“No al triage del Pronto soccorso solo in mano agli infermieri”. L’appello del Coas Medici

Per il segretario Garau: “Già a luglio avevamo denunciato il fatto che le linee guida inviate dal Ministero della Salute alle Regioni sono a dir poco preoccupanti. Quando chiedevamo una soluzione per i problemi che si vivono ogni giorno nei Pronto Soccorso, non avremmo mai pensato che il problema della carenza di medici sarebbe stato risolto delegando le responsabilità al personale infermieristico”. Leggi l’articolo completo al  LINK

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Morbillo colpisce due volte, annulla memoria immunitaria

(da Fimmg.org)  Il virus del morbillo è come il tasto ‘reset’ per il nostro sistema immunitario: ne cancella la memoria spazzando via fino al 73% degli anticorpi che ci difendono da altre malattie come influenza, herpes e polmoniti. Questa ‘amnesia immunitarià, che può durare anche mesi, è stata documentata per la prima volta in un gruppo di 77 bambini olandesi non vaccinati, al centro di due studi internazionali pubblicati sulle riviste ‘Science’ e ‘Science Immunology’. Come sottolineano gli stessi ricercatori, i risultati dimostrano che «il morbillo è più pericoloso di quanto immaginiamo» e che «il vaccino ha benefici addirittura superiori all’atteso», dal momento che può proteggere anche da infezioni secondarie alla malattia. Proprio la vaccinazione ha abbattuto dell’80% i casi di morbillo nel mondo tra il 2000 e il 2017 salvando 2,1 milioni di vite, ma a causa delle più recenti campagne no-vax la tendenza si è invertita, tanto che il numero dei casi dal 2018 a oggi è aumentato del 300%. Anche l’Italia sta vivendo questo fenomeno: secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, sono 1.596 i casi di morbillo segnalati dal primo gennaio al 30 settembre 2019, con un decesso per complicanze respiratorie in un adulto di 45 anni non vaccinato e con patologie concomitanti. Valutare l’impatto della vaccinazione è stato l’obiettivo dello studio pubblicato su Science dall’Howard Hughes Medical Institute di Boston con l’Harvard Medical School e l’Erasmus University Medical Center di Rotterdam. I ricercatori hanno usato il test VirScan per analizzare il sangue dei bambini e misurare i livelli di migliaia di anticorpi diretti contro virus e batteri. L’esame, fatto prima del morbillo e due mesi dopo l’infezione, ha rivelato che la malattia cancella dall’11 al 73% delle difese anticorpali. Lo stesso test, ripetuto sui macachi prima del morbillo e cinque mesi dopo l’infezione, ha confermato la perdita del 40-60% degli anticorpi. Risultati complementari sono stati ottenuti dal secondo studio, pubblicato su Science Immunology dal britannico Wellcome Sanger Institute con l’Università di Amsterdam. Condotto sempre sullo stesso gruppo di 77 bambini protestanti ortodossi non vaccinati, dimostra che il morbillo causa la perdita di specifiche cellule della memoria immunitaria, lasciando i bambini vulnerabili come neonati incapaci di reagire a nuove infezioni. Gli effetti di questa temporanea amnesia immunitaria sono stati testati sui furetti vaccinati contro l’influenza: una volta colpiti dal morbillo hanno perso gran parte dei loro anticorpi, tanto da diventare di nuovo suscettibili all’influenza con sintomi ancora più severi. Questo dato dimostra dunque che il morbillo può cancellare anche gli effetti delle vaccinazioni fatte contro altre malattie infettive, e perciò i ricercatori suggeriscono ai medici di potenziare le difese dei pazienti guariti dal morbillo facendo dei richiami dei vaccini di routine somministrati in precedenza.

Obesità bambini: i pediatri invitano a vigilare

(da DottNet)   Piccoli italiani troppo pesanti sulla bilancia. I dati sul sovrappeso e l’ obesità pediatrica diffusi dall’ Istat “sono una costante in questi anni, e in alcune regioni le due problematiche sommate rasentano ormai il 50% dei bambini. Sicuramente l’ invito della Società italiana di pediatria (Sip) è di non abbassare la guardia, anche perché più i problemi di peso sono precoci nell’ età infantile, più effetti per la salute comporteranno da adulti e anziani”. Parola di Giuseppe Banderali, consigliere nazionale della Sip e direttore della Pediatria dell’ Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, che commentando gli ultimi dati all’ AdnKronos Salute sottolinea come l’ eccesso di peso dei nostri bambini “non sia solo legato alla dieta, ma anche allo stile di vita”. Generazioni incollate agli schermi, tra smartphone, tablet e pc, che si muovono sempre in auto, macchinetta o motorino, e hanno ‘dimenticato’ le corse al parco.  “Ma l’ attività fisica dei nostri bambini e ragazzi non deve essere solo quella ‘istituzionale’, con le sessioni settimanali in piscina e palestra. I giovanissimi dovrebbero tornare ad andare a scuola a piedi, e a fare le scale: anzi, i ragazzi non dovrebbero mai prendere l’ ascensore”, dice il pediatra. Ma la vita ‘pigra’ non è solo un problema dei ragazzini. “Ormai nelle nostre città ci si muove troppo in automobile: sarebbe importante – osserva l’ esperto – che le istituzioni assicurassero la manutenzione di marciapiedi, piste ciclabili, parchi e sentieri, ma garantissero anche mezzi pubblici efficienti, per aiutare adulti e bambini a fare movimento nelle nostre città”. C’ è poi la questione dell’ alimentazione. “E’ importante cosa mangiamo, ma anche come suddividiamo le calorie, che tipo di alimenti introduciamo – ricorda Banderali – Ci sono prodotti ‘insospettabili’, come ad esempio le bevande dolci: possono essere ricche di calorie, anche se non ci si pensa”. Infine è bene ricordare che la prevenzione dell’ obesità si costruisce nei primi momenti di vita. “Ad esempio con l’ allattamento al seno: è dimostrato – conclude il pediatra – che riduce il rischio di sviluppare obesità”

Alzheimer: dormire poco potrebbe aumentare rischio demenza

(da AGI)   Oltre a far male al sistema cardiovascolare e a quello immunitario, dormire male per lunghi periodi di tempo potrebbe aumentare il rischio di sviluppare demenza. E’ quanto emerso in occasione di un incontro nell’ambito del Future of Health Summit del Milken Institute  a Washington. “I disturbi del sonno e l’insufficienza di sonno contribuiscono all’Alzheimer decenni prima che le persone sviluppino il disturbo”, spiega Ruth Benca, psichiatra dell’Università della California, Irvine. Il lavoro di Benca ha tracciato la relazione tra il sonno, in particolare il sonno profondo noto come Rem, e  lo sviluppo della demenza più avanti nella vita. Nel 2017, il suo team ha pubblicato uno studio in cui sono stati seguiti individui sani con una variante di un gene chiamato APOE che li espone a un rischio maggiore di sviluppare l’Alzheimer. Hanno così scoperto che gli individui che hanno riportato un sonno di qualità inferiore tendevano ad avere accumuli più grandi di proteine associate alla malattia di Alzheimer, chiamate amiloide e tau, nel liquido che circonda il cervello rispetto a quelli che hanno riferito di dormire bene.

E’ necessario un nuovo vaccino ?

(testo a cura del Dott. Giovanni Colaneri, Medico di MG in Brianza)   L’unico vaccino di cui ha veramente bisogno l’Italia è quello contro una famigerata famiglia di virus: i Pontoviridae.  Oggi è straordinariamente attivo il pontovirus3110 . La particolarità di questi virus è quella di essere calendarotropi. Proliferano infatti in prossimità di feste e ponti. Sono molto più aggressivi dei weekendovirus con il quale condividono comunque alcuni aspetti clinici e antigeni di superficie. Rispondono in modo eccezionale alla Tachipirina, consigliata telefonicamente. Infatti alla visita medica domiciliare nessuno dei pazienti ha i 39 di febbre paventati al telefono

Gli allergologi: “Occhio alle spezie e alle reazioni crociate con i cibi”

(da http://www.nutrientiesupplementi.it)   Il pepe rosa può causare reazioni in chi è allergico agli anacardi. Il pepe Sichuan, che si ottiene da una pianta del genere Zanthoxylum, ha, invece, una “parentela” con gli agrumi e può scatenare allergia in chi ha problemi con arance, mandarini o limoni. E cosa succede con il curry? Una delle sue più comuni componenti, il fieno greco, è un elemento pericoloso per chi è allergico alle arachidi.  Sono solo alcuni esempi del potenziale allergenico delle spezie, tra gli argomenti principali di discussione del Congresso nazionale Aaiito (Associazione allergologi e immunologi italiani territoriali e ospedalieri) appena conclusosi a Milano.  “Gli allergologi americani hanno recentemente stimato che le allergie alle spezie colpiscano il 2-3% degli adulti e fino all’8% dei bambini con meno di sei anni, considerando quindi l’allergia alle spezie come la responsabile di circa il 2% di tutte le allergie alimentari”, sottolinea Valerio Pravettoni, allergologo presso l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. “Altro dato interessante è che le più esposte a questo tipo di allergie sono le donne perché di solito utilizzano, con maggiore frequenza rispetto agli uomini, prodotti per la cosmesi e per la cura del corpo, dove spesso si nascondono le spezie. In Italia per fortuna la situazione non è esattamente uguale a quella degli Stati Uniti, ma le tendenze alimentari e l’omologazione degli stili di vita nel mondo occidentale, ci stanno rapidamente portando in quella direzione. Diagnosticare un’allergia alle spezie infatti non è sempre semplice, perché anche noi siamo portati sempre più a consumare cibi lavorati o industriali, in cui la presenza delle spezie non sempre è evidente e dichiarata.”     Ma quante sono le spezie? Esiste una classificazione abbastanza dibattuta, messa a punto dagli esperti americani che tendenzialmente include nella categoria “spezie” non solo quelle classiche e universalmente conosciute come pepe, cannella e peperoncino, ma anche tutti quei sapori che sulle tavole degli italiani sono di uso assolutamente comune, come il basilico, l’aglio, il rosmarino o il sedano. Cercando di restringere il campo alle sole spezie che vengono macinate e setacciate per ottenere in genere la consistenza di una polvere, l’International organization for standardization (Iso) ne conta 109 tipi diversi, delle quali circa la metà è prodotta e lavorata in India.  Le proteine allergeniche contenute nelle spezie sono riconducibili a quattro grosse categorie: Pr10, Profilline, Storage Protein ed Ltp. La presenza di queste molecole, quindi, costituisce una mappa per determinare quali allergeni sono presenti nelle diverse spezie e per districarsi nel complesso settore delle allergie crociate.  Pepe vero, pepe finto e il “caso curry”  Tra le spezie più famose c’è certamente il pepe. Quello che usiamo oggi, specificano gli allergologi, ha diversi livelli di maturazione: pepe verde, pepe bianco, pepe nero. Pochi però sanno che altre varietà come il pepe rosa e il pepe di Sichuan in realtà non sono pepe ma appartengono ad altre famiglie botaniche e possono dare avvio ad allergie crociate. Il pepe rosa si ricava da una specie diversa, Schinus molle, pianta sudamericana della famiglia delle Anacardiacee: può quindi causare reazioni in chi è allergico agli anacardi. Il pepe Sichuan, invece, si ottiene da una pianta del genere Zanthoxylum. Oltre al sapore pungente ha una “parentela” con gli agrumi e potenzialmente può essere allergenico per chi ha problemi con arance, mandarini o limoni. Le miscele di spezie composite, infine, sono le più ostiche per l’allergologo, perché è più difficile risalire a tutti i potenziali elementi allergenici. Se si pensa al curry, per esempio, pochi sanno che una delle sue più comuni componenti, il fieno greco, è un elemento potenzialmente pericoloso per chi è allergico alle arachidi, perché appartiene alla stessa famiglia delle Fabaceae.

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