, ma non possono ex abrupto divenire realtà. Credo che molti pazienti - e forse non solo loro - abbiano confuso ACE con ACE-2 e che interessantissime suggestioni - promosse da alcuni ricercatori già al tempo della SARS - siano diventate rapidamente delle inoppugnabili verità; ma credo soprattutto che compito di SIIA e di tutti noi sia anche contribuire a non allarmare inutilmente chi spesso ha già ben più seri motivi di allarme.
Claudio Ferri
Già Presidente SIIA
Full Professor of Internal Medicine
Director of the Chair of Internal Medicine, School of Internal Medicine,
PhD course in Medicine and Public Health - University of L’Aquila, Department MeSVA
U.O.C. of Internal Medicine and Nephrology
Hypertension and Cardiovascular Prevention Unit - San Salvatore Hospital - 67100 Coppito - AQ - Italy
Certificati malattia, ecco quando si può scrivere in tempi di coronavirus. I nodi per il medico di famiglia
(da Doctor33) Sta succedendo nel mondo del lavoro, nel privato. Lo studio del notaio chiude, il ristorante pure, per esigenze di "distanziamento sociale" da coronavirus. Notaio e proprietario dicono al dipendente: non stare ad aspettare le misure del governo per la cassa integrazione ché chissà quando arrivano, mettiti in malattia. Il dipendente chiede al medico di famiglia di certificare una malattia che non c'è e dunque non si può certificare. È infatti richiesta improprie da rinviare al mittente. Lo specifica ora l'Inps Ravenna nel rispondere a un quesito del presidente dell'Ordine dei Medici di Ravenna Stefano Falcinelli relativo alla circolare del 25 febbraio scorso Hermes 0000716. Secondo questa circolare, tutte le forme che configurano assenza forzata del lavoratore a causa del coronavirus nel certificato di malattia vanno contrassegnate come quarantena obbligatoria o volontaria, isolamento volontario, sorveglianza attiva ovvero dal codice V 29.0 corrispondente alle suddette fattispecie. Ma il certificato si può scrivere solo quando l'assistito ha ricevuto specifico provvedimento di messa in isolamento etc dal Dipartimento di Prevenzione Asl. I medici non sono tenuti a rilasciare certificati richiesti dai datori di lavoro difformi dalle indicazioni precedenti. In parallelo, nella Pubblica amministrazione da dipendenti con cardiopatie, diabete, bronco-pneumopatie arrivano richieste per essere posti in malattia. Il decreto 8 marzo raccomanda ad anziani e cronici di evitare di uscire di casa, per via delle conseguenze di un possibile contagio. Silvestro Scotti segretario Fimmg, ricorda che il mmg redige il certificato non in base alla patologia cronica, che è in genere controllata, ma all'incapacità lavorativa del momento. Il rischio è di fare un falso ideologico. Dovrebbero essere i datori di lavoro a far lavorare questi pazienti da casa. Si segnalano altri due problemi: le regole d'ingaggio tra dipartimento prevenzione Asl e medico di famiglia o pediatra e la certificazione che il paziente può tornare al lavoro dopo la quarantena. Secondo il decreto 8 marzo, chiunque venga da aree ad alto rischio contagio (ex zone rosse, Cina) da meno di 14 giorni deve avvertire il dipartimento di prevenzione dell'Asl. Quest'ultimo lo contatta e se tracciandone gli incontri lo ritiene "contatto stretto" di pazienti positivi al virus ne dispone quarantena e sorveglianza sanitaria (febbre misurata 2 volte al giorno e comunicata all'Asl nella telefonata quotidiana di quest'ultima). Il comma 2 del decreto afferma "in caso di necessità di certificazione ai fini Inps per l'assenza dal lavoro, (lo stesso Dipartimento di prevenzione Asl) procede a rilasciare una dichiarazione indirizzata all'Inps, al datore di lavoro ed al medico di medicina generale in cui si dichiara che "per motivi di sanità pubblica il Sig Rossi è stato posto in quarantena da... a..." Qui si apre un quesito: il medico Asl avverte sia il mmg sia l'Inps e il datore di lavoro o gli basta avvertire il medico di famiglia per avviare la pratica certificatoria? Mancano risposte dalle Asl, gli stessi mmg dicono che -essendo le linee telefoniche Asl intasate- hanno scritto il codice V29 anche senza pregresso coordinamento con il Dipartimento di prevenzione. Ciò potrebbe comportare che l'Inps neghi validità al certificato e copertura della "malattia forzata", quindi un diritto. Sull'altro piatto della bilancia -spiegano i medici sui social -c'è il dovere del medico di fare di tutto per evitare l'espandersi dei contagi.
Altro nodo: quando i datori di lavoro chiedono al medico di famiglia di certificare che un paziente che è stato male, per influenza, Covid, altra infezione, è idoneo al rientro al lavoro. Il medico, pur informato di uno stato di quarantena, come scrive la segretaria Fimmg Paola Pedrini «non è in alcun modo tenuto a redigere nessun tipo di certificazione, né avrebbe facoltà, visto che la certezza della guarigione dall'infezione può essere data solo dall'esecuzione di due tamponi entrambi negativi. La sola valutazione clinica non ha infatti la possibilità di accertare quanto richiesto. Il mmg al quale, nella sua pratica clinica, venga fatta questa richiesta, deve opporsi al rilascio di una certificazione che, altrimenti, risulterebbe del fatto falsa». «Riteniamo - conclude Pedrini- che, qualora si presenti tale problematica e si crei un contenzioso tra lavoratore e titolare, il lavoratore vada indirizzato al medico competente dell'azienda».
Enpam: rinvio contributi e delibera indennità per medici e odontoiatri
(da DottNet) Il consiglio di amministrazione dell’Enpam ha deliberato le prime misure straordinarie a favore dei medici e degli odontoiatri coinvolti dall’emergenza Covid-19.
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI - Tra le decisioni più significative, quella di far slittare dal 30 aprile al 30 settembre i termini per il pagamento dei contributi previdenziali. Il posticipo riguarda sia la prima rata della Quota A di quest’anno sia la quarta rata della Quota B dell’anno scorso. Slitteranno poi anche le date per le rate successive: le nuove scadenze delle rate di Quota A saranno infatti 31 ottobre, 30 novembre e 31 dicembre. Infine, il versamento della quinta e ultima rata della Quota B del 2019 è stato posticipato al 30 novembre di quest’anno. Le misure deliberate complessivamente interessano una platea di circa 365mila medici e odontoiatri.
QUARANTENA – Per i medici e i dentisti che svolgono esclusivamente libera professione è stato confermato un contributo sostitutivo del reddito di 82,78 euro al giorno (circa 2.400 euro al mese) se sono stati costretti ad interrompere l’attività a causa di quarantena ordinata dall’autorità sanitaria. Il contributo, che rientra nelle tutele per calamità naturale, potrà essere richiesto con un modulo pubblicato oggi sul sito dell’Enpam, specifico per l’epidemia coronavirus (https://www.enpam.it/comefareper/chiedere-un-aiuto-economico/sussidi-extra-per-i-liberi-professionisti/sussidi-per-calamita-naturali-quota-b/#moduli) Il consiglio di amministrazione ha introdotto una tutela simile anche per i medici e gli odontoiatri convenzionati costretti alla quarantena con provvedimento d’autorità. L’ente verserà un’indennità giornaliera per coprire i costi del sostituto o per compensare i mancati guadagni. Si tratta però di una misura che necessita dell’approvazione ministeriale per entrare in vigore. Nell’attesa è stato comunque pubblicato un modulo https://www.enpam.it/moduli/domanda-per-lindennita-di-quarantena/
IN ATTESA DELLO STATO – Questi provvedimenti sono stati deliberati in attesa di avere un quadro su ciò che lo Stato prevedrà per la generalità dei lavoratori autonomi e dei professionisti, medici e dentisti compresi. “In questo momento drammatico durante un Cda intenso – ha commentato Alberto Oliveti, presidente dell’Enpam – abbiamo adottato queste prime misure per una categoria sul fronte dell’emergenza Covid-19. Allo stesso tempo abbiamo anche preso atto dei dati economici del 2019 registrando che la nostra Cassa ha versato allo Stato 180 milioni di euro in tasse e imposte. In questo senso – ha continuato Oliveti – sottolineo l’esigenza, mai come oggi impellente, di una fiscalità di scopo, che permetta di utilizzare una parte di questi 180 milioni per supportare una categoria come quella dei medici e degli odontoiatri che si trovano letteralmente in trincea. Inoltre ribadisco che l’obbligo imposto a Enpam di mantenere una riserva patrimoniale tanto ingente da garantire una sostenibilità a 50 anni appare quanto mai anacronistico – aggiunge il presidente Oliveti -, in un periodo storico di cambiamento accelerato in cui sarebbe più urgente garantire un sostegno migliore ai professionisti”.