Prescrizione inopportuna di antibiotici, interventi di riduzione da considerare nel lungo periodo

(da Doctor33)   Ott 2017   Secondo una ricerca pubblicata su Jama, gli interventi comportamentali volti a limitare la prescrizione inappropriata di antibiotici per le infezioni respiratorie acute negli ambulatori hanno successo, ma gli effetti positivi rischiano di scomparire già nei 12 mesi successivi alla loro interruzione. «La prescrizione antibiotica inadeguata contribuisce allo sviluppo di resistenza e porta a eventi avversi. Il nostro studio randomizzato ha valutato tre interventi comportamentali destinati a ridurre tale abitudine, e ha poi esaminato la persistenza degli effetti 12 mesi dopo aver interrotto gli interventi» spiega Jason Doctor, della University of Southern California di Los Angeles, co-autore della research letter. I ricercatori hanno coinvolto 47 ambulatori di assistenza primaria a Boston e a Los Angeles (per un totale di 248 medici) che sono stati randomizzati per ricevere 1, 2 o 3 interventi nell’arco di 18 mesi. Un quarto gruppo non sottoposto a interventi è servito da controllo. Tutti i medici hanno ricevuto informazioni sulle linee guida per la prescrizione di antibiotici. Due degli interventi comportamentali, entrambi applicati attraverso la cartella clinica elettronica, si attivavano quando il medico prescriveva antibiotici per una infezione respiratoria acuta: uno consisteva in un messaggio automatico che offriva suggerimenti su trattamenti non antibiotici, il secondo richiedeva ai medici di immettere una giustificazione a testo libero per la prescrizione. Il terzo intervento è consistito nell’invio di messaggi mensili che mostravano al medico la propria collocazione nella “classifica” basata sul tasso di prescrizione inappropriata di antibiotici, invitandolo a confrontarsi con i colleghi. L’intervento con richiesta di giustificazione e quello con confronto tra pari hanno avuto un risultato significativo di riduzione delle prescrizioni.  Nei 12 mesi successivi alla fine dell’esperimento, però, il tasso medio di prescrizioni inappropriate è salito dal 6,1% al 10,2% nel gruppo cui era stato chiesto di spiegare la propria prescrizione, e dal 4,8% al 6,3% nel gruppo invitato al confronto tra pari. Quest’ultimo rimaneva nel complesso su un tasso medio inferiore a quello registrato dal gruppo di controllo, mentre il primo gruppo faceva peggio. «Queste conclusioni suggeriscono che le istituzioni che valutano gli interventi comportamentali per influenzare la decisione clinica dovrebbero prendere in considerazione la loro applicazione a lungo termine» concludono gli autori.   (Jama. 2017. doi:10.1001/jama.2017.11152
https://jamanetwork.com/journals/jama/article-abstract/2656800)

Dieci azioni per dare più valore alla vaccinazione antinfluenzale

(da M.D.Digital)    Promuovere e implementare l’accesso alla vaccinazione antinfluenzale e l’appropriatezza nell’utilizzo delle terapie disponibili; perfezionare un modello organizzativo efficiente ed integrato; rafforzare le attività di comunicazione e informazione verso i cittadini e gli operatori sanitari: sono questi in sintesi gli step principali delle 10 linee di azioni  concrete per attuare una prevenzione vaccinale efficace contro l’influenza. È quanto si evidenzia nel documento “Il Valore della vaccinazione antinfluenzale: priorità e azioni concrete per aumentare le coperture e migliorare la salute dei cittadini” presentato a Roma nell’ambito di una conferenza stampa organizzata da The European House-Ambrosetti, con il supporto incondizionato di Sanofi Pasteur, all’Università Cattolica durante la seconda giornata del Congresso Nazionale della SiHTA.
In Italia ogni anno l’influenza colpisce circa 4 milioni di persone, per arrivare a 8 milioni negli anni di picco, generando un impatto molto rilevante per il nostro sistema sanitario. “Ogni anno 1 anziano su 2 non è coperto dalla profilassi vaccinale antinfluenzale ed ha un rischio molto elevato di avere complicazioni che portano alla ospedalizzazione e, nei casi più gravi al decesso. Molti studi dimostrano il valore della profilassi vaccinale in generale ed in particolare nel caso dell’influenza non solo per gli anziani, con età superiore a 65 anni ma anche nei pazienti cosiddetti fragili, cioè i cronici (adulti e bambini), gli immunodepressi, le donne in gravidanza e nelle cosiddette categorie a rischio, a partire dagli operatori sanitari. Eppure i dati ci dicono che non vacciniamo soprattutto le categorie dei più fragili. La corretta informazione e il dialogo tra specialisti e medicina del territorio sicuramente è uno dei fattori prioritari su cui agire” – ha affermato  Francesco Vitale, Professore Ordinario di Igiene e Presidente Scuola di Medicina dell’Università degli Studi di Palermo.

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