Tar Lazio: i ministeri informino sui rischi dall’uso di telefonini

(da Doctor33)   I ministeri dell’Ambiente, della Salute e dell’Istruzione, entro sei mesi, ciascuno per il proprio ambito di competenza provvedano ad adottare una campagna informativa, rivolta all’intera popolazione, sulle corrette modalità d’uso di telefoni cellulari e cordless e sui rischi per la salute e per l’ambiente connessi a un uso improprio di questi apparecchi. È quanto ha deciso il Tar del Lazio accogliendo sul punto il ricorso dell’Associazione per la prevenzione e la lotta all’elettrosmog. “Dagli atti depositati in giudizio – scrivono i giudici – risulta che già, con nota prot. n. 0001080 -P del 16 gennaio 2012, il ministero della Salute, in riscontro ad una precedente richiesta di uno dei procuratori della Associazione ricorrente, evidenziava: ”…. il tema dei possibili rischi per la salute conseguenti all’uso del cellulare è alla costante attenzione del ministero della Salute, in particolare a seguito della classificazione stabilita dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro nel 2011, di agente possibilmente cancerogeno per l’uomo (categoria 2B) per i campi elettromagnetici in radiofrequenza”.   Nella medesima nota, il Ministero della Salute, ”ha evidenziato che il Consiglio Superiore di Sanità, nel parere del 15 novembre 2011, tenuto conto della posizione formalmente assunta dall’Istituto Superiore di Sanità”,… ha rilevato che allo stato delle conoscenze scientifiche non è dimostrato alcun nesso di causalità tra esposizione a radiofrequenze e patologie tumorali, rimarcando tuttavia come l’ipotesi di un rapporto causale non possa essere del tutto esclusa in relazione ad un uso molto intenso del telefono cellulare…” e che lo stesso Consiglio Superiore di Sanità”… ha quindi raccomandato di mantenere vivo l’interesse della ricerca e della sorveglianza sul tema, in attesa che le nuove conoscenze risolvano le attuali aree di incertezza, suggerendo nel contempo l’avvio di una campagna d’informazione al pubblico al fine di promuovere e incoraggiare un uso responsabile del telefono, soprattutto in relazione ai bambini che tendono ad essere avvicinati all’uso del telefono cellulare in età sempre più precoce”, precisando infine: ”La campagna di informazione è in fase di preparazione e sarà basata sul quadro delle conoscenze desumibili dalle più autorevoli fonti e organismi nazionali e internazionali”. Nonostante il ragguardevole lasso di tempo intercorso, la preannunciata campagna informativa – sottolineano i giudici amministrativi – non risulta essere stata ancora attuata.

Ecco la dieta ideale per un Pianeta sano

Dopo tre anni di lavoro commissionato dalla rivista ‘The Lancet’, 37 specialisti di 16 Paesi hanno “disegnato” la dieta ideale per un Pianeta in salute. Dovranno diminuire i consumi di carne e zucchero e raddoppiare quelli di noci, frutta, verdura e legumi. Leggi l’articolo completo al LINK    

Fatture elettroniche, medici esenti ma non del tutto. Ecco il quadro delle transazioni

(da Doctor33)   Assediato dalle fatture dei fornitori di energia e linea telefonica, dai piccoli impegni extraclinici che lo vedono protagonista, persino dallo “zio d’America” che vuol pagargli a tutti i costi il certificato: il medico di famiglia è esente dalla fattura elettronica per modo di dire. O meglio, solo quest’anno e per una parte delle transazioni. Dunque, farà bene a familiarizzare con termini come Sdi, xml, codice destinatario e soprattutto, una volta capito cos’è quest’ultimo, a girarlo, lui o tramite commercialista, all’Agenzia delle entrate.

Elettroniche e no– Nel 2019 non devono fare e-fattura medici, dentisti, farmacisti sia per le prestazioni ai pazienti inviate al sistema Tessera sanitaria sia per quelle che il paziente ha chiesto di non spedire al sistema Ts. Non c’è però esonero per le fatture a pazienti stranieri o italiani residenti all’estero: queste vanno già ora fatte con il nuovo formato di file .xml e spedite al sistema di interscambio dell’agenzia delle Entrate Sdi e richiedono bollo elettronico per onorari sopra euro 77,47. Il medico deve inoltre fatturare elettronicamente, oltre che se fornitore di una Pubblica Amministrazione (dal 2015 qui c’è l’obbligo, ad esempio per prestazioni effettuate per l’Ordine), a enti terzi, come nelle docenze o relazioni a convegni o per una clinica ove lavora da libero professionista. In quest’ultimo caso, si presenta la modalità della riscossione accentrata: la società fattura su carta al paziente la prestazione e il medico emette a sua volta fattura elettronica verso la società. Questo iter non riguarda i cedolini dei medici convenzionati, esonerati dalla e-fattura dalla risoluzione 98/2015 dell’Agenzia delle Entrate. Il medico inoltre può ricevere fatture elettroniche dal sostituto. Che deve farle, ma non in tutti i casi: è esonerato se contribuente minimo, sotto i 30 mila euro di fatturato annuo, e in tal caso farà fattura cartacea.

Numerazione Il medico dunque dovrà familiarizzare con più tipi di fattura. Un accorgimento consigliabile, anche se macchinoso: numerarle diversamente a seconda se sono: cartacee ma “riassunte” elettronicamente e inviate al sistema Ts; elettroniche inviate al sistema Sdi; cartacee pure. L’alternativa di numerare tutto insieme, in ordine temporale per data, si presta a “grane” ove si inviasse una fattura nel canale sbagliato. Bene inoltre, nell’aver cura di consegnare tutto al commercialista, sapere prima quale spesa non è deducibile e non chiedere fattura per quella.

Il nodo-ferie Il sistema Sdi ci mette per ora fino a 5 giorni per rigettare una e-fattura se c’è un errore, e la si deve rifare. Ma se il “rigetto” capita a cavallo della scadenza del tempo utile per fatturare, è un problema. Il termine per far fattura elettronica corrisponde al giorno di pagamento. Fino al 30 giugno non ci sono sanzioni se si inviano le fatture entro il termine del versamento Iva trimestrale (o con sanzione ridotta al 20% entro il secondo versamento Iva), ma da luglio si accorcerà il periodo a 10 giorni dal pagamento. Se quest’estate si va in ferie senza pc il giorno dopo aver emesso fattura e l’Agenzia rimanda indietro il documento c’è il rischio di rimediare a tempo scaduto. Una mini-proroga delle sanzioni non guasterebbe.

Le utenze Il medico è tenuto a conservare le fatture elettroniche ricevute. Nell’arco dell’anno ce ne saranno. Restano su carta le fatture di persone fisiche che affittano lo studio, ma se si tratta di società di servizi e c’è l’Iva saranno elettroniche. Sono cartacei i MAV come quello per le spese condominiali o per la tassa d’iscrizione all’ordine. Per le utenze, le fatture “business” deducibili dello studio sono elettroniche: ai fornitori può mancare il codice destinatario, e perciò è buona cosa comunicarlo personalmente o tramite commercialista all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate.

La benzina Da quest’anno scatta l’obbligo di fattura elettronica pure per i benzinai e qui i medici presenti testimoniano che è un po’ un caos. Qualcuno (pochi) si rifiuta di farla, la maggioranza o è dotata. Spesso si chiede di scaricare l’applicazione o si rinvia il cliente ad aspettarsi il documento su smartphone a fine mese consegnando intanto una ricevuta di pagamento.

 

La dieta a basso contenuto di glutine è utile anche ai non intolleranti?

(da Fimmg.org)   Un numero crescente di persone sceglie una dieta a basso contenuto di glutine, anche se non intolleranti. Questa tendenza ha scatenato il dibattito se le diete a basso contenuto di glutine siano raccomandabili per tutte le persone senza intolleranza. I ricercatori dell’Università di Copenaghen hanno condotto uno studio su adulti danesi sani e hanno dimostrato che una dieta povera di glutine ma ricca di fibre cambia l’ambiente batterico intestinale e diminuisce il senso di gonfiore addominale, con associata una modesta perdita di peso. “In confronto a una dieta ad alto contenuto di glutine – spiega Oluf Pedersen, dell’Università di Copenaghen-, una dieta povera di glutine con alto contenuto di fibre, induce cambiamenti nella struttura e nella funzione del complesso ecosistema batterico intestinale, riduce la produzione di idrogeno e porta a miglioramenti soggettivi del gonfiore addominale. È stata osservata, inoltre, una modesta perdita di peso, probabilmente per un aumento della combustione interna”. I ricercatori hanno condotto uno studio randomizzato, controllato, cross-over che ha coinvolto 60 adulti danesi sani di mezza età per otto settimane, in due gruppi di 30, che hanno assunto una dieta a basso contenuto di glutine (2 g al giorno) e una dieta ad alto contenuto di glutine (18 g al giorno), separati da un periodo di washout di sei settimane con una dieta abituale (12 g di glutine al giorno). Le due diete erano bilanciate in numero di calorie e nutrienti, inclusa la quantità di fibre alimentari. Sulla base delle osservazioni sui modelli di fermentazione alimentare prodotta dai diversi batteri intestinali, gli effetti della dieta a basso contenuto di glutine nelle persone sane potrebbero non essere dovuti alla riduzione del consumo del glutine stesso, ma a un cambiamento nella composizione delle fibre alimentari, riducendo le fibre a base di frumento e segale e sostituendole con fibre vegetali, riso integrale, mais, avena e quinoa.  In ogni caso, per i ricercatori, non c’è alcuna base scientifica per raccomandare una dieta priva di glutine in generale. Una dieta a basso contenuto di glutine è stata in precedenza proposta per diminuire i sintomi gastrointestinali in pazienti con malattie infiammatorie intestinali e sindrome dell’intestino irritabile, disturbi che si verificano in circa il 20% della popolazione occidentale. “Sono necessari sicuramente altri studi a lungo termine –conclude Pedersen- prima di consigliare alla popolazione di seguire una dieta gluten-free, soprattutto perché le fibre alimentari e non l’assenza di glutine da sola, sono la causa principale dei cambiamenti del discomfort intestinale e del peso corporeo”. Tra l’altro, la dieta gluten-free potrebbe non essere necessariamente una scelta salutare, come molti pensano. Diversi cibi senza glutine, disponibili sul mercato oggi, sono privi di fibre e di ingredienti nutrizionali naturali, per cui è evidente la necessità di disporre di alimenti senza glutine ma ricchi di fibre e di alta qualità nutrizionale, freschi o minimamente lavorati.

(Oluf Pedersen Nature Communications, 2018; 9 (1).)

Ddl Antiviolenza. Fnomceo: “Sia trasformato in decreto e si riconosca a personale sanitario la qualifica di pubblico ufficiale”

Audizione della Federazione degli ordini dei medici in commissione Igiene e Sanità sul disegno di legge per contrastare le aggressioni ai sanitari. Emersa anche la possibilità di inserire, sempre nei pronto soccorso, una figura di ‘mediatore’, che, per formazione, sia in grado di disinnescare i conflitti, e la necessità di mettere in sicurezza i presidi di guardia medica e gli ambulatori, non lasciando i colleghi a fare i turni da soli in zone isolate. Leggi l’articolo completo al LINK 

Batteri resistenti: le verdure crude e l’insalata possono rappresentare un rischio per la salute?

(da Fimmg.org)    L’insalata è popolare tra le persone che vogliono mantenere una dieta equilibrata e sana. Le varietà di insalate vengono spesso vendute confezionate o imballate in pellicola, ma non sono scevre da possibili contaminazioni batteriche. Uno studio condotto Kornelia Smalla, professore del Julius Kühn Institute (JKI) di Quedlinburg, Germania, ha dimostrato tra questi batteri si possono trovare anche quelli resistenti agli antibiotici che provengono notoriamente da letame, fanghi di depurazione, suolo e condotte idriche. Il gruppo di lavoro guidato da Smalla ha acquistato insalate miste, rucola e coriandolo nei supermercati tedeschi. I campioni alimentari sono stati quindi analizzati per determinare la quantità totale di geni con potenziale resistenza antimicrobica (i ricercatori usano il termine “resistoma trasferibile”). Nelle loro analisi, gli esperti si sono concentrati sulla parte dei batteri di Escherichia coli resistenti alla tetraciclina. Questo perché gli antibiotici a base di tetraciclina sono utilizzati negli allevamenti di bestiame e possono promuovere lo sviluppo e la propagazione di batteri resistenti, ad esempio intestinali. Batteri e parte degli antibiotici sono eliminati dagli animali sul suolo agricolo per formare fertilizzanti organici come il letame. I risultati dei test mostrano un’ampia varietà di plasmidi trasferibili con geni resistenti, propri dell’E. Coli, da prodotti freschi a più classi di antibiotici. Se questi batteri sono presenti sui vegetali edibili, possono entrare nell’intestino umano come verdure crude. Una volta ingeriti, i batteri possono trasmettere i loro plasmidi a qualsiasi batterio patogeno presente nell’intestino, fenomeno noto come “trasferimento genico orizzontale”. In natura, il trasferimento genico orizzontale consente ai batteri di adattarsi rapidamente alle mutevoli condizioni ambientali. Se un paziente viene trattato con antibiotici, i batteri che hanno incorporato questo tipo di geni di resistenza si moltiplicano di più rispetto ai loro concorrenti meno equipaggiati. C’è comunque poca conoscenza sul fatto se e in quale misura batteri resistenti causino malattia. I consumatori, in ogni caso, devono sempre lavare accuratamente le verdure crude e l’insalata in foglie con acqua potabile prima di mangiarle per ridurre al minimo il rischio d’ingestione di agenti patogeni o di batteri resistenti agli antimicrobici. Le donne in gravidanza e le persone con sistemi immunitari compromessi per età avanzata, condizioni preesistenti o che assumono farmaci, dovrebbero inoltre astenersi dal mangiare insalate confezionate, come precauzione contro le infezioni alimentari e dovrebbero invece preparare le insalate stesse dopo averle lavate accuratamente prima del consumo. Tuttavia, il lavaggio da solo non è sufficiente per rimuovere in modo completo i patogeni o i batteri resistenti agli antimicrobici presenti negli alimenti vegetali. Pertanto, in rari casi è necessario che le persone con diminuzione delle difese immunitarie riscaldino verdure ed erbe fresche (almeno due minuti a 70° C) prima del consumo.

(Kornelia Smalla et al.. mBio, 2018; 9 (6).)

Il fumo può causare il diabete: c’è il 30–40% di rischio in più

(da DottNet)    Il fumo può causare il diabete.  Infatti i fumatori hanno un rischio del 30-40%maggiore di sviluppare la malattia rispetto ai non fumatori e, maggiore è il numero di sigarette fumate al dì, maggiore è il pericolo di divenire diabetici. Per di più i diabetici fumatori hanno una difficile gestione della malattia (minor controllo glicemico) e maggior rischio di complicanze come l’infarto miocardico, la retinopatia o problemi renali. E’ quanto riportato online dai Centers for Disease Control and Prevention statunitensi.  “Si tratta di un dato assolutamente solido – spiega Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia e ordinario di Medicina Interna all’Università di Catania; di recente è stata condotta una vasta meta-analisi che associava al fumo proprio al rischio di diabete, con un effetto dose-dipendente, cioè con i fumatori pesanti (più di 25 sigarette al dì) che hanno più rischio-diabete dei ‘light smokers’ (non più di 10 ‘bionde’ al dì). Addirittura ci sono indizi tra fumo passivo e diabete”, continua Purrello.  Ci sono alcuni meccanismi che sono stati proposti per spiegare in che modo il vizio del fumo puòportare al diabete, afferma l’esperto: la nicotina o qualche suo sottoprodotto sembra avere una azione sulle cellule del pancreas che producono insulina e naturalmente ha anche azione a livello vascolare, creando uno stato di infiammazione cronica che aumenta l’insulino-resistenza (cattivo funzionamento dell’insulina), alla base dell’esordio del diabete.    Chi non ha il diabete e fuma ha il rischio che il diabete gli venga – ribadisce con forza Purrello. Il fumo è dunque uno di quei fattori modificabili, come la dieta e la sedentarietà, che possono davvero cambiare il corso della salute di una persona. Si può e si deve intervenire – sottolinea il diabetologo – perché è assodato che lo tsunami di casi di diabete sia prevenibile cambiando gli stili di vita”. E non è tutto, il fumo nuoce anche a chi il diabete lo ha già: i diabetici, che già solo a causa della loro malattia hanno un rischio di infarto e ictus maggiore dei non diabetici, fumando impennano ancora di più il loro rischio cuore. Il paziente diabetico deve acquisire la consapevolezza che smettere di fumare è importante come cambiare alimentazione e fare attività fisica; deve far riferimento ove possibile ai centri antifumo e farsi aiutare anche su questo fronte, conclude Purrello.

1 162 163 164 165 166 218