Gli specializzandi promuovono i Cau: ottima opportunità formativa e retributiva

(da DottNet)   I nuovi Centri di assistenza urgenza in Emilia-Romagna sono "un'ottima opportunità dal punto di vista retributivo e professionale" per i medici specializzandi. Ma sono "ancora pochi" quelli che li conoscono. Per questo la Regione dovrebbe "ulteriormente potenziare la comunicazione sui Cau". A suggerirlo è Maria Gabriella Raso, componente del direttivo nazionale Anaao Giovani, secondo la quale "sarebbe opportuna una manifestazione di interesse regionale non vincolante per valutare quanti altri specializzandi potrebbero essere ancora interessati a lavorare nei Cau". I quattro atenei di Bologna, Ferrara, Parma e Reggio Emilia, inoltre, "dovrebbero allearsi con la Regione per massimizzare e ottimizzare, attraverso i direttori di scuola di specializzazione della nostra regione, la diffusione e l'incentivazione di questo percorso". Secondo Raso, infatti, gli oltre 12.000 cittadini presi in carico finora nei primi 19 Cau aperti in Emilia-Romagna "dimostrano che il servizio funziona e che, al contempo, inizia a sgravare i Pronto soccorso dalla pressione e dalle lunghe attese".

Il 2024, con l'apertura di ulteriori centri, è quindi per gli specializzandi una "grande occasione, che intendiamo fare nostra- afferma la dirigente Anaao- per dare ai cittadini la garanzia di una presa in carico all'altezza delle nuove sfide, sempre più sul territorio, e nel contesto di una sanità pubblica e universalistica che sosterremo sempre con convinzione". Sui social arriva la risposta dell'assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini. "Ringrazio la dottoressa Raso per questa dichiarazione di sostegno dei Cau- commenta- una lettera che contiene anche consigli che intendo raccogliere e far nostri per continuare a migliorare un progetto che, seppure agli inizi, sta portando già risultati per noi importanti

Malattia, il certificato Inps va emesso da chi segue il paziente

(da DottNet)   Sono frequenti i casi in cui un paziente che viene sottoposto a un intervento chirurgico, ma anche odontoiatrico, oppure una visita specialistica, sia nelle strutture pubbliche, sia in quelle private, riceva un referto con la diagnosi, la terapia e la prognosi con l’indicazione dei giorni di riposo. Ma il  certificato medico che dà diritto ai giorni di malattia e che serve all'INPS va emesso dal medico che ha effettuato la diagnosi e che ha seguito il paziente, non importa se di una struttura pubblica o privata. La precisazione arriva dal presidente dell'Ordine dei medici di Udine, Gian Luigi Tiberio. Ebbene - spiega Tiberio - quel resoconto non rappresenta il certificato di malattia INPS che serve a giustificare l'assenza dal lavoro e questa mancanza porta necessariamente il paziente a rivolgersi al medico di famiglia per poterlo ottenere.

Invece, il certificato che serve all'INPS deve essere rilasciato dal medico che ha in carico il paziente, senza distinzioni se medico di una struttura pubblica o privata. In caso contrario si commette un illecito disciplinare, (omissione di atti d'ufficio), perseguibile penalmente, una violazione del codice deontologico, oltre a determinare una cattiva gestione del paziente stesso, che viene rimandato da un medico all’altro per ottenere il certificato”. Sbagliato, in questi casi, rivolgersi al proprio medico di famiglia: quest'ultimo, se non ha fatto la diagnosi personalmente e rilascia comunque il certificato di malattia - spiega ancora Tiberio - compie a sua volta, nel trascrivere la certificazione, un illecito penale ovvero il reato di falso ideologico.

La legge, in vigore da molti anni, parla chiaro: il dovere di emettere il certificato spetta al medico che ha in gestione il paziente, anche se si tratta di una visita. Per facilitare questo compito, inoltre, è stata introdotta la certificazione telematica, prevista per legge e per tutti i medici, ma purtroppo, ancora ampiamente disattesa. L'invio del certificato telematico è possibile attraverso il sito del sistema TS che da alcuni mesi permette l'accesso anche, con lo smartphone, tramite SPID o CIE.

«Il mio richiamo - sottolinea Tiberio - è uno solo: cerchiamo di farlo tutti e di applicare quanto previsto dalle norme, soprattutto a vantaggio del cittadino che ottiene subito tutto quello di cui ha bisogno dal medico che lo ha visitato. Anche sul nostro territorio questa legge, spesso non viene applicata creando un danno soprattutto ai cittadini ed ai medici di medicina generale, perché determina un accesso inutile ai nostri ambulatori, già sovraccarichi».  Sono molti i cittadini a non conoscere questa realtà, «eppure – conclude Presidente Tiberio – è un loro diritto richiedere il certificato di malattia al medico che gli fa la prognosi ed è anche corretto – conclude – che il cittadino-paziente lo possa ottenere»

RIDUZIONE DELLA TASSA DI ISCRIZIONE ALL’ORDINE  PER GENITORIALITA’

Il Consiglio Direttivo,

vista la delibera n. 25 del 18.04.2023;

-           valutata l’opportunità di concedere una riduzione dell’importo della tassa in favore di quegli iscritti che siano diventati genitori (naturali o adottivi) nell’anno 2024, con esenzione dal pagamento della quota destinata all’Ordine della tassa di iscrizione per l’anno 2025, limitandosi il pagamento alla sola quota FNOMCeO pari ad € 23,00;

-           ritenuta l’opportunità di limitare la riduzione della quota solo ad uno dei genitori, nel caso siano entrambi iscritti all’Ordine,

DELIBERA

di stabilire, anche per l’anno 2025, che l’iscritto che autocertifichi di essere diventato genitore nel corso del 2024, possa fruire di una riduzione della tassa di iscrizione all’Ordine versando il solo importo di € 23,00 (quota FNOMCeO);

di prevedere che la riduzione della tassa di iscrizione possa essere goduta solo da uno dei due genitori, nel caso in cui gli stessi siano entrambi iscritti all’Ordine.

Per usufruire della agevolazione, è sufficiente la compilazione del modulo e l’invio all’Ordine.

Da una cartella clinica incompleta derivano grandi responsabilità

(da Univadis - Benedetta Pagni)   Un team di ricercatori italiani ha pubblicato su 'International Journal for Quality in Health Care' i risultati di uno studio, suggerendo che una corretta compilazione e un’adeguata completezza delle cartelle cliniche (CC) apporti benefici al paziente e alla sua sicurezza, limitando il numero di effetti avversi (EA) negativi.

Perché è importante lo studio      Le CC e in particolare la loro completezza nel contenere i dettagli del paziente possono essere utilizzate come indicatore della qualità dell’assistenza erogata e offrire indizi per migliorare la pratica professionale.    Le CC sono considerate la principale fonte per identificare gli EA.   Gli EA che si verificano durante il ricovero possono portare a disabilità momentanea o permanente e/o alla morte del paziente, oltre che a una spesa per il sistema sanitario.

Come è stato condotto lo studio     Sono state esaminate retrospettivamente le CC di pazienti dismessi dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, prendendo in considerazione principalmente i reparti di chirurgia generale, medicina interna e ostetricia tra luglio e settembre 2020.    La valutazione è stata effettuata utilizzando il "Global Trigger Tool" (GTT) e una checklist per valutare la completezza delle CC. La relazione tra l'insorgenza di EA e la completezza delle CC è stata analizzata utilizzando test non parametrici. Il GTT è stato promosso dal Institute for Healthcare Improvement e si basa sul metodo del trigger tool, ossia su una revisione retrospettiva di un campione casuale di CC alla ricerca di fattori scatenanti (trigger) per identificare potenziali EA correlati alla cura e alla gestione del paziente.   L'outcome primario dello studio è stata la stima della prevalenza degli EA, mentre il secondario era determinare la completezza delle CC ed esaminare la relazione tra le due variabili.

Risultati principali

- Dai risultati dello studio italiano emerge che la completezza delle CC favorisce una maggiore sicurezza dei pazienti e indicando la necessità di una formazione continua e il coinvolgimento degli operatori sanitari per mantenere l'aderenza alle CC.

- Sono state riesaminate 291 CC (età media 60.3 anni, 68.3% donne), identificati 368 fattori scatenanti suddivisi in tre macrocategorie (assistenza, trattamenti, questioni emergenziali) e i più comuni sono stati: riammissione entro 30 giorni, tempo al pronto soccorso > 6 ore, eccessiva sedazione/ipotensione e diminuzione di emoglobina/ematocrito ≥ 25%.

- In base ai fattori scatenanti sono stati identificati 56 EA, classificati in 4 categorie: lesioni chirurgiche con 24 EA (42,6%), legati all’assistenza con 15 EA (26,8%), infezione acquisita in ospedale con 8 EA (16,1%) e altro con 8 EA (14,3%). Il reparto con il tasso più alto di EA è quello di chirurgia generale (28 EA), seguito da medicina interna (20 EA) e ostetricia (8 EA). Il 16,2% dei ricoveri è stato interessato da almeno un EA, con una percentuale più alta in chirurgia generale.

- È stata riscontrata una correlazione positiva significativa tra la durata della degenza e il numero di EA. La completezza media delle CC era del 72,9% ed era più bassa in chirurgia generale. La diminuzione della completezza delle CC è stata correlata all'aumento del numero totale di EA (R = -0,14; P = .017), sebbene ciò non sia stato confermato dall'analisi di regressione per singoli reparti.

(https://academic.oup.com/intqhc/article-abstract/35/4/mzad094/7408629?redirectedFrom=fulltext)

Gli ipocondriaci rischiano di morire 5 anni prima

(da AGI)   Coloro che sono perennemente preoccupati di sviluppare una malattia mortale hanno maggiori probabilità di morire prima degli altri. È questo quanto emerge da uno studio pubblicato su 'JAMA Psychiatry'. Ricercatori in Svezia hanno studiato gli esiti sulla salute del disturbo d'ansia chiamato ipocondria caratterizzato appunto da eccessiva paura delle malattie. Da non confondersi con il semplice timore delle malattie, chi soffre di ipocondria vede la propria vita quotidiana sconvolta dall'ansia e interpreta quasi ogni normale sensazione corporea come un segno di patologia.

Gli scienziati del Karolinska Institutet hanno monitorato 42.000 persone nell'arco di vent'anni, di cui 1.000 affette da questa patologia, e hanno scoperto che coloro che erano afflitti da ipocondria vivevano tendenzialmente cinque anni in meno. I risultati hanno mostrato che i pazienti che hanno sperimentato il fenomeno hanno vissuto in media fino a 70 anni, mentre quelli che hanno condotto una vita normale hanno vissuto fino a 75 anni.

I pazienti con ipocondria avevano anche una probabilità quasi quattro volte maggiore di morire per suicidio e avevano un rischio più elevato di morte per malattie respiratorie come influenza e Covid, così come problemi circolatori o neurologici. I ricercatori hanno affermato che il collegamento non può essere spiegato con la "paura della scoperta" - quella situazione in cui le persone sono così preoccupate di ammalarsi che evitano di andare dal medico, rischiando diagnosi ritardate.

Invece, hanno affermato che il perpetuo stato di preoccupazione - che può essere innescato da sensazioni normali come sudorazione o gonfiore - porta ad uno stato di stress cronico, una causa nota di problemi di salute fisica. Lo stress e l'ansia possono innescare il rilascio di sostanze chimiche che provocano un aumento dei livelli di infiammazione in tutto il corpo. Diversi studi hanno collegato l'infiammazione a lungo termine a una serie di problemi, tra cui un sistema immunitario indebolito, che rende il corpo meno capace di combattere infezioni e malattie.

È anche possibile che l'accresciuta consapevolezza della malattia sia radicata in problemi di salute sottostanti, che potrebbero esporre i malati a un rischio di morte più elevato. I ricercatori hanno anche notato che era importante affermare che questi pazienti non erano a rischio più elevato di decessi correlati al cancro. Per lo studio, i ricercatori hanno estratto i dati dal registro nazionale dei pazienti svedese, che contiene statistiche sulle malattie di tutti i pazienti in Svezia.

Una ricerca del set di dati dal 1997 al 2020 ha rivelato che a 1.000 pazienti era stata precedentemente diagnosticata l'ipocondria. Questi sono stati abbinati a 41.000 pazienti che erano simili per età, sesso e vivevano nello stesso paese. Gli scienziati hanno poi esaminato i dati di entrambi i gruppi per due decenni per determinare il rischio di morte o malattie. La maggior parte dei pazienti affetti da ipocondria (57 per cento) erano donne e quasi tutti presentavano un altro disturbo d'ansia (78 per cento).

Il “Dry January” prende piede in Francia, dopo UK e Scandinavia

(da DottNet)  Torna il "Dry January", il mese di detox dall'alcol nel mese che segue il Capodanno. In Francia si ripete per il quinto annno consecutivo ed a invitare a non bere alcol per un mese sono una sessantina di organizzazioni che tuttavia lamentano la persistente assenza di sostegno da parte dello stato francese, in questa iniziativa che si ispira a precedenti esperienze nel mondo anglosassone e in Scandinavia.   

La pausa dal bere alcolici arriva a gennaio, periodo appropriato dopo gli eccessi delle ricorrenze di fine anno. "Questo tipo di campagna - secondo i promotori - sta dimostrando sempre più il suo valore in termini di salute pubblica. Invece di enfatizzare i rischi rappresentati da una sostanza - in questo caso l'alcol - enfatizziamo i vantaggi di rallentarne il consumo.

I partecipanti sono stimolati anche da una sfida che riunisce più persone contemporaneamente". Ma l'obiettivo, sottolineano gli organizzatori, non è soltanto mettere a riposo il proprio corpo, ma anche di toccare con mano l'esperienza di una vita quotidiana senza assunzione di alcolici. Lo stesso principio della campagna "Un mese senza fumo", proposta a novembre. La differenza è che il Dry January non è ufficialmente sostenuto dalle autorità sanitaria d'oltralpe, lamentano ricordando che l'abuso di alcol è la prima causa di ricovero ospedaliero e la seconda causa (dopo il tabacco) di mortalità evitabile in Francia, con circa 45mila decessi l'anno.

Intelligenza Artificiale evidenzia segnali nascosti di fibrillazione atriale

(da MSD Salute)  I ricercatori dello Smidt Heart Institute del Cedars-Sinai Medical Centre (USA) hanno messo a punto un algoritmo basato sull’intelligenza artificiale che è in grado di rilevare anomalie del ritmo cardiaco nelle persone asintomatiche, identificando segnali che sfuggono agli esami diagnostici e permettendo così di prevenire meglio ictus e altre complicanze cardiovascolari nei pazienti con fibrillazione atriale, il disturbo cardiaco più comune. Inoltre, l’algoritmo funziona in contesti e popolazioni di pazienti differenti. 

Secondo gli esperti, circa una persona su tre con fibrillazione atriale non sa di soffrire della patologia. Nella fibrillazione i segnali elettrici del cuore che regolano il pompaggio del sangue non sono regolari e questo può causare ristagno di sangue e formazione di coaguli all’interno delle camere cardiache; coaguli che possono arrivare al cervello e provocare un ictus ischemico.

Per mettere a punto l’algoritmo i ricercatori hanno programmato uno strumento basato sull’intelligenza artificiale che è stato ‘addestrato’ su quasi un milione di ECG, ricavati da due reti ospedaliere dei Veterans Affairs.  L’algoritmo ha previsto con precisione i casi di fibrillazione atriale che si sono verificati entro 31 giorni dall’osservazione. Applicando il metodo in modo retrospettivo sulle cartelle cliniche, il metodo ha mostrato lo stesso livello di performance.

“Questa ricerca consente una migliore identificazione di una malattia nascosta e fornisce indicazioni sul modo migliore per sviluppare algoritmi generalizzabili a tutti i pazienti”, conclude David Ouyang, autore senior della ricerca.

(https://jamanetwork.com/journals/jamacardiology/article-abstract/2810388)

L’obesità fa male al cuore, il peso ‘ruba’ 6 anni di vita

(da AGI - riproduzione parziale)  Si stima che entro il 2035 metà della popolazione mondiale sarà in sovrappeso o obesa raggiungendo i 3,36 miliardi. L''obesità è una malattia che provoca importanti patologie cardiovascolari. Sono almeno 400.000 gli italiani con obesità e scompenso cardiaco, due patologie legate a doppio filo ed entrambe in continua crescita nel nostro Paese, dove gli obesi sono circa 6 milioni e i pazienti con insufficienza cardiaca oltre 1 milione. I chili di troppo sono spesso il primo passo sulla strada che porta allo scompenso e si stima che fino all''80% dei pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione preservata, pari alla metà dei casi, sia anche obeso. La combinazione è molto pericolosa, perché può aumentare fino all''85% il rischio di eventi cardiovascolari fatali, "rubando" almeno 6 anni di aspettativa di vita. Lo ricordano gli esperti in occasione dell''84esimo congresso nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC), a Roma fino al 17 dicembre, sottolineando che l''aspettativa di vita e quella di salute dei pazienti obesi sono più basse rispetto a chi è normopeso.

Il paradosso è nato perché l''indice di massa corporea non è l''indicatore più adeguato della reale obesità che si misura meglio con un metro: il girovita deve essere meno di 88 cm nelle donne e 102 cm negli uomini, ma soprattutto deve misurare meno di metà dell''altezza, per la salute del cuore e non solo. Il 2023 è stato però l''anno della svolta per le terapie: è ora possibile trattare i pazienti con scompenso cardiaco con un farmaco specifico anti-obesità, semaglutide, ottenendo un miglioramento dei sintomi e della funzionalità oltre che una riduzione significativa del peso corporeo. "Scompenso cardiaco e obesità sono due epidemie in rapidissima crescita: l''insufficienza cardiaca oggi colpisce oltre un milione di italiani e si stima un incremento del 30% dei casi entro il 2030?, osserva Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC e direttore della scuola di specializzazione in malattie dell''apparato cardiovascolare dell''Università Federico II di Napoli. "L''aumento dei casi è trainato in parte dall''incremento dell''aspettativa di vita, perché la prevalenza della patologia raddoppia a ogni decade di età e dopo gli 80 anni lo scompenso colpisce il 20% della popolazione. Tuttavia l''insufficienza cardiaca - continua - ha anche l''obesità fra le sue cause principali perché i chili in eccesso comportano, fra le altre cose, un incremento dell''infiammazione generale, un maggiore stress su metabolismo e sistema cardiovascolare e un aumento del grasso viscerale anche a livello cardiaco".

Stress e ansia rafforzano i tumori e indeboliscono le cure

(da DottNet)   Il cancro si nutre di emozioni negative e le "sfrutta" per proteggersi dagli attacchi del sistema immunitario che tentano di fermarlo. E' per questo che lo stress, l'ansia e la depressione possono compromettere l'esito dei trattamenti immunoterapici, rendendoli meno efficaci e la cura dello stato emotivo diventa centrale come l'uso delle altre terapie. A dimostrarlo è uno studio condotto dal Netherlands Cancer Institute di Amsterdam e recentemente pubblicato sulla rivista 'Nature Medicine'. I risultati sono stati discussi in occasione della nona edizione dell'Immunotherapy e Melanoma Bridge che si è conclusa il 6 Dicembre, alla presenza dell'autore del lavoro, Christian U. Blank. Questi studi non riguardano il melanoma ma indicazioni in tal senso arrivano anche da ricerche sul tumore al polmone non a piccole cellule e sul tumore del colon. Paolo Ascierto, presidente del convegno e direttore del dipartimento di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell'Istituto Nazionale dei Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, spiega che "lo stress può favorire la crescita e la resilienza del tumore, sia attraverso la produzione di una serie di ormoni (come il cortisolo) che lo 'nutrono', sia promuovendo la creazione di un microambiente vantaggioso per la proliferazione di metastasi e sia 'indebolendo' e 'corrompendo' le cellule del sistema immunitario.   Il supporto psicologico dall'inizio del percorso di cura può dunque avere una triplice funzione: da un lato può migliorare la qualità della vita del paziente, dall'altro può ridurre il 'nutrimento' del tumore e dall'altro ancora sostenere e tutelare la risposta ai trattamenti immunoterapici".   "E' quindi indispensabile che lo stato emotivo e psicologico del paziente non venga trascurato, ma bisogna considerarlo a tutti gli effetti parte integrante del percorso di cura", evidenzia Ascierto

I pericoli delle feste natalizie: più morti per cause cardiache e aumento delle malattie cardiocircolatorie

(da Univadis - riproduzione parziale)  La stagione di Natale, è sempre attesa con ansia ma è anche una delle più pericolose per la nostra salute. Molti studi sottolineano come questa stagione, caratterizzata dal consumo di cibi con un'alta percentuale di grassi, calorie, sale in eccesso e alcol, aumentati rischi cardiovascolari.   Secondo l'America Heart Association gli ultimi giorni dell'anno sono quelli con il maggior numero di decessi dovuti a infarto del miocardio. Questo fenomeno è supportato da ricerche condotte nell'ultimo decennio. Come conclude uno  studio americano del 2004, il 25 dicembre è il giorno dell'anno con il maggior numero di decessi per infarto.  

Questi risultati sono molto simili a quelli riportati in un altro articolo del 'British Medical Journal' (https://www.bmj.com/content/363/bmj.k4811 che ha esaminato i dati registrati nella popolazione svedese nel corso di 16 anni. Secondo i loro risultati, durante le festività natalizie si è registrato un aumento complessivo del 15% degli infarti del miocardio, che è salito al 37% il 24 dicembre, con un'incidenza maggiore nelle persone di età superiore ai 75 anni, con diabete o malattie cardiovascolari preesistenti.  Per evitare questi esiti fatali, in linea con l'American Heart Association, anche la Fondazione spagnola per il cuore (FEC) ha lanciato le sue raccomandazioni per prendersi cura del cuore nei prossimi giorni ed evitare che l'assunzione sproporzionata di sale, alcol, zuccheri e grassi produca scompensi nell'organismo, generando gravi problemi nei pazienti con fattori di rischio cardiovascolare. 

Tra i gruppi più vulnerabili a soffrire di questo tipo di disturbi ci sono, tra gli altri, i pazienti con pressione alta, insufficienza cardiaca, cardiopatia ischemica, angina pectoris e i diabetici, che sono suscettibili di squilibri nei livelli di glucosio nel sangue. Per ridurre al minimo questi rischi, gli esperti raccomandano di ricordare ai pazienti di controllare e adattare la dose di insulina e il contenuto di carboidrati di ogni pasto.  Oltre ai profili più vulnerabili, anche le persone sane che non presentano rischi cardiovascolari dovrebbero controllare la propria dieta.

Durante il periodo natalizio, le persone tendono a consumare molte più calorie del solito, determinando un aumento di peso che di solito incrementa il grasso viscerale, aumentando il rischio di malattie del cuore e dei vasi cerebrali. Secondo la stessa FEC, durante le festività il colesterolo è uno degli indicatori di rischio che aumenta di più, raggiungendo un incremento fino al 10%. 

Comunicazione agli iscritti: le novità fiscali del 2024

Con l’approssimarsi del nuovo anno lo Studio Bertoni&Partners ci comunica che può essere utile ricordare agli iscritti le novità fiscali che interessano anche il nostro settore.

Dal 1/1/2024 l’obbligo di fatturazione elettronica viene estesa a tutti i contribuenti (salvo unicamente le sole fatture sanitarie verso pazienti persone fisiche private), inclusi:

– contribuenti in regime dei minimi

– contribuenti in regime forfettario

– associazioni che hanno optato per il regime forfettario di cui alla legge 398/1991 

Si potranno utilizzare i servizi gratuiti messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate nel sito “fatture e corrispettivi” accedendo alla propria area riservata, oppure ci si potrà dotare di uno dei numerosi software presenti sul mercato.

Per chi necessitasse ricordiamo che sul nostro sito:

Consulenza fiscale

si possono trovare le proposte di convenzione pervenute a vantaggio di tutti gli iscritti per la consulenza contabile, fiscale e societaria. 

Addio alla ricetta cartacea. Che cosa cambia con il decreto semplificazioni

(da Doctor33)  Addio per sempre alla ricetta di carta e prolungata la validità ad un anno delle ricette per i malati cronici. Queste alcune delle principali novità previste per la farmaceutica dal decreto legislativo su “Razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari”, approvato dal Consiglio dei ministri il 19 Dicembre. ''Ad iter concluso e ratifica delle norme, ci avvieremo verso la prima vera semplificazione per la medicina generale iniziando ad erodere la montagna di burocrazia, poco consona al nostro ruolo, che ci assilla ogni giorno. La semplificazione sulle ricette nel prescrivere una terapia cronica una sola volta all'anno, darà più tempo al medico di svolgere il suo lavoro e semplificherà la vita al cittadino che non sarà costretto ad andare ogni due mesi dal proprio medico curante''. Commenta così il decreto Angelo Testa, presidente nazionale del Sindacato nazionale autonomo dei medici italiani (Snami).

Le prescrizioni saranno in formato elettronico, e non più cartaceo, sia per i farmaci a carico del Ssn sia per quelli a pagamento. Inoltre, "nella prescrizione di medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale per la cura di patologie croniche - si legge nella bozza del provvedimento - il medico prescrittore può indicare nella ricetta dematerializzata ripetibile, sulla base del protocollo terapeutico individuale, la posologia e il numero di confezioni dispensabili nell'arco temporale massimo di dodici mesi". Una novità che semplifica non poco la vita di chi fa i conti con una malattia cronica. "Il medico prescrittore, qualora lo richiedano ragioni di appropriatezza prescrittiva - si precisa - può sospendere, in ogni momento, la ripetibilità della prescrizione ovvero modificare la terapia". Le prescrizioni - si legge in una nota - saranno quindi ripetibili in modo illimitato, garantendo una maggiore flessibilità per i pazienti mentre tutte le ricette elettroniche, introdotte durante la pandemia e prorogate fino al 31 dicembre 2024, diventeranno strutturali. È il farmacista a informare "l'assistito sulle corrette modalità di assunzione dei medicinali prescritti" consegnando "un numero di confezioni sufficiente a coprire trenta giorni di terapia, in relazione alla posologia indicata". Sempre il farmacista, "nel monitoraggio dell'aderenza alla terapia farmacologica, qualora rilevi difficoltà da parte dell'assistito nella corretta assunzione dei medicinali prescritti, segnala le criticità al medico prescrittore per le valutazioni di competenza". Il ministro della salute, di concerto con il ministro dell'Economia, dovrà adottare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto per definire “le ulteriori modalità applicative e le procedure informatiche necessarie".

''La norma va nella direzione chiesta più volte alla politica dal nostro sindacato - puntualizza Gianfranco Breccia, segretario nazionale Snami- ma non basta, ora bisogna approvare l’abolizione della certificazione per i primi 3 giorni di malattia. Ogni cittadino dovrà auto dichiarare malattia se la patologia rientra nelle prime 72 ore di assenza''. A tale proposito, ''Ricordiamo - aggiunge Gennaro Caiffa, vicesegretario nazionale Snami - che la stragrande maggioranza dei certificati emessi sono inferiori ai 3 giorni, un obbligo per il medico di medicina generale che aumenta la burocrazia, che toglie tempo alla clinica ed abbassa notevolmente la qualità di cure fornite ai pazienti''. ''Chiediamo alla politica - conclude Testa - di licenziare l'iter di tutto ciò nel più breve tempo possibile perché il tutto sia solo l’inizio verso una vera semplificazione burocratica, soprattutto quella a 'costo zero', cavallo di battaglia dello Snami''. Nel decreto semplificazioni sono previste misure anche contro la carenza dei farmaci: in caso di interruzione, temporanea o definitiva, della commercializzazione di una confezione di medicinale, il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (Aic) deve comunicarlo all'Aifa entro i 2 prima dell'interruzione della commercializzazione del prodotto, e non più 4 mesi come avveniva precedentemente. La comunicazione "è rinnovata in caso di prolungamento del periodo di interruzione".

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