Influenza: da vaccino a lavaggio mani, i 5 consigli Oms per proteggersi

(da AGI)   Dal vaccino al lavaggio attento delle mani; dall'evitare di toccare occhi, naso e bocca all'evitare di stare vicino a persone malate fino a stare a casa nel caso in cui si rimane contagiati. Queste sono le 5 semplici azioni raccomandate dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per proteggersi dall'influenza. "I sintomi influenzali più comuni - si legge sul sito - includono febbre, tosse secca, mal di testa, dolori muscolari e articolari, mal di gola e naso che cola". Ogni anno milioni di persone vengono colpiti dall'influenza. La maggior parte guarisce entro una settimana, ma per pochi sfortunati, l'influenza può essere mortale. "Le epidemie influenzali stagionali si verificano in genere nel tardo autunno e in inverno, quindi possiamo anticiparle e prepararci di conseguenza", dice l'Oms. Il primo consiglio è vaccinarsi. "La vaccinazione annuale è il modo più efficace per proteggersi dall'influenza e da gravi complicazioni", dice l'Oms. "La vaccinazione è particolarmente importante per le donne in gravidanza, in qualsiasi fase della gravidanza. È anche fondamentale - continua - per i bambini dai 6 mesi ai 5 anni, le persone anziane, le persone che soffrono di patologie croniche e per gli operatori sanitari". Altra regola è quella di lavarsi le mani regolarmente. "Lava regolarmente le mani con acqua corrente e sapone e asciugale accuratamente con un asciugamano monouso", dice l'Oms. "Ricorda: lavarsi le mani correttamente dura circa la canzone "Happy Birthday" due volte", aggiunge. Altra raccomandazione è quella di evitare di toccare gli occhi, il naso e la bocca. È più probabile che i germi entrino nell'organismo attraverso gli occhi, il naso e la bocca. "Non puoi controllare tutto ciò che inali, ma puoi ridurre il rischio di infezione tenendo le mani lontane dal viso", specifica l'Oms. "Se devi toccare gli occhi, il naso o la bocca, fallo con un fazzoletto pulito o lavati prima le mani", aggiunge. L'Oms consiglia inoltre di evitare di di stare con persone malate. L'influenza è contagiosa. "Si diffonde facilmente in spazi affollati, come sui trasporti pubblici, nelle scuole e nelle case di cura e durante gli eventi pubblici", spiega l'Oms. "Quando una persona infetta tossisce o starnutisce, le goccioline contenenti il virus possono diffondersi fino a un metro e infettare gli altri che le inspirano", aggiunge. Infine, si raccomanda di restare a casa, in caso ci si ammali. Stare con gli altri li mette a rischio. "Questo è particolarmente vero per le persone con patologie croniche come il cancro, le malattie cardiache e l'HIV", dice l'Oms. "Isolarsi rapidamente può prevenire la diffusione dell'influenza e salvare vite umane", conclude.

Specializzandi tappabuchi in corsia, dalla Cassazione riflessioni sui rischi per i giovani medici

(da Doctor33)   Il medico specializzando è responsabile per l'attività che svolge e risponde legalmente per le proprie azioni anche quando non è in grado di portare a termine il compito. Dunque, se ravvisa che deve svolgere attività troppo complesse per la sua preparazione, deve dire no, altrimenti in caso di danno al paziente potrà essere responsabile e rispondere, nel caso in questione civilmente. Lo afferma la Corte di Cassazione che con la 3a sezione civile nella sentenza 26311 del 17 ottobre scorso chiama a risarcire un medico in formazione al quale in una casa di cura era stata affidata una gestante con il medico titolare in missione all'estero. La donna si sente male, il medico le prescrive un farmaco e lei abortisce con danno irreversibile, perdendo la capacità di procreare. Per la Suprema Corte, lo specialista gode di piena autonomia: lui, laureato in medicina ed abilitato, è in grado di capire se gli ordini può eseguirli. 

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Vaccini: Cesena, intera classe fa profilassi per compagno malato

(da AGI)   I bambini di un'intera classe di seconda elementare di Cesena, insieme agli insegnanti, si sono vaccinati contro l'influenza per permettere il ritorno sui banchi del loro compagno Tommaso, colpito un anno fa da una leucemia linfoblastica acuta che lo ha costretto a un lungo ciclo di cure ed è tuttora a rischio di infezioni. Le famiglie, in considerazione dell'estrema vulnerabilità del sistema immunitario del piccolo, hanno così deciso la profilassi di massa: si tratta di una trentina di bambini, anche di classi diverse, e di alcuni genitori e fratelli. "Questi bambini e questi genitori – commenta la dottoressa Antonella Brunelli responsabile della Pediatria di Comunità di Cesena - hanno compiuto un gesto di responsabilità, di generosità e di amicizia che ci ha riempito di gioia e ci ha fatto pure commuovere. Come riconoscimento simbolico abbiamo regalato ad ogni bambino un libro donatoci dalla Libreria 'Giunti al Punto' di Cesena nell’ambito del progetto Nati per Leggere, a conferma che la ‘literacy’ contribuisce a migliorare lo stato di salute dell’intera comunità". "L'Emilia-Romagna che ho in mente è fatta così", ha scritto sui social Stefano Bonaccini, governatore ricandidato dell'Emilia-Romagna per il centrosinistra. "Grazie ai fantastici bambini e alle loro splendide famiglie", ha concluso.

Rapporto sanità Ocse 2019

In Italia spesa è inferiore del 15% rispetto alla media. Sempre al top la speranza di vita, mentre si consumano troppi antibiotici e pochi generici. Elevato il numero dei medici rispetto agli infermieri   Nel nostro Paese si spendono 3.400 dollari pro capite per la sanità, ben 600 dollari in meno rispetto alla media. Coincide invece alla media la spesa pubblica e privata sul Pil all'8,8% I generici potrebbero far risparmiare, ma sono solo la metà di quelli venduti. Bene sulla mortalità prevenibile, ma si prescrivono troppi antibiotici e il personale invecchia rapidamente. Per l'Ocse il nostro paese dovrebbe spostare i compiti dai medici a infermieri e altri operatori sanitari per alleviare le pressioni sui costi e migliorare l'efficienza.    Leggi l'articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=78533&fr=n

Perché preferire la ricongiunzione al cumulo

(da www.enpam.it)   La recente sentenza della Cassazione che ha sdoganato la ricongiunzione anche per la gestione separata Inps, fa tornare d’attualità il quesito: “è meglio ricongiungere i contributi o cumularli?”  Il costo dell’operazione e l’importo della pensione futura variano da caso a caso.  Ma a parità di condizioni economiche, ci sono altre ragioni per cui potrebbe essere prudente spostare i propri contributi dall’Inps all’Enpam, ricevendo un’unica pensione dall’ente di categoria.

FAMILIARI    Gli assegni versati dall’ente di previdenza dei medici e degli odontoiatri non seguono infatti le normali regole pubbliche per quanto riguarda la reversibilità. In caso di decesso, per esempio, l’Inps verserebbe al coniuge superstite solo il 60 per cento della pensione, mentre la percentuale riconosciuta dall’Enpam è del 70 per cento. Stessa differenza di trattamento si ha anche nel caso in cui si lasciasse un orfano (Inps darebbe il 70 per cento; Enpam l’80 per cento) oppure due orfani (Inps accorderebbe l’80 per cento mentre Enpam pagherebbe il 90 per cento della pensione).  Altro dettaglio non da poco è la cumulabilità con altri redditi. Mentre la Cassa dei medici e degli odontoiatri paga la cifra spettante e basta, l’Istituto pubblico – nel caso il beneficiario della pensione abbia ulteriori redditi – può applicare tagli che possono ridurre ulteriormente l’assegno, fino a dimezzarlo (ad esempio una vedova invece di prendere il 60 per cento della pensione del coniuge, potrebbe percepire anche solo il 30 per cento).

INABILI   Capita inoltre che alcuni medici o dentisti debbano andare in pensione perché inabili, pur avendo magari un riscatto ancora in corso. In questi casi chi domanderà la pensione in cumulo avrà l’amara sorpresa di dover saldare subito tutte le rate restanti del riscatto chiesto.  Invece, agli inabili con riscatti in corso, l’Enpam riconosce subito il vantaggio derivanti dagli anni riscattati, anche se non ha finito di pagarli; le rate restanti verranno detratte mensilmente dalla pensione.

RISCHIO LEGISLATIVO    Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è la volatilità legislativa. Infatti le pensioni Inps, essendo pubbliche, risentono automaticamente dei cambiamenti imposti da Governo e Parlamento. L’Enpam invece, essendo una fondazione privata e godendo di autonomia gestionale, organizzativa e contabile è risultata spesso indenne da misure che miravano a salvaguardare il bilancio dello Stato. Ad esempio, a differenza dell’Inps, l’Enpam non ha mai bloccato l’adeguamento delle pensioni all’inflazione.

Non c’è parità di genere nelle esacerbazioni di BPCO



(da Univadis)   Le donne presentano un maggior rischio di esacerbazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) rispetto agli uomini. Le differenze di genere sono risultate più evidenti nei soggetti più giovani, in quelli con asma pre-esistente, con limitazione moderata e grave del flusso respiratorio e in quelli nei gruppi GOLD B, C e D.   Nella pratica clinica c’è la necessità urgente di un’identificazione e una gestione appropriata delle donne con BPCO.   

Descrizione dello studio   Lo studio retrospettivo di coorte ha confrontato donne e uomini con diagnosi incidente di BPCO utilizzando i dati del Clinical Practice Research Datalink e i dati Hospital Episode Statistics ad essi associati.  Sono stati analizzati dati di pazienti che avevano ricevuto diagnosi incidente di BPCO tra il 1 gennaio 2010 e il 28 febbraio 2015.  Fonte di finanziamento: Novartis Pharma AG, Basilea, Svizzera.

Risultati principali   Nello studio sono stati inclusi 22.429 pazienti, il 48% dei quali era rappresentato da donne.  Il rischio di prima esacerbazione moderata o grave è risultato del 17% più alto nelle donne che negli uomini (hazard ratio [HR] 1,17).  Il tempo mediano alla prima esacerbazione è stato di 504 giorni per le donne e 637 giorni per gli uomini. Le differenze sono risultate più evidenti nei gruppi di età più giovani (età uguale o superiore a 40 e inferiore a 65 anni), così come nei gruppo B, C e D della Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD) 2016 e nei soggetti con ostruzione del flusso respiratorio da moderata a grave.  Il tasso annuale di esacerbazioni da moderate a gravi è risultato maggiore nelle donne rispetto agli uomini nel primo, secondo e terzo anno di follow-up.

Limiti dello studio   La fonte dei dati è costituita da medici di medicina generale e non da specialisti.  Non è possibile definire con certezza le ragioni alla base del maggiore rischio di prima esacerbazione nelle donne. La bronchiectasia non è stata presa in considerazione nell’analisi.

Perché è importante    Prevalenza e mortalità legate a BPCO hanno mostrato un incremento tra le donne negli ultimi anni.  Studi suggeriscono differenze di genere nella risposta ai trattamenti. Una conoscenza approfondita di tali differenze potrebbe aiutare a gestire la patologia in modo più personalizzato.

(Stolz D, Kostikas K, et al. Differences in COPD Exacerbation Risk Between Women and Men. Analysis From the UK Clinical Practice Research Datalink Data. Chest 2019. Doi: 10.1016/j.chest.2019.04.107 )



“No al triage del Pronto soccorso solo in mano agli infermieri”. L’appello del Coas Medici

Per il segretario Garau: “Già a luglio avevamo denunciato il fatto che le linee guida inviate dal Ministero della Salute alle Regioni sono a dir poco preoccupanti. Quando chiedevamo una soluzione per i problemi che si vivono ogni giorno nei Pronto Soccorso, non avremmo mai pensato che il problema della carenza di medici sarebbe stato risolto delegando le responsabilità al personale infermieristico”. Leggi l'articolo completo al  LINK

http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=78389&fr=n

Morbillo colpisce due volte, annulla memoria immunitaria

(da Fimmg.org)  Il virus del morbillo è come il tasto 'reset' per il nostro sistema immunitario: ne cancella la memoria spazzando via fino al 73% degli anticorpi che ci difendono da altre malattie come influenza, herpes e polmoniti. Questa 'amnesia immunitarià, che può durare anche mesi, è stata documentata per la prima volta in un gruppo di 77 bambini olandesi non vaccinati, al centro di due studi internazionali pubblicati sulle riviste 'Science' e 'Science Immunology'. Come sottolineano gli stessi ricercatori, i risultati dimostrano che «il morbillo è più pericoloso di quanto immaginiamo» e che «il vaccino ha benefici addirittura superiori all'atteso», dal momento che può proteggere anche da infezioni secondarie alla malattia. Proprio la vaccinazione ha abbattuto dell'80% i casi di morbillo nel mondo tra il 2000 e il 2017 salvando 2,1 milioni di vite, ma a causa delle più recenti campagne no-vax la tendenza si è invertita, tanto che il numero dei casi dal 2018 a oggi è aumentato del 300%. Anche l'Italia sta vivendo questo fenomeno: secondo l'ultimo rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità, sono 1.596 i casi di morbillo segnalati dal primo gennaio al 30 settembre 2019, con un decesso per complicanze respiratorie in un adulto di 45 anni non vaccinato e con patologie concomitanti. Valutare l'impatto della vaccinazione è stato l'obiettivo dello studio pubblicato su Science dall'Howard Hughes Medical Institute di Boston con l'Harvard Medical School e l'Erasmus University Medical Center di Rotterdam. I ricercatori hanno usato il test VirScan per analizzare il sangue dei bambini e misurare i livelli di migliaia di anticorpi diretti contro virus e batteri. L'esame, fatto prima del morbillo e due mesi dopo l'infezione, ha rivelato che la malattia cancella dall'11 al 73% delle difese anticorpali. Lo stesso test, ripetuto sui macachi prima del morbillo e cinque mesi dopo l'infezione, ha confermato la perdita del 40-60% degli anticorpi. Risultati complementari sono stati ottenuti dal secondo studio, pubblicato su Science Immunology dal britannico Wellcome Sanger Institute con l'Università di Amsterdam. Condotto sempre sullo stesso gruppo di 77 bambini protestanti ortodossi non vaccinati, dimostra che il morbillo causa la perdita di specifiche cellule della memoria immunitaria, lasciando i bambini vulnerabili come neonati incapaci di reagire a nuove infezioni. Gli effetti di questa temporanea amnesia immunitaria sono stati testati sui furetti vaccinati contro l'influenza: una volta colpiti dal morbillo hanno perso gran parte dei loro anticorpi, tanto da diventare di nuovo suscettibili all'influenza con sintomi ancora più severi. Questo dato dimostra dunque che il morbillo può cancellare anche gli effetti delle vaccinazioni fatte contro altre malattie infettive, e perciò i ricercatori suggeriscono ai medici di potenziare le difese dei pazienti guariti dal morbillo facendo dei richiami dei vaccini di routine somministrati in precedenza.

Obesità bambini: i pediatri invitano a vigilare

(da DottNet)   Piccoli italiani troppo pesanti sulla bilancia. I dati sul sovrappeso e l' obesità pediatrica diffusi dall' Istat "sono una costante in questi anni, e in alcune regioni le due problematiche sommate rasentano ormai il 50% dei bambini. Sicuramente l' invito della Società italiana di pediatria (Sip) è di non abbassare la guardia, anche perché più i problemi di peso sono precoci nell' età infantile, più effetti per la salute comporteranno da adulti e anziani". Parola di Giuseppe Banderali, consigliere nazionale della Sip e direttore della Pediatria dell' Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, che commentando gli ultimi dati all' AdnKronos Salute sottolinea come l' eccesso di peso dei nostri bambini "non sia solo legato alla dieta, ma anche allo stile di vita". Generazioni incollate agli schermi, tra smartphone, tablet e pc, che si muovono sempre in auto, macchinetta o motorino, e hanno 'dimenticato' le corse al parco.  "Ma l' attività fisica dei nostri bambini e ragazzi non deve essere solo quella 'istituzionale', con le sessioni settimanali in piscina e palestra. I giovanissimi dovrebbero tornare ad andare a scuola a piedi, e a fare le scale: anzi, i ragazzi non dovrebbero mai prendere l' ascensore", dice il pediatra. Ma la vita 'pigra' non è solo un problema dei ragazzini. "Ormai nelle nostre città ci si muove troppo in automobile: sarebbe importante - osserva l' esperto - che le istituzioni assicurassero la manutenzione di marciapiedi, piste ciclabili, parchi e sentieri, ma garantissero anche mezzi pubblici efficienti, per aiutare adulti e bambini a fare movimento nelle nostre città". C' è poi la questione dell' alimentazione. "E' importante cosa mangiamo, ma anche come suddividiamo le calorie, che tipo di alimenti introduciamo - ricorda Banderali - Ci sono prodotti 'insospettabili', come ad esempio le bevande dolci: possono essere ricche di calorie, anche se non ci si pensa". Infine è bene ricordare che la prevenzione dell' obesità si costruisce nei primi momenti di vita. "Ad esempio con l' allattamento al seno: è dimostrato - conclude il pediatra - che riduce il rischio di sviluppare obesità"

Alzheimer: dormire poco potrebbe aumentare rischio demenza

(da AGI)   Oltre a far male al sistema cardiovascolare e a quello immunitario, dormire male per lunghi periodi di tempo potrebbe aumentare il rischio di sviluppare demenza. E' quanto emerso in occasione di un incontro nell'ambito del Future of Health Summit del Milken Institute  a Washington. "I disturbi del sonno e l'insufficienza di sonno contribuiscono all'Alzheimer decenni prima che le persone sviluppino il disturbo", spiega Ruth Benca, psichiatra dell'Università della California, Irvine. Il lavoro di Benca ha tracciato la relazione tra il sonno, in particolare il sonno profondo noto come Rem, e  lo sviluppo della demenza più avanti nella vita. Nel 2017, il suo team ha pubblicato uno studio in cui sono stati seguiti individui sani con una variante di un gene chiamato APOE che li espone a un rischio maggiore di sviluppare l'Alzheimer. Hanno così scoperto che gli individui che hanno riportato un sonno di qualità inferiore tendevano ad avere accumuli più grandi di proteine associate alla malattia di Alzheimer, chiamate amiloide e tau, nel liquido che circonda il cervello rispetto a quelli che hanno riferito di dormire bene.

Certificati idoneità al lavoro, ecco a chi spetta rilasciarli e qual è la procedura

(da Doctor33)  «Il nuovo datore di lavoro mi chiede un certificato medico di idoneità generica al lavoro e il mio medico di famiglia dice che non è lui a dovermelo rilasciare. Sono tra due fuochi. Come faccio?» Sul social o nei blog ogni tanto la domanda arriva. Non tutti i datori sanno che dal 2013 l'Asl non rilascia più il certificato di idoneità generica al lavoro. Né lo sanno tutti i medici di famiglia. Molti di essi continuano a compilare vecchi prestampati o a scrivere su carta intestata che l'assistito "non presenta patologie". In Abruzzo il Tribunale dei Diritti e Doveri del Medico all'ennesima richiesta delle Poste di un certificato di idoneità generica al lavoro rilasciato dal medico curante e registrato presso l'Asl, propedeutico all'assunzione di un portalettere, ha preso l'iniziativa. Il medico legale dottor Florindo Lalla ha scritto alla Direzione Generale Risorse Umane regionale ricordando che il certificato spetta al medico competente attivato dal datore di lavoro per la sorveglianza sanitaria. Infatti almeno due leggi hanno abolito gli anni scorsi il certificato in questione: il testo unico sul lavoro, legge 81/2008, che ha abolito il concetto di "idoneitaÌ generica al lavoro" ed introdotto quello di "idoneità alla mansione specifica" il cui rischio lavorativo e valutazione spettante al Datore di lavoro e il certificato di idoneità è appannaggio esclusivo del Medico competente aziendale; e la legge 98 del 2013 che all'articolo 42 nel settore pubblico «ha tolto alle Usl/Asl la competenza per quei certificati di "idoneità lavorativa generica" assimilabili al "Certificato di sana e robusta costituzione" prima di allora richiesto dalla quasi totalità degli Enti pubblici per le assunzioni nel settore». «Il fatto è che molti enti pubblici starebbero continuando a chiedere il certificato di idoneità generica al lavoratore come se le nuove norme fossero disconosciute - dice il responsabile del Tribunale dei Diritti del Medico in Abruzzo Walter Palumbo - e per le Poste in particolare non è la prima volta». «Il lavoratore malcapitato va dal medico curante e quest'ultimo a sua volta non sempre conosce la novità, o comunque nel dubbio gli scrive il certificato e glielo fa pagare perché prestazione di libera professione. Altresì -continua Palumbo- è anche possibile che non glielo faccia pagare. In ogni caso, il lavoratore avrebbe diritto a visita e certificato a carico del datore di lavoro pubblico, e a non pagare la prestazione». In particolare, l'articolo 42 della legge 98 sui dipendenti pubblici abolisce i certificati di sana e robusta costituzione per le assunzioni di addetti a lavorazioni non a rischio, i certificati comprovanti la sana costituzione fisica per i farmacisti, quelli di idoneitaÌ psico-fisica all'attività di maestro di sci... e poi abolisce il certificato di idoneità fisica per l'assunzione nel pubblico impiego e per i concorsi pubblici. In altre parole, qualunque ente pubblico (e privato) deve dotarsi di un proprio medico competente aziendale che, all'assunzione del lavoratore, «ne verifichi le condizioni di salute e ne certifichi l'idoneità alla mansione specifica». I certificati richiesti al medico convenzionato con il Ssn, come spiega Lalla nella sua lettera alle Poste, «non hanno nessun valore legale perché afferenti al lavoro generico, non più medicalmente tutelato, ed emessi da Strutture pubbliche (le Asl) cui è stata tolta la potestà certificativa o dal Medico curante cui non è mai stata data dal Legislatore». «Ora sarebbe interessante capire se la medicina di famiglia è informata di questi cambiamenti», dice Palumbo. «Come TDME abbiamo lanciato il tema sui siti legali medici. Sulle certificazioni nulla va dato per scontato ma bisogna tenersi aggiornati».

Cure termali: nuovo accordo per l’erogazione delle prestazioni con maggiori risparmi, più controlli e innalzamento della qualità

Via libera in Stato-Regioni all'accordo 2019-2021. Tra le prevsioni, la revisione dei Lea relativi alle cure termali, tariffe senza aumenti, ricerca scientifica, clicli ulteriori di cure per le categorie protette, ricette dematerializzate e la nascita della figura dell'operatore termale.  Leggi l'articolo completo al LINK

http://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?articolo_id=77944&fr=n

Stile di vita, fattori sociali e rischio di emicrania

(da M.D. Digital)  La scarsa attività fisica è un fattore di rischio legato allo stile di vita, potenzialmente modificabile, che potrebbe influenzare il tasso di emicrania sia negli uomini che nelle donne. A sostenerlo uno studio pubblicato su Headache. Inoltre, lo studio ha rilevato che l'orientamento sessuale e lo stato sociale percepito potrebbero influire sulla prevalenza del disturbo.  Per la realizzazione della ricerca sono stati raccolti i dati al basale del Canadian Longitudinal Study on Aging, che riguardavano 22.176 donne e 21.549 uomini. I pazienti inclusi nell'analisi avevano un'età compresa fra 45 e 85 anni e riportavano una diagnosi di emicrania.  Per gli uomini e le donne, la prevalenza pesata di emicrania è stata 7.5% e 19.6% rispettivamente. Nelle donne, la percezione di un più elevato stato sociale è risultata correlata a un tasso di emicrania inferiore del 3%. Rispetto agli uomini eterosessuali, gli uomini che si identificavano come gay o bisessuali riportavano un tasso di emicrania superiore del 50%. Anche l'attività fisica è risultata in qualche modo influire sul tasso di emicrania: per le donne che camminavano in media fra 30 minuti e un'ora al giorno si registrava un tasso di emicrania ridotto del 13%. Un minore tasso di emicranie nelle donne è inoltre associato alla partecipazione ad attività sportive leggere per meno di 30 minuti (OR, 0.86; p =0.048) e per un tempo compreso fra 1 e 2 ore (OR, 0.85; p = 0.018), come anche la partecipazione a sport intensi da 30 minuti a un'ora (OR, 0.79) e tra 1 e 2 ore (OR, 0.82; p = 0.001). Più alti tassi di emicrania sono invece stati rilevati negli uomini che si dedicavano a passeggiate quotidiane nel tempo libero fino a 30 minuti (OR, 1.21; p = 0.042), tra 2 e 4 ore (OR, 1.42; p = 0.005) e per almeno 4 ore (OR, 1.65; p = 0.004).

(Hammond NG, Stinchcombe A. Health behaviors and social determinants of migraine in a Canadian population-based sample of adults aged 45-85 years: findings from the CLSA Headache 2019; doi:10.1111/head.13610 )

E’ necessario un nuovo vaccino ?

(testo a cura del Dott. Giovanni Colaneri, Medico di MG in Brianza)   L’unico vaccino di cui ha veramente bisogno l’Italia è quello contro una famigerata famiglia di virus: i Pontoviridae.  Oggi è straordinariamente attivo il pontovirus3110 . La particolarità di questi virus è quella di essere calendarotropi. Proliferano infatti in prossimità di feste e ponti. Sono molto più aggressivi dei weekendovirus con il quale condividono comunque alcuni aspetti clinici e antigeni di superficie. Rispondono in modo eccezionale alla Tachipirina, consigliata telefonicamente. Infatti alla visita medica domiciliare nessuno dei pazienti ha i 39 di febbre paventati al telefono

Gli allergologi: “Occhio alle spezie e alle reazioni crociate con i cibi”

(da http://www.nutrientiesupplementi.it)   Il pepe rosa può causare reazioni in chi è allergico agli anacardi. Il pepe Sichuan, che si ottiene da una pianta del genere Zanthoxylum, ha, invece, una “parentela” con gli agrumi e può scatenare allergia in chi ha problemi con arance, mandarini o limoni. E cosa succede con il curry? Una delle sue più comuni componenti, il fieno greco, è un elemento pericoloso per chi è allergico alle arachidi.  Sono solo alcuni esempi del potenziale allergenico delle spezie, tra gli argomenti principali di discussione del Congresso nazionale Aaiito (Associazione allergologi e immunologi italiani territoriali e ospedalieri) appena conclusosi a Milano.  “Gli allergologi americani hanno recentemente stimato che le allergie alle spezie colpiscano il 2-3% degli adulti e fino all’8% dei bambini con meno di sei anni, considerando quindi l’allergia alle spezie come la responsabile di circa il 2% di tutte le allergie alimentari”, sottolinea Valerio Pravettoni, allergologo presso l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. “Altro dato interessante è che le più esposte a questo tipo di allergie sono le donne perché di solito utilizzano, con maggiore frequenza rispetto agli uomini, prodotti per la cosmesi e per la cura del corpo, dove spesso si nascondono le spezie. In Italia per fortuna la situazione non è esattamente uguale a quella degli Stati Uniti, ma le tendenze alimentari e l’omologazione degli stili di vita nel mondo occidentale, ci stanno rapidamente portando in quella direzione. Diagnosticare un’allergia alle spezie infatti non è sempre semplice, perché anche noi siamo portati sempre più a consumare cibi lavorati o industriali, in cui la presenza delle spezie non sempre è evidente e dichiarata.”     Ma quante sono le spezie? Esiste una classificazione abbastanza dibattuta, messa a punto dagli esperti americani che tendenzialmente include nella categoria “spezie” non solo quelle classiche e universalmente conosciute come pepe, cannella e peperoncino, ma anche tutti quei sapori che sulle tavole degli italiani sono di uso assolutamente comune, come il basilico, l’aglio, il rosmarino o il sedano. Cercando di restringere il campo alle sole spezie che vengono macinate e setacciate per ottenere in genere la consistenza di una polvere, l’International organization for standardization (Iso) ne conta 109 tipi diversi, delle quali circa la metà è prodotta e lavorata in India.  Le proteine allergeniche contenute nelle spezie sono riconducibili a quattro grosse categorie: Pr10, Profilline, Storage Protein ed Ltp. La presenza di queste molecole, quindi, costituisce una mappa per determinare quali allergeni sono presenti nelle diverse spezie e per districarsi nel complesso settore delle allergie crociate.  Pepe vero, pepe finto e il “caso curry”  Tra le spezie più famose c’è certamente il pepe. Quello che usiamo oggi, specificano gli allergologi, ha diversi livelli di maturazione: pepe verde, pepe bianco, pepe nero. Pochi però sanno che altre varietà come il pepe rosa e il pepe di Sichuan in realtà non sono pepe ma appartengono ad altre famiglie botaniche e possono dare avvio ad allergie crociate. Il pepe rosa si ricava da una specie diversa, Schinus molle, pianta sudamericana della famiglia delle Anacardiacee: può quindi causare reazioni in chi è allergico agli anacardi. Il pepe Sichuan, invece, si ottiene da una pianta del genere Zanthoxylum. Oltre al sapore pungente ha una “parentela” con gli agrumi e potenzialmente può essere allergenico per chi ha problemi con arance, mandarini o limoni. Le miscele di spezie composite, infine, sono le più ostiche per l’allergologo, perché è più difficile risalire a tutti i potenziali elementi allergenici. Se si pensa al curry, per esempio, pochi sanno che una delle sue più comuni componenti, il fieno greco, è un elemento potenzialmente pericoloso per chi è allergico alle arachidi, perché appartiene alla stessa famiglia delle Fabaceae.

“Nessun medico dovrebbe mai essere forzato a prender parte a procedure di eutanasia o suicidio assistito”.

La risoluzione della World Medical Association. L’Associazione che rappresenta i medici di 112 Paesi prende posizione sul fine vita: “Il medico che rispetta il diritto fondamentale del paziente di rifiutare trattamenti medici, non agisce contro deontologia nel non mettere in atto o nell'interrompere tali trattamenti indesiderati al paziente, anche se tale atto esita nel decesso”.  Leggi l'articolo completo al LINK

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