Altro che Coronavirus. Lo scioglimento dei ghiacci potrebbe rilasciare virus di 15 mila anni fa

(da Agi)   Lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe rilasciare virus molto vecchi e potenzialmente pericolosi. Un team di ricerca composto da scienziati cinesi e statunitensi ha esaminato due campioni di ghiaccio di 15.000 anni fa prelevati dall'Altopiano tibetano, rilevando 33 virus, molti dei quali sono risultati sconosciuti. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista bioRxiv. Dopo aver scavato per 50 metri nell'Altopiano del Tibet, per indagare su eventuali agenti patogeni giacenti all'interno del ghiacciaio, i ricercatori hanno scoperto 28 nuovi virus dall'azione sconosciuta.   Nello scenario peggiore, secondo la ricerca, i virus potrebbero essere rilasciati nell'atmosfera a seguito del riscaldamento globale e dello scioglimento del ghiaccio. Il progetto, durato 5 anni, ha avuto inizio con la rimozione dello strato superiore del ghiaccio (circa mezzo centimetro), successivamente decontaminato con un lavaggio in etanolo e acqua. Il team ha quindi applicato tecniche genetiche e microbiologiche per registrare il Dna all'interno dei due campioni di ghiaccio.

 

Violenze su medici, docufilm racconta ‘angeli’ in prima linea

(da AdnKronos Salute)   Andare al lavoro sapendo di poter rischiare la vita. Lo hanno vissuto i medici che hanno subito un'aggressione verbale o fisica mentre lavoravano in pronto soccorso o alla guardia medica. Le loro storie sono al centro del docufilm 'Notturno' diretto da Carolina Boco, prodotto da Corrado Azzollini per Draka Production, in collaborazione con la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), presentato alla Camera e che sarà distribuito su Amazon Prime e girerà l'Italia con proiezioni speciali. 'Notturno' vede la partecipazione di Maria Grazia Cucinotta: "I medici che lavorano in prima linea sono angeli che vanno protetti - ha affermato l'attrice - Le guardie mediche mettono spesso a rischio la propria vita".

 "Notturno è un film-denuncia sulla violenza contro i medici, ma soprattutto sulla solitudine, su un'organizzazione che lascia i professionisti da soli - ha spiegato Anelli, che ha presentato il docufilm con la Cucinotta - Lo abbiamo fortemente voluto e promosso. L'obiettivo è far riflettere tutti sullo stato in cui versa la professione, soprattutto in alcuni ambiti come la continuità assistenziale e i pronto soccorso, e vuole stimolare i decisori a invertire la rotta e avviare una riforma soprattutto delle aree più critiche della professione".   Nel docufilm - l'anteprima nazionale oggi all'Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari della Camera, con la presenza del ministro della Salute Roberto Speranza - anche le interviste ai giornalisti Massimo Giletti e Gerardo D'Amico, che con le loro inchieste hanno tante volte raccontato le aggressioni e analizzato le cause di questo fenomeno.   Al centro del progetto, le voci di camici bianchi che hanno subito direttamente violenza durante un turno di lavoro: Giovanni Bergantin, medico di medicina generale, preso a calci e pugni da un paziente; Ombretta Silecchia, minacciata con una pistola durante l'attività di guardia medica; Vito Calabrese, marito di Paola Labriola, psichiatra uccisa da un suo paziente.

"Il cinema è una forma d'arte, ma anche un potente mezzo di comunicazione - ha osservato il produttore della Draka, Corrado Azzollini - e per questo abbiamo creduto fosse giusto sposare un tema divenuto così urgente nella cronaca di tutto il Paese. Un problema di enorme rilevanza sociale, culturale e politica. Non siamo abituati ad ascoltare i medici che parlano delle loro paure, delle loro difficoltà. Forse inconsciamente crediamo che siano invincibili, eppure sono persone che meritano di lavorare in sicurezza".

Giovani medici e ricercatori, il 70% è precario, sottopagato e motivato ad andar via.

(da Doctor33)   Il 70% dei medici italiani e stranieri è sottopagato e retribuito con 7 euro all'ora in cliniche private con 12 ore di guardia medica; il 90% dei medici stranieri giovani cerca di inserirsi nel Ssn ma non riesce per mancanza di cittadinanza o di specializzazioni e il 95% dei ricercatori italiani sono precari e prendono circa 1500 euro al mese, senza alcuna garanzia per il futuro. Questi solo alcuni dei principali risultati emersi dallo studio svolto dai dipartimenti giovani e seconda generazione dell'associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), dell'Unione medica euro mediterranea (Umem) e del Movimento internazionale transculturale interprofessionale "Uniti per Unire"(UxU) sul fenomeno dei giovani, sottopagati, pagamenti in ritardo, carenza dei medici e fuga all'estero.  «Sono dati che ci preoccupano visto che di continuo riceviamo da una parte richieste di medici giovani di andare all'estero e dall'altra parte da tutte le regioni offerte di lavoro, il nostro impegno è di far incontrare le offerte con le richieste risolvendo le criticità sollevate dai medici e ricercatori intervistati», dichiara Foad Aodi, fondatore Amsi e Umem e membro del Registro esperti Fnomceo che lancia il suo appello al Governo italiano. «A nome dei nostri movimenti e dipartimenti #FermatelaFugadeiCervelli, l'Italia ha un Ssn tra i migliori e l'ha dimostrato in tantissime occasioni e per primi in Europa hanno isolato il Coronavirus grazie alla ricerca e eccellenza italiana e ad una ricercatrice precaria augurando che sia un esempio per tutti e un invito a stimolare i ricercatori italiani di far ritorno in Italia per servire il paese non da precari», conclude Aodi. La ricerca è stata effettuata su un campione di 5 mila medici e ricercatori italiani e di origine straniera che si è rivolto allo "Sportello Amsi Online". I temi delle domande sono stati: lavoro, pagamento, specializzazione, meritocrazia e motivo di lasciare l'Italia. Gli intervistati erano 2500 medici italiani, 1500 medici stranieri e 1000 ricercatori. Tra gli altri dati emersi, si parla del 50% di medici italiani e stranieri che viene pagato in ritardo in base al pagamento delle assicurazioni; il 95% dei medici specialisti italiani e stranieri in area chirurgica cerca di fuggire all'estero sono bloccati dal primo operatore; il 60% dei medici di origine straniera sono figli di seconda generazione con cittadinanza italiana. Il 100% degli intervistati ha chiesto più borse di specializzazioni, più stabilità e garanzie per tutti e no alle promesse non praticabili; così come, il 100% degli ha chiesto se ci fossero serie volontà politiche si potrebbero risolvere in pochi anni la carenza dei medici specialisti, la fuga all'estero, lo sfruttamento lavorativo, la medicina difensiva, e l'inserimento dei medici stranieri nelle strutture pubbliche. «I giovani professionisti della sanità italiani e di origine straniera del movimento di Uniti per Unire, Amsi e Umem si sentono motivati e sempre disponibili a dare il loro contributo in Italia, un paese pieno di eccellenze ma richiedono anche la giusta attenzione da parte della politica negli anni a seguire e la fine di tante incertezze e mancati riconoscimenti per il loro prezioso contributo per una sanità pubblica migliore e per un futuro migliore sempre in Italia». Cosi dichiarano Artes Memelli, dottoressa di origine albanese coordinatrice Dipartimento giovani di Amsi, Nadir Aodi, laureando in podologia coordinatore Dipartimento gioventù e seconda generazione di Uniti per Unire e Eleonora Grimaldi, medico di medicina generale coordinatrice Dipartimento giovani di Umem e coordinatrice Osservatorio giovani medici Lazio.

 

Donne medico. Nuove tutele per mmg e guardie mediche con il servizio assicurativo ‘Primi trenta giorni di malattia’

Fimmg ed Enpam sono riusciti a far rientrare nelle coperture anche il rimborso per i giorni non lavorati legati alla malattia di figli minori (se ricoverati). Inoltre, viene ora assicurata la possibilità per le donne medico di assentarsi per malattia anche nel periodo immediatamente successivo all'eventuale astensione per gravidanza ed è stato raddoppiato (da 1.000 a 2.000 euro) il massimale del rimborso per l’aborto. Leggi l'articolo completo al LINK     http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=81051&fr=n

Suicidio assistito, la FNOMCeO aggiorna il Codice Deontologico

(da https://portale.fnomceo.it)  Il Consiglio Nazionale ha approvato all’unanimità gli indirizzi applicativi dell’articolo 17.  Non sarà punibile dal punto di vista disciplinare, dopo attenta valutazione del singolo caso, il medico che liberamente sceglie di agevolare il suicidio, ove ricorrano le condizioni poste dalla Corte Costituzionale

“La libera scelta del medico di agevolare, sulla base del principio di autodeterminazione dell’individuo, il proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, che sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli (sentenza 242/19 della Corte Costituzionale e relative procedure), va sempre valutata caso per caso e comporta, qualora sussistano tutti gli elementi sopra indicati, la non punibilità del medico da un punto di vista disciplinare”. 

È questo il testo degli indirizzi applicativi all’articolo 17 del Codice di Deontologia medica (ATTI FINALIZZATI A PROVOCARE LA MORTE), approvati all’unanimità ieri a Roma dal Consiglio nazionale della Federazione degli Ordini dei Medici (FNOMCeO).  Il Consiglio Nazionale, composto dai 106 presidenti degli Ordini territoriali, ha così voluto aggiornare il Codice dopo la sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale, che ha individuato una circoscritta area in cui l’incriminazione per l’aiuto al suicidio non è conforme alla Costituzione. Si tratta dei casi nei quali l’aiuto riguarda una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (quali, ad esempio, l’idratazione e l’alimentazione artificiale) e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Se ricorrono tutte queste circostanze, oltre ad alcune condizioni procedurali, l’agevolazione del suicidio non è dunque punibile da un punto di vista penale.

Ma cosa succede se, a prestare aiuto, è un medico?  

“Abbiamo scelto di allineare anche la punibilità disciplinare a quella penale -spiega il Presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli- in modo da lasciare libertà ai colleghi di agire secondo la legge e la loro coscienza.  Restano fermi i principi dell’articolo 17, secondo i quali il medico, anche su richiesta del paziente, non deve effettuare né favorire atti finalizzati a provocarne la morte. E ciò in analogia con quanto disposto dalla Corte, che, al di fuori dell’area dell’area delimitata, ha ribadito che l’incriminazione dell’aiuto al suicidio ‘non è, di per sé, in contrasto con la Costituzione ma è giustificata da esigenze di tutela del diritto alla vita, specie delle persone più deboli e vulnerabili, che l’ordinamento intende proteggere evitando interferenze esterne in una scelta estrema e irreparabile, come quella del suicidio’.”

E cosa cambierà, dunque, nella pratica? 

“I Consigli di disciplina saranno chiamati a valutare ogni caso nello specifico, per accertare che ricorrano tutte le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale - spiega Anelli -. Se così sarà, il medico non sarà punibile dal punto di vista disciplinare. In questo modo abbiamo voluto tutelare la libertà di coscienza del medico, il principio di autodeterminazione del paziente e, nel contempo, l’autonomia degli Ordini territoriali nei procedimenti disciplinari, correlandoli con la perfetta aderenza ai dettami costituzionali”. Frutto di un lungo lavoro della Consulta deontologica della FNOMCeO -coordinata da Pierantonio Muzzetto-, gli Indirizzi applicativi sono stati approvati dal Comitato Centrale del 23 gennaio scorso e portati questa mattina all’esame del Consiglio nazionale. Da oggi sono parte integrante del Codice di Deontologia Medica.

Il rischio cardiovascolare nei pazienti oncologici: grave, e sottovalutato

(da OncoNews)   Ancora oggi molti pazienti non muoiono per il tumore che li ha colpiti, ma per una patologia cardiovascolare. Questo il risultato di uno dei più grandi studi mai effettuati sull'argomento, condotto dagli oncologi e cardioncologi del Penn State College of Medicine e del Penn State Cancer Institute di Hershey su dati relativi a 28 tipi di cancro e 3,2 milioni di pazienti americani analizzati per 40 anni (tra il 1973 e il 2012), pubblicato sullo European Heart Journal.  Gli autori hanno preso in esame tutti i dati contenuti nei registri americani SEER relativi, oltreché al tumore, anche alle patologie cardiovascolari e cardiometaboliche, e hanno visto che la media dei decessi non riconducibili alla neoplasia era del 10% con, in alcuni tumori (mammella, prostata, endometrio e tiroide), valori che raggiungevano il 50%.  Nello specifico, i casi valutati sono stati 3,2 milioni: il 38% è deceduto per il tumore, l'11% per una patologia cardiovascolare. Tra questi ultimi, il 76% è morto per una malattia cardiaca, con un picco di mortalità nel primo anno dopo la diagnosi e per diagnosi poste prima dei 35 anni di età (il rischio per le diagnosi avvenute prima dei 55 anni è fino a 10 volte quello della popolazione generale). Per quanto riguarda le singole forme, quelle più a rischio sono risultate essere il tumore della mammella (oltre 60.000 decessi) e della prostata (oltre 84.000); nel 2012, il 61% di tutti i pazienti deceduti per una malattia cardiovascolare aveva avuto un tumore della mammella, della prostata o della vescica. Ancora, le proporzioni dei diversi tipi più associati ai decessi per patologie cardiovascolari sono state: vescica (19%), laringe (17%), prostata (17%), utero (14%) e mammella (12%). In generale, poi, è emerso che spesso le vittime di una patologia cardiovascolare erano state colpite da tumori più aggressivi e difficili da trattare quali quelli di esofago, ovaio, polmone, fegato, sistema nervoso o pancreas, fatto che non stupisce perché significa che costoro sono presumibilmente stati sottoposti a terapie più cardiotossiche, nel tentativo di salvarli. Infine, per alcuni tumori il rischio di soccombere per una patologia cardiovascolare è risultato sovrapponibile a quello oncologico e di molte volte superiore a quello della popolazione generale; nel tempo, inoltre, esso tende ad assomigliare a quello della popolazione generale solo in alcuni casi ma, più spesso, purtroppo tende ad aumentare.  Gli autori si augurano che il quadro emerso aiuti i medici generici e i pazienti ad avere maggiore consapevolezza, e stimoli i responsabili dei centri oncologici a implementare la cardioncologia con appositi programmi e specialisti.  In questo senso va anche l'editoriale di commento, firmato dal cardiologo della Mayo Clinic di Rochester Jörg Herrmann, che scrive: "I pazienti oncologici hanno un rischio cardiovascolare che è da 2 a 6 volte quello della popolazione generale, evidente in tutto il continuum della cura e caratterizzato da una fase precoce e una cronica. Alla luce di questo, un approccio basato solo sulla presentazione dei sintomi non è più accettabile. Piuttosto, è necessario averne uno proattivo, che inizi con la diagnosi e non sia mai interrotto, per tutta la durata della vita del malato". (Sturgeon K et al. A population-based study of cardiovascular disease mortality risk in US cancer patient  European Heart Journal, ehz766   doi:https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehz766 (Jörg Herrmann. From trends to transformation: where cardio-oncology is to make a difference," by Joerg Herrmann. European Heart Journal.  doi:10.1093/eurheartj/ehz781)  

Trovate sei varianti genetiche legate all’ansia

(da DottNet)  Sono state trovate sei varianti genetiche legate all'ansia, alcune delle quali erano già state individuate come fattori di rischio per il disturbo bipolare, il disturbo post-traumatico da stress e la schizofrenia. E' il risultato di uno studio coordinato dalla Yale University, pubblicato sull''American Journal of Psychiatry'. Secondo gli stessi ricercatori questo lavoro contribuisce a fornire una prima "convincente spiegazione" sul perché coesistano spesso ansia e depressione. "Questo è il più ricco insieme di risultati per la base genetica dell'ansia fatto fino ad oggi - spiega il coautore principale dello studio, lo psichiatra Joel Gelernter, docente di genetica e di neuroscienze a Yale - Non c'è stata alcuna spiegazione per la sovrapposizione di ansia e depressione e altri disturbi della salute mentale, ma qui abbiamo trovato rischi genetici specifici e condivisi".  L'analisi è stata possibile studiando circa 200.000 ex militari americani. Alcune varianti sono risultate collegate a geni che aiutano a governare l'attività dei geni stessi. In un caso si è trattato di una variante di un gene coinvolto nel funzionamento dei recettori per gli estrogeni dell'ormone sessuale. Questa scoperta, proseguono gli studiosi, potrebbe aiutare a spiegare perché le donne avrebbero una probabilità doppia rispetto agli uomini di soffrire di disturbi d'ansia. I ricercatori hanno però sottolineato che la variante che colpisce i recettori degli estrogeni è stata identificata in un gruppo di ex militari composta principalmente da uomini e di come, per avere la certezza di questa loro teoria, siano necessarie ulteriori indagini di approfondimento.

Coronavirus: “Nessuna pandemia, ogni discriminazione è inaccettabile e irrazionale”

Cosa cambia ora che il virus è sbarcato anche in Italia? Una riflessione del Presidente della Simit alla luce di un evento sociale che ci coinvolge tutti. "In questa fase si deve solo continuare a vigilare sulla eventuale presenza di nuovi casi e sui soggetti eventualmente esposti ai due casi segnalati in Italia senza creare un allarme non motivato”, sottolinea Marcello Tavio, Presidente Simit.  Leggi l'articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=80897&fr=n

La gestione multidisciplinare del paziente anziano nello studio odontoiatrico

(da Odontoiatria33)   Un sessantacinquenne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un quarantacinquenne di 30 anni fa. I nuovi 'senior', infatti, sono attivi e dediti alla cura di sé: fanno sport, sono attenti all'alimentazione, utilizzano le ultime tecnologie per comunicare, vanno spesso a teatro e al cinema, hanno una vita sentimentale soddisfacente. Da questo presupposto nasce un nuovo approccio anche all'odontoiatria: quello geriatrico, che coinvolge non solo l'aspetto clinico, ma più globale del paziente. Un esempio di questo innovativo approccio è rappresentato dal Progetto Silver, ideato da Lea Di Muzio e realizzato da DentalBreraClinic di Milano. Ne abbiamo parlato con i titolari, i dottori Stefano Gracis e Matteo Capelli.  

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Inquinamento causa il 20% delle morti in Europa. Ecco il Rapporto ‘Lancet Countdown’

(da Doctor33)   Il 20% della mortalità in Europa è attribuibile a cause ambientali. L'Italia è prima in Europa e undicesima nel mondo per morti premature da esposizione alle "polveri sottili PM2.5. Solo nel 2016 sono state ben 45.600 (281.000 in tutta Europa), con una perdita economica di oltre 20 milioni di euro, la peggiore in Europa. A rischio sono soprattutto bambini e neonati che hanno sistemi immunitario e respiratorio ancora non del tutto sviluppati. A fare punto in merito alle ricadute dei cambiamenti climatici sulla nostra salute è il rapporto The Lancet Countdown on Health and Climate Change, presentato a Roma con una tavola rotonda nella sede dell'Istituto Superiore di Sanità. Il documento è frutto della collaborazione tra 120 esperti di 35 istituzioni di tutto il mondo, tra cui l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la Banca mondiale, il University College di Londra e l'Università di Tsinghua, che ha analizzato 41 indicatori chiave, suggerendo quali azioni intraprendere per raggiungere gli obiettivi dell'accordo di Parigi. «Tutte le istituzioni, ma anche i cittadini sono chiamati a un'inversione di marcia nelle politiche e nei comportamenti individuali. Insieme, riscrivere il profilo italiano di Lancet Countdown è possibile. Noi siamo pronti a fare la nostra parte». Questo l'appello del neoeletto presidente dell'Iss Silvio Brusaferro che si dice fortemente impegnato su questo fronte. «Costruire un futuro sostenibile deve essere per tutti un impegno imprescindibile perché la nostra salute- continua - passa attraverso la salute del pianeta. Stiamo lavorando perché anche l'Istituto possa testimoniare al più presto un modello di sostenibilità nell'organizzazione e attraverso le buone pratiche. L'Italia, attraverso il Ssn, sta già affrontando le nuove domande di salute conseguenti agli effetti del climate change. In questo contesto l'Iss fa la sua parte, mettendo a servizio della collettività le sue competenze nel ricercare le evidenze scientifiche, nel monitorare i fenomeni, nel suggerire approcci sicuri e idonei a contrastare i numerosi rischi per la salute connessi ai cambiamenti climatici e, non ultimo, nel cercare di incrementare le capacità di adattamento». In tutto il Sud Europa, Italia inclusa, i cambiamenti climatici stanno causando un aumento degli eventi meteorologici estremi: ondate di calore, piogge intense, allagamenti costieri, siccità e rischio incendi, insieme ad una espansione di nuove specie di vettori di malattia. Un'altra stima, elaborata dal Centro euro mediterraneo sui cambiamenti climatici e presentata lo scorso dicembre alla Conferenza sul clima di Madrid, ha previsto per l'Italia un calo nella produttività del lavoro del 13,3% nel settore agricolo e dell'11,5% in quello industriale entro il 2080. «La salute umana e la salute del pianeta sono strettamente connesse - sottolinea Paolo Vineis, docente di epidemiologia ambientale dell'Imperial College of London -. Vanno perciò incentivati gli interventi in settori come i trasporti, la produzione di energia pulita o l'alimentazione, che migliorano la salute dei cittadini e che contribuiscono di pari passo in modo sostanziale alla mitigazione del cambiamento climatico».

Oftalmologi, stop alle prestazioni mediche abusive dagli ottici

(da DottNet)   Attenzione a esami e prestazioni mediche fornite dagli ottici, che spesso non potrebbero essere fatti e che mettono a rischio i pazienti. L'appello è di Matteo Piovella, presidente della Società Oftalmologica Italiana (Soi), alla vigilia della prima udienza, a Frosinone, frutto di una serie di denunce presentate dalla Soi in tutta Italia. "Quello che ci preoccupa è che sempre più spesso viene proposto addirittura nelle scuole elementari di fare visite nei negozi di ottica - spiega Piovella - in strutture quindi che hanno solo un permesso di tipo commerciale, non hanno nulla di sanitario. Il 90% delle problematiche agli occhi si forma da bambini. È ovvio che al bambino serve una visita oculistica che porta ad una diagnosi e ad una cura, cosa vietata dalla legge a chi non è abilitato a farlo. Dobbiamo approfittare di questa causa per far capire che nessuno ha nulla contro gli ottici, ma sono un'attività di tipo commerciale".   Le denunce, spiega l'avvocato della Soi Riccardo Salomone, sono partite nel 2017, e hanno riguardato più di 80 ottici. Nel caso in discussione domani si contesta l'uso di un tonometro, lo strumento che misura la pressione oculare e che viene usato ad esempio nella diagnosi del glaucoma. "L'uso del tonometro è l'infrazione più facile su cui indagare, perché è una procedura facilmente riconoscibile - sottolinea Salomone -, ma ce ne sono molte altre. Il fenomeno è molto diffuso, abbiamo ricevuto segnalazioni e fatto denunce in tutte le regioni, in centri grandi e piccoli. Se usati male questo dispositivi possono magari dare false rassicurazioni al paziente, che si trova poi dopo qualche anno a riscontrare dei problemi".

Giudici, no ai medici del 118 anche nei Pronto Soccorso

(da DottNet)    Secondo due giudici del tribunale di Firenze, in due cause distinte ma promosse per lo stesso motivo, i medici del 118 della Usl Toscana Centro non devono coprire mansioni 'doppie', sia quella conosciuta dell'assistenza prestata in emergenza con le ambulanze, sia quella di cura dei pazienti al pronto soccorso nei 'tempi morti' di attesa delle richieste di intervento dalla centrale operativa. I giudici in due ordinanze hanno sospeso l'efficacia del 'progetto' della Usl Toscana Centro che assegnava ai medici del 118 'mansioni promiscue' all'ospedale di Figline Valdarno (Firenze). Per i giudici il progetto è "inesigibile" perché ha aspetti di illegittimità: espone i medici del 118 a "rilevanti rischi", anche di natura penale, qualora non eseguano correttamente le prestazioni mediche, con pericolo di danni per i pazienti. Il medico del 118 deve uscire in ambulanza dalla postazione entro un minuto dalla chiamata dalla centrale: ma col progetto Usl tale tempistica è impossibile da rispettare se lo stesso medico sta intanto curando i pazienti del pronto soccorso.

Salute: con aiuto del computer medici sbagliano di meno

(da AGI)  L’impiego di strumenti digitali aiuta sia a ridurre gli errori medici. Sono questi i principali risultati di uno studio - uno dei più grandi studi clinici randomizzati a livello internazionale - pubblicato su 'JAMA Network Open', che è stato coordinato dall’Università Statale di Milano. La ricerca ha rivelato il potenziale dei sistemi di supporto decisionale computerizzati (SSDC) nella riduzione di errori di diagnostica e di prescrizione. I ricercatori si sono posti un duplice interrogativo: è possibile incoraggiare i medici a riconsiderare le loro prescrizioni e decisioni, potenzialmente dannose, tramite un software che li orienti con alert e messaggi-guida? È possibile implementare con successo un SSDC sviluppato in un altro contesto, in un paese e in un ambiente di cura differente, cioè nello specifico un ospedale dell’hinterland di Milano? Lo studio, condotto all’Ospedale di Vimercate, sotto la supervisione del Lorenzo Moja, dell'Università degli Studi di Milano, mostra una risposta affermativa ad entrambi i quesiti.

I medici che hanno utilizzato il SSDC hanno riportato un tasso significativamente più basso di errori di prescrizione e di diagnosi rispetto al gruppo di controllo, che non aveva accesso al supporto decisionale. Non tutti i potenziali errori che sono stati corretti hanno avuto esiti diretti sui pazienti, ma - come numerosi studi suggeriscono - le conseguenze di piccoli errori possono causare pesanti conseguenze per i pazienti, (incluso il decesso) e generare danni materiali e non, a carico della struttura ospedaliera. Commenta così Lorenzo Moja: “Alcuni di questi errori possono seriamente nuocere ai pazienti e, di conseguenza, anche ai medici che hanno in carico i pazienti e alla struttura ospedaliera, ma non siamo ancora in grado di distinguere tra i messaggi rilevanti, capaci di prevenire conseguenze gravi o drammatiche, ed alert meno importanti. Per questo motivo gli SSDC sono strumenti dotati di grande potenziale, ma non ancora efficienti nel discriminare le informazioni ricevute. Avere troppe informazioni, in questo caso, equivale ad averne troppo poche". I ricercatori hanno utilizzato il sistema EBMEDS (Evidence Based Medicine Decision Support), sviluppato dalla Associazione dei Medici Finlandesi ed integrato da MEDILOGY alla cartella clinica elettronica ospedaliera locale. EBMEDS, testato per la prima volta nel 2003 negli ospedali finlandesi e evolutosi tanto da diventare uno strumento internazionale, è stato progettato per aiutare a tenere traccia delle decisioni mediche, come, ad esempio, prescrizioni di farmaci e test diagnostici.

Mobilità sanitaria. Quasi 1 ricovero su 10 è fuori Regione. Il “business” interregionale raggiunge i 4,6 miliardi.

Le “fughe” maggiori sempre da Sud a Nord. Lombardia in testa tra le più ricercate, soprattutto per l’alta specialità   Sono stati 736mila pazienti in viaggio in cerca di cure migliori nel 2018 secondo le SDO. L'analisi dei ricoveri per alta specialità (tumore e terapire collegate) mette in evidenza che dal Sud per questo tipo di patologie ci si sposta quasi sempre verso il Nord (soprattutto in Lombardia). Mobilità "di confine" al Nord, in quasi tutte le Regioni del Centro, ma al Sud tranne Molise e Basilicata l'esodo è in parte verso il Centro e soprattutto verso il Nord.  Leggi l'articolo completo al LINK

Medici in corsia sino a 70 anni. Gimbe: “Si mette a rischio la sicurezza dei pazienti”

La Fondazione critica la misura contenuta nel 'Patto per la Salute' e su cui le Regioni hanno presentato un emendamento al Dl Milleproroghe per trasformarla in legge.  Cartabellotta: “Consistenti evidenze scientifiche dimostrano che questa misura rischia di ridurre la sicurezza dei pazienti e la qualità dell’assistenza e di aumentare il contenzioso medico-legale”. Per questo la Fondazione propone di “inserire nel testo l’obbligo di una procedura nazionale standardizzata per valutare le performance fisiche e cognitive dei medici che offriranno la loro disponibilità a rimanere in corsia sino a 70 anni”.  Leggi l'articolo completo al LINK

Aggressioni medici, Anelli (Fnomceo) alla Camera: Prevedere procedibilità d’ufficio

(da Doctor33)  Prevedere la procedibilità d'ufficio per tutti i reati commessi contro gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni. Questa la richiesta della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, esposta alla Camera, dinnanzi alle Commissioni riunite Giustizia e Affari Sociali, nell'ambito dell'esame dei progetti di legge recanti "Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni", tra i quali il disegno di legge n. 2117, già approvato dal Senato. Sono tre al giorno, 1200 l'anno, le aggressioni denunciate all'Inail dagli operatori sanitari, secondo gli ultimi dati disponibili, quelli relativi al 2018. Di queste, 456 si sono verificate al Pronto soccorso, 400 in corsia e 320 negli ambulatori. Molti di più gli episodi reali, considerando quelli non dichiarati: almeno tremila, secondo una stima della Fiaso, la Federazione di Asl e Ospedali. Mentre secondo un'indagine condotta dal sindacato della dirigenza medica Anaao - Assomed, su 1280 professionisti intervistati, il 65% ha dichiarato di essere stato vittima di aggressioni, verbali nel 66,19% dei casi e fisiche nel 33,8%.  Un aumento dei casi di aggressioni che ha portato la Fnomceo ad auspicare un rafforzamento dell'articolo 4, laddove prevede che i reati di percosse (art. 581 c.p.) e lesioni (art. 582 c.p.) siano procedibili d'ufficio, quando ricorre l'aggravante del fatto commesso con violenza o minaccia in danno degli operatori sanitari e socio-sanitari. L'applicazione della procedibilità d'ufficio andrebbe, secondo la Fnomceo, prevista per tutti i reati commessi contro gli operatori nell'esercizio delle loro funzioni. In questo modo, si solleverebbero le vittime dall'onere di denunciare i loro aggressori, che può rappresentare un pesantissimo condizionamento psicologico. Il più delle volte, infatti, il sanitario aggredito non denuncia, per vergogna, per rassegnazione, ma anche per paura di ritorsioni. Per quanto riguarda le condotte reiterate (molestie) di cui all'art. 612-bis c.p., il presidente Fnomceo Filippo Anelli ha dichiarato: «Possono cagionare nel professionista sanitario un perdurante e grave stato di ansia o di paura, tali da ingenerare un fondato timore per la propria incolumità. Di fatto alla reiterazione degli atti corrisponde nella vittima un progressivo accumulo del disagio, finché tale disagio degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi nelle forme descritte».     La Fnomceo sostiene, inoltre, che bisogna agire anche con interventi volti ad aumentare la sicurezza e la sorveglianza delle sedi. «Si dovrebbe procedere ad una ricollocazione dei presìdi ambulatoriali di guardia medica in ambiente protetto - ha proseguito Anelli - Presso ogni pronto soccorso dei presìdi ospedalieri si potrebbe valutare l'istituzione di un presidio fisso di polizia composto da almeno un ufficiale di polizia e da un numero di agenti proporzionato al bacino di utenza e al livello di rischio della struttura interessata». E, ancora, occorre «un piano comprensivo di interventi, che contempli anche misure di sicurezza come videosorveglianza a circuito chiuso negli spazi comuni e altre idonee misure di protezione. Si dovrebbe inoltre procedere alla stipulazione di una polizza di assicurazione in favore del personale medico e sanitario per la copertura dei danni derivanti da atti di violenza commessi nelle strutture ospedaliere e territoriali - ha aggiunto ancora Anelli - Si ritiene inoltre necessario favorire la definizione ed implementazione, all'interno delle strutture sanitarie, di misure di prevenzione e di controllo e gestione dei rischi». Anelli ha parlato anche della necessità di ricostruire un patto di fiducia tra medici e cittadini per «un'alleanza terapeutica. Al Parlamento chiede così di «approvare in tempi brevi un provvedimento finalizzato a tutelare i medici e gli operatori sanitari, che svolgono un ruolo importante nella società e non possono essere esposti a rischi continui per la loro incolumità personale, da un lato attraverso l'inasprimento della repressione penale di alcuni specifici reati, se commessi a loro danno, mediante l'ampliamento della procedibilità d'ufficio, e dall'altro con specifiche misure di sensibilizzazione e disposizioni volte a migliorare la sicurezza all'interno degli ospedali e delle postazioni di guardia medica».

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