Giornata mondiale Ambiente, Romizi (Isde): troppi rischi per la salute

da Doctor33)   La Giornata mondiale dell’Ambiente, che ricorre mercoledì 5 giugno e avrà come tema principale i gas serra, sarà ospitata quest’anno dalla Cina che, dopo l’India, è il secondo Paese più inquinato del mondo: una contraddizione o l’attestazione di un cambiamento? Secondo Roberto Romizi, presidente dell’Associazione dei medici per l’ambiente (Isde), «potrebbe essere una scommessa: la Cina era e resta una delle nazioni più inquinanti ma ha fatto rapidamente dei grossi passi in avanti. Ma anche nel resto del mondo, a parte qualche isolato esempio positivo, l’impostazione di fondo è quella di porre al centro delle preoccupazioni l’economia e il profitto, indipendentemente dal danno che si crea».   La contrapposizione vede ricercatori, associazioni ambientaliste e movimenti giovanili da una parte e i decisori politici dall’altra. Il nuovo rapporto del Consiglio delle Accademie europee delle scienze (Easac) evidenzia una “gamma allarmante” di rischi per la salute e i benefici, anche economici, che si potrebbero ottenere dalla “rapida eliminazione dei combustibili fossili”.  In Italia, un segnale dalle istituzioni giunge dal protocollo “Aria Pulita”, definito come patto d’azione per migliorare la qualità dell’aria, che il ministro dell’Ambiente Sergio Costa firmerà a Torino, alla presenza dei rappresentanti dell’Unione Europea. Presso la presidenza del Consiglio, inoltre, viene istituita l’unità di coordinamento del Piani per il miglioramento della qualità dell’aria: una segreteria politica con compiti di raccordo fra tutti i soggetti coinvolti.
Ma Romizi esprime un sostanziale sconforto per gli scarsi risultati ottenuti finora. «Facciamo tante giornate di sensibilizzazione, per l’ambiente, la salute, i campi elettromagnetici, i pesticidi… – ricorda il presidente Isde – ma vengono recepite pochissimo dalle amministrazioni governative di qualsiasi tipo e c’è la sensazione di una grande distanza di una classe politica volta ad affrontare le criticità del momento e che finalizza i propri interventi agli appuntamenti elettorali. Ancor più deludente è il fatto che a volte alcune forze politiche sembrano recepire posizioni ambientaliste ma poi, quando sono al governo, si comportano in modo diverso se non addirittura opposto a quanto dichiarato».
Tra le iniziative a cui, come associazione, l’Isde punta maggiormente c’è la promozione della figura del medico sentinella per l’ambiente. «Il progetto – dice Romizi – è partito più di un anno fa e ci stiamo investendo molto, nel coinvolgimento delle istituzioni e nel rapporto positivo con la cittadinanza. Questi professionisti, principalmente medici di medicina generale e pediatri, sensibili, preparati e soprattutto indipendenti, rappresentano una figura di riferimento e di raccordo tra cittadinanza, comunità scientifica e istituzioni e si spera possano incidere su alcune questioni cruciali relative al rapporto tra ambiente e salute».

Fine vita. A marzo 2019 oltre 62.000 Dat consegnate ai Comuni. Pronto decreto con le modalità registrazione alla Banca dati.

Il decreto stabilisce le modalità di registrazione delle Dat nella Banca dati nazionale, e definire anche il funzionamento e i contenuti informativi della Banca medesima nonché le modalità di accesso alla stessa da parte dei soggetti legittimati. Tra questi, ci saranno il medico che ha in cura un paziente dal momento che sussista una situazione di incapacità di autodeterminarsi dello stesso, oltre che il fiduciario in carica. Raccomandata l’estensione della registrazione delle Dat anche ai non iscritti al Ssn, in modo da garantirne i diritti fondamentali della persona umana  Leggi l’articolo completo al LINK 

Ancora troppi italiani fumatori, il dentista deve essere un motivatore per convincere a smettere. Paglia (ISI): gli argomenti non ci mancano

(da Odontoiatria33)   Gli italiani continuano ad amare le “bionde”, intese come sigarette. Secondo i dati anticipati dall’Istituto Superiore di Sanità, in occasione della Giornata Mondiale Senza Tabacco 2019 organizzata dall’OMS che si celebra domani 31 maggio, sono 11,6 milioni i nostri connazionali fumatori, ovvero un italiano su cinque: 7,1 milioni e le donne 4,5 milioni.  Secondo l’indagine dell’ISS un fumatore maschio su 4 è un forte fumatore, fuma cioè più di un pacchetto al giorno. Quasi la metà delle donne fuma tra le 10 e le 20 sigarette al giorno. A questi fumatori si aggiungono inoltre i consumatori di nuovi prodotti. L’1,7% consuma e-cig e l’1,1% fa utilizzo di tabacco riscaldato. I nuovi prodotti tuttavia non cambiano la prevalenza dei fumatori di sigarette che diventano nella maggior parte dei casi consumatori duali, utilizzano cioè sia le sigarette tradizionali che i nuovi prodotti.   “Non cambiano negli ultimi anni le abitudini al fumo degli italiani – afferma Roberta Pacifici Direttore del Centro Nazionale Dipendenze e Doping – segno che serve incentivare campagne informative soprattutto per i giovani che rappresentano un serbatoio che alimenta l’epidemia tabagica e per le donne, per le quali è in aumento la mortalità per tumore al polmone. E’ importante intervenire prima possibile – aggiunge – e spiegare, come dimostra la nostra carta del rischio polmonare che più precocemente si diventa ex fumatore tanto prima ci si avvicina ad avere lo stesso rischio di ammalarsi di chi non ha mai fumato.”   Il cancro al polmone è il “rischio” più conosciuto che colpisce i fumatori, ma nonostante sia il quarto tumore in termini di incidenza, ma la prima causa di morte per neoplasia, non sembra essere un deterrente abbastanza convincente per smettere di fumare.  Fumo che non va d’accordo neppure con bocca e denti, e non solo per gli inestetismi provocati dalla nicotina sullo smalto.
“Il fumo rappresenta uno dei principali fattori di rischio per i carcinomi del cavo orale”, dice Luigi Paglia Presidente di Fondazione ISI e Presidente SIOI.  Ma non solo cancro orale tra i rischi odontoaitrici, il fumo produce effetti negativi su molte terapie a cominciare dall’implantologia. “Recenti studi indicano la percentuale di fallimento dell’impianto su pazienti fumatori del circa 11,3%, contro il 4,8 dei non fumatori”, continua il dott. Paglia ricordando la correlazione tra fumo e malattia paradontale.  “Noi dentisti –continua- abbiamo un ruolo importante nel motivare il paziente a smettere di fumare. Dobbiamo riuscire a fargli capire che è contraddittorio intervenire per rimuovere la placca se poi non smette di fumare” e questa è stata la forte raccomandazione che insieme a Fondazione Veronesi abbiamo portato avanti in questi anni sul target odontoiatrico.  Ed i motivi a nostra disposizione per tentare di convincerli non sono pochi, se non lo spaventa la possibilità di perdere denti ed impianti per l’insorgere della malattia paradontale o peggio ancora del rischio di contrarre un tumore del cavo orale, si può tentare di far leva sull’estetica e sulla decolorazione dello smalto provocato dal fumo, argomento che vede le donne sempre molto attente, o sul rischio alitosi. Nello studio dentistico i danni causati dal fumo sono facilmente dimostrabili, e mettere il paziente fumatore di fronte alle conseguenze tangibili delle proprie abitudini di vita può costituire uno stimolo efficace a modificarle”.  L’invito di Paglia ai colleghi odontoiatri è quello di dedicare tempo ai pazienti fumatori cercando di convincerli a smettere di fumare.   “Lo studio dentistico –conclude- può a ragion veduta diventare un punto di riferimento nella lotta contro il fumo, promuovendo così stili di vita positivi”, cominciando a dare il buon esempio e non farsi trovare sul balcone a fumare una sigaretta tra un paziente e l’altro perché, dice, “il fumo può uccidere anche un medico o un dentista”.

 

No Tobacco Day, Iss: pù di un italiano su cinque fuma. Tra i giovani numeri in crescita

(da Doctor33)   Sono ancora 11,6 milioni i fumatori in Italia, più di un italiano su cinque. Gli uomini sono 7,1 milioni e le donne 4,5 milioni. Non accenna a diminuire in modo significativo il fumo nel nostro paese. Tra i giovani spopolano le sigarette fatte a mano, l’uso dei trinciati infatti è in costante aumento, soprattutto tra i maschi e al Sud, anche se più del 90% dei fumatori preferisce acquistare le sigarette tradizionali. Oltre la metà dei giovani fumatori tra i 15 e 24 anni fuma già più di 10 sigarette al giorno e oltre il 10% più di 20. Un fumatore maschio su 4 è un forte fumatore, fuma cioè più di un pacchetto al giorno. Quasi la metà delle donne fuma tra le 10 e le 20 sigarette al giorno. A questi fumatori si aggiungono inoltre i consumatori di nuovi prodotti. L’1,7% consuma e-cig e l’1,1% fa utilizzo di tabacco riscaldato. Il report che mette a fuoco il rapporto fra italiani e fumo sarà presentato all’ISS in occasione del World No Tobacco Day (WNTD) organizzato ogni anno il 31 maggio dall’Oms. L’edizione 2019 è dedicata al tema “Tabacco e salute dei polmoni”, una giornata di riflessione globale sui rischi associati al fumo. Il cancro al polmone è infatti il quarto tumore in termini di incidenza ma la prima causa di morte per neoplasia. Le fumatrici sono aumentate soprattutto nelle regioni del Sud Italia: sono quasi il doppio rispetto alle fumatrici che vivono nelle regioni centrali e settentrionali (il 22,4% al Sud e isole contro il 12,1% al Centro e il 14% al Nord). Oltre la metà dei giovani fumatori tra i 15 e 24 anni fuma già più di 10 sigarette al giorno e oltre il 10% più di 20.

Nausea e vomito in gravidanza, disponibile un farmaco specifico

(da Doctor33)   È in commercio da alcuni mesi anche in Italia una nuova combinazione per il trattamento di nausea e vomito in gravidanza. Si tratta del Nuperal, associazione doxilamina succinato 10mg e piridossina cloridrato 10 mg (vitamina B6), risultata più efficace rispetto al placebo e alla sola piridossina, già impiegato per controllare tali sintomi.  Il farmaco, in uso da alcuni decenni in paesi come Canada e Spagna, è stato testato su 200mila donne e inserito dall’Fda nei farmaci di fascia A per la gravidanza per la sua sicurezza di impiego, l’assenza di effetti teratogeni e di aumento del rischio di malformazioni fetali. Raccomandato dalle Linee Guida Acog (American College of Obstetricians and Gynecologists) è in Italia inserito in fascia C.
La nausea in gravidanza interessa una percentuale di donne variabile tra il 70% e l’85%, soprattutto nel corso del primo trimestre, e nella metà dei casi è associata a vomito. «Generalmente, la nausea compare tra la quinta e l’ottava settimana di gestazione, raggiungendo l’apice tra la dodicesima e la quattordicesima. Nella maggior parte dei casi, tende a sparire dopo il terzo mese di gravidanza, tuttavia circa il 20% delle donne continua ad avvertirne i sintomi anche in seguito. Oltre a questo sintomo la donna può manifestare tensione al seno, sonnolenza e stanchezza. Sebbene non siano ancora chiare le cause della nausea in gravidanza, a scatenarla potrebbero essere in primo luogo i cambiamenti ormonali. Uno dei principali fattori che provocano questo malessere è l’aumento dei livelli della gonadotropina corionica umana(Beta-hCG), ormone prodotto già pochi giorni dopo il concepimento, che raggiunge i massimi livelli nel sangue materno al terzo mese di gravidanza per poi decrescere» spiega Irene Cetin Direttore UOC di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, Milano. La qualità di vita della gestante può essere sensibilmente peggiorata, negli aspetti lavorativi e relazionali, da questa condizione, spesso sottovalutata dagli stessi medici e considerata una normale e ineluttabile conseguenza della gravidanza.

Anelli: ‘presenza medico e infermiere su ambulanze salva le vite’

(da AdnKronos Salute)  “Ancora una volta invitiamo le Regioni e il ministero della Salute a garantire su tutti i mezzi di soccorso avanzato” la presenza di medici e infermieri insieme, “come previsto dalle norme e dai contratti di lavoro, abbandonando la logica del risparmio in un ambito dove la professionalità e le competenze specifiche per le due professioni rappresentano la migliore garanzia per un’assistenza efficace ed efficiente”. Lo afferma il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, citando “i risultati straordinari della Puglia, ai primi posti per bassa mortalità per infarto miocardico acuto secondo la classifica del Sole 24 Ore, che mostrano come medici e infermieri insieme sui mezzi di soccorso avanzato riescano a tutelare meglio di qualsiasi algoritmo la salute dei cittadini. Nella classifica che prende in esame la mortalità per infarto miocardico acuto (morti ogni 1.000 abitanti 2012-2016, dati Istat) – riferisce Anelli – 5 province pugliesi sono infatti tra le prime 10 in Italia per miglior performance, con maggior numero di vite salvate. Taranto (940,1 punti) è al secondo posto assoluto dopo Sassari, seguita da Bari al terzo posto (919,6 punti) e dalla Bat al quinto posto (887,6 punti), mentre Foggia (821,8 punti) e Lecce (815,5 punti) chiudono rispettivamente al nono e decimo posto. Non è un caso che 5 su 6 province in Puglia, Regione che assicura la doppia presenza, del medico e dell’infermiere, nell’80% degli interventi in codice rosso, registrino risultati eccellenti nella riduzione della mortalità da infarto acuto del miocardio, che è una patologia tempo dipendente”, spiega il presidente Fnomceo.  “La presenza contemporanea dei medici e degli infermieri – conclude – garantisce infatti la messa a disposizione del paziente delle migliori competenze possibili, ognuno per il proprio compito, in maniera sinergica. Nessun algoritmo potrà mai sostituire una professionalità; né qualsiasi tipo di task shifting, ossia il trasferimento di competenze da una professione a un’altra, potrà mai surrogare la sinergia e l’efficacia delle due professioni insieme”.

Pediatri a congresso a Bologna. Uso corretto smartphone e attività fisica tra i temi centrali

(da Doctor33)   Il 75° Congresso della Società italiana di pediatria (Sip), il più importante appuntamento scientifico del Paese sui temi della salute psicofisica di neonato, bambino e adolescente, si apre il 29 maggio a Bologna. Si tratta di un congresso congiunto con due società affiliate, la Società italiana di infettivologia pediatrica (Sitip) e la Società italiana di medicina emergenza urgenza pediatrica (Simeup), e per la prima volta emerge esplicitamente la volontà di aprirsi ai cittadini, con un gazebo aperto nel centro della città.
«È una novità – afferma il vicepresidente della Sip Rino Agostiniani – in linea con un percorso che la nostra Società ha intrapreso da anni e rappresenta il tentativo di associare all’evento scientifico un’attività mirata a coinvolgere la società civile, i cittadini, su grandi temi di salute pubblica, quali la prevenzione, la crisi delle nascite, i corretti stili di vita».
La discussione più strettamente scientifica riunisce gli esperti su un gran numero di temi: natalità, allattamento al seno, nutrizione, stili di vita, vaccini, benessere a scuola, problemi adolescenziali, organizzazione delle cure pediatriche, nuove prospettive di cura aperte dalla ricerca scientifica saranno alcuni degli argomenti affrontati nei corsi, nelle tavole rotonde e nelle letture magistrali. Ad animarli, sono stati chiamati i diversi protagonisti che a vario titolo operano a tutela dei bambini: non solo pediatri, ma anche psicologi, neuropsichiatri infantili, bioeticisti, rappresentanti di istituzioni, accademici.
È evidente, in particolare, l’attenzione all’attività fisica nell’infanzia, a cui è dedicata un’apposita guida prodotta dalla Sip. «Lo sport nella vita dei bambini – sostiene Agostiniani – può, e deve, essere parte integrante del processo di crescita. Sin da piccoli. Aiuta il fisico, influenza positivamente il carattere ed è un potente moltiplicatore di esperienze sociali. Nella guida per aiutare i genitori ad avviare correttamente i bambini all’attività sportiva vi sono le risposte alle più comuni domande di mamma e papà: a che età si può iniziare a praticare sport? Qual è lo sport più indicato per ciascuna età? Quanto tempo dedicare all’attività motoria? In sintesi, si tratta di un vademecum su perché, quando, quanto e come il bambino dovrebbe fare attività sportiva».
Un altro documento presentato al congresso è il position paper su smartphone e tablet, stavolta relativo gli adolescenti. «Lo scorso anno – ricorda Agostiniani – la Sip si era espressa con un position statement sul corretto uso di smartphone e tablet da zero a sei anni; quest’anno abbiamo prodotto un nuovo documento rivolto a preadolescenti e adolescenti. Il lavoro nasce da un’analisi della letteratura internazionale sull’argomento e sarà dibattuto in una tavola rotonda con neuropsichiatri e professionisti del mondo della scuola e dei media. Preadolescenti e adolescenti trascorrono gran parte del loro tempo sui dispositivi digitali, la metà di essi è costantemente online: è doveroso riflettere su rischi e opportunità di questa situazione».

Professione chirurgo. Come gestire l’invecchiamento?

(da Quotidiano Sanità e Reuters Health)   I chirurghi a partire dai 65 anni dovrebbero sottoporsi a test cognitivi e psicomotori obbligatori nell’ambito delle valutazioni professionali, discussioni sulla transizione lavorativa e altre iniziative volte a supportare una forza lavoro che invecchia. In questo modo si potrebbe garantire allo stesso tempo la sicurezza del paziente. Queste, in sintesi, le indicazioni che emergono da un sondaggio della Society of Surgical Chairs (SSC), pubblicate il 15 maggio su ‘JAMA Surgery’.
Il rapporto SSC “fornisce le linee guida per la transizione del chirurgo anziano, secondo noi non assimilabile a tutti gli altri medici”, dice Todd Rosengart del Baylor College of Medicine di Houston,“Questo problema, come indicato nel documento, non viene trattato dalla comunità medica in un momento in cui i medici e i chirurghi che superano i 70 anni sono in aumento, inoltre nei prossimi 10-20 anni ci sarà una crescente carenza di medici”.  “Con l’avanzare degli anni si verifica un evidente declino della funzione cognitiva e psicomotoria dei medici e dei chirurghi, del 20% circa dai 40 ai 75 anni”, continua Rosengart . “In alcuni casi, ma non sempre, si può compensare con l’esperienza e la capacità ”. Rosengart aggiunge che le linee guida sono state stabilite “per garantire la sicurezza del paziente, evitando allo stesso tempo dei tagli ad una forza lavoro in diminuzione”.
Il sondaggio     Rosengart e colleghi hanno chiesto ai membri del SSC, che comprende 185 dipartimenti chirurgici (circa il 70% dei dipartimenti di chirurgia accademica degli Stati Uniti) di rispondere a un questionario su come ottimizzare al meglio la gestione del chirurgo che invecchia. Al sondaggio online hanno risposto il 60% degli intervistati (80 persone) di cui il 94% è d’accordo sulla redazione di un rapporto sull’argomento, il 30% lo considera un problema “molto significativo” e il 57% “poco significativo”.
Quarantasette intervistati hanno indicato a che età un chirurgo invecchia. Secondo 25 sono i 65 anni, secondo 14, i 70 anni. Nessuno ritiene che al di sotto dei 60 anni i chirurghi siano in una fase d’invecchiamento.   Trentatré intervistati (il 41%) hanno riferito di aver riscontrato problemi associati alle capacità cliniche, tecniche o cognitive dei chirurghi anziani almeno occasionalmente, mentre 17 (il 23%) hanno riferito di aver ricevuto domande associate al mantenimento dei privilegi da parte dei chirurghi anziani almeno di tanto in tanto.    Venti intervistati (il 25%) hanno dichiarato che nella loro struttura si tenta di risolvere i problemi di competenza cognitiva o si cerca d’indirizzare i chirurghi anziani verso valutazioni fisiche e psicomotorie.
Accompagnare i medici senior verso ruoli non clinici     “Un aspetto importante della nostra proposta sono le raccomandazioni che riguardano il monitoraggio delle prestazioni dei chirurghi anziani. Il monitoraggio dovrebbe includere un’analisi regolare con test cognitivi obbligatori, effettive prestazioni cliniche (che potrebbero non essere condizionate dalle capacità cognitive emerse dal test) e un percorso che permetta il passaggio graduale del medico senior a ruoli non operativi o non clinici”, aggiunge Rosengart.
“Servirebbe una consulenza di carriera precoce per aiutare i medici a coltivare interessi esterni, a fare un piano finanziario e a sviluppare delle competenze mediche che permettano di dare un contributo al di fuori della sala operatoria o della clinica”, spiega.  “Altrettanto importante è lo sviluppo istituzionale di ruoli non clinici per i medici senior, come il mentoring / coaching dei medici junior, peer review, sensibilizzazione della comunità e responsabilità amministrative”, aggiunge.

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