Conferma dal ministero. L’Inail deve pagare i medici

(da Doctor33)   Il parere espresso dal Ministero della Salute la settimana scorsa chiarisce in modo inequivocabile, il diritto del professionista al pagamento dei certificati per infortuni sul lavoro inviati on line alla stessa Inail, in quanto prestazioni sanitarie fuori Lea che sono da ritenersi propedeutiche alla corresponsione dell’indennizzo di competenza della stessa Inail. Non ci sono, pertanto, motivi ostativi a che l’Inail continui a corrispondere il compenso ai medici certificatori. Lo sottolinea una nota di Anaao Assomed che precisa come il parere in tema di certificazione Inail «sembra finalmente porre fine ad una lunga querelle che ha visto protagoniste Anaao Assomed e Cimo a difesa dei diritti dei medici di Pronto Soccorso in tema di certificazioni Inail e del rispetto degli accordi contrattuali. Anaao Assomed e Cimo, conclude la nota, vigileranno affinché siano recuperate le somme indebitamente trattenute per evitare un inutile contenzioso i cui costi aggiuntivi potranno essere oggetto di segnalazione alla Corte dei Conti.

Pazienti in cura con antiaggreganti: cosa fare in caso di estrazioni dentarie e chirurgia orale

(da Odontoiatria33)   I pazienti in cura continuativa con farmaci antiaggreganti piastrinici sono sempre di più. Questi farmaci vengono somministrati sia per la prevenzione e la gestione della trombosi arteriosa, sia in seguito a patologie cardiovascolari come eventi ischemici a carico delle arterie coronarie, dopo malattie delle arterie cerebrovascolari e periferiche, dopo infarto miocardico e dopo interventi di angioplastica con posizionamento di “stent” e dopo interventi di “bypass¡” coronarico.L’assunzione di farmaci antiaggreganti espone i pazienti a un rischio di sanguinamento tale che devono essere noti agli odontoiatri.  Questi rischi spesso inducono, erroneamente, a sospendere le cure per timore di un sanguinamento eccessivo durante estrazioni dentarie o trattamenti di chirurgia orale.Questo timore è da considerarsi infondato.  In un recentissimo studio retrospettivo pubblicato sul Journal of American Dental Association del febbraio 2018 si conclude che l’uso di farmaci antiaggreganti -incluso lo schema della doppia anti-aggregazione (DAPT) a base di aspirina (ASA) e clopidogrel (CLO)- non dovrebbe mai essere interrotto per avulsioni dentarie singole o multiple o per interventi chirurgici minori. Anche i pazienti che assumono il nuovo agente antiaggregante TICA possono tranquillamente sottoporsi a procedure chirurgiche dentali senza interruzione della terapia. Da questo studio si riconferma che in pazienti in terapia antiaggregante si sono verificati episodi di sanguinamento postoperatorio controllabile con semplici manovre locali.  Gli autori hanno valutato il sanguinamento intra e postoperatorio secondo una scala a 4 livelli, categorizzando il sanguinamento come normale, lieve, moderato e grave. Dopo la procedura dentale da protocollo è stato applicato un tampone di garza sul sito d’estrazione o nell’area chirurgica per 10 minuti. Normale è stato valutato un sanguinamento gestito nell’arco di 10 minuti. Lieve un sanguinamento gestito entro 30 minuti per mezzo di compressione con garza. Moderato se avesse superato i 30 minuti e avesse richiesto l’applicazione di spugna di collagene o cellulosa ossidata, sutura, cauterizzazione o compressione con una garza imbevuta di acido tranexamico (Transamina 10%, 250 milligrammi / 2,5 millilitri, Actavis). Grave qualora il sanguinamento fosse continuato per più di 12 ore o con formazione di ematoma dei tessuti molli che avesse richiesto ricovero ospedaliero, un’altra operazione o trasfusione di sangue. Dopo la procedura, i pazienti sono stati nuovamente esaminati per assicurarsi che l’emorragia fosse sotto controllo prima della dimissione dalla clinica. I pazienti sottoposti a chirurgia orale minore hanno ricevuto inoltre 1.000 mg di amoxicillina ogni 12 ore per 5 giorni e 500 mg di paracetamolo (acetaminofene) da 4 a 6 volte al giorno sono stati raccomandati a tutti i pazienti (inclusi i pazienti sottoposti a estrazione dentale) come analgesico. Tutti i pazienti sono stati esaminati e controllati dopo 7 giorni. I risultati dello studio sono stati i seguenti:  Centosessantotto pazienti (75,7%) hanno subito 1 o più estrazioni dentali e 54 pazienti (24,3%) sono stati sottoposti ad altre procedure chirurgiche orali minori. La terapia antiaggregante più frequentemente registrata era quella con aspirina (n = 123; 55,4%), seguita da clopidogrel (n = 22; 9,9%) e ticagrelor (n = 17; 7,7%).  Sessanta pazienti (27%) erano in terapia con due farmaci antiaggreganti. Il sanguinamento postoperatorio è stato registrato nel 4,9% dei casi (11 su 222). Le percentuali di sanguinamento postoperatorio nei gruppi di terapia con aspirina, clopidogrel, ticagrelor e doppia antiaggregazione sono stati rispettivamente del 3,2%, 4,5%, 5,9% e 8,3% (P ¡Ý 0,5). Nessuno dei pazienti ha avuto episodi di sanguinamento prolungato.  Dai dati di questo studio si può confermare ulteriormente le indicazioni finora sostenute e cioè che i farmaci antiaggreganti, incluso il DAPT, non dovrebbero essere interrotti per estrazioni dentarie singole o multiple o per interventi chirurgici minori. Anche i pazienti che assumono il nuovo agente antiaggregante TICA possono tranquillamente sottoporsi a procedure chirurgiche dentali senza interruzione della terapia.

(Bleeding frequency of patients taking ticagrelor, aspirin, clopidogrel, and dual antiplatelet therapy after tooth extraction and minor oral surgery. Ozge Doganay, Belir Atalay, Erhan Karadag, Ugur Aga, Mehmet Tugrul. The Journal of the American Dental Association Volume 149, Issue 2, February 2018, Pages 132¨C138)

Carenza medici specialisti, la ricetta di Anaao giovani in 5 passaggi

(da Doctor33)   La soluzione per superare le criticità della formazione e del fabbisogno di medici specialisti nel Servizio Sanitario Nazionale c’è e Anaao Giovani in un recente studio propone la sua ricetta in5 passaggi:1) facilitare il precoce ingresso nel Ssn; 2) svincolare il percorso formativo dall’Università, almeno in parte; 3) confrontarsi con l’Europa; 4) prevedere una forma di part time ospedaliero in cui il giovane medico, adeguatamente tutorato, gradualmente “sostituisce” l’over 60 che potrà su base volontaria lavorare nel territorio; 5) migliorare l’inquadramento previdenziale.

L’iter di formazione di un medico è tra i più lunghi nell’ambito delle discipline scientifiche. Infatti, dopo il conseguimento di una laurea magistrale a ciclo unico (sei anni, unicum tra le lauree), è obbligatorio, per accedere al Ssn, il superamento dell’esame di stato (circa tre mesi di tirocini obbligatori più la prova finale) e il conseguimento di un diploma di specializzazione o di formazione specifica in medicina generale (della durata variabile, a secondo del percorso scelto, dai tre anni fino a un massimo di cinque anni), con accesso alla formazione post lauream generalmente oltre un anno dopo dal conseguimento della laurea. Pertanto, un medico specialista impiega, nella maggioranza dei casi, circa 11-12 anni per poter lavorare per il Ssn.

Partendo dagli accessi a Medicina la ricetta Anaao prevede di ridurre gli accessi a medicina a 6.200/anno fino al 2022-2023 per assorbire gli eccessi degli iscritti in sovrannumero.  Lo Stato sa di quanti medici ha bisogno e interviene programmando esso stesso gli accessi al corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e mettendo a bando contratti statali di formazione specialistica. È inutile formarne di più, perché farlo ha un costo non irrisorio. Pertanto, se si conosce il fabbisogno di medici specialisti (numero espresso dalle Regioni triennalmente), la programmazione della formazione medica diventa abbastanza semplice, almeno sulla carta.  Per il post lauream? Alla luce dei dati, secondo un obiettivo di pareggio delle cessazioni nei prossimi 10 anni, e un obiettivo di applicazione standard su base Dm 70 a invarianza di “carico di lavoro medio nazionale”, il numero di contratti di formazione specialistica attuali (media 6.100) devono essere incrementati nel prossimo quinquennio nell’ottica di potenziare le attuali assunzioni nel Ssn di 3.228 medici/anno.

Fatti salvi i 6.105 contratti pagati con l’attuale fondo statale per la formazione specialistica, sarebbe auspicabile che le Regioni contribuissero all’aumento dei contratti di formazione specialistica – sottolinea l’Anaao – diventando protagoniste della programmazione e del cammino formativo dei giovani medici specializzandi e della sostenibilità generale del sistema. Con il loro aiuto e lo stanziamento di ulteriori 1.862 contratti (differenza tra posti Miur e fabbisogno regionale calcolata sull’ultimo anno accademico), il gap tra partecipanti al concorso e posti a bando si ridurrebbe sensibilmente nei prossimi anni.

Il costo complessivo dell’operazione, secondo lo studio Anaao, è stimabile in quasi 190 milioni di euro (per specializzazioni di durata quadriennale) e ammonterebbe a poco più di 9 milioni di euro per le 20 Regioni italiane. Una cifra oggettivamente alla portata di ogni bilancio regionale. Pertanto, le Regioni dovrebbero farsi carico della differenza tra posti ministeriali e fabbisogno, che esse stesse devono indicare ogni 3 anni.

La metformina adeguatamente titolata è sicura ed efficace anche in caso di malattia renale moderata-grave

(da Doctor33)   Secondo un nuovo studio pubblicato su Diabetes Care, il trattamento con metformina appare sicuro e comunque farmacologicamente efficace nella malattia renale cronica moderata e grave stadio 3A (VFG stimato 45-59 ml/min/1.73m2), 3B (VFG stimato 30-44 ml/min/1.73m2) e 4 (VFG stimato 15-29 ml/min/1.73m2), a condizione che la dose sia aggiustata per la funzionalità renale. «Dopo la revoca delle restrizioni sull’uso della metformina in pazienti diabetici con nefropatia cronica da moderata a grave, vista l’assenza di studi prospettici sulla sicurezza e sull’efficacia in questa popolazione, abbiamo voluto portare avanti una sperimentazione che potesse aiutare a definire un regime posologico sicuro ed efficace per il farmaco» dice Jean-Daniel Lalau, della Universite de Picardie Jules Verne di Amiens, Francia, primo autore della ricerca. I ricercatori hanno lavorato su tre studi complementari. Il primo era uno studio di dosaggio negli stadi 1- 5 della nefropatia cronica, in cui le concentrazioni ematiche di metformina sono state valutate per un periodo di una settimana dopo ogni aumento della dose.   Sono poi passati a uno studio sul trattamento con metformina per quattro mesi per la convalida della dose ottimale di farmaco in funzione dello stadio di nefropatia cronica 3A, 3B e 4, con verifica mensile delle concentrazioni di metformina ematica, lattato ed emoglobina glicata (HbA1c). Il terzo studio consisteva infine in una valutazione dei parametri farmacocinetici dopo la somministrazione di una singola dose di metformina in steady state in nefropatia cronica di stadio 3A, 3B e 4. Nello studio di dosaggio, i risultati hanno indicato che gli schemi di somministrazione giornaliera appropriati sono 1.500 mg (0,5 g al mattino + 1 g alla sera) in nefropatia cronica 3A, 1.000 mg (0,5 g al mattino + 0,5 g alla sera) in nefropatia cronica 3B e 500 mg (al mattino) in nefropatia cronica 4. Dopo quattro mesi con questi regimi, i pazienti hanno mostrato concentrazioni di metformina stabile che non hanno mai superato il limite superiore di sicurezza generalmente accettato di 5,0 mg/L; inoltre, si è riscontrata assenza di iperlattacidemia (>5 mmol/L), escludendo un paziente con infarto miocardico, senza modifiche dei valori di HbA1c. Non sono state riscontrate differenze significative nei parametri farmacocinetici tra i gruppi nei diversi stadi di nefropatia cronica. I dati dello studio sostengono la raccomandazione clinica per l’uso di 1,5 g di metformina in stadio 3A, 1g in stadio 3b, con controlli semestrali del VFG stimato. La metformina va sospesa in corso di patologie intercorrenti con rischio di insufficienza renale acuta. L’utilizzo di metformina nello stadio 4 della malattie renale cronica è al momento da considerare una prospettiva da valutare.
(Diabetes Care 2018. Doi: 10.2337/dc17-2231 http://care.diabetesjournals.org/content/early/2018/01/19/dc17-2231

Batteri responsabili della parodontite possono scatenare il cancro

(da Dental Tribune)   Una ricerca in Finlandia ha indagato il ruolo svolto nello sviluppo del cancro orale e di altri tipi, da un batterio fortemente connesso alla parodontite. In una seconda ricerca è stato scoperto anche un collegamento tra parodontite e mortalità da cancro.  La prima ricerca ha dimostrato per la prima volta l’esistenza di un meccanismo a livello molecolare attraverso il quale un batterio associato alla parodontite, il Treponema denticola, può anche contribuire alla genesi del cancro. Il fattore di virulenza primario del T. denticola, chimotripsina come proteinasi, si verifica anche nei tumori maligni del tratto intestinale, per esempio nel cancro del pancreas. Secondo un’altra ricerca, l’enzima ha la capacità di attivare quelli che le cellule tumorali usano per invadere i tessuti sani. Allo stesso tempo, la proteinasi diminuisce l’efficacia del sistema immunitario attraverso, ad esempio, l’inattivazione di molecole note come inibitori enzimatici.  Nella seconda ricerca è stato provato che la parodontite è chiaramente associata alla mortalità da cancro nella popolazione. È stato riscontrato un legame particolarmente forte con la mortalità da cancro del pancreas. Circa 70.000 finlandesi hanno preso parte a questa ricerca basata su un follow-up decennale.  «È stato dimostrato per la prima volta che i fattori di virulenza dei batteri patogeni centrali alla base della patologia gengivale sono in grado di diffondersi dalla bocca ad altre parti del corpo, molto probabilmente in unione coi batteri, prendendo parte al meccanismo di distruzione tissutale correlato al cancro» dichiara il Prof. Timo Sorsa dell’Università di Helsinki.  I ricercatori hanno concluso che un basso grado di infiammazione sistemica legato alla parodontite agevola la diffusione di batteri orali e dei loro fattori di virulenza verso altre parti del corpo, sottolineando l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce della parodontite per la salute orale dei pazienti e per il loro benessere generale, «comportamenti che nel lungo periodo non possono che essere estremamente redditizi per la società» dice Sorsa. Le ricerche sono state effettuate da Gruppi guidati da Sorsa, da Cai Haglund, Jari Haukka e Jaana Hagström dell’Università di Helsinki.  Il primo studio, intitolato “Treponema denticola chymotrypsin-like proteinase may contribute to orodigestive carcinogenesis through immunomodulation”, è stato pubblicato online il 16 Novembre 2017 sul British Journal of Cancer. Il secondo, intitolato “Periodontitis and cancer mortality: Register-based cohort study of 68.273 adults in 10-year follow-up”, è stato pubblicato online sul International Journal of Cancer l’11 Gennaio 2018. Studi ulteriori sono già in corso all’University of Helsinki e al Karolinska Institutet.

Vaccini, bimba non immunizzata si ammala di tetano. Genitori indagati per lesioni colpose

(da Doctor33)   Lesioni personali colpose. È questa l’accusa per i genitori della bambina di 7 anni, ricoverata all’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino per aver contratto il tetano. La piccola, nata nel 2010, non era stata vaccinata mentre i genitori avrebbero dovuto vaccinarla come stabilito dal ministero della Salute: un” ciclo di base di 3 dosi nel primo anno di vita e un richiamo all’età di 6″. La bimba, ricoverata nell’ottobre scorso prima nel reparto di Terapia intensiva, poi in quello di Rianimazione, è stata dimessa il 7 novembre. La querela per “lesioni personali colpose” è in mano al procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo, che ha iscritto i genitori della bambina nel registro degli indagati. Pacileo ha disposto una consulenza tecnica per determinare la presenza di un nesso di causalità tra la mancata vaccinazione e la successiva “reazione patologica” e per valutare le attuali condizioni della piccola. È stato inoltre scoperto che anche il fratello minore non è stato vaccinato. I genitori si sono difesi, affermando di essere persone “ragionevoli” e di avere sempre avuto a cuore la salute dei figli. Adesso dovranno convincere anche il magistrato che è così.

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