Convivere con COVID-19. Una proposta per riaprire l’Italia, gestendo in modo sicuro la transizione da pandemia a endemia

L’hanno messa a punto il virologo Roberto Burioni insieme a diversi esperti e con la sottoscrizione di Fnomceo, Enpam e Fimmg, nonchè della Società italiana di virologia e la Società italiana di malattie infettive e tropicali. La proposta si basa sulla creazione di una struttura di monitoraggio e risposta flessibile con capacità e risorse per poter eseguire un altissimo numero di test sia virologici che sierologici e di una Struttura di sorveglianza centrale potenziata presso l’ISS. Il tutto con aperture e nuovi lockdown a secondo dell’evoluzione dell’epidemia    Leggi l’articolo completo al LINK

Covid-19, il punto dell’avvocato sulle responsabilità istituzionali nel non aver armato i Mmg.

(da Doctor33)   «Con ruoli e sfumature diverse, Stato, Regioni, Ats hanno delle responsabilità nell’aver lasciato sguarnito il territorio durante l’epidemia, non proteggendo i medici. È vero che ogni nazione sperava di arrivare ultima nel contagio, ma in Italia c’era un piano pandemico dal 2006 e in Lombardia c’era un piano regionale per le pandemie dal 2009. C’era tutto il tempo di procurare i kit protettivi, previsti da quei piani. E i medici di famiglia sono il primo avamposto a contatto con il virus». Paola Ferrari, avvocato, referente del sindacato Fimmg sul tema Covid-19, fa il punto sulle conseguenze legali che potrebbe implicare l’aver lasciato i medici “a mani nude” contro il Covid 19.
Posto che anche i familiari dei pazienti morti, caso per caso, potranno chiedere che siano vagliate forme responsabilità in casi di gravi omissioni. Con emendamenti al decreto legge Cura Italia, in questi giorni le forze politiche da una parte stanno chiedendo lo scudo legale per il personale sanitario per tutta la durata dell’emergenza; dall’altra parte, altri emendamenti ora ritirati, hanno chiesto fino a ieri l’immunità per le strutture. «Lo scudo legale è tema delicato, che dal punto di vista delle catene decisionali riguarda non solo strutture ma più persone. Ci sono diversi livelli di responsabilità che il testo unico contro gli infortuni 81/08 pone in capo al datore di lavoro. In Lombardia – spiega Ferrari – ha pesato la mancata predisposizione di misure di sicurezza minime per proteggere gli operatori, in particolare i medici di medicina generale. Che sono liberi professionisti convenzionati e non dipendenti del Servizio sanitario, ma hanno un rapporto di lavoro coordinato e continuativo con l’Agenzia di tutela sanitaria, e in quanto presìdi del Ssn vanno protetti. Non lo sono stati. E ciò benché fossero il primo baluardo contro un’epidemia, e il piano pandemico nazionale imponesse di minimizzare il rischio di trasmissione. Necessitavano adeguati volumi di kit protettivi aggiornati, e c’era tutto il tempo di procurarli. Del resto, in vista dell’arrivo dell’influenza, l’Ats procura vaccini e mezzi di produzione per le vaccinazioni. In tv avevamo tutti visto i sanitari cinesi vestiti da “ghostbusters”, militarizzati. Chi ha inviato i medici a organizzare una prima difesa della popolazione a mani nude, ha pesanti responsabilità. Anche politiche. La riforma della sanità lombarda del 2015 non ha messo al centro l’assistenza territoriale ma ha creato tra Asst e Ats più catene di comando autonome sulla falsariga della gestione ospedaliera».
Accanto alla mancata dotazione di Dpi, c’è un altro elemento che ha peggiorato la situazione epidemica, stavolta da far risalire alla catena di comando nazionale. «Nel triage per scoprire il contagio è stato inserito il criterio della provenienza dalla Cina. La Lombardia ha 3 aeroporti internazionali, densità di 400 abitanti al km quadrato e di 17 mila a Milano, e per giunta da dicembre c’era un boom di polmoniti. Tanto bastava per far scattare quantomeno l’acquisto dei dispositivi, previsti dal Testo Unico 81/08 nella procedura di valutazione del rischio biologico nonché dalle misure di sicurezza pubblicate da Inail. È vero, l’Oms ha indicato le mascherine chirurgiche per le procedure a rischio, in tutto il mondo c’è stata sottovalutazione sul momento, ma noi le linee guida le avevamo e dovevamo rispettarle».
Intanto la Ragioneria dello Stato ha negato l’equiparazione dei medici convenzionati agli ospedalieri per l’accesso ai dispositivi di protezione. «Voglio pensare che la Ragioneria non si occupi di affrontare pandemie. In guerra non hai problemi contabili, hai un nemico e devi essere equipaggiato. Stato, Regioni ed Asl non possono pensare che essendo il medico di famiglia un libero professionista potesse andare lui a comprarsi i Dpi, a sue spese e aspettando la spedizione. La convenzione prevede già il rimborso dei mezzi di produzione -dice Ferrari- dal personale di studio all’informatica.
Di più: si sarebbero dovuti prevedere kit anche per i collaboratori del medico, e un organismo di controllo per verificare se tutti gli operatori sanitari fossero dotati a sufficienza. I medici di famiglia sono presìdi del Ssn, è una qualificazione contenuta nella legge. Un presidio che costituisce il primo avamposto contro la pandemia. Ed il primo che intercetta il nemico va “armato”», senza se e senza ma».

INPS: ULTERIORI PRECISAZIONI SU CERTIFICAZIONI

Protocollo INPS in uscita: INPS.3200.08/04/2020.0052488

All’Ordine dei Medici di Forlì-Cesena

Alla luce del DPCM del 17 marzo 2020, e dell’articolo 26 in particolare, abbiamo avuto indicazioni interne per il trattamento dei certificati telematici pervenuti dai Medici Certificatori, nei casi di quarantena a causa di COVID-19 e di isolamento fiduciario, nonché della certificazione in caso di patologie croniche associate ed immunosoppressione.

Per agevolare i Medici di base  e gli altri Medici provvisti di PIN che inseriscono i certificati, si precisa che nelle  situazioni descritte (quarantena, isolamento fiduciario, astensione dal lavoro per pazienti fragili)  non è necessario inserire alcun codice nosologico. 

Nei casi di quarantena obbligatoria e isolamento volontario, qualora disponibile il provvedimento dell’Igiene Pubblica, si prega di riportarlo nel campo diagnosi.

Nel caso di certificazioni per pazienti fragili, si prega di specificare, in campo diagnosi, ogni dato utile per fare emergere la gravità del quadro clinico.

Grazie per l’attenzione e per la collaborazione.

dott.ssa Maria Cristina Masarà
Responsabile Ufficio Medico Legale

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