Covid-19, indicazioni per prevenire le varianti inglese e sudafricana. Ecco le misure

(da Doctor33)    Il ministero della Salute ha predisposto una circolare per arginare i rischi della diffusione delle varianti inglese e sudafricana di Covid-19, causa di un aumento dei contagi in diversi Paesi. La circolare elenca le misure di prevenzione per i viaggiatori e sorveglianza di laboratorio. Il ministero chiede un “rafforzamento delle attività di identificazione dei casi e dei contatti” attraverso i dipartimenti di prevenzione delle Asl, medici di famiglia e pediatri di libera scelta. “Verificare la presenza di link epidemiologico: le persone con un collegamento epidemiologico a casi con diagnosi di Covid Vui 202012/01 (variante inglese) o di Covid 501.V2 (variante sudafricana) o con una storia di viaggio in aree in cui sia nota la presenza delle nuove varianti virali, devono essere immediatamente identificate per testare e isolare i contatti esposti”, sottolinea la circolare.
Inoltre, occorre “effettuare sorveglianza attiva dei viaggiatori provenienti dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord in quarantena, a prescindere dall’esito del test effettuato all’arrivo; eseguire test diagnostico molecolare al termine della quarantena. Tale misura va estesa anche a tutti i viaggiatori provenienti da paesi in cui sia nota la presenza delle nuove varianti virali”.
Il ministero avverte che sulla variante inglese “non sono stati riportati ad oggi un peggior andamento clinico, una mortalità più elevata o gruppi di popolazione particolarmente colpiti. Al momento non sono disponibili informazioni sull’eventuale aumento della frequenza di reinfezioni associate alla variante o sull’impatto sui programmi di vaccinazione in corso. Le analisi preliminari condotte nel Regno Unito, tuttavia – evidenzia la circolare firmata dal direttore generale della Prevenzione, Gianni Rezza – suggeriscono che questa variante sia significativamente più trasmissibile rispetto alle precedenti varianti, ma finora non è stata identificata una maggiore gravità dell’infezione. I casi affetti dalla variante virale sono nella maggior parte identificati in persone di età minore di 60 anni. I modelli matematici mostrano un’associazione fra maggiore incidenza e presenza della variante”.
Per la variante sudafricana “risultati preliminari indicano che questa sia associata a una carica virale più elevata e ad una maggiore trasmissibilità, ma non ci sono prove che l’infezione sia associata a maggiore gravità della malattia”, precisa la circolare.

Covid-19, Altems: con seconda ondata letalità sette volte più bassa

(da Doctor33)   La seconda ondata di casi Covid ha portato più decessi ma una letalità minore della prima. Nei primi 109 giorni della prima ondata sono decedute 34.167 persone, nello stesso numero di giorni della seconda ondata 38.549. La prima ondata però ha visto morire il 14,9% dei positivi al coronavirus, a fronte dell’1,9%, un numero 7 volte inferiore. È quanto emerge da un Focus dell’Instant Report Covid-19, a cura dell’Alta scuola di economia e management dei Sistemi sanitari dell’Università Cattolica che ha confrontato i dati della prima ondata (dal 24 febbraio all’11 giugno) e con quelli della seconda (dal 14 settembre al 31 dicembre).
Analizzando i parametri emergono molte differenze. Il picco massimo dei deceduti in un giorno nella prima ondata si è raggiunto dopo 33 giorni (989 persone) e da quel momento è stato continuamente decrescente. Nella seconda ondata il picco di 993deceduti in un giorno si è raggiunto dopo 81 giorni e l’andamento si è mantenuto altalenante. Diverso anche il rapporto tra i ricoverati in terapia intensiva e il numero dei positivi: nella prima ondata ha raggiunto il massimo pari all’11,8% al 12/mo giorno ed è poi decresciuto; nella seconda ondata l’andamento è stato più stabile intorno allo 0,5% dei positivi. Quando è esplosa l’epidemia nelle terapie intensive avevamo 5.179 posti letto, saliti a 8.431 al momento del picco. Il 14 ottobre, invece, erano operative 6.458 terapie intensive, ovvero 1.963 in meno rispetto alla primavera (e questo ha portato presto al superamento della soglia di saturazione critica), poi sono stati aumentati fino a 8.651.
In sanità sono state assunte oltre 30.000 persone da marzo a dicembre, di cui 5.703 medici, pari solo al +5% rispetto al 2018 e il maggior incremento è stato in Lombardia (+1.217) e Lazio (+652). I dati, afferma Americo Cicchetti, direttore di Altems “mostrano che, nonostante le chiare indicazioni del livello centrale, il sistema in molte Regioni si è trovato ugualmente spiazzato nell’affrontare sia la prima che la seconda ondata”.

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